2 SETTEMBRE 2019
Lunedì XXII Settimana T. O. - Anno C
1Ts 4,13-18; Sal 95 (96); Lc 4,16-30
Colletta: O Dio, nostro Padre, unica fonte di ogni dono perfetto, suscita in noi l’amore per te e ravviva la nostra fede, perché si sviluppi in noi il germe del bene e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
Gesù giunge a Nazaret preceduto da una favorevole nomea: Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione (Lc 4,14). Entra, secondo il suo solito, nella sinagoga, e si alza a leggere: Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa. In verità nella citazione troviamo due brani distinti: Is 61,1-2 e 58,6. Alla solenne proclamazione «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato», Luca registra inizialmente una reazione positiva anche se gravida di un interrogativo: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». In pratica, i Nazaretani da una parte si meravigliavano delle parole di grazia che uscivano dalla bocca di Gesù, dall’altra parte si meravigliavano perché conoscevano la sua famiglia, i suoi natali, la sua normalità, in paese lo conoscevano tutti, e non ricordavano affatto episodi fuori dalla norma, insomma un giovane come tutti gli altri. Gesù coglie questa difficoltà dei suoi compaesani e rimprovera apertamente la loro incredulità innescando una reazione furibonda tanto da correre il rischio di essere ammazzato.
Per la Bibbia di Gerusalemme l’inspiegabile mutamento della folla, che passa dall’ammirazione (v 22a) al malanimo “è forse il risultato di una evoluzione letteraria. Un primo brano narrava la visita di una sinagoga con predicazione coronata da successo, all’inizio del ministero […]. Questo racconto è stato in seguito ripreso, sopraccaricato e posto più tardi nella vita di Gesù [Mt 13,53-58, Mc 6,1-6], per sottolineare l’incomprensione e il rifiuto che hanno fatto seguito al primo favore del popolo. Luca ha saputo trarre, da questo testo complesso, una pagina mirabile, che egli ha conservato all’inizio del ministero come una scena inaugurale, nella quale dipinge, in un compendio simbolico, la missione di grazia di Gesù e il rifiuto del suo popolo.” (Bibbia di Gerusalemme, nota Lc 4,16-30).
Possiamo mettere in evidenza il tema della incredulità così come è suggerito dall’evangelista Matteo: a Nazaret, “a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi” (Mt 13,58), un tema ricorrente in tutte le pagine dell’Antico e del Nuovo Testamento: Israele un popolo dalla dura cervice (Es 32,9), cieco e sordo, incapace di cogliere le visite di Dio, un popolo ribelle ad ogni correzione, un popolo che non ha esitato ad ammazzare i profeti inviati da Dio, una storia che si ripete a Nazaret, un tentativo fallito, quello di uccidere Gesù, ma il fuoco cova sotto le ceneri, ben presto trovare come realizzare il loro progetto omicida.
Dal Vangelo secondo Luca 4,16-30: In quel tempo, Gesù venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi a proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
Subito dopo aver superato le tentazioni nel deserto (Cf. Lc 4,1-13), Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo. Gesù inizia il suo ministero in Galilea pieno di Spirito Santo, che è il protagonista della intera opera lucana. Nazaret, il villaggio dove Gesù «era cresciuto» (Lc 4,16), non è menzionata né dallo storico Giuseppe Flavio, né nel Talmud. San Girolamo nel V secolo affermava che fosse un viculus ovvero un piccolo villaggio, abitato da un centinaio di persone.
Gesù, come tutti gli Ebrei, amava frequentare la sinagoga che è l’edificio in cui gli Israeliti si radunavano per pregare, per leggere e per studiare la Legge. Il decano degli anziani, il quale era incaricato della celebrazione, a volte invitava qualcuno dei presenti a predicare. Fu così che Gesù venne invitato a leggere il profeta Isaia.
Il brano che Gesù legge è tratto dal libro di Isaia (61,1ss) dove il profeta, da parte di Dio, annunzia un messaggio di consolazione al popolo d’Israele. Ma in verità il testo isaiano non era scritto sul rotolo perche è frutto del lavoro redazionale di Luca che ha fuso insieme Is 61,1-2 e 58,6.
