25 Dicembre 2019
NATALE DEL SIGNORE (MESSA DEL GIORNO) SOLENNITÀ
Is 52,7-10; Sal 97 (98); Eb 1,1-6; Gv 1,1-18
Colletta: O Dio, che in modo mirabile ci hai creati a tua immagine, e in modo più mirabile ci hai rinnovati e redenti, fa’ che possiamo condividere la vita divina del tuo Figlio, che oggi ha voluto assumere la nostra natura umana. Egli è Dio, e vive e regna con te...
I Lettura - Nel 587 la furia dei pagani aveva distrutto il tempio santo di Dio e la città era stata ridotta ad un cumulo di macerie. Ora, Isaia, il profeta della consolazione, annuncia al popolo la fine della cattività. Dopo lunghi anni di dolori e di sofferenze, Dio ritorna nella sua città, da qui il grido di gioia della vedetta che vede il Signore ritornare in mezzo al suo popolo. Per il profeta, è passato il tempo del giudizio, della condanna e della pena, ora è il tempo del perdono, della misericordia. La bontà di Dio tangibile nella liberazione del suo popolo dalla dura prigionia, nella pienezza dei tempi si farà carne per liberare gli uomini da una più dura tirannia: libererà infatti il genere umano dal peccato e dalla morte. Tutti i «confini della terra» gioiranno al fausto evento, tutti gli uomini saranno coinvolti nel progetto salvifico fruendo dei salutari benefici. Con l’incarnazione del Figlio di Dio la salvezza non appartiene più a un popolo, ma a tutti gli uomini.
Salmo Responsoriale - “Ecco un altro «cantico nuovo», perfetto e glorioso, al Signore re e giudice, le cui sette qualità fondamentali si chiamano meraviglia, vittoria, salvezza, giustizia, amore, lealtà, rettitudine. Ma il canto nasce da un coro e da un’orchestra straordinari [vv. 4-8]. Non sono solo i fedeli che, accompagnati dagli strumenti del culto nel Tempio [arpe, trombe, cetre], acclamano davanti al Re e Signore. Al coro partecipano anche tutte le creature: c’è il mare che romba, c’è la terraferma con tutti i suoi abitanti, ci sono i fiumi che con le loro ramificazioni a braccia sembrano mani che applaudono, mentre gli echi delle valli e dei monti creano suoni fondi e prolungati. L ‘ingresso del Signore nel mondo e nella storia provoca un sussulto di felicità in tutti e in tutto. È questa l’“utopia” della Bibbia, è il credere in un mondo che canti perché Dio è in mezzo alle sue creature e non è scomunicato con la ribellione dell’orgoglio e dell’ingiustizia” (Gianfranco Ravasi).
II Lettura - Dio, «ultimamente, in questi giorni», invia agli uomini un messaggero che non è un portavoce come gli altri: è la sua stessa «Parola» (Gv 1,1.14). Viene nel mondo il Figlio di Dio, ed è irradiazione della gloria del Signore Dio e «impronta della sua sostanza»: «queste due metafore desunte dalla teologia alessandrina della sapienza e del Logos [Sap 7,25-26] esprimono l’identità di natura tra il Padre e il Figlio e nello stesso tempo la distinzione delle persone. Il Figlio è l’«irradiazione» o il riflesso della gloria luminosa [cfr. Es 24,16] del Padre, Lumen de Lumine. Ed è l’«impronta» [cfr. Col 1,15] della sua sostanza, come l’impronta esatta lasciata da un sigillo [cfr. Gv 14,9]» (Bibbia di Gerusalemme).
Vangelo - La Parola si fa carne assumendo un’umanità povera, inferma e mortale. È la Parola che ha creato i cieli ed è la Parola che con la sua potenza sostiene il mondo. Dio viene ad abitare in mezzo agli uomini, povero tra i poveri; medico, venuto dal cielo, per curare gli ammalati. Gli uomini, ora, possono vedere, toccare, sentire Dio, in Cristo possono vedere la gloria di Dio. Per dare poi «a tutto l’avvenimento un maggior rilievo, si contrappone Gesù, il Verbo fatto carne, a Mosè. Per mezzo di Mosè, venne la legge che era considerata come la garanzia della grazia e della fedeltà di Dio nei confronti del suo popolo; per mezzo di Gesù, è venuta la grazia, ma una grazia incalcolabile: “grazia su grazia”» (F. F. Ramos).
Dal Vangelo secondo Giovanni 1,1-5.9-14 (Forma breve): In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vitae la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.
La vita del Verbo in Dio - Salvatore Alberto Panimolle (Lettura pastorale del vangelo di Giovanni): Innanzi tutto si noti la stretta concatenazione di Gv 1,1s, passo costruito chiasticamente, anche se non in forma perfetta:
In principio era il Verbo e il Verbo era, (rivolto) verso DIO e il Verbo era DIO; questi era in principio, (rivolto) verso DIO.
