16 SETTEMBRE 2019
Lunedì XXIV Settimana T. O. - Anno C
Santi martiri Cornelio, papa, e Cipriano - Memoria
1Tm 2,1-8; Sal 27 (28); Lc 7,1-10
Dal Martirologio: Memoria dei santi martiri Cornelio, papa, e Cipriano, vescovo, dei quali il 14 settembre si ricordano la deposizione del primo e la passione del secondo, mentre oggi il mondo cristiano li loda con una sola voce come testimoni di amore per quella verità che non conosce cedimenti, da loro professata in tempi di persecuzione davanti alla Chiesa di Dio e al mondo.
Colletta: O Dio, che hai dato al tuo popolo i santi Cornelio e Cipriano, pastori generosi e martiri intrepidi, con il loro aiuto rendici forti e perseveranti nella fede, per collaborare assiduamente all’unità della Chiesa. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
Il centurione romano, era stimato e benvoluto dagli abitanti di Cafarnao, in modo particolare per la sua generosità: aveva, infatti, costruito a sue spese una sinagoga. La preoccupazione per un suo servo, caduto in una grave malattia, lo spinge a rivolgersi a Gesù. Due sentimenti emergono in questo centurione romano: l’amore che nutre per il suo servo, l’aveva molto caro, e la fiducia che poneva in Gesù. Si tratta di una fiducia così forte da fargli pronunciare quelle parole che tutti i cristiani ancora oggi pronunciano durante la liturgia eucaristica: Signore... Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto... ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Questo pagano, diviene immagine del vero credente, di colui cioè che fiduciosamente si abbandona alla potenza salvifica della Parola.
Dal Vangelo secondo Luca 7,1-10: In quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao. Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede - dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga». Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.
Il racconto della guarigione del servo del centurione romano è presente anche nel Vangelo di Matteo (Mt 8,5-13), dove la fede del “pagano” è messa in maggiore risalto. A differenza di Luca, in Matteo è il centurione ad andare incontro a Gesù, a fare la sua professione di fede, a ricevere da parte di Gesù l’encomio per la sua fede, e, infine, l’assicurazione della guarigione del servo. L’obiettivo di Luca, col mettere in evidenza la fede del centurione, è quello di sottolineare l’universalità della salvezza, ma al di là di ogni sana esegesi, oggi potremmo chiederci: È una pagina attuale? Oggi, forse, sono molti cristiani a rivestire il ruolo di pagani, e magari si ricordano della loro fede soltanto quando hanno in casa qualche “servo malato”. In una Europa che ha stracciato le sue radici cristiani, in una nazione come l’Italia dove i “cristiani doc” sono sempre meno, dove trovare i testimoni della Fede? Saranno altri popoli, altre fedi, altre nazioni ad convertire l’Europa, ad evangelizzare la Chiesa? Questo rischio è reale, ed è stato preconizzato dalla stessa Verità: “Io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti” (Mt 25,43).
Diciannove anni fa il cardinale Giacomo Biffi, lanciava quest’allarme: “L’Europa o ridiventerà cristiana o diventerà musulmana. Ciò che mi pare senza avvenire è la ‘cultura del niente’, della libertà senza limiti e senza contenuti, dello scetticismo vantato come conquista intellettuale. Questa cultura del niente non sarà in grado di reggere all’assalto ideologico dell’Islam, che non mancherà. Solo la riscoperta dell’avvenimento cristiano come unica salvezza per l’uomo – e quindi solo una decisa risurrezione dell’antica anima dell’Europa – potrà offrire un esito diverso a questo inevitabile confronto. Purtroppo né i ‘laici’ né i ‘cattolici’ pare si siano resi conto del dramma che si sta profilando. I ‘laici’, osteggiando in tutti i modi la Chiesa, non si accorgono di combattere l’ispiratrice più forte e la difesa più valida della civiltà occidentale e dei suoi valori di razionalità. I ‘cattolici’, lasciando sbiadire in se stessi la consapevolezza della verità posseduta, e sostituendo all’ansia apostolica il puro e semplice ‘dialogo’ ad ogni costo, inconsciamente preparano la propria estinzione”. (Giacomo card. Biffi, Lettera pastorale “La città di S. Petronio nel terzo millennio”, ottobre 2000). Solo la riscoperta dell’avvenimento cristiano come unica salvezza per l’uomo..., a guardare bene le cose questa soluzione sembra oggi più che mai irrealizzabile.