Lo Spirito del Signore... mi ha mandato... a proclamare l’anno di grazia del Signore. Il giubileo, prescritto ogni cinquanta anni (Cf. Lv 25,10), era stato istituito per donare la libertà agli schiavi e la restituzione dei beni patrimoniali. L’anno di grazia, «con cui termina questa profezia, non è altro che il tempo di perdono che Dio accorda a quanti gli si accostano con sentimenti di umiltà e di povertà, il tempo della pace, nel senso più vasto del termine: la pace di Dio, intesa come suo dono amoroso; la pace di Dio, intesa come bene atteso dall’alto; la pace con Dio, intesa come riconciliazione col suo amore» (Carlo Ghidelli).
Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato. In Gesù questa Scrittura si compie perfettamente, ma in una dimensione molto più ampia in quanto raggiunge l’uomo nella sua totalità. I destinatari di questa Buona Novella sono i poveri, cioè gli umili, i deboli, i piccoli e i contriti di cuore che da sempre, per la loro obbedienza alla volontà di Dio, hanno attirato sulla terra lo sguardo benevolo del Padre fino a costringerlo amorevolmente a mandare il Verbo, la cui «incarnazione costituisce l’attestato più eloquente della sua premura nei confronti degli uomini» (Teodereto di Ciro).
In Gesù di Nazaret il Padre compie il suo progetto di salvezza e il suo compimento non è una resa di conti, ma è gioia, festa: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza» (Ne 8,10; Cf. I Lettura). Il Vangelo, che sostanzialmente è una buona notizia, quando è veramente compreso, rallegra il cuore di chi lo accoglie, e porta a condividere questa gioia: chi è contento desidera che anche gli altri lo siano. La profezia si è compiuta in Gesù e la sua stessa presenza rappresenta «l’oggi della salvezza, il compimento della Scrittura appena letta. Gesù con la sua parola non annunziava soltanto, ma attuava la salvezza divina, contenuta nelle promesse profetiche... La parola di Gesù diventa evento salvifico, vivo, attuale» (Angelico Poppi). Quella di Gesù è un’affermazione che dovrebbe far sognare ad occhi aperti tutti gli uomini: un sogno che diventerà realtà quando finalmente l’umanità, varcata la soglia della vita terrena, per essa si spalancheranno per sempre le porte della casa del Padre.
Incredulità di fronte a Dio - Fausto Longo (Incredulità in Schede Bibliche Pastorali, Vol. IV): La Bibbia non tratta, o al più lo sfiora soltanto, il problema d’un ateismo teorico, quale troviamo, ad esempio, in alcuni filosofi greci. Essa tratta piuttosto di coloro che non riconoscono Dio quale creatore e sovrano (Sap 13,1-9; Rm 1,18-22). Perciò nell’AT e nel giudaismo palestinese la dimostrazione dell’esistenza di Dio non è tanto importante come per il giudaismo ellenistico alessandrino che doveva fronteggiare lo scetticismo greco. Perfino l’autore di Ecclesiaste, che sembra trovarsi all’estremo limite della fede in Dio, non è uno scettico o un incredulo, ma conclude le sue sconcertanti riflessioni sull’enigma della vita con queste parole: «Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché questo per l’uomo è tutto» (12,13). L’autore del salmo 73 giunge alla preghiera attraverso la lotta interiore e pregando raggiunge una più profonda comprensione di Dio e delle sue vie. L’incredulità indica mancanza di fede: assume perciò, ma in senso negativo, lo stesso significato: assenza di adesione alla parola e alla promessa di Dio: come avvenne per Sara che rise di fronte alla promessa d’una discendenza (Gn 18,10), e per il re Achaz che non prestò fede all’oracolo del profeta Isaia (Is 7,10ss). È mancanza di fiducia