23 DICEMBRE 2019

Feria di Avvento

Ml 3,1-4.23-24; Sal 24 (25); Lc 1,57-66

Colletta: Dio onnipotente ed eterno, è ormai davanti a noi il Natale del tuo Figlio: ci soccorra nella nostra indegnità il Verbo che si è fatto uomo nel seno della Vergine Maria e si è degnato di abitare fra noi. Egli è Dio, e vive e regna con te...

La circoncisione da Israele fu praticata come segno del patto e dell’appartenenza al popolo di Dio. Perciò la sua istituzione venne fatta risalire ad Abramo (Gen 17,9-14). La circoncisione era un rito che si compiva su tutti i bambini otto giorni dopo la nascita. Di regola era il padre di famiglia che eseguiva la circoncisione e al tempo di Gesù ad essa era legata l’imposizione del nome (Lc 1,59). Il racconto della circoncisione di Giovanni prepara quello della circoncisione di Gesù. Mentre, però, “a proposito di Giovanni, Luca si sofferma abbastanza sulla circoncisione [ 59-55] e fa invece soltanto un rapido cenno sulla sua nascita [57-58], riguardo a Gesù fa l’inverso: il suo racconto della nascita è piuttosto lungo [2,1-20], mentre quello della circoncisione è solo accennato [2,21]. Giovanni, infatti, è ancora nell’antica alleanza; con Gesù, invece nasce un’alleanza nuova” (Il Nuovo Testamento, Ed. Paoline).

Dal Vangelo secondo Luca 1,57-66: In quei giorni, per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccaria. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.

Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino - C. Wiéner: 1. La circoncisione, segno di appartenenza ad una comunità. - La circoncisione è praticata da numerosi popoli, generalmente in connessione con l’ingresso nella comunità degli adulti o con il matrimonio. Israele deve averla ricevuta come un’usanza remota: appare in testi di carattere arcaico, che evocano l’uso di coltelli di pietra (Es 4,24ss; Gios 5,2-9) e tuttavia non è prescritta da nessuna parte nei testi veramente antichi. La circoncisione è allora un fatto che non si discute né si giustifica. E non essere circoncisi costituisce un «disonore» (Gios 5,9; Gen 34,14). Di fronte ad incirconcisi Israele prova sempre ripugnanza (Giud 14,3; 1 Sam 17,26.36; 1Cron 10,4; Ab 2,16; Ez 44,7ss): l’incirconciso non è un vero uomo. La circoncisione è quindi innanzitutto un fatto complesso che indica l’appartenenza ad una comunità.
2. La circoncisione, segno dell’alleanza. - Questo rito d’altronde ha necessariamente un significato religioso: si circoncide per ordine di Jahve (Gios 5,2), o per sfuggire alla sua ira (Ez 4,24). Si compie un passo decisivo quando questo rito diventa, soprattutto nella letteratura sacerdotale, il segno fisico dell’alleanza, che ogni israelita maschio deve portare nella sua carne fin dall’ottavo giorno di vita. E il sangue allora versato (cfr. Es 4,26), che recherà spesso (almeno nel giudaismo posteriore) il nome di «sangue dell’alleanza».
Collegata ad Abramo, padre del popolo (Gen 17,9-14; 21,4), promulgata nella legge (Lev 12,3), essa è la condizione indispensabile per poter celebrare la Pasqua, in cui Israele si dichiara popolo eletto e salvato da Jahve (Es 12,44.48). Proibita dall’autorità pagana al tempo della persecuzione (1Mac 1,48), essa diventerà il segno stesso della opzione giudaica: gli uni cercheranno di dissimularla (1Mac 1,15), mentre gli altri la praticheranno sui loro figli con pericolo della propria vita (1Mac 1,60; 2Mac 6,10) e l’imporranno a forza agli esitanti (1Mac 2,46).
3. La circoncisione del cuore. - Israele poteva quindi essere tentato di credere che bastasse essere circoncisi per beneficiare delle promesse dell’alleanza. Geremia, indubbiamente per primo, gli ricordò che la circoncisione fisica, praticata da molti popoli, non ha in se stessa alcun valore (Ger 9,24); ciò che conta è togliere il prepuzio dei cuori (Ger 4,4), secondo una metafora utilizzata in molti altri casi (6,10; Lev 19,23). Il Deuteronomio proclama lo stesso appello alla circoncisione del cuore, cioè all’amore esclusivo di Jahve ed alla carità fraterna (Deut 10,12-22); la tradizione sacerdotale gli fa anche essa eco (Lev 26,41; Ez 44,7ss). Questa circoncisione del cuore, che Israele è incapace di procurarsi, nel giorno della salvezza sarà data da Dio: «Jahve circonciderà il tuo cuore... affinché tu ami Jahve... per vivere» (Deut 30,6). In questo stesso discorso (30,12), Paolo scorgerà a giusto titolo l’annuncio della salvezza mediante la grazia e la fede (Rom 10, 6 sa).