Le parole tematiche di questi versetti sono i due sostantivi Verbo e Dio, e l’imperfetto era; ricorrono tre o quattro volte ciascuna. L’espressione in principio apre e chiude questo passo iniziale del prologo.
La prima frase dell’inno al Verbo rivelatore è formata dalla locuzione “in principio”, dall’imperfetto “era” e dal sostantivo “il Verbo”: “in principio era il Verbo”. L’accento della sentenza è posto sul primo e sul terzo membro; l’evangelista infatti vuol proclamare che, all’inizio del tempo e del creato, il Verbo c’era già. Egli preesiste al mondo: agli uomini e alle cose.
L’espressione in principio, tipicamente biblica, e invece molto rara nel greco profano, si riferisce all’inizio dell’universo descritto in Gn 1.
Il verbo era si oppone ad “egéneto” dei vv. 3.6.10.14.17, che indica il divenire del cosmo, degli uomini, della storia, della rivelazione e della salvezza. Quindi l’imperfetto “era” descrive il durare dell’essere del Verbo già all’inizio del mondo e indica che al principio dell’universo questa persona divina c’era, viveva già, rivolta verso Dio.
«Il Logos non è stato creato, egli “era”, vale a dire che già allora esisteva, assoluto, fuori del tempo, in eterno. È una preesistenza reale, personale».
Ma chi è “il Verbo”? È una persona che viveva già all’inizio del tempo, in intimo rapporto con Dio, ossia viveva rivolto verso il seno del Padre, in dinamico slancio verso Dio. Anzi “il Verbo era Dio”: è una persona divina; si tratta infatti del Figlio unigenito del Padre, come chiariscono i passi paralleli di Gv 1,14.18. La posizione enfatica del termine Dio in Gv 1,1c, dato che questo sostantivo è messo al primo posto benché sia predicato nominale, sottolinea la divinità del Verbo.
Per noi, dopo due millenni di cristianesimo, l’affermazione che, oltre Jahvé, esiste un altro che può chiamarsi Dio, appare normale. Ma per i giudei del tempo di Giovanni l’attribuire la natura divina a un’altra persona, oltre Jahvé, costituiva uno scandalo inaudito, come documenta anche il quarto vangelo (Cf. Gv 5,18; 8,58s).
Questa persona divina è chiamata Verbo, per indicare la sua natura e la sua funzione di essere la parola del Padre, ossia la rivelazione personificata di Dio e la sua immagine perfetta. Il Figlio unigenito, infatti, è il Verbo di Dio non solo per rapporto al mondo, ma anche in relazione al Padre, in quanto è immagine perfetta di Dio, come si esprime Paolo (Cf. 2Cor 4,4; Col 1,15). Il termine “Verbo” quindi non è solo un titolo funzionale, ossia non indica solo la funzione del Figlio di Dio di parlare all’umanità della vita divina, comunicandola con la sua rivelazione salvifica, ma esprime anche l’essere di questa persona divina, che è il Figlio e l’immagine perfetta del Padre, esprimendo in sé la stessa natura di Dio.
Il Verbo si fece carne: In questi giorni, “Tempo di Natale”, la Chiesa ci invita a meditare sull’ineffabile mistero dell’Incarnazione.
In questa «discesa divina», che è anche «ascesa umana», contempliamo, in primo luogo, l’amore di Dio che svela se stesso e chiama l’uomo all’alleanza con lui: un dono assolutamente gratuito dinanzi al quale l’uomo può solo lodare e ringraziare, senza fine. Poi, in secondo luogo, contempliamo l’umiltà del Verbo Incarnato, il quale «pur essendo nella condizione di Dio... svuotò se stesso» (Fil 2,6) per assumere la nostra condizione.
Ma perché il Figlio di Dio si è fatto uomo?
Il Catechismo della Chiesa Cattolica pone quattro motivi: per salvarci riconciliandoci con Dio; perché l’uomo conoscesse l’amore di Dio; per essere nostro modello di santità e, infine, perché diventassimo «partecipi della natura divina: “Infatti, questo è il motivo per cui il Verbo si è fatto uomo, e il Figlio di Dio, Figlio dell’uomo: perché l’uomo, entrando in comunione con il Verbo e ricevendo così la filiazione divina, diventasse figlio di Dio”. “Infatti il Figlio di Dio si è fatto uomo per farci Dio”. “L’unigenito Figlio di Dio, volendo che noi fossimo partecipi della sua divinità, assunse la nostra natura, affinché, fatto uomo, facesse gli uomini dèi” (457-460). Quindi, Dio si è introdotto nella nostra condizione umana, perché l’uomo fosse introdotto nella condizione divina.