nella potenza e volontà salvifica del Dio dell’alleanza, quale viene descritta nei salmi 78 e 106; e tale mancanza si radica spesso nella propria auto-esaltazione e auto-sufficienza (Is 30,118; 31,lss; Sai 20,8s) che conduce alla rovina (Ger 17,5). In una parola, non credere, secondo l’etimologia della parola ebraica «credere» significa non dire «Amen» a Dio. Si trova spesso nell’ebraico il termine rasa’ che di solito la versione greca dei LXX rende con asebès = empio. Il termine non indica lo scettico o ateo teorico, bensì un uomo il quale con la sua condotta dimostra d’essere praticamente ateo, non si cura di Dio, del suo ordine morale e della sua giusta retribuzione. Costoro sono gli «stolti» i quali pensano tra sé: «Dio non c’è» (Sal 10,4; 14,1; 53,2). Incredulità qui significa disprezzo pratico di Dio (cf. Sal 10,1-13; 12,8s; 36,2-5; 139,19s). Questi disprezzatori di Dio sono presentati come uomini violenti e senza scrupoli (Sai 10,7ss; 11,2; 73,11-12; 94). Sono ricchi e potenti, nemici e oppressori dei poveri e dei pii (Eccli 13,19s) e del popolo in genere (Sal 14,4; 94,5). Si mostrano gaudenti e spensierati (Sap 2,6ss). Le parole blasfeme che vengono poste sulle loro labbra esprimono solo la loro condotta pratica (Gb 21,14; Sof 1,12; Sal 94,7). Nel NT Paolo muove ai pagani l’accusa di ateismo pratico: «Essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa» (Rm 1,21). Di qui la loro idolatria, tale per cui nella 1Ts può definirli come coloro che non conoscono Dio (4,5), privi come sono di ogni presenza di Dio nella loro vita (cf. Ef 2,12: «senza Dio (atheoi) in questo mondo»).
L’incredulità dinanzi a Gesù di Nazaret - X. Léon-Dufour (Dizionario di Teologia Biblica): Un tempo i profeti parlavano in nome di Jahve e bisognava credere loro; Gesù invece mette la propria parola sullo stesso piano della parola di Dio; non metterla in pratica significa edificare sulla sabbia, mancare di ogni appoggio (Mt 7,24-27). Una simile pretesa sembra esorbitante: «Beato colui per il quale io non sarò occasione di scandalo!» (Mt 11,6). Di fatto alla sua predicazione ed ai suoi miracoli non rispondono che l’ipocrisia dei Farisei (15,7; 23,13 ...) e l’incredulità da parte delle città in riva al lago (11, 20-24), di Gerusalemme (23, 37 s), dell’insieme dei Giudei (8, 10 ss). Il potere di Gesù è persino legato da questa incredulità (13,58), a tal punto che egli si stupisce della loro mancanza di fede (Mc 6,6). Tuttavia questa può essere vinta dal Padre che è alla fonte della fede: egli tiene nascosto agli occhi dei sapienti il mistero di Gesù (Mt 11 25 s), ma lo concede ai piccolissimi Che fanno la sua volontà e costituiscono il resto di Israele, la famiglia di Gesù (12,46- 0). Tuttavia, tra i credenti, trova posto l’incredulità in gradi diversi: taluni si rivelano «di poca fede». Così quando i discepoli hanno paura nella tempesta (8,26) o sui flutti agitati (14,31); quando non possono compiere un miracolo, mentre ne hanno ricevuto il potere (17,17.20; cfr. 10,8); quando si preoccupano del pane che manca (16,8; cfr. 6,24). La preghiera può rimediare a queste deficienze (Mc 9,24), e Gesù garantisce in tal modo la fede di Pietro (Lc 22,32).
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Vangelo).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
O Signore, che ci hai nutriti alla tua mensa,
fa’ che questo sacramento ci rafforzi nel tuo amore
e ci spinga a servirti nei nostri fratelli.
Per Cristo nostro Signore.
fa’ che questo sacramento ci rafforzi nel tuo amore
e ci spinga a servirti nei nostri fratelli.
Per Cristo nostro Signore.