21 AGOSTO 2019
Mercoledì XX Settimana T. O.
Gdc 9,6-15; Sal 20 (21); Mt 20,1-16
Dal Martirologio: Memoria di san Pio X, papa, che fu dapprima sacerdote in parrocchia e poi vescovo di Mantova e patriarca di Venezia. Eletto, infine, Pontefice di Roma, si propose come programma di governo di ricapitolare tutto in Cristo e lo realizzò in semplicità di animo, povertà e fortezza, promuovendo tra i fedeli la vita cristiana con la partecipazione all’Eucaristia, la dignità della sacra liturgia e l’integrità della dottrina.
Colletta: O Dio, che per difendere la fede cattolica e unificare ogni cosa nel Cristo hai animato del tuo Spirito di sapienza e di fortezza il papa san Pio X, fa’ che, alla luce dei suoi insegnamenti e del suo esempio, giungiamo al premio della vita eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
Nella parabola degli operai mandati nella vigna, vi sono molte cose che non quadrano e una cosa sola è certa: il regno dei cieli è simile al modo di agire del padrone di casa, cioè al suo comportamento libero e gratuito.
Ma veniamo alle cose che non collimano. Innanzi tutto, la ricompensa che viene destinata agli operai della prima ora è di un denaro. Ai secondi viene assicurato quello che è giusto. Agli ultimi non viene detto nulla. e occorre notare che quest’ultimi vengono assunti verso le cinque di pomeriggio: un particolare in sé inverosimile, ma che serve a mettere in evidenza «la bontà del padrone che nel dare lavoro è spinto non dal suo utile ma dalla sua generosità verso gli operai» (Giuseppe Ferraro).
Alla fine della giornata, il padrone di casa vuole che si inizi dagli ultimi fino ai primi. Un altro particolare che non combacia con la realtà: forse il padrone della vigna voleva che gli operai assunti all’alba fossero presenti e si rendessero conto del suo modo di agire.
L’equità del giusto compenso viene stravolta dalla liberalità del padrone di casa, il quale dà a tutti, primi ed ultimi, come salario un denaro, provocando l’indignazione degli operai presi a giornata all’alba. Quello che «fa mormorare gli operai della prima ora contro il padrone non è tanto il fatto che si aspettavano di ricevere di più, perché con lui avevano concordato solo una moneta d’argento. Essi in realtà volevano che i loro compagni dell’ultima ora ricevessero di meno. Solo così il padrone avrebbe apprezzato la loro fatica» (Tiziano Lorenzin). Il disappunto nasce, quindi, dal fatto di non vedersi stimati, di non vedere valorizzata la loro fatica. È la rovente polemica che accompagnerà il ministero di Gesù e quello di Paolo. La giustificazione per mezzo delle opere era una mentalità che si era incollata alla religiosità ebraica e con la quale si pretendeva di condizionare Dio al momento del giudizio e della retribuzione. Questo modo di pensare aveva spaccato in due il mondo: da una parte i giusti perché osservavano la Legge, dall’altra gli empi sulla cui testa incombeva irreversibilmente l’ira di Dio. Invece la salvezza è un dono gratuito che nessuno può pretendere di accaparrarsi con le sue sole forze o con le sue buone opere. Tutto è grazia: quando l’uomo si rapporta con Cristo affidandosi alla sua opera e ai suoi meriti, mutando vita e ravvedendosi dai suoi peccati, Dio, allora, nella sua infinita misericordia tratta il peccatore come se fosse giusto.
La risposta del padrone è repentina. L’accusa di essere ingiusto viene rigettata sulla base di due ragioni: prima, il padrone della vigna ha rispettato i patti, ha dato quanto era stato concordato; seconda, se ha dato di più agli ultimi perché è buono e allo stesso tempo libero di disporre della sua volontà e dei suoi averi. In filigrana si può cogliere l’agire di Dio verso gli uomini: Egli è libero di accordare la sua grazia sia ai giusti che ai peccatori. Che il buon Dio ci aiuti a non pensare e a non ragionare come gli operai della prima ora!