No, si chiamerà Giovanni - Mario Galizzi (Vangelo secondo Luca): La circoncisione era l’atto in cui il neonato veniva aggregato al popolo dell’Alleanza. La preghiera di rito diceva: «Benedetto sia il Signore nostro Dio che ci ha concesso di far partecipare nostro figlio all’Alleanza del nostro padre Abramo». L’evangelista, comunque, non si sofferma sul rito della circoncisione. Il suo racconto è comandato da quanto è avvenuto durante l’apparizione dell’angelo Gabriele a Zaccaria; e ci si stupisce come anche Elisabetta conosca già il nome che si deve dare al bimbo. Ma i parenti non sono d’accordo con lei; vorrebbero che il piccolo portasse il nome dell’anziano padre Zaccaria. Era un’abitudine in Israele perpetuare nella discendenza il nome di qualche parente. Lo facevano mossi dalla fede e dalla speranza: rendere, in un certo senso, presente nel bambino coloro che l’hanno preceduto perché anch’essi possano giungere ai tempi messianici. Ma Elisabetta non è di questo parere. Essa agisce come se già fossero presenti i tempi della salvezza. Il nome di Zaccaria ( = Dio si ricorda) non va bene, perché Dio non solo si è ricordato, ma ha fatto grazia. Perciò il piccolo sarà chiamato Giovanni ( = Dio fa grazia). Comunque non è suo compito imporre il nome al bambino. Per questo i parenti si rivolgono a Zaccaria, ed egli, essendo muto, chiede una tavoletta, ben sapendo che il nome gliel’ha già dato Dio; egli deve solo ubbidire. Perciò scrive: Giovanni è il suo nome; e lo dice pure. Non è più muto. In quello stesso istante, infatti, ricomincia a parlare e, da buon sacerdote, a lodare Dio. Impossibile, di fronte a tutto ciò, non percepirne l’amorosa presenza. Per questo un sacro timore si impossessò di tutti. Non si tratta di paura, ma di un senso di stupore e di fascino da cui si è colti quando si sperimenta la benevole presenza del divino. Tacere in questi casi è impossibile, e la notizia subito percorre tutta la zona montagnosa della Giudea. Quanto era avvenuto faceva discutere e riflettere, anche se era difficile capirne il senso. Una domanda si ripetevano l’un l’altro: «Che sarà di questo bambino?». È una domanda che mette tutti in attesa, che fa guardare avanti, che prepara nella lettura del Vangelo altri sviluppi. Comunque, chi ascolta Zaccaria qualcosa può già sapere.

