1 Novembre 2019


TUTTI I SANTI - SOLENNITÀ

Ap 7,2-4.9-14; Sal 23 (24); 1Gv 3,1-3; Mt 5,1-12a

Dal Martirologio: Solennità di tutti i Santi uniti con Cristo nella gloria: oggi, in un unico giubilo di festa la Chiesa ancora pellegrina sulla terra venera la memoria di coloro della cui compagnia esulta il cielo, per essere incitata dal loro esempio, allietata dalla loro protezione e coronata dalla loro vittoria davanti alla maestà divina nei secoli eterni.

“Celebrare la Solennità di Tutti i Santi vuol dire annunciare il mistero pasquale nei santi, che soffrirono insieme con Cristo ed insieme con lui furono glorificati. La santità cristiana consiste infatti nella imitazione e nella partecipazione a quell’unico amore che aveva Cristo nell’offrire al Padre la sua vita per gli uomini. La santità cristiana consiste nella vita paziente di ogni giorno nello spirito delle beatitudini; è nello stesso tempo l’adempimento della perenne vocazione dell’uomo alla perfezione. La chiamata alla santità riecheggiava nel Vecchio Testamento. Cristo dirà ai suoi: siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,48). San Paolo ricorderà ai Tessalonicesi: questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione (cf. 1Ts 4,3).
Cambiano i tempi e le condizioni in cui vive la Chiesa, ma la chiamata alla santità non viene meno. La santità si manifesta esteriormente in modi diversi, viene realizzata dagli uomini secondo le doti della natura, i carismi, i tempi e le circostanze della vita. A base però della santità sta un’unica cosa: l’amore. Il santo camminava per la vita praticando il comandamento nuovo lasciato da Cristo. Oggi, la Chiesa contempla con gli occhi di Giovanni apostolo «una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua; tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello» (Ap 7,9) ed esulta con grande gioia. Contempla la Città santa, la Gerusalemme celeste dove un gran numero dei nostri fratelli glorifica già adesso il nome del Signore. In questo giorno solenne, la Chiesa manifesta ai suoi figli ancora pellegrinanti sulla terra il loro esempio di vita. Ai nostri fratelli, che sono già arrivati alla patria celeste, la Chiesa chiede aiuto e sostegno per coloro che sono ancora in via.” (Fonte: La Bibbia e i padri della Chiesa [I Padri vivi]).

Colletta: Dio onnipotente ed eterno, che doni alla tua Chiesa la gioia di celebrare in un’unica festa i meriti e la gloria di tutti i Santi, concedi al tuo popolo, per la comune intercessione di tanti nostri fratelli, l’abbondanza della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo..

La parola chiave del brano evangelico è beati, e ha il senso di una esclamazione di gioia. Gesù Maestro «indica ai suoi seguaci come si dovrebbe vivere: non semplicemente in conformità a una serie di regole, ma rivoluzionando dall’interno il proprio atteggiamento e la propria mentalità. La cosa straordinaria è che egli ha dato all’uomo la capacità di vivere questo ideale apparentemente impossibile» (Howard Marshall).

