27 Dicembre 2019

 OTTAVA DI NATALE

SAN GIOVANNI APOSTOLO ED EVANGELISTA - FESTA

1Gv 1,1-4; Sal 96 (97); Gv 20,2-8


Martirologio Romano: Festa di san Giovanni, Apostolo ed Evangelista, che, figlio di Zebedeo, fu insieme al fratello Giacomo e a Pietro testimone della trasfigurazione e della passione del Signore, dal quale ricevette stando ai piedi della croce Maria come madre. Nel Vangelo e in altri scritti si dimostra teologo, che, ritenuto degno di contemplare la gloria del Verbo incarnato, annunciò ciò che vide con i propri occhi.

Colletta: O Dio, che per mezzo dell’apostolo Giovanni ci hai rivelato le misteriose profondità del tuo verbo: donaci l’intelligenza penetrante della Parola di vita, che egli ha fatto risuonare nella tua Chiesa. Per il nostro Signore...

Il Vangelo descrive «dettagliatamente l’ispezione del sepolcro rimasto privo del corpo di Gesù. A farla fu Pietro, colui che doveva essere il testimone più autorevole della comunità cristiana. Anche Giovanni però fece le medesime constatazioni. Gesù non c’era nel sepolcro, rimanevano solo le bende e il sudario piegati  e posti da una parte» (Vincenzo Raffa). A scorrere i fatti pasquali, gli eventi tendono a suggerire ai credenti di tutti i tempi una cosa molto semplice: il dono della testimonianza passa anche attraverso il crogiolo della paura, del dubbio (cfr. Gv 20,19), quindi, nulla di scontato; gli Apostoli, testimoni prescelti da Dio, non erano diversi da noi, che ci troviamo, ancora oggi, dinanzi alla provocazione di una tomba vuota.

Dal Vangelo secondo Giovanni 20,2-8: Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala corse e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario - che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.

La pietra che sigillava la tomba era stata tolta ... entra Pietro, entra subito dopo anche l’altro discepolo, dai più identificato con Giovanni, e vide e credette. La forma «greca potrebbe essere un aoristo incoativo con il significato di “incominciò a credere”» (Mauro Orsatti): è la fede incipiente che inizia a crescere e a irrobustirsi, stimolata dal sepolcro vuoto, dalle bende e dal sudario avvolto in un luogo a parte. Potremmo ricordare Gv 11,45: «Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto [la risurrezione di Lazzaro], credettero in lui». Nonostante tutto, Pietro e l’altro discepolo se ne tornarono a casa portando nel cuore domande senza risposte: infatti non avevano compreso la Scrittura che Egli doveva risorgere dai morti.
Con quest’ultima annotazione non si vuole screditare gli Apostoli e non si vuole mettere in risalto la loro poca fede o incredulità. Anche per un ebreo, e gli Apostoli erano ebrei, risultava ostica la comprensione della risurrezione. La pericope evangelica mostra con chiarezza che Maria di Màgdala, Pietro e l’altro discepolo approdano alla fede nella risurrezione lentamente, seguendo percorsi molto diversi, costruiti anche su dubbi, segni, domande e riflessioni gravide di timori e di paure (cfr. Gv 20,19).
In ogni caso, i segni da soli non possono condurre alla conclusione che Gesù è risorto: per arrivare a questo occorre comprendere la Scrittura e questa viene solo dall’incontro con il Risorto, così come ci suggerisce il racconto dei discepoli di Emmaus: «... Noi speravamo... alcune donne... si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto... [Gesù] disse loro: “Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti...”. E cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui» (Lc 24,13ss). Un’esperienza unica che si rinnova sempre quando i credenti, il primo giorno della settima, spezzano il pane dopo aver letto le Scritture.

I due discepoli - Alain Marchadour (Vangelo di Giovanni): Pietro e il discepolo che Gesù amava sono ambedue presenti dall’inizio della passione di Gesù, in una vicinanza dolorosa per Pietro nel suo tradimento, fedele nell’altro discepolo. Attivi nella passione, lo sono anche nella loro scoperta del mistero della risurrezione. La differenza tra loro e la superiorità nella fede del discepolo che Gesù amava sussistono, poiché l’«altro discepolo » arriva per primo al sepolcro (segno di maggiore sollecitudine?), poi «vide e credette»: la formula concisa esprime il passaggio dal «vedere» alla piena adesione a Gesù risorto. La vista degli indumenti o l’ordine nel quale sono disposti attesta che il corpo del Cristo non è stato rubato, ma che il Signore se ne è andato, lasciando le sue vesti nell’ordine e nel posto in cui le portava. A differenza di Lazzaro che esce vestito, Gesù non ha più bisogno d’indumenti, poiché lascia il mondo degli uomini. In questo vangelo non viene detto nulla della fede di Pietro (Lc 24,12 sottolinea che alla vista delle bende Pietro è meravigliato). Le Scritture, che fino a quel momento non erano state abbastanza convincenti, ricevono la conferma delle numerose indicazioni accumulate sul cammino dei discepoli. Essi ritornano a casa, dove Maria Maddalena recherà loro la «buona novella». Il racconto mette in evidenza i due discepoli senza polemica né rivalità apparenti con la superiorità che spetta loro: Pietro è entrato per primo, divenendo così per la Chiesa primitiva un testimone indiscutibile. L’altro discepolo prevale chiaramente per la sua adesione al Signore. Questo rapporto complesso tra i due discepoli sarà spiegato nel capitolo 21.

Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti - La risurrezione di Gesù è il punto cruciale della fede cristiana: «Se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede» (1Cor 15,14). Per i credenti la «Risurrezione costituisce anzitutto la conferma di tutto ciò che Cristo stesso ha fatto e insegnato. Tutte le verità, anche le più inaccessibili allo spirito umano, trovano la loro giustificazione se, risorgendo, Cristo ha dato la prova definitiva, che aveva promesso, della sua autorità divina» (CCC 651).
Gesù in tre riprese aveva annunciato la sua morte e la sua risurrezione dai morti: la prima volta immediatamente dopo la confessione di fede di Pietro a Cesarea, la seconda in Galilea, la terza, infine, al momento della “salita” a Gerusalemme.
Dopo il primo annuncio, Pietro restò scandalizzato, e con lui tutti gli altri Apostoli. Al secondo annuncio Matteo aggiunge: «ed essi furono molto rattristati» (Mt 17,23). Marco dirà dopo il secondo annuncio: «Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo» (Mc 9,32).
Un altro annuncio della risurrezione è contenuto nei versetti successivi al racconto della Trasfigurazione in Matteo e in Marco: «Gesù ordinò loro: “Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti”» (Mt 17,9) e Marco in particolare aggiunge: «Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti» (Mc 9,10).
Anche Giovanni ricorda una profezia di Gesù riguardante la sua risurrezione. In occasione dell’episodio della cacciata dei mercanti dal Tempio scrive: «Gli dissero allora i Giudei: “Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?”. Ma egli parlava del tempio del suo corpo» (Gv 2,20-21).
I discepoli in verità ben sapevano che cosa significava “risurrezione” o “risuscitare dai morti”, a risultare  incomprensibile era invece la morte e la risurrezione del Maestro in quanto non avevano compreso che la sua risurrezione portava a compimento le promesse vaticinate dalle Scritture.
La risurrezione di Gesù, portando a compimento il piano della salvezza, è principio e sorgente della nostra risurrezione futura: «Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti [...] e come in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita» (1Cor 15,20-22).
In attesa che tutto questo si compia perfettamente nell’ultimo giorno, il discepolo senza esitazioni deve «abbandonare, con la sua condotta di prima, l’uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli», deve «rinnovarsi nello spirito della sua mente» e deve «rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità» (Ef 2,24-25).  Passaggi obbliganti, ma che danno senso e concretezza alla Pasqua cristiana.

Il discepolo prediletto - Benedetto XVI (Udienza Generale 5 Luglio 2006): Secondo la tradizione, Giovanni è “il discepolo prediletto”, che nel Quarto Vangelo poggia il capo sul petto del Maestro durante l’Ultima Cena (cfr Gv 13,21), si trova ai piedi della Croce insieme alla Madre di Gesù (cfr Gv 19,25) ed è infine testimone sia della Tomba vuota che della stessa presenza del Risorto (cfr Gv 20,2; 21,7). Sappiamo che questa identificazione è oggi discussa dagli studiosi, alcuni dei quali vedono in lui semplicemente il prototipo del discepolo di Gesù. Lasciando agli esegeti di dirimere la questione, ci contentiamo qui di raccogliere una lezione importante per la nostra vita: il Signore desidera fare di ciascuno di noi un discepolo che vive una personale amicizia con Lui. Per realizzare questo non basta seguirlo e ascoltarlo esteriormente; bisogna anche vivere con Lui e come Lui. Ciò è possibile soltanto nel contesto di un rapporto di grande familiarità, pervaso dal calore di una totale fiducia. È ciò che avviene tra amici; per questo Gesù ebbe a dire un giorno: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici ... Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi” (Gv 15,13.15).
Negli apocrifi Atti di Giovanni l’Apostolo viene presentato non come fondatore di Chiese e neppure alla guida di comunità già costituite, ma in continua itineranza come comunicatore della fede nell’incontro con “anime capaci di sperare e di essere salvate” (18,10; 23,8). Tutto è mosso dal paradossale intento di far vedere l’invisibile. E infatti dalla Chiesa orientale egli è chiamato semplicemente “il Teologo”, cioè colui che è capace di parlare in termini accessibili delle cose divine, svelando un arcano accesso a Dio mediante l’adesione a Gesù.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede» (1Cor 15,14).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Dio onnipotente,
per la forza misteriosa di questo sacramento,
il tuo Verbo fatto carne,
che l’apostolo Giovanni ha visto e annunziato,
dimori sempre in noi.
Per Cristo nostro Signore.