All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): versetto 64 - All’istante gli si schiuse la bocca; Zaccaria non aveva affatto esitato a scrivere sulla tavoletta il nome che Gabriele gli aveva indicato nella visione del tempio; secondo la promessa dell’angelo (cf. versetto 20), il pio sacerdote riacquista subito l’uso della lingua ed incomincia a lodare Dio. Il testo indica i due organi (bocca e lingua), necessari per la loquela, facendoli dipendere da un unico verbo («si schiuse») che non è appropriato per l’organo della lingua; per avere un periodo omogeneo e ben strutturato bisognava aggiungere «e gli si sciolse la lingua». Il Codice D presenta una variante nella lettura dei versetti 63-64 poiché ha: «e subito si sciolse la sua lingua e tutti (ne) furono meravigliati e la sua bocca si aprì...»; questa differente disposizione delle proposizioni è stata determinata dal desiderio del copista di precisare meglio la causa dello stupore indicando che esso è stato originato dal fatto prodigioso dell’improvviso ricupero della favella. E parlava e benediceva Dio; letteralmente: e parlava benedicendo Dio; cioè: «e benedisse» il Signore. Le prime parole che Zaccaria poté pronunziare furono parole di lode a Dio. L’autore non riferisce ciò che il padre di Giovanni, pronunziò in lode a Dio in quella circostanza; conviene tuttavia pensare che in quel momento di profonda commozione religiosa e di viva riconoscenza per il Signore il pio Zaccaria trovasse la sua ispirazione per il Cantico Benedictus. Luca preferisce condurre a termine il racconto iniziato prima di riferire le strofe piene di vibrante religiosità di quest’inno; per tale procedimento letterario dell’evangelista si veda il rilievo fatto al versetto56.
versetto 65 - Tutti i loro vicini furono presi da timore; si rileva l’effetto prodotto nei vicini dal miracolo compiuto in Zaccaria. Luca, come è suo costume, predilige universalizzare le espressioni, egli infatti scrive: «Tutti i loro vicini», «nell’intera regione montagnosa» (cf. anche versetto seg.: «Tutti quelli che le sentirono...»). Il timore non è in contrasto con la meraviglia di cui si è parlato al versetto 63; poiché esso indica il sentimento religioso che prova l’ebreo davanti ad un fenomeno soprannaturale (cf. Atti, 2,43; 5,5), come quello verificatosi in Zaccaria. Era inevitabile che la notizia di questi fatti meravigliosi si divulgasse nella Giudea e che tutti ne parlassero, anche se il rilievo è suggerito all’evangelista dalla sua tendenza a mostrare l’aspetto edificante degli eventi narrati. Tutte queste cose: letteralmente: tutte queste parole; «parole» (τὰ ῥήματα) nel senso ebraico di dabar che significa tanto parola quanto fatto; non ci si intratteneva sulle parole ascoltate, ma sui fatti straordinari visti o sentiti.
versetto 66 - Le posero nel loro cuore; espressione semitica che significa: riflettere, prendere in considerazione (cf. 1Samuele, 21,13). Luca fa notare che sugli avvenimenti narrati si porta l’attenzione di tutti, anche di quelli che ne hanno soltanto sentito parlare. A motivo dei fatti meravigliosi verificatisi alla nascita di Giovanni ci si chiedeva a quale straordinaria missione era destinato questo bambino (che sarà dunque questo piccolo bambino?); il testo ha il diminutivo vezzeggiativo, «piccolo bambino» (παιδίον). La mano di Dio infatti era con lui; queste parole sono una riflessione dello scrittore, non già riferiscono l’opinione popolare; esse concludono il racconto della nascita di Giovanni e preparano quanto sarà detto al versetto 80 ed al capitolo 3. Luca infatti, con sobri accenni, indica in anticipo quello che narrerà, in modo da offrire utili raccordi al lettore. «La mano di Dio» designa la protezione e la guida divina (cf. Esodo, 13,3,14; 14,8; 15,6 etc.; Atti, 11,21; 13,11); i fatti meravigliosi constatati alla nascita di questo bambino mostravano all’evidenza che il Signore (la mano del Signore; antropomorfismo biblico) lo proteggeva e lo seguiva con provvidenza particolare.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Tutti furono meravigliati” (Vangelo).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Da questo sacramento di vita eterna
venga a noi il dono della tua pace, o Padre,
perché siamo pronti a correre con le lampade accese
incontro al tuo Figlio che viene.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.