Dal Vangelo secondo Matteo 5,1-12a: In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Gesù salì sul monte: si pose a sedere. Due note da non trascurare. Il monte per i semiti è il luogo che Dio preferenzialmente sceglie per manifestarsi ai suoi eletti: ai lettori ebrei per assonanza sarà venuto in mente il monte Sinai. Su quella montagna Dio si era rivelato a Mosè e aveva dato al popolo d’Israele la Legge (Cf. Es 19). Il sedersi è invece la postura propria del Maestro ai cui piedi si congregano i discepoli. Le intenzioni dell’evangelista Matteo quindi sono chiare: Gesù è Dio che si manifesta ai suoi discepoli sul monte ed è il Maestro che dona al “nuovo Israele” la nuova Legge, la “Magna Charta” del Regno di Dio.
Beati è una formula ricorrente nei Salmi, nei libri sapienziali e nel Nuovo Testamento, soprattutto nel libro dell’Apocalisse. Beato è l’uomo che cammina nella legge del Signore e per questo è ricolmo delle benedizioni di Dio, dei suoi favori e delle sue consolazioni divine soprattutto nei momenti cruciali in cui deve sopportare umiliazioni, affanni e persecuzioni.
Gesù apre il suo discorso proclamando beati i “poveri in spirito”, una aggiunta questa che fa bene intendere che il Maestro fa riferimento non agli indigenti, ma ai “poveri di Iahvé”, cioè a coloro che nonostante tutto restano fedeli al Signore, anzi le prove sono spinte a fidarsi di Dio, a chiudersi nel suo cuore, a rinserrarsi tra le sue braccia. I “poveri in spirito” sono coloro che fanno del dolore una scala per salire fino a Dio. Sono coloro che restano nonostante tutto saldi nelle promesse di Dio (Cf. Mt 27,39-44). In questa ottica sono beati quelli che sono nel pianto, i perseguitati per la giustizia, i diffamati. Ai miti fanno corona coloro che hanno fame e sete della giustizia, cioè coloro che amano vivere all’ombra della volontà di Dio, attuandola nella loro vita e mettendola sempre al primo posto.
Beati sono i misericordiosi cioè coloro che imitano la bontà, la pietà e la misericordia di Dio soprattutto a favore dei più infelici e dei più bisognosi. I puri di cuore sono beati per la purezza delle intenzioni, l’onestà della vita, perché sempre disponibili ai progetti divini. E infine, gli operatori di pace, che «nella Bibbia esprime la comunione con Dio e con gli uomini ed è il dono che riassume il vangelo [Cf. Lc 2,14], sono i più evidenti figli del Padre celeste» (S. Garofalo).
Il “discorso della Montagna” si chiude con due beatitudini rivolte ai perseguitati. Israele in tutta la sua storia aveva dovuto fare i conti con numerosi persecutori e se, quasi sempre, aveva accettato l’umiliazione delle catene, della tortura fisica e  dell’esilio, come purificazione e liberazione dal peccato, mai avrebbe pensato alla persecuzione come a una fonte di gioia e di felicità. Il discorso di Gesù va poi collocato proprio in un momento doloroso della storia ebraica: Israele gemeva sotto il durissimo e spietato giogo di Roma.
Nel nuovo Regno bandito da Gesù di Nazaret invece la persecuzione, e anche la calunnia, l’ingiustizia o l’odio gratuito, sono sorgenti di felicità se sopportate per «causa sua». Ancora di più, la sofferenza vicaria dà «compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24). Solo in questa prospettiva la persecuzione è la via grande, spaziosa e larga, spalancata al dono della salvezza e apportatrice di ogni bene e dono: «Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli». Un discorso che è rivolto a tutti: ai discepoli e alla folla, nessuno escluso.

Beati - J.-L. D’Aragon e e X. Léon-Dufour: Gesù non è semplicemente un sapiente di grande esperienza, ma è colui che vive pienamente la beatitudine che propone.
1. Le «beatitudini», poste all’inizio del discorso inaugurale di Gesù, offrono, secondo Mt 5,3-12, il programma della felicità cristiana. Nella recensione di Luca, esse sono abbinate a delle constatazioni di sventura, esaltando in tal modo il valore superiore di certe condizioni di vita (Lc 6, 20-26). Queste due interpretazioni tuttavia non possono essere ricondotte alla beatificazione di virtù o stati di vita. Si compensano a vicenda; soprattutto esprimono la verità in esse contenuta solo a condizione che venga loro attribuito quel significato che Gesù aveva dato loro. Gesù infatti è venuto da parte di Dio a pronunciare un solenne sì alle promesse del Antico Testamento; il regno dei cieli è lì, le necessità e le afflizioni sono soppresse, la misericordia e la vita, concesse da Dio. Effettivamente, se certe beatitudini sono pronunciate al futuro, la prima («Beati i poveri...»), che contiene virtualmente le altre, intende attualizzarsi fin d’ora. C’è di più. Le beatitudini sono un sì detto da Dio in Gesù. Mentre l’Antico Testamento giungeva ad identificare la beatitudine con Dio stesso, Gesù si presenta a sua volta come colui che porta a compimento l’aspirazione alla felicità: il regno dei cieli è presente in lui. Più ancora, Gesù ha voluto «incarnare» le beatitudini vivendole perfettamente, mostrandosi «mite ed umile di cuore» (Mt 11, 29).
2. Le altre proclamazioni evangeliche tendono tutte parimenti a dimostrare che Gesù è al centro della beatitudine. Maria è «proclamata beata» per aver dato alla luce il Salvatore (Lc 1,48; 11,27), perché ha creduto (1,45); con ciò essa annunzia la beatitudine di tutti coloro che, ascoltando la parola di Dio (11,28), crederanno senza aver visto (Gv 20,29). Guai ai farisei (Mt 23,13-32), a Giuda (26,24), alle città incredule (1,21)! Beato Simone, al quale il Padre ha rivelato in Gesù il Figlio del Dio vivente (Mt 16,17)! Beati gli occhi che hanno visto Gesù (13,16)! Beati soprattutto i discepoli che, in attesa del ritorno del Signore, saranno fedeli, vigilanti (Mt 24,46), tutti dediti al servizio reciproco (Gv 13,17).

