5 Novembre 2019

Martedì XXXI Settimana T. O.

Rm 12,5-16a; Sal 130 (131); Lc 14,15-24

Colletta: Dio onnipotente e misericordioso, tu solo puoi dare ai tuoi fedeli il dono di servirti in modo lodevole e degno; fa’ che camminiamo senza ostacoli verso i beni da te promessi. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Gesù si era recato a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare, e lì aveva dato una magistrale lezione sulla umiltà e sulla generosità. A questo insegnamento fa seguito l’esultanza di uno dei commensali, gioia mista a un grande desiderio: Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio! L’espressione regno di Dio nella sacra Scrittura si riferisce al regno o alla sovranità di Dio su tutte le cose, e tutti i giusti anelavano entrarvi, ma spesso dimenticavano o ignoravano il come entrarci. Così Gesù approfitta dell’occasione offertagli dal commensale per spiegare come si entra nel regno di Dio, e si rivolge senza timore ai farisei che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri (Lc 18,9). Il significato della parabola del grande banchetto è tersa come la luce del sole: chi ha declinato l’invito, accampando mille scuse, è il popolo d’Israele, ad entrare saranno i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi, cioè tutti coloro che dai farisei erano disprezzati e considerati gli ultimi del popolo eletto. Ma nelle parole di Gesù si può cogliere anche mestizia intrisa a sofferenza: infatti, non c’è “gioia finale nel fatto di aver riempito la casa con i secondi e i terzi invitati. C’è piuttosto l’amarezza perché i primi non hanno accolto l’invito e sono stati esclusi, non solo dal banchetto, ma anche dalla casa” (Il Nuovo Testamento, Ed. Paoline).

Dal Vangelo secondo Luca 14,15-24: In quel tempo, uno dei commensali, avendo udito questo, disse a Gesù: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!». Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”. Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”. Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”. Il servo disse: “Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto”. Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”».  

La parabola “del grande banchetto” - Luke Timothy Johnson (Il Vangelo di Luca): Nella versione di Luca l’attenzione del lettore è attratta dal triplice invito e dalla triplice scusa. Esaminando questi schemi possiamo capire meglio dove Luca vuole arrivare. Qual è lo sfondo e quale la natura delle scuse di questi primi invitati? Lo sfondo può essere quello - come è già stato suggerito altre volte - del concetto di guerra santa in Israele. Quelli che avevano appena comprato una vigna o costruito una casa o preso moglie erano esentati dal partecipare a una guerra santa, secondo Dt 20,5-7. Nella parabola di Luca le scuse non coincidono perfettamente, ma sono pur sempre un indizio, particolarmente se teniamo presente che i «poveri, storpi, zoppi e ciechi» elencati in 14,13 e chi vengono poi invitati al banchetto sono quelli che negli scritti di Qumran sono esclusi dalla partecipazione al banchetto escatologico e dalla guerra santa. Ma se Gesù sta presentando un banchetto che è l’immagine del regno di Dio, queste scuse sono in qualsiasi modo inadeguate. Perfino m.Sotah, che elabora questi motivi per non andare in guerra, conclude facendo la distinzione tra guerre di libera scelta e una guerra santa alla quale tutti devono partecipare, «perfino lo sposo fuori dalla sua camera e la sposa fuori dalla sua camera nuziale» (m.Sotah 8,7). In altre parole, se si tratta veramente della chiamata di Dio, queste scuse non reggono. Per di più, questa non è una guerra o un banchetto al quale sono invitati, ma è il Regno stesso.
Questo ci porta quindi alla natura delle scuse. Le scuse addotte rivelano un tale attaccamento ai propri beni e ai propri interessi, che rende l’uomo sordo perfino a un imperativo profetico. Erano stati invitati; avevano accettato l’invito; e ora che la festa è pronta, essi scantonano. E non per motivi di impellente urgenza, ma perché preferiscono badare ai propri interessi, anziché rispondere alla chiamata dell’ Altro.
Il triplice invito, a sua volta, fa della parabola di Luca un’ allegoria abbastanza trasparente del racconto di Luca nel suo insieme. Il primo invito, ci è dato da capire, è rivolto ai «giusti» tra il popolo. Ma si dà il caso che essi «hanno già la loro consolazione» (cf 6,24) e considerano i propri interessi più importanti della chiamata del Messia. Il secondo invito è rivolto agli «emarginati del popolo», gli stessi poveri, ciechi, zoppi e storpi che Gesù ha già indicato in 7,22 come i destinatari privilegiati della proclamazione del lieto messaggio.
Ma c’è ancora posto, perciò l’invito esce oltre la cerchia della «città» in una regione più ampia. Con questo dobbiamo intendere l’estensione dell’invito ai Gentili a entrare a far parte del popolo di Dio, invito che verrà volto nel racconto degli Atti. Così la sala del banchetto si riempirà. Troviamo qui la stessa idea già presentata nella precedente parabola del banchetto in 13,28-30: verrà gente da ogni dove a sedersi a mensa con i patriarchi, «voi invece [sarete] cacciati fuori».
A questo punto, tuttavia, va sottolineato che nessuno di quelli «che erano stati invitati» e che non gusteranno la cena nella versione di Luca (14,24) deve riferirsi ai farisei e ai dottori della legge che rifiutano attivamente il Messia. Questa non è una parabola del rifiuto dei Giudei in quanto tali, perché i «poveri e i diseredati» che partecipano al banchetto sono essi stessi Giudei, per quanto emarginati possano essere. È una parabola del rifiuto presentata ai capi e intesa per i capi.