Il Verbo si fece carne: Verbo (verbum, logos), è un termine presente nel linguaggio filosofico. Per Eraclito il logos è la legge dell’essere, la necessità universale; per Platone l’origine delle idee; per gli stoici la sorte; per i neoplatonici uno degli aspetti della divinità. Per il filosofo ebreo Filone d’Alessandria, influenzato certamente dal neoplatonismo, il logos era l’intelligenza divina che organizza il mondo. Gli autori neotestamentari superano queste idee. Nel prologo del quarto vangelo, che è il testo che oggi ci offre la Liturgia, il Verbo è Dio stesso, la seconda persona della Trinità che è venuta nel mondo: si è fatta carne ed ha abitato fra gli uomini (Gv 1,14).
Comunque, il termine più che con l’aiuto del vocabolario va compreso «con l’amore e l’esperienza. Verbo è “parola”. Ma che cos’è la “parola”? Quando noi vogliamo esprimere il nostro amore, o qualche decisione d’amore che impegna la vita, non abbiamo parole sufficienti. Ne adoperiamo qualcuna, però ci accorgiamo che il suono che esce dalle labbra è solo un piccolo segno della pienezza che occupa il cuore e vuole comunicarsi. Ci pare addirittura che il bacio parli più della parola, perché esso è un segno che coinvolge di più la nostra persona: un segno che coinvolge il sentimento e il corpo oltre che l’intelligenza. Col termine “logos”, Verbo, vogliamo pensare proprio alla pienezza del cuore di Dio che vuole comunicarsi, donarsi, esprimersi e raggiungerci. Una pienezza che sarebbe limitata dalle parole, anche se esse diventano utili e necessarie. Il Verbo è ciò che sta in Dio e che Lui vuole donarci, e che precede tutte le parole. Dio comunica la sua pienezza! Egli ha delle intenzioni, un suo progetto, una volontà che è amore, perché Egli stesso è Amore» (Don Vigilio Covi).
Il Verbo si è fatto carne: Benedetto XVI (Angelus, 4 Gennaio 2009): Si tratta di un testo mirabile, che offre una sintesi vertiginosa di tutta la fede cristiana. Parte dall’alto: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio” (Gv 1,1); ed ecco la novità inaudita e umanamente inconcepibile: “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14a). Non è una figura retorica, ma un’esperienza vissuta! A riferirla è Giovanni, testimone oculare: “Noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14b). Non è la parola dotta di un rabbino o di un dottore della legge, ma la testimonianza appassionata di un umile pescatore che, attratto giovane da Gesù di Nazareth, nei tre anni di vita comune con Lui e con gli altri apostoli ne sperimentò l’amore - tanto da autodefinirsi “il discepolo che Gesù amava” -, lo vide morire in croce e apparire risorto, e ricevette poi con gli altri il suo Spirito. Da tutta questa esperienza, meditata nel suo cuore, Giovanni trasse un’intima certezza: Gesù è la Sapienza di Dio incarnata, è la sua Parola eterna fattasi uomo mortale. Per un vero Israelita, che conosce le sacre Scritture, questo non è un controsenso, anzi, è il compimento di tutta l’antica Alleanza: in Gesù Cristo giunge a pienezza il mistero di un Dio che parla agli uomini come ad amici, che si rivela a Mosè nella Legge, ai sapienti e ai profeti. Conoscendo Gesù, stando con Lui, ascoltando la sua predicazione e vedendo i segni che Egli compiva, i discepoli hanno riconosciuto che in Lui si realizzavano tutte le Scritture. Come affermerà poi un autore cristiano: “Tutta la divina Scrittura costituisce un unico libro e quest’unico libro è Cristo, parla di Cristo e trova in Cristo il suo compimento” (Ugo di San Vittore, De arca Noe, 2, 8). Ogni uomo e ogni donna ha bisogno di trovare un senso profondo per la propria esistenza. E per questo non bastano i libri, nemmeno le sacre Scritture. Il Bambino di Betlemme ci rivela e ci comunica il vero “volto” di Dio buono e fedele, che ci ama e non ci abbandona nemmeno nella morte. “Dio, nessuno lo ha mai visto - conclude il Prologo di Giovanni -: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato” (Gv 1,18). La prima ad aprire il cuore e a contemplare “il Verbo che si fece carne” è stata Maria, la Madre di Gesù. Un’umile ragazza di Galilea è diventata così la “sede della Sapienza”! Come l’apostolo Giovanni, ognuno di noi è invitato ad “accoglierla con sé” (Gv 19,27), per conoscere profondamente Gesù e sperimentarne l’amore fedele e inesauribile.
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Il Bambino di Betlemme ci rivela e ci comunica il vero “volto” di Dio buono e fedele, che ci ama e non ci abbandona nemmeno nella morte” (Benedetto XVI).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Padre santo e misericordioso,
il Salvatore del mondo, che oggi è nato
e ci ha rigenerati come tuoi figli,
ci comunichi il dono della sua vita immortale.
Per Cristo nostro Signore.
il Salvatore del mondo, che oggi è nato
e ci ha rigenerati come tuoi figli,
ci comunichi il dono della sua vita immortale.
Per Cristo nostro Signore.