I santi - J. De Vaulx: Usata in senso assoluto, questa parola era eccezionale nel Antico Testamento; era riservata agli eletti dei tempi escatologici. Nel Nuovo Testamento digna designa i cristiani. Attribuita dapprima ai membri della comunità primitiva di Gerusalemme ed in modo speciale al piccolo gruppo della Pentecoste (Atti 9,13; 1Cor 16,1; Ef 3,5), essa fu estesa ai fratelli di Giuda (Atti 9,31-41), poi a tutti i fedeli (Rom 16,2; 2Cor 1,1; 13,12). Mediante lo Spirito Santo il cristiano partecipa di fatto alla santità stessa divina. Formando la vera «nazione santa» ed il «sacerdozio regale», costituendo il «tempio santo» (1Piet 2,9; Ef 2,21), i cristiani devono rendere a Dio il vero culto, offrendosi con Cristo in «sacrificio santo» (Rom 12,1; 15,16; Fil 2,17). Infine la santità dei cristiani, che proviene da una elezione (Rom 1,7; 1 Cor 1,2), esige da essi la rottura col peccato e con i costumi pagani (1Tess 4,3): essi devono agire «secondo la santità che viene da Dio e non secondo una sapienza carnale» (2Cor 1,12; cfr. 1Cor 6,9ss; Ef 4,30-5,1; Tito 3,4-7; Rom 6,19). Questa esigenza di vita santa sta alla base di tutta la tradizione ascetica cristiana; si fonda non sull’ideale di una legge ancora esterna, ma sul fatto che il Cristiano «afferrato da Cristo» deve «partecipare alle sue sofferenze ed alla sua morte per giungere alla sua risurrezione» (Fil 3,10-14).

Benedetto XVI (Angelus, 1 novembre 2011): La Solennità di Tutti i Santi è occasione propizia per elevare lo sguardo dalle realtà terrene, scandite dal tempo, alla dimensione di Dio, la dimensione dell’eternità e della santità. La Liturgia ci ricorda oggi che la santità è l’originaria vocazione di ogni battezzato (cfr. Lumen gentium, 40). Cristo infatti, che col Padre e con lo Spirito è il solo Santo (cfr. Ap 15,4), ha amato la Chiesa come sua sposa e ha dato se stesso per lei, al fine di santificarla (cfr. Ef 5,25-26). Per questa ragione tutti i membri del Popolo di Dio sono chiamati a diventare santi, secondo l’affermazione dell’apostolo Paolo: «Questa infatti è la volontà di Dio, la vostra santificazione» (1Ts 4,3). Siamo dunque invitati a guardare la Chiesa non nel suo aspetto solo temporale ed umano, segnato dalla fragilità, ma come Cristo l’ha voluta, cioè «comunione dei santi» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 946). Nel Credo professiamo la Chiesa «santa», santa in quanto è il Corpo di Cristo, è strumento di partecipazione ai santi Misteri - in primo luogo l’Eucaristia - e famiglia dei Santi, alla cui protezione veniamo affidati nel giorno del Battesimo. Oggi veneriamo proprio questa innumerevole comunità di Tutti i Santi, i quali, attraverso i loro differenti percorsi di vita, ci indicano diverse strade di santità, accomunate da un unico denominatore: seguire Cristo e conformarsi a Lui, fine ultimo della nostra vicenda umana. Tutti gli stati di vita, infatti, possono diventare, con l’azione della grazia e con l’impegno e la perseveranza di ciascuno, vie di santificazione.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** La santità non consiste nel dire cose belle, non consiste neppure nel pensarle o nel sentirle. La santità consiste nel soffrire e nel soffrire di tutto” (Santa Teresa del Bambino Gesù).
Nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

O Padre, unica fonte di ogni santità, mirabile in tutti i tuoi Santi,
fa’ che raggiungiamo anche noi la pienezza del tuo amore,
per passare da questa mensa eucaristica,
che ci sostiene nel pellegrinaggio terreno, al festoso banchetto del cielo.
Per Cristo nostro Signore.