… mandò alcuni anziani dei Giudei - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Mandò alcuni anziani dei Giudei; il centurione aveva pregato alcune persone ragguardevoli tra la popolazione ebraica della cittadina, perché esse si rendessero interpreti del suo desiderio presso il Maestro. In Matteo il centurione intercede direttamente presso Gesù per la guarigione del servo, in Luca invece quest’uomo d’armi invia un’ambasceria al Maestro; evidentemente il primo evangelista presenta un’esposizione abbreviata del fatto. «Gli anziani» sono dei notabili del luogo; il termine non deve far pensare agli anziani di Gerusalemme che facevano parte del Sinedrio. Il motivo di questo procedimento seguito dal centurione appare da quanto sarà spiegato più avanti (cf. vers. 6). Il centurione era un pagano; egli, nella sua umiltà e delicatezza di sentimento, non desiderava obbligare Gesù, che era un ebreo e per di più era ormai diventato un noto Rabbi, ad entrare nella casa di un pagano, esponendolo così alla critica ed all’impopolarità dei suoi correligionari. L’uomo d’armi nutriva un’arcana attrattiva ed ammirazione per il Maestro di cui aveva sentito parlare; egli, da quanto aveva appreso, era convinto che il famoso Maestro ebreo aveva il potere, pronunziando soltanto una parola di comando, di arrestare la malattia e cosi guarirgli il servo, a cui era straordinariamente affezionato.
Merita che tu gli accordi questo (favore); non può fare a meno di colpire questo vivo e generoso interessamento per un pagano da parte di Ebrei; alcuni notabili di Cafarnao si fanno ferventi interpreti e mediatori della richiesta del centurione (lo pregarono instantemente). Anche se il testo non accenna alla religiosità dell’ufficiale, tuttavia da quanto è affermato nel vers. successivo si può facilmente arguire che quest’uomo era un simpatizzante dell’ebraismo, come era il caso di tanti pagani del suo tempo i quali, ammirati della spiritualità ed elevatezza della religione ebraica, ne diventavano proseliti. Gli Atti presentano la figura del centurione Cornelio, sincero ammiratore dell’ebraismo convertito da Pietro (cf. Atti, 10,1-2), il quale offre dei tratti in comune con l’ufficiale di Cafarnao. Non si può affermare che il centurione di Cafarnao fosse un proselita, tuttavia era certamente «uno che temeva Dio»; con questa espressione tecnica venivano designati quei pagani che simpatizzavano per l’ebraismo e ne seguivano la dottrina, senza tuttavia giungere a farsi circoncidere (cf. Atti, 10,2).
All’udire questo, Gesù lo ammirò…- Javer Pikaza: Tutto il racconto suppone che le buone opere compiute dal centurione costituiscano un buon inizio sulla via della salvezza (lo introducono nell’ambiente d’Israele, così come è stato simboleggiato e perfezionato da Giovanni Battista). È però necessario andare più avanti e accettare nella fede la pienezza del dono di Dio che è offerto da Gesù Cristo. E qui si rivela che il centurione è davvero un proselito pagano; infatti mentre i giudei si fermano alle opere, il pagano penetra fino all’intimità della fede e accetta Gesù come colui che proviene da Dio e dispone del potere di ottenere che il mondo trovi la salvezza (simboleggiata nella guarigione del servo infermo). L’autentico miracolo di Gesù consiste nel suscitare la fede. La pienezza dell’uomo comincia con le buone opere e termina nell’apertura al mistero salvatore di Dio, che ha introdotto nel mondo la giustizia salvatrice. Una volta che è stato scoperto questo mistero, perdono il loro senso gli eserciti di occupazione e tutte le divisioni che portano gli uomini a scontrarsi fra loro.
