7 SETTEMBRE 2019

Sabato XXII Settimana T. O. - Anno C

Col 1,21-23; Sal 53 (54); Lc 6,1-15

Colletta: O Dio, nostro Padre, unica fonte di ogni dono perfetto, suscita in noi l’amore per te e ravviva la nostra fede, perché si sviluppi in noi il germe del bene e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

I farisei, scrupolosi osservanti della legge ed instancabili spioni della comunità apostolica, colgono i discepoli di Gesù con le mani nel sacco: essi coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani. Nel brano parallelo Matteo indica la causa: «ebbero fame » (Mt 12,1). Così facendo, non infrangevano nessuna prescrizione della legge mosaica che permetteva di cogliere uva e spighe passando per il campo di un vicino (Dt 23,25-26), ma trasgredivano una delle trentanove proibizioni che la tradizione rabbinica applicava al riposo del sabato. Per questo i farisei chiedono sdegnati: «Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito». Il sabato era giorno di riposo, giorno in cui si faceva memoria del riposo di Dio: “Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando” (Gen 2,2-3). Gesù, nella risposta, rimanda gli avversari alla stessa Scrittura a cui essi si appellano e ricorda loro l’episodio di Davide e della sua gente che, affamati e in fuga dal re Saul, mangiarono i pani presentati al tempio, i pani dell’offerta; cosa che potevano fare solo i sacerdoti (1Sam 21,1ss).
A questo argomento storico, Gesù aggiunge la sua autorità: «Il Figlio dell’uomo è signore del sabato».
Per Gesù la verità della legislazione sul giorno del riposo non è una questione di osservanze rituali puramente esteriori, ma è quella di mettersi totalmente e pienamente al servizio del Signore e degli uomini, sopra tutto se bisognosi.

Dal Vangelo secondo Luca 6,1-15: Un sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani. Alcuni farisei dissero: «Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?». Gesù rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell’offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non sia lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?». E diceva loro: «Il Figlio dell’uomo è signore del sabato».

Un sabato... - Lisa Cremaschi: Il precetto del riposo in giorno di sabato (in ebraico: shabbat, dal verbo shavat: astenersi, cessare) è fondamentale per l’ebraismo. La fede ebraica, infatti, attribuisce grande importanza al tempo, prima ancora che allo spazio. Prima dell’architettura del Tempio, che racchiude il Santo dei santi, il luogo della presenza di Dio, vi è l’architettura del tempo, scandito dal riposo del sabato e dalla celebrazione delle feste. È Dio stesso che santifica il tempo (Gn 2,3), mentre lo spazio è santificato da Mosè (Nm 7,1). La Bibbia presenta diverse giustificazioni del riposo sabbatico. Occorre astenersi dal lavoro il settimo giorno perché Dio, dopo aver creato i cieli e la terra in sei giorni, il settimo si riposò (Gn 2,1-3; Es 20,11); il sabato inoltre è legato alla memoria dell’esodo dall’Egitto (Dt 5,12-15) ed è segno del legame particolare che unisce Dio al suo popolo (Es 31,13-16). Con il riposo del settimo giorno l’ebreo intende dunque fare memoria della creazione, confessare la signoria di Dio sul creato e sulla storia, sulle opere delle mani dell’uomo, che vengono interrotte dopo i sei giorni dedicati al lavoro. Il sabato è ancora memoriale della liberazione dalla schiavitù dell’Egitto orientata al libero servizio di Dio e anticipazione della liberazione piena e definitiva. La celebrazione della signoria di Dio apre il credente alla fraternità, a condividere la gioia della liberazione con gli altri (Es 20,10). Durante l’esilio il sabato divenne un elemento di primaria importanza per la salvaguardia dell’identità religiosa degli ebrei; la scrupolosa osservanza dell’astensione dal lavoro, accompagnata dallo studio della Torà nella sinagoghe è un carattere distintivo del giudaismo. Ancor oggi allo spuntare delle prime tre stelle al tramonto del giorno di venerdì viene accolto il sabato, celebrato quale “ospite” o “sposa” di Israele; per sottolineare tale rapporto sponsale in alcune comunità ebraiche in questo giorno si legge il Cantico dei cantici. Gesù osserva il sabato ma critica un’osservanza legalistica e formale dello stesso (Mt 12,1-7), pone dei segni concreti di quella salvezza che questo giorno intende commemorare, operando guarigioni, restituendo la vita ai morti (Mc 3,1-5 e par.; Lc 13,10-17; 14,1-6; Gv 5,1-18; 9,1-41); egli si dichiara Signore del sabato (Mc 2,23-28). La comunità cristiana progressivamente distaccatasi dal giudaismo celebra la memoria della creazione e della salvezza il giorno successivo al sabato, “il giorno del Signore” e della sua risurrezione (Ap 1,10).