All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): versetto 17 Mandò il suo servo; qui si parla di un solo servo, in Matteo invece di più; in Luca sembra che il particolare descrittivo sia stato conservato nella sua forma originale. L’accenno a questo unico servo non ha valore allegorico, come se il passo intenda riferirsi a Gesù, perché nelle allegorie evangeliche il Maestro non è mai designato con il termine «servo». Il particolare parabolico designa il servo più fedele e premuroso di cui poteva disporre il padrone tra i suoi dipendenti. Va tenuto presente che l’autore della parabola non si preoccupa di armonizzare tutti gli elementi descrittivi utilizzati in essa; nel caso specifico, per ricordare ai «molti» (cf. vers. 16) l’impegno preso con il ricco signore di partecipare al banchetto a cui erano stati invitati, era necessario un numero maggiore di valletti.
versetto 18 Unanimamente; nel testo si ha l’espressione ellittica: ἀπὸ μιᾶς che noi integriamo con il sostantivoγνώμης (unanimamente, concordemente); altri traducono: contemporaneamente; alla stessa maniera; ad una voce. L’autore sembra voler rilevare il fatto seguente: tutti furono unanimi nel rifiutare l’invito adducendo delle scuse. Ho comprato un campo e bisogna che io vada a vederlo; il primo invitato si esime dal partecipare al banchetto facendo presente al servo, che egli deve attendere ad affari urgenti ed improrogabili. La scusa è formulata in modo assai cortese e rispettoso.
versetti 19-20 L’evangelista segnala altri due motivi che impediscono agli interessati di recarsi in quel momento al banchetto. Ho preso moglie e perciò non posso venire; questo terzo invitato richiama il fatto che ha appena celebrato le nozze, perciò non sente nemmeno il bisogno di scusarsi per l’assenza. Le tre motivazioni ricordate nella parabola presentano un elemento comune: esse non considerano un caso di estrema urgenza o di improrogabile necessità, ma richiamano semplicemente un fatto di opportunità o, se si vuole, di convenienza occasionale e momentanea.

Perché io vi dico… - Rinaldo Fabris: L’introduzione e la finale, 14,15.24, possono aiutarci comprendere il significato e l’intenzione di questo racconto parabolico. Il banchetto è il regno di Dio, il suo progetto salvifico, che viene proposto ai destinatari ufficiali. Nell’ambiente di Gesù era il popolo d’Israele il primo invitato, e nel giudaismo coloro che erano religiosamente più impegnati, gli scribi e i farisei. Senonché proprio essi hanno declinato l’invito e per questo si sono automaticamente esclusi dal regno. Non per questo il progetto di Dio fallisce. I peccatori, gli esclusi o lontani prendono il posto dei primi invitati.
Nella comunità di Luca, preoccupata per la perseveranza dei convertiti, la parabola diventa un serio avverti­mento a tutti quelli che rischiano di restare esclusi dal regno di Dio perché troppo presi dagli affari o irretiti dai legami familiari. Rientra precisamente nella sensibilità spirituale di Luca invitare a un ripensamento quanti si fondano sul possesso e sull’accaparramento dei beni e per questo rischiano di perdere l’unica occasione salvi fica (cfr. 8,14).
D’altra parte la scelta dei poveri sull’esempio di Dio è il modo attuale e concreto di realizzare la perseveranza cristiana da parte di quelli che hanno fatto l’esperienza dell’invito gratuito al regno. Possono cambiare i prota­gonisti della parabola, quelli che rifiutano, ieri i giudei devoti che criticano le scelte di Gesù, oppure i ricchi che hanno posposto il regno ai loro affari, oggi i cristiani sicuri e abitudinari che snobbano l’invito del vangelo, ma l’efficacia critica della parola di Gesù rimane sempre attuale.

Esci... : Benedetto XVI: (Omelia, 25 gennaio 2010): In un mondo segnato dall’indifferenza religiosa, e persino da una crescente avversione nei confronti della fede cristiana, è necessaria una nuova, intensa, attività di evangelizzazione, non solo tra i popoli che non hanno mai conosciuto il Vangelo, ma anche in quelli in cui il Cristianesimo si è diffuso e fa parte della loro storia. Non mancano, purtroppo, questioni che ci separano gli uni dagli altri e che speriamo possano essere superate attraverso la preghiera e il dialogo, ma c’è un contenuto centrale del messaggio di Cristo che possiamo annunciare assieme: la paternità di Dio, la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte con la sua croce e risurrezione, la fiducia nell’azione trasformatrice dello Spirito. Mentre siamo in cammino verso la piena comunione, siamo chiamati ad offrire una testimonianza comune di fronte alle sfide sempre più complesse del nostro tempo, quali la secolarizzazione e l’indifferenza, il relativismo e l’edonismo, i delicati temi etici riguardanti il principio e la fine della vita, i limiti della scienza e della tecnologia, il dialogo con le altre tradizioni religiose. Vi sono poi ulteriori campi nei quali dobbiamo sin da ora dare una comune testimonianza: la salvaguardia del Creato, la promozione del bene comune e della pace, la difesa della centralità della persona umana, l’impegno per sconfiggere le miserie del nostro tempo, quali la fame, l’indigenza, l’analfabetismo, la non equa distribuzione dei beni.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** In un mondo segnato dall’indifferenza religiosa, e persino da una crescente avversione nei confronti della fede cristiana, è necessaria una nuova, intensa, attività di evangelizzazione, non solo tra i popoli che non hanno mai conosciuto il Vangelo, ma anche in quelli in cui il Cristianesimo si è diffuso e fa parte della loro storia.” (Benedetto XVI).
Nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
 
Continua in noi, o Dio, la tua opera di salvezza,
perché i sacramenti che ci nutrono in questa vita
ci preparino a ricevere i beni promessi.
Per Cristo nostro Signore.