21 DICEMBRE 2019

Feria di Avvento

Ct 2,8-14 oppure Sof 3,14-17; Sal 32 (33); Lc 1,39-45

Colletta: Ascolta, o Padre, le preghiere del tuo popolo in attesa del tuo Figlio che viene nell’umiltà della condizione umana: la nostra gioia si compia alla fine dei tempi quando egli verrà nella gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

Maria non è una donna incredula al pari di Zaccaria. Va a trovare Elisabetta non per sincerarsi delle parole e della profezia dell’angelo, ma perché sospinta dalla carità e dal fuoco ardente dello zelo missionario: per mezzo di Maria, la Buona Novella, Gesù, mette le ali e già attraversa le vie della storia. Maria, pur consapevole della sua bassezza, sospinta dallo Spirito Santo, non può non esclamare la grandezza misericordiosa di Dio che guardando la sua umiltà ancora una volta persegue e conferma il suo eterno agire: scegliere le cose umili per confondere i sapienti (1Cor 1,27-28).

Dal Vangelo secondo Luca 1,39-45: In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Maria si mette in viaggio verso la montagna e raggiunge una città di Giuda, oggi preferibilmente identificata con Ain-Karim, 6 Km a ovest di Gerusalemme. La fretta con la quale Maria si avvia a trovare Elisabetta, l’anziana sposa di Zaccaria miracolosamente rimasta incinta (Lc 1,5-25), mette in evidenza la sua pronta disponibili­tà al progetto di Dio. Entrata in casa, il saluto della Vergine raggiunge per vie misteriose il bambino che sussulta nel grembo della madre la quale, «piena di Spirito Santo», saluta con parole profetiche la Madre del Signore.
Con un’espressione semitica che equivale a un superlativo, Elisabetta proclama Maria «benedetta fra le donne»; la Vergine è benedetta «per la presenza di un frutto benedetto [eulogémenos] nel suo seno: benedetta dunque perché madre del Benedetto, perché madre del suo Signore [vv. 42-43;]; la proclama, ancora, beata [makaria] per la fede con la quale ha reagito alla proposta divina: beata dunque perché fedele, perché uditrice della parola del Signore [v. 45]» (Carlo Ghidelli).
Il saluto dell’angelo, - «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te» (Lc 1,28) - e il saluto dell’anziana donna, - «Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno» - (Lc 1,42), fusi insieme, saranno ripetuti nei secoli da milioni di credenti: l’Ave Maria è «una delle preghiere più belle e profonde, nella quale Elisabetta, e quindi l’Antico Testamento, si collega con Maria, cioè col Nuovo Testamento» (Richard Gutzwiller).
Il racconto della visitazione ricorda, con evidenti allusioni e coincidenze, il racconto biblico del trasferimento dell’arca dell’alleanza a Gerusalemme operato dal re Davide (2Sam 6,1ss).
L’arca sale verso Gerusalemme, Maria sale verso la montagna. L’arca entra nella casa di Obed- Edom e Maria entra nella casa di Zaccaria. La gioia del nascituro e il suo trasalimento nel grembo dell’anziana madre ricordano la gioia di Davide e la sua danza festosa dinanzi all’arca. L’espressa indegnità di Elisabetta dinanzi alla Madre del Signore ricorda ancora l’indegnità del re David di fronte all’arca del Signore. Questi accostamenti, molto precisi nei particolari, ben difficilmente possono essere accidentali.
L’identificazione dei due racconti va allora verso una chiara proclamazione: Maria, la Madre del Signore, è la nuova arca del Signore, e suo figlio, Gesù, è il Signore abitante in quel tempio vivo.
L’anziana sposa di Zaccaria nel proclamare senza indugi Maria «la Madre del Signore» non fa che raccogliere e ripetere le parole del nunzio celeste.
Nella tradizione biblica il Signore è Iahvé, ma anche il grande sovrano (1Cr 29,11; 2Mac 5,20; Sal 48,3), il re (Sir 51,1; Sal 99,4). L’angelo aveva annunciato a Maria che il promesso figlio sarebbe stato chiamato «Figlio dell’Altissimo» (Lc 1,31) e avrebbe regnato per sempre «sul trono di Davide suo padre» (Lc 1,32-33): nel suo annuncio profetico, Elisabetta non fa che ricordare e confermare le parole del messaggero celeste.
Alla fine, sulle labbra di Elisabetta si coglie un’ultima parola di lode che viene rivolta con gioia alla Vergine di Nazaret: «Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Maria è beata perché «madre del Signore», ed è beata perché perfetta discepola: Ella ha accolto nel suo cuore, prima che nel suo grembo, la Parola viva feconda di vita e di salvezza.
Anche il cantico della Vergine ha un riscontro nell’Antico Testamento (cfr. 1Sam l-10). Ma sulle labbra di Maria il Magnificat ha risonanze e significati molto più profondi. La Vergine non risponde ad Elisabetta, ma si rivolge a Dio lodandolo per la sua misericordiosa accondiscendenza. Egli «mi ha guardato - dice Maria - perché sono umile e perché ricerco la virtù della mitezza e del nascondimento... così come lo stesso Salvatore, che ha detto: Imparate da Me che sono mite e umile di cuore e troverete pace per le vostre anime» (Origene).

A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? - A. George:  A tutti i livelli della tradizione evangelica. Maria è innanzitutto «la madre di Gesù». Parecchi testi la designano con questo semplice titolo (Mc 3,31s par.; Lc 2,48; Gv 2,1-12; 19,25s), che definisce tutta la sua funzione nell’opera della salvezza.
1. Questa maternità è volontaria - Il racconto dell’annunciazione lo fa chiaramente risaltare (Lc 1,26-38). Dinanzi alla vocazione inattesa che l’angelo le annunzia, Luca mostra la vergine preoccupata di capire a fondo la chiamata di Dio. L’angelo le rivela la sua concezione verginale. Pienamente illuminata, Maria accetta; essa è la serva del Signore, come Abramo, Mosè ed i profeti; come il loro, e più ancora, il suo servizio è libertà.
2. Quando Maria partorisce Gesù, il suo compito, come per tutte le madri, non fa che incominciare. Essa deve allevare Gesù. Con Giuseppe, che condivide le sue responsabilità, porta il bambino al tempio per presentarlo al Signore, per esprimere l’oblazione di cui la sua coscienza umana non è ancora capace. Riceve per lui, da Simeone, l’annunzio della sua  missione (Lc 2,29-32.34 s). Essa è per lui l’educatrice cosciente della sua autorità (Lc 2,48) e Gesù le è sottomesso come a Giuseppe (Lc 2,51).
3. Maria rimane madre quando Gesù giunge all’età adulta. Si trova presso il figlio al momento delle separazioni dolorose (Mc 3,21.31; Gv 19,25ss). Ma il suo compito assume allora una forma nuova. Luca e Giovanni lo fanno sentire nelle due tappe principali della maturazione di Gesù. A dodici anni, israelita di pieno diritto, Gesù proclama ai genitori terreni che deve occuparsi innanzitutto del culto del suo Padre celeste (Lc 2,49). Quando inizia la sua missione a Cana, le sue parole a Maria: «Che vuoi, o donna?» (Gv 2,4) non sono tanto quelle di un figlio, quanto quelle del responsabile del regno; rivendica così la sua indipendenza di inviato di Dio. Ormai, per il tempo della sua vita terrena, la madre scompare dietro la fedele (cfr. Mc 3,32-35 par.; Lc 11,27s).
4. Questa spogliazione culmina sulla croce. Rivelando a Maria il destino di Gesù, Simeone le aveva annunziato la spada che doveva trafiggere la sua anima nella divisione di Israele e la prova della sua fede (Lc 2,34s). Sul Calvario si compie la sua maternità, come mostra Giovanni in una scena in cui ogni tratto è significativo (Gv 19,25ss). Maria è ritta ai piedi della croce. Gesù le rivolge ancora il solenne «donna» che connota la sua autorità di Signore del regno. Indicando alla madre il discepolo presente: «Ecco il tuo figlio», Gesù la chiama ad una nuova maternità, che sarà ormai la sua funzione nel popolo di Dio. Forse Luca ha voluto suggerire questa missione di Maria nella Chiesa mostrandola in preghiera con i Dodici, nell’attesa dello Spirito (Atti 1,14); questa maternità universale risponde almeno al suo pensiero che ha visto in Maria la personificazione del popolo di Dio, la figlia di Sion (Lc 1,26-55).

E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): E beata colei che ha creduto; la beatitudine, che evidentemente si riferisce a Maria, è espressa in una forma generale («beata colei che ha creduto»), come nei «macarismi» dell’Antico Testamento; la Volgata invece applica direttamente a Maria la beatitudine proclamata da Elisabetta poiché usa la seconda persona: «Beata, tu che hai creduto» (Beata, quae credidisti). Al compimento delle parole che le sono state dette; il testo originale, tradotto letteralmente, può essere inteso in due modi differenti: «Beata colei che ha creduto che si compiranno le parole etc.», oppure: «Beata colei che ha creduto, perché si compiranno le parole etc.» (traduzione seguita dalla Volgata: Beata, quae credidisti, quoniam perficientur ea, quae dieta sunt tibi a Domino). Il senso da preferire è quello indicato nella prima delle due versioni riportate; Elisabetta infatti si congratula con Maria che ha creduto al messaggio divino, nel quale le si annunziava la maternità del Messia, non già la proclama beata perché la Madre del Messia vede ora il compimento delle parole dell’inviato celeste. La madre del Precursore esprime la sua soddisfazione nel sapere che Maria ha creduto, non già si propone di rassicurarla nuovamente sull’atto di fede compiuto dalla Vergine al momento dell’annunciazione. In virtù dell’illuminazione soprannaturale, frutto della pienezza dello Spirito (cf. vers. 41), Elisabetta conosce anche il messaggio che l’angelo aveva recato a Maria e la generosa fede con la quale la Vergine lo aveva accolto; questa infatti ci sembra essere la migliore spiegazione del racconto, come ci è giunto, poiché il testo non dice da chi Elisabetta abbia conosciuto il fatto miracoloso della maternità di Maria.

Alla scuola di Maria Donna «eucaristica» - Ecclesia de Eucharistia 55: In certo senso, Maria ha esercitato la sua fede eucaristica prima ancora che l’Eucaristia fosse istituita, per il fatto stesso di aver offerto il suo grembo verginale per l’incarnazione del Verbo di Dio. L’Eucaristia, mentre rinvia alla passione e alla risurrezione, si pone al tempo stesso in continuità con l’Incarnazione. Maria concepì nell’Annunciazione il Figlio divino nella verità anche fisica del corpo e del sangue, anticipando in sé ciò che in qualche misura si realizza sacramentalmente in ogni credente che riceve, nel segno del pane e del vino, il corpo e il sangue del Signore.
C’è pertanto un’analogia profonda tra il fiat pronunciato da Maria alle parole dell’Angelo, e l’amen che ogni fedele pronuncia quando riceve il corpo del Signore. A Maria fu chiesto di credere che colui che Ella concepiva « per opera dello Spirito Santo» era il «Figlio di Dio» (cfr Lc 1,30-35). In continuità con la fede della Vergine, nel Mistero eucaristico ci viene chiesto di credere che quello stesso Gesù, Figlio di Dio e Figlio di Maria, si rende presente con l’intero suo essere umano- divino nei segni del pane e del vino.
«Beata colei che ha creduto» (Lc 1,45): Maria ha anticipato, nel mistero dell’Incarnazione, anche la fede eucaristica della Chiesa. Quando, nella Visitazione, porta in grembo il Verbo fatto carne, ella si fa, in qualche modo, «tabernacolo» - il primo «tabernacolo» della storia - dove il Figlio di Dio, ancora invisibile agli occhi degli uomini, si concede all’adorazione di Elisabetta, quasi «irradiando» la sua luce attraverso gli occhi e la voce di Maria. E lo sguardo rapito di Maria nel contemplare il volto di Cristo appena nato e nello stringerlo tra le sue braccia, non è forse l’inarrivabile modello di amore a cui deve ispirarsi ogni nostra comunione eucaristica?

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Quando, nella Visitazione, porta in grembo il Verbo fatto carne, ella si fa, in qualche modo, «tabernacolo» - il primo «tabernacolo» della storia”.
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Per la comunione a questo sacramento
proteggi sempre il tuo popolo, Signore,
perché, nella piena obbedienza a te nostro Padre,
raggiunga la salvezza dell’anima e del corpo.
Per Cristo nostro Signore.