Signore, non sono degno...: Giovanni Paolo II (Omelia, 4 giugno 1989): Le parole “Signore, ... io non sono degno” (Lc 7,6) furono pronunciate per la prima volta da un centurione romano, un uomo che era un soldato nella terra di Israele. Benché fosse uno straniero e un pagano, amava il popolo d’Israele, tanto che - come ci dice il Vangelo - aveva perfino costruito una sinagoga, una casa di preghiera (cfr. Lc 7,5). Per questo motivo i Giudei appoggiarono caldamente la richiesta che voleva fare a Gesù, di guarire il suo servo. Rispondendo al desiderio del centurione, Gesù s’incamminò verso la sua casa. Ma ora il centurione, volendo prevenire l’intento di Gesù, gli disse: “Signore, non stare a disturbarti, perché io non sono degno che tu venga sotto il mio tetto; ecco perché non mi sono neanche ritenuto degno di venire da te. Ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito (Lc 7,6-7). Cristo accedette al desiderio del centurione, ma nello stesso tempo “restò ammirato” dalle parole del centurione e rivolgendosi alla folla che lo seguiva disse. “Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande” (Lc 7,9). Se ripetiamo le parole del centurione quando ci accostiamo alla Comunione, lo facciamo perché queste parole esprimono una fede che è forte e profonda. Le parole sono semplici, ma in un certo senso contengono la verità fondamentale la quale dice chi è Dio e chi è l’uomo. Dio è il santo, il creatore che ci dà la vita e che ha fatto tutto ciò che esiste nell’universo. Noi siamo creature e suoi figli, bisognosi di essere guariti dai nostri peccati. non siano mai una formalità sulla nostra bocca, ma un sentito respiro del cuore, una consapevolezza, un impegno.
Il dono incommensurabile dell’Eucaristia: Ecclesia de Eucharistia 48: Come la donna dell’unzione di Betania, la Chiesa non ha temuto di «sprecare», investendo il meglio delle sue risorse per esprimere il suo stupore adorante di fronte al dono incommensurabile dell’Eucaristia. Non meno dei primi discepoli incaricati di predisporre la «grande sala», essa si è sentita spinta lungo i secoli e nell’avvicendarsi delle culture a celebrare l’Eucaristia in un contesto degno di così grande Mistero. Sull’onda delle parole e dei gesti di Gesù, sviluppando l’eredità rituale del giudaismo, è nata la liturgia cristiana. E in effetti, che cosa mai potrebbe bastare, per esprimere in modo adeguato l’accoglienza del dono che lo Sposo divino continuamente fa di sé alla Chiesa-Sposa, mettendo alla portata delle singole generazioni di credenti il Sacrificio offerto una volta per tutte sulla Croce, e facendosi nutrimento di tutti i fedeli? Se la logica del «convito» ispira familiarità, la Chiesa non ha mai ceduto alla tentazione di banalizzare questa «dimestichezza» col suo Sposo dimenticando che Egli è anche il suo Signore e che il «convito» resta pur sempre un convito sacrificale, segnato dal sangue versato sul Golgota. Il Convito eucaristico è davvero convito «sacro», in cui la semplicità dei segni nasconde l’abisso della santità di Dio: «O Sacrum convivium, in quo Christus sumitur!». Il pane che è spezzato sui nostri altari, offerto alla nostra condizione di viandanti in cammino sulle strade del mondo, è «panis angelorum», pane degli angeli, al quale non ci si può accostare che con l’umiltà del centurione del Vangelo: «Signore, non sono degno che tu entri sotto il mio tetto» (Mt 8,8; Lc 7,6).
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto ... ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito” (Vangelo).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
La partecipazione a questi santi misteri, Signore,
ci comunichi il tuo Spirito di fortezza,
perché sull’esempio dei martiri Cornelio e Cipriano
possiamo rendere testimonianza alla verità del Vangelo.
Per Cristo nostro Signore.
ci comunichi il tuo Spirito di fortezza,
perché sull’esempio dei martiri Cornelio e Cipriano
possiamo rendere testimonianza alla verità del Vangelo.
Per Cristo nostro Signore.