30 AGOSTO 2019

Venerdì XXI Settimana T. O.

1Ts 1,4-8; Sal 96 (97); Mt 25,1-13

Colletta: O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi e desiderare ciò che prometti, perché fra le vicende del mondo là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Presso gli Ebrei le nozze venivano celebrate di notte. Il buio della notte era rischiarato da torce e da lampade ad olio portate dagli invitati. La sposa, nella casa del padre, in compagnia di giovani non maritate, attendeva la venuta dello sposo. Nel racconto di Gesù lo sposo arrivò in ritardo, per cui l’olio delle lampade incominciò a scarseggiare. Solo coloro che avevano portato olio in abbondanza furono in grado di rifornire le lampade e di accogliere lo sposo.
Se la parabola è un’allegoria delle nozze di Cristo-Sposo con la Chiesa, sua diletta Sposa, è anche un pressante invito alla vigilanza. Stolti e saggi, tutti sono invitati a partecipare alle nozze, tutti vanno incontro al Signore, ma occorre l’olio della vigilanza per non essere colti dal sonno colpevole della infedeltà.

Dal Vangelo secondo Matteo 25,1-13: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:  «Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.  Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».

Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola - Angelo Lacellotti (Matteo): La parabola delle dieci vergini, ossia: il giudizio di ammissione a di esclusione dalle nozze celesti di quanti sono stati saggiamente perseveranti a meno nell’attesa dell’incontro finale con Cristo. La parabola, propria di Matteo, è letterariamente legata alla precedente mediante il motivo del ritardo dello sposo (v. 5, cf 24,48) e del suo sopraggiungere inatteso (v. 6, cf 24,50). Analogo, inoltre, è l’insegnamento fondamentale: l’opposta sorte toccata all’opposto comportamento del servo fedele e saggio come delle vergini prudenti da una parte, e del servo malvagio e delle vergini stolte dall’altra.
I dieci vergini ... incontro allo sposo: le «vergini» sono le anime cristiane che, fidanzate a Cristo, loro « unico sposo» (cf 2Cor 11,2), sono in attesa di essere presentate a lui per le nozze celesti. La vita cristiana è, secondo la parabola, un cammino la cui meta è un festino nuziale; un cammino però fra le tenebre che solo la fioca luce di una «lampada», simbolo della fede vigilante (cf Lc 12,35), può rischiarare. La metafora nuziale per esprimere il rapporto di amore e di fedeltà intercorrente fra Dio e la nazione eletta nell’ Antico Testamento, e tra il Cristo e le anime battezzate nel Nuovo Testamento, è una delle più note e più efficaci della tradizione biblica (cf tutto il Cantico dei Cantici; Gr 2,2; Is 54,5; Ez 16 8; S 2,1; Mc 2,19; Mt 9 15; Lc ,34; Gv 3,29; 2Cor 11,2; Ef 5,25).

Le dieci vergini sono presentate con un aggettivo, cinque sono dette stolte, insensate, moraì; e cinque sagge, accorte, frónimoi. L’aggettivo moròs, nella terminologia biblica, non indica soltanto lo sciocco, ma anche l’empio che è così insensato da opporsi alla legge di Dio e giunge fino a negare l’esistenza di Dio. Ecco perché nella sacra Scrittura, il «concetto di stolto acquista il significato di empio, bestemmiatore [passi tipici sono: Sal 14,1 e 53,2; però anche Sal 74,18.22; Gb 2,10; Is 32,5s; cf. Sir 50,26]. Lo stolto si ribella a Dio, distrugge in pari tempo la comunità umana: fa mancare il necessario agli affamati [Is 32,6], accumula ricchezze ingiuste [Ger 17,11] e calunnia il suo prossimo [Sal 39,9]. Anche nella letteratura sapienziale posteriore, dove il concetto è meno duro, rimane il senso della colpevolezza» (J. Goetzmann).
Se accettiamo anche questa sfumatura, allora le cinque vergini stolte della parabola non sono soltanto delle sempliciotte, o ragazzotte sprovvedute, ma veri e propri oppositori della legge divina; sono coloro che non entrano nel Regno di Dio a motivo della loro empietà e così l’accusa contro i farisei si fa più pesante: essi sono religiosi nelle parole, ma empi perché di fatto ribelli alla volontà divina, «dicono e non fanno» (Mt 23,3), e tanto stolti da respingere la proposta di salvezza che Dio fa loro nella persona del suo Figlio unigenito.
La parabola nel mettere in evidenza l’incertezza del tempo della venuta gloriosa del Cristo, vuole instillare nei cuori degli uomini la necessità della vigilanza, senza fidarsi di calcoli in base ai segni dei tempi: «Quanto a quel giorno e a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli del cielo e né il Figlio, ma solo il Padre» (Mt 24,36).
Questa venuta improvvisa deve indurre gli uomini ad assumere un serio atteggiamento di vigilanza e un comportamento saggio al quale nessuno può sottrarsi se non vuole essere escluso dal regno di Dio. Poi, alla vigilanza e al comportamento saggio va aggiunto il timore: «Comportatevi con timore nel tempo in cui vivete quaggiù come stranieri. Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia» (1Pt 1,17-19). Se Cristo Gesù, «nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero» (Credo), per salvarci si è annichilito nel mistero dell’Incarnazione, se è morto su una croce come un volgare malfattore, «è segno che la nostra anima è assai preziosa e dobbiamo perciò affaticarci “con timore e tremore per la nostra salvezza”, per non distruggere in noi l’opera della grazia di Dio. Tutto infatti viene dalla “grazia”: la redenzione di Cristo è opera di grazia e anche l’accettazione della redenzione da parte nostra è opera di grazia, poiché è Dio stesso colui “che opera in noi il volere e l’agire” secondo i suoi disegni di benevolenza e di amore» (Settimio Cipriani).
Le vergini, le stolte e le sagge, non sopportando il tedio dell’attesa vengono colte dal sonno al quale cedono ben volentieri. Questo particolare suggerisce che il progetto di Dio, «ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra» (Ef 1,10), andrà a buon fine, lo voglia o non lo voglia l’uomo e sarà svelato all’intelligenza degli uomini quando Dio vorrà, anche senza il loro apporto. Gesù aveva suggerito la stessa cosa nella parabola del seme che spunta da solo anche mentre il contadino dorme (Mc 4,26): c’è, quindi, nella crescita e nella diffusione del Regno di Dio una componente che non dipende dall’uomo. Il regno di Dio porta in sé un principio di sviluppo, una forza segreta che lo condurrà al pieno compimento.

Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): No; altrimenti non basterebbe né a noiné a voi; l’espressione, presa in senso assoluto e fuori del contesto, può suonar male ed indicare una forma riprovevole di egoismo. L’autore ha interesse nel rilevare la preveggenza delle giovani sagge e di presentarle come un esempio di prudenza. Dal contesto risulta che l’olio è una provvista personale e che non può essere affidata ad altri. La parabola infatti mette in particolare rilievo i pronomi riflessivi e gli aggettivi possessivi (le loro lampade, con sé, per sé; cf. 25, 3, 4, 7, 9). Andate e compratevene; le vergini sagge offrono una prova ulteriore della loro preveggenza; la loro risposta è decisa e non ammette replica, poiché vogliono esser provviste e sicure per il futuro.

Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora - Ortensio da Spinetoli (Matteo): Vegliare è pensare a Cristo, desiderare la sua presenza, sentire la sua mancanza come un vuoto incolmabile. Gesù sa che quest’attesa è difficile; che vi possono essere ore di stanchezza e di sonnolenza, ma anche allora non si dovrà desistere dall’attendere. Bisogna procurarsi abbastanza olio per poter restar svegli sino alla fine e non mancare all’ultimo momento. Gesù ama le anime ma esige che ricambino il suo amore. Cessare di pensare a lui, trovarsi egualmente contente durante la sua assenza, addirittura dimenticarlo è ciò che egli non potrà mai perdonare: «In verità vi dico, non vi conosco» (25, 3). La porta chiusa è già una parabola a sé. Se su questa terra la vita è un’attesa, nell’al di là è un banchetto nuziale, addirittura uno sposalizio: le metafore più familiari e più toccanti a cui la Bibbia abbia fatto ricorso per ridare i rapporti dell’uomo con Dio. Affinché l’immagine venga smaterializzata Gesù parla di vergini e non di semplici s’pose. La vita del cielo è una vita di unione con Dio, ma verginale, l’n un testo vicino Luca afferma che gli uomini del «secolo futuro» «non prendono moglie e non si sposano, perché sono eguali agli angeli, essendo figli della risurrezione». I rapporti di Gesù con i fedeli sono rinsaldati e sublimati.

La parabola nel vangelo - D. Sesboué: Il mistero del regno e della persona di Gesù è talmente nuovo che anch’esso non può manifestarsi se non gradualmente, e secondo la ricettività diversa degli uditori. Perciò Gesù, nella prima parte della sua vita pubblica, raccomanda a suo riguardo il «segreto messianico», posto in così forte rilievo da Marco (1,34.44; 3,12; 5,43 ...). Perciò pure egli ama parlare in parabole che, pur dando una prima idea della sua dottrina, obbligano a riflettere ed hanno bisogno di una spiegazione per essere perfettamente comprese. Si perviene così a un insegnamento a due livelli, ben sottolineato da Mc 4,33-34: il ricorso a temi classici (il re, il banchetto, la vite, il pastore, le semine...) mette sulla buona strada l’insieme degli ascoltatori; ma i discepoli hanno diritto a un approfondimento della dottrina, impartito da Gesù stesso. I loro quesiti ricordano allora gli interventi dei veggenti nelle apocalissi (Mt 13,10-13.34s-36.51; 15,15; cfr. Dan 2,18ss; 7,16). Le parabole appaiono così una specie di mediazione necessaria affinché la ragione si apra alla fede: più il credente penetra nel mistero rivelato, più approfondisce la comprensione delle parabole; viceversa, più l’uomo rifiuta il messaggio di Gesù, più gli resta interdetto l’accesso alle parabole del regno. Gli evangelisti sottolineano appunto questo fatto quando, colpiti dalla ostinazione di molti Giudei di fronte al vangelo, rappresentano Gesù che risponde ai discepoli con una citazione di Isaia: le parabole mettono in evidenza l’accecamento di coloro che rifiutano deliberatamente di aprirsi al messaggio di Cristo (Mt 13,10-15 par.). Tuttavia, accanto a queste parabole affini alle apocalissi, ce ne sono di più chiare che hanno di mira insegnamenti morali accessibili a tutti (così Lc 8,16ss; 10,30-37; 11,5-8)

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
***  “Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora” (Vangelo).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Porta a compimento, Signore,
l’opera redentrice della tua misericordia
e perché possiamo conformarci in tutto alla tua volontà,
rendici forti e generosi nel tuo amore.
Per Cristo nostro Signore.