Dal Vangelo secondo Matteo 20,1-16: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
La parabola degli operai della vigna - Angelo Lancellotti (Matteo): A prima vista, con questa parabola Gesù sembra voglia apportare un correttivo importante alla promessa della ricompensa che dovranno attendersi i suoi seguaci: contrariamente a quanto riteneva la teologia giudaica, la ricompensa non è tanto l’adeguata remunerazione delle «opere» compiute dall’uomo, ma soprattutto il frutto della sovrabbondante bontà e misericordia di Dio. Dal punto di vista letterario, la presente parabola, che è propria di Matteo, sviluppa ed esplica il detto vagante dei «primi-ultimi e ultimi-primi» che Marco riporta alla fine dell’insegnamento di Gesù sulla ricompensa dei discepoli. Ma in fondo il vero significato della parabola, nascosto sotto il velo del linguaggio parabolico per i motivi ben noti (cf 13,10-15), è l’abolizione, nel regno messianico, della condizione di privilegio vantata da Israele; e questa è la prima di una serie di «lezioni» che Gesù darà, sempre sotto il velo delle parabole - quella dei due figli (21,2832), dei cattivi vignaiuoli (21,33-41) e del convito nuziale (22,1-14) - sul problema scottante della sostituzione del giudaismo con un altro popolo che darà «i frutti a suo tempo» (21,41).
Andate anche voi nella vigna - Renato De Zan: I racconti di vocazione tramandatici dai Vangeli pongono in evidenza che la chiamata di Gesù può essere accolta (Mc 1,16-20 e par; Mc 2,13-14 e par; ecc.) o respinta (Mc 10,17-22 e par) e, inoltre, che la chiamata di Gesù non è necessariamente garanzia di un meccanicismo salvifico (Giuda = Gv 6,70; 13,18; 15,16; l’uomo senza abito nuziale = Mt 22,1-14). Le caratteristiche di questa chiamata sono sufficientemente chiare e riassumibili come segue. Gesù chiama liberamente senza preferenze di persone. I chiamati, infatti, non sono scelti per le loro qualità. La chiamata viene fatta direttamente da Gesù o anche per mezzo di terzi (Gv 1,35-51). In quest’ultimo caso, però, c’è sempre l’incontro personale tra il chiamato e Gesù. Gli uomini vengono «incontrati» e chiamati da Gesù nella loro situazione «quotidiana» e viene loro rivolto un invito alla sequela senza motivazioni. Gesù mette il chiamato nella situazione di giocare la risposta solamente nella fiducia e nella adesione totale alla persona del «chiamante». La risposta affermativa porta il chiamato a mettere in subordine fino all’abbandono totale sia la professione (Mc 1,18-20) che i parenti (Lc 9,60 e par) e i beni terreni (Mc 10,17-22 e par). Contemporaneamente, però, la risposta affermativa pone il chiamato in una comunione di vita completa con Gesù e in una partecipazione totale alla sua opera messianica che si tradurrà in modo particolare nel diventare pescatori di uomini (Mc 1,17 e par), nel predicare il regno (Lc 9,2 e par), nello scacciare i demoni, nel guarire ogni malattia (Mc 3,14 e par) e, soprattutto, nel fare discepole di Gesù tutte le genti (Mt 28,19-20) attraverso la parola e il sacramento.
… non posso fare delle mie cose quello che voglio? - Richard Gutzwiller (Meditazioni su Matteo): La libertà si manifesta nel fatto che il padrone della vigna chiama perché vuole, chi vuole, quando e ogni qualvolta vuole, e nel fatto che stabilisce il modo e le condizioni del pagamento.
Dio chiama in piena libertà. Nessuno può far valere pretese di fronte a lui. La Chiesa è la comunità dei chiamati da Dio. La chiamata è la grazia. Perciò la Chiesa è la comunità della grazia. Attraverso il peccato l’uomo è doppiamente condizionato a