Il riposo di Dio - Dies Domini 11: Il «riposo» di Dio non può essere banalmente interpretato come una sorta di «inattività» di Dio. L’atto creatore che è a fondamento del mondo è infatti di sua natura permanente e Dio non cessa mai di operare, come Gesù stesso si preoccupa di ricordare proprio in riferimento al precetto del sabato: «Il Padre mio opera sempre e anch’io opero» (Gv 5, 17). Il riposo divino del settimo giorno non allude a un Dio inoperoso, ma sottolinea la pienezza della realizzazione compiuta e quasi esprime la sosta di Dio di fronte all’opera «molto buona» (Gn 1,31) uscita dalle sue mani, per volgere ad essa uno sguardo colmo di gioioso compiacimento: uno sguardo «contemplativo», che non mira più a nuove realizzazioni, ma piuttosto a godere la bellezza di quanto è stato compiuto; uno sguardo portato su tutte le cose, ma in modo particolare sull’uomo, vertice della creazione. È uno sguardo in cui si può in qualche modo già intuire la dinamica «sponsale» del rapporto che Dio vuole stabilire con la creatura fatta a sua immagine, chiamandola ad impegnarsi in un patto di amore. È ciò che egli realizzerà progressivamente, nella prospettiva della salvezza offerta all’intera umanità, mediante l’alleanza salvifica stabilita con Israele e culminata poi in Cristo: sarà proprio il Verbo incarnato, attraverso il dono escatologico dello Spirito Santo e la costituzione della Chiesa come suo corpo e sua sposa, ad estendere l’offerta di misericordia e la proposta dell’amore del Padre all’intera umanità.

Non avete letto quello che fece Davide - Bruno Liverani: I tratti narrativi della tradizione sinottica sono lontani dal mostrarci un Gesù estraneo alla legge. Egli partecipa alle grandi feste di pellegrinaggio (Lc 2,41; Mc 11,1; Gv 2,13; 5,1 ecc.), celebra la pasqua secondo la consuetudine (Mc 14,12 e par.), frequenta la sinagoga il giorno di sabato (Le 4,16), non disprezza il sacrificio e gli altri esercizi di pietà (Mt 5,23-24; 6,1-18), paga la tassa per il tempio (Mt 17,24ss). Anche un atto così significativo dell’irrompere del regno, come la guarigione di un lebbroso può essere «legalizzato», facendo compiere rio che è richiesto dalla legge (Mc 1,42-44). Anche per Gesù, come per i rabbini e la fede popolare del suo tempo, la legge è fonte di vita. Al giovane che gli chiede cosa deve fare per vivere, Gesù, come un normale rabbi, enumera i precetti etici del decalogo (Me 10,17-19). Dunque, Gesù non attacca con atteggiamento demagogico il patrimonio religioso del suo popolo. Anche per lui la torah resta l’espressione della volontà di Dio. L’intervento di Gesù si pone chiaramente sulla linea di quello dei profeti pre-esilici, rivolto a riaffermare lo spirito profondo della legge da un punto di vista più unitario. La scrupolosità della casistica rabbinica, in effetti, è più una negazione che un’affermazione della legge. Introducendo precisazioni, per quanto numerose, si quantifica, si limita la portata della legge. Perciò Gesù denuncia violentemente questa casistica, per riportare la legge al suo significato di segno del volere di Dio, che non può essere ristretto ad un campo preciso di norme (cf. Mt 23,624). Le controversie sul sabato sono estremamente significative a questo proposito. Come già visto, Gesù non contesta il sabato, ma agisce assai liberamente. Il comandamento non è un «in sé», ma è relativo ai beni che Dio vuol comunicare all’uomo. Per questo Gesù di sabato guarisce malati (Mc 3,40), permette ai suoi di svellere le spighe per placare la fame (Mc 2,23), e oppone davanti ai dottori della legge, coi loro stessi strumenti dialettici, l’esigenza legalistica del sabato e quella di soccorrere un uomo che ha bisogno (Mt 12,9-12). Tutto è riassunto dal detto di Mc 2,27: «Il sabato è per l’uomo, e non l’uomo per il sabato», affermazione che non trova corrispondenti nel rabbinismo, se non in una sentenza del II sec. d.C, in cui si stabilisce un’eccezione alla legge del sabato per salvare un uomo.

Il Figlio dell’uomo è signore del sabato - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Il Figlio dell’uomo è signore del sabato … L’evangelista tralascia la prima parte della solenne risposta di Gesù sul senso e valore del riposo sabatico, riferita da Mc., 2,27. Dal modo con cui sono narrati i fatti appare che il Maestro manifesta in forma progressiva i poteri di cui è dotato; d’altra parte, anche l’ostilità dei Farisei è presentata dall’evangelista in modo crescente e sempre più aggressivo. Secondo questa esposizione dei fatti risulta che Gesù prima opera dei miracoli, poi afferma di avere il potere di condonare i peccati (cf. Lc., 5,20), in seguito si presenta come restauratore religioso (cf. Lc., 5,34-39) ed infine, nell’episodio delle spighe raccolte in giorno di sabato, dichiara solennemente di disporre con autorità suprema di una istituzione divina come quella del sabato. Il codice D, invece del versetto 5 che esso riporta dopo il versetto 10, ha il seguente logion: «Lo stesso giorno (Gesù) avendo visto qualcuno che lavorava in giorno di sabato, gli disse: Uomo, se sai quello che fai, tu sei beato; se invece non lo sai, tu sei maledetto e trasgressore della Legge». Il detto, che non è un insegnamento autentico di Gesù, presenta una interpretazione cristiana del precetto ebraico sui riposo sabatico; l’interpolatore intende rilevare questo principio: chi lavora di sabato, giorno del Signore, sapendo che è dispensato dalla Legge, non commette nessuna colpa; chi invece lavora sapendo di trasgredire la Legge è colpevole. Il logion pone come norma fondamentale della moralità dell’atto la convinzione interiore dell’uomo, secondo l’esplicita parola di S. Paolo: «Io so e son persuaso nel Signor Gesù che nessuna cosa è impura in se stessa; tuttavia se uno stima che una cosa è impura, per lui è impura» (Romani, 14, 14; cf. anche ibid., 14, 20-23). Questo logion, come si è già accennato, non poté esser pronunziato dal Maestro agli Ebrei suoi contemporanei che non conoscevano altra legge se non quella mosaica del riposo sabatico, alla quale essi dovevano obbedire.

Figlio dell’uomo - Alice Baum: Nel Nuovo Testamento, secondo la presentazione dei Sinottici, figlio dell’uomo è l’autodenominazione di Gesù. Fuori dei Vangeli essa è rara e Paolo non la usa affatto. Nei Vangeli non viene mai usata come titolo o affermazione su Gesù. L’interrogativo se Gesù abbia designato se stesso come figlio dell’uomo fa parte dei problemi molto discussi della scienza neotestamentaria. Una parte delle espressioni ove compare figlio dell’uomo sono chiare asserzioni di sovranità: il figlio dell’uomo  ha il potere della remissione dei peccati, è padrone del sabato, ritornerà sulle nubi del cielo per il giudizio. Altre sono asserzioni circa una situazione di piccolezza e umiltà del figlio dell’uomo, che non ha un luogo ove porre il capo, che è venuto a servire, che deve soffrire ed essere ucciso. Questa ambivalenza delle affermazioni ha portato alla supposizione che le espressioni ove compare figlio dell’uomo non provengano dalla bocca di Gesù stesso, ma che siano entrate nei Vangeli come annuncio postpasquale. Ciò è contraddetto dal fatto che nelle più antiche formule di professione cristiana, questo titolo non è presente (mentre lo è quello di messia). Inoltre, poiché all’apocalittica giudaica era estranea la concezione del figlio dell’uomo sofferente, è improbabile che le espressioni con figlio dell’uomo siano esclusivamente creazioni della comunità primitiva. Sembra pertanto che quantomeno una parte delle espressioni con figlio dell’uomo risalgano a Gesù stesso. Con questa auto designazione egli ha collegato l’idea tradizionale del figlio dell’uomo quale giudice venturo del mondo a quella del servo sofferente del Signore che sacrifica se stesso, indicando così ai suoi discepoli il suo compito messianico.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!» (Mc 2,27).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

O Signore, che ci hai nutriti alla tua mensa,
fa’ che questo sacramento ci rafforzi nel tuo amore
e ci spinga a servirti nei nostri fratelli.
Per Cristo nostro Signore.