11 DICEMBRE 2019

Mercoledì II Settimana di Avvento
  
 Is 40,25-31; Sal 102 (103) Mt 11,28-30  

Colletta: Dio onnipotente, che ci chiami a preparare la via al Cristo Signore, fa’ che per la debolezza della nostra fede non ci stanchiamo di attendere la consolante presenza del medico celeste. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Per comprendere il brano evangelico è necessario porlo in quel contenzioso che vede i farisei in contrapposizione con Gesù. I farisei, custodi della legge e sedicenti interpreti della stessa, avevano snaturato lo spirito della Legge aggravandola di note opprimenti, impedendo di fatto di adempierla: «Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: “Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito» (Mt 23,1-4). 
La Legge di Gesù, il giogo, è invece dolce, non una Legge asfissiante, ma leggera perché le sue radici affondano nel cuore di Gesù, che è ardente di carità.
Mite e umile mite  sono “epiteti classici dei «poveri» dell’Antico Testamento (cf. Sof 2,3+, Dn 3,87). Gesù rivendica per sé il loro atteggiamento religioso e se ne avvale per farsi loro maestro di sapienza, come era annunziato del «servo» (Is 61,1-2 e Lc 4,18; vedere ancora Mt 12,18-21; 21,5). Per essi infatti egli ha pronunziato le beatitudini (Mt 5,3+) e molte altre istruzioni della buona novella” (Bibbia di Gerusalemme).
Non la sferza o il castigo così come volevano le guide spirituali del popolo d’Israele, ma l’amore è il motore che muove il discepolo ad accettare la Legge di Gesù, e a viverla sine glossa.

Dal Vangelo secondo Matteo 11,28-30: In quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Venite a me... Gesù nell’offrire ai suoi discepoli il suo giogo dolce fa emergere la «nuova giustizia» evangelica in netta contrapposizione con la giustizia farisaica fatta di leggi e precetti meramente umani (Mt 15,9); una giustizia ipocrita, ma strisciante da sempre in tutte le religioni. Il ristoro che Gesù dona a coloro che sono stanchi e oppressi, in ogni caso, non esime chi si mette seriamente al suo seguito di accogliere, senza tentennamenti, le condizioni che la sequela esige: rinnegare se stessi e portare la croce dietro di lui, ogni giorno, senza infingimenti o accomodamenti: «Poi, a tutti, diceva: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”» (Lc 9,23). È la croce che diventa, per il Cristo come per il suo discepolo, motivo discriminante della vera sapienza, quella sapienza che agli occhi del mondo è considerata sempre stoltezza o scandalo (1Cor 1,17-31). Un carico, la croce di Cristo, che non soverchia le forze umane, non annienta l’uomo nelle sue aspettative, non lo umilia nella sua dignità di creatura, anzi lo esalta, lo promuove, lo avvia, «di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito Santo» (2Cor 3,18) ad un traguardo di felicità e di beatitudine eterna. La croce va quindi piantata al centro del cuore e della vita del credente.
Invece, molti, anche cristiani, tendono a porre al centro di tutta la loro vita, spesso disordinata, le loro scelte, non sempre in sintonia con la morale; o avvinti dai loro gusti e programmi, tentano di far ruotare attorno a questo centro anche l’intero messaggio evangelico, accettandolo in parte o corrompendolo o assoggettandolo ai propri capricci; da qui la necessità capricciosa di imporre alla Bibbia, distinguo, precetti o nuove leggi, frutto della tradizione umana; paletti issati come muri di protezione per contenere la devastante e benefica azione esplosiva della Parola di Dio (Cf. Mc 7,8-9).
Gesù è mite e umile di cuore: è la via maestra per tutti i discepoli, è la via dell’annichilimento (Cf. Fil 2,5ss), dell’incarnarsi nel tempo, nella storia, nel quotidiano dei fratelli, non come maestri arroganti o petulanti, ma come servi (Cf. 1Cor 9,22).

Il giogo, il carico e l’amore  - Basilio Caballero (La Parola per ogni giorno): «Il Signore dà forza allo stanco e moltiplica il vigore allo spossato». Facendo eco a queste parole consolatrici del profeta Isaia, dirette agli israeliti esiliati, Gesù invita tutti gli uomini: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».
Chi sono gli affaticati e gli oppressi che Gesù chiama a sé? Che significa l’immagine del giogo ripetuta due volte? Senza dubbio, questo messaggio di liberazione e di sollievo è l’alternativa di Gesù al giogo insopportabile che, ai suoi tempi, farisei e dottori della legge avevano imposto sulla povera gente, giogo fatto di legalismo, casistica e moralismo gretto, mentre essi si guardavano bene dal muovere un dito per aiutarla. Il giogo di Cristo, invece, è dolce e il suo carico leggero.
Gli aggettivi «dolce» e «leggero» non annullano i sostantivi «giogo» e «carico». Giogo dolce e carico leggero non vogliono dire lassismo, ma si riferiscono a una pratica possibile. Gesù non è un sostenitore di sconti sulla legge evangelica. Molto conosciute sono altre sue espressioni che suonano radicali: « Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua».
Tuttavia, la nostra sequela di Cristo, la religione e la morale cristiane, non sono un’imposizione, una sottomissione a una legge dispotica e impersonale. La legge di Cristo è liberazione, è legge di libertà, legge dello Spirito che supera le opere della carne e del peccato, legge di relazione filiale con Dio, nostro padre e amante della vita

Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero - P. Filippo Clerici e P. Silvano Fausti: Sento l’obbiezione di chi dice: No, ma se si considera le esigenze del vangelo, tutt’altro che dolce, tutt’altro che leggero! È considerato giustamente il vangelo così? O è preso anche il vangelo, la buona notizia come legge,come il massimo, quindi il massimo peso della legge? In genere quando noi leggiamo il Vangelo diciamo: Che esigenze dure ha il Vangelo! Addirittura mi impone di amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la vita, e con tutte le forze. E di amare il prossimo come me stesso (che non amo neanche me stesso), cioè ha esigenze assurde il vangelo.
Difatti, il Vangelo ha esigenze assurde. Nessuno può comandarmi queste cose, e difatti, il Vangelo non è un comando, è la buona notizia è che Dio ti ama con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la vita, con tutte le forze. Che tu quindi, ti puoi amare pienamente come sei amato e quindi puoi amare l’altro, come sei amato e come ami te stesso. Cioè il Vangelo non è una legge, ma un dono. Guai se lo intendiamo come legge! È il dono dello Spirito, è il dono dell’amore, della conoscenza tra Padre e Figlio ed è questa che mi fa vivere la vita nuova. Pure nei miei limiti dei miei peccati, nelle mie fragilità, nelle mie cadute costanti, tuttavia c’è questo Spirito che è il principio di vita nuova.
Questo giogo della legge è dolce, come è dolce l’amore. In greco c’è una parola cristos, che vuol dire utile, è utile questo giogo. Mentre l’altro è molto dannoso il giogo della legge. Ti fa fare sforzi infiniti per punirti perché non arrivi a conseguire ciò che vorresti, quel che dice Paolo (Rm 7,14): Vedo il bene e lo approvo e faccio il male che disapprovo. La legge è giusta, ma io non riesco a osservarla.
Invece, questa legge interna dell’amore è utile perché ti dà di vivere, non te lo prescrive, te lo dona. Ed è leggero, cioè non è un insieme di precetti che uno dopo l’altro non sai più quali fare e quali non fare: Ama e fai ciò che vuoi. Non ci sono più tanti precetti; l’amore capisce ciò che dà la vita o no; e certamente non trasgredisce, non fa male a nessuno.
Questo brano, allora, è proprio il passaggio da una religiosità fondata sulla legge a quella che è sul dono dello Spirito, che è la conoscenza del Padre, che è l’amore che tu stesso ricevi. Non in quanto sei intelligente, non è in quanto sei bravo, non in quanto sei particolarmente devoto o religioso, ma in quanto sei infante, cioè piccolo che ha bisogno di questo dono, lo chiede, va da Gesù, e accoglie il suo riposo, giorno dopo giorno, e vive di questo nuovo giogo che è dolce e impara, è importante imparare, progressivamente questa sapienza mite e umile che è il riposo.

La Legge e il problema nel cristianesimo primitivo - P. Grelot: 1. Gesù non aveva condannato la pratica della legge giudaica; vi si era persino conformato per l’essenziale, sia che si trattasse dell’imposta del tempio (Mt 17,24-27) oppure della legge della Pasqua (Mc 14,12ss). Tale fu pure dapprima l’atteggiamento della comunità apostolica, assidua al tempio (Atti 2,46), della quale le folle giudaiche a celebravano le lodi» (5 13). Pur usando di talune libertà che l’esempio di Gesù autorizzava (9,43), vi si osservavano le prescrizioni legali, si assumevano persino pratiche di pietà supererogatorie (18,18; 21,23s), e non mancavano tra i fedeli dei fautori zelanti della legge (21,20).
2. Ma un nuovo problema venne a porsi quando dei pagani incirconcisi aderirono alla fede senza passare attraverso al giudaismo. Pietro stesso battezzò il centurione Cornelio, dopo che una visione divina gli ebbe ordinato di considerare  puri coloro che Dio ha purificati mediante la fede ed il dono dello Spirito (Atti 10).
L’opposizione degli zelatori della legge (11,2s) cadde dinanzi all’evidenza di un intervento divino (11,4-18).
Ma una conversione in massa di Greci ad Antiochia (11, 20), avallata da Barnaba e Paolo (11,22-26), riaccese la disputa. Osservatori venuti da Gerusalemme, e più precisamente dall’ambiente di Giacomo (Gal 2,12), vollero costringere i convertiti all’osservanza della torah (Atti 15,1s.5). Pietro, in visita alla chiesa di Antiochia, si destreggiò dinanzi a questa difficoltà (Gal 2,11s). Il solo Paolo si levò per affermare la libertà dei pagani convertiti nei confronti delle pratiche legali (Gal 2,14-21). In una riunione plenaria tenutasi a Gerusalemme, Pietro e Giacomo gli diedero infine ragione (Atti 15,7-19): Tito, compagno di Paolo, non fu neppure costretto alla circoncisione, e la sola condizione posta alla comunione cristiana fu un’elemosina per la chiesa madre (Gal 2,1-10). Vi si aggiunse una regola pratica, destinata a facilitare la comunanza di mensa nelle chiese di Siria (Atti 15,20s; 21,25). Tuttavia questa decisione liberatrice lasciò sussistere negli zelatori della legge un sordo malcontento nei confronti di Paolo (cfr. 21,21).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Non la sferza o il castigo così come volevano le guide spirituali del popolo d’Israele, ma l’amore è il motore che muove il discepolo ad accettare la Legge di Gesù, e a viverla sine glossa.
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

L’umile offerta che ti presentiamo
sia gradita al tuo nome, Signore,
e ci ottenga ciò che giova al nostro vero bene.
Per Cristo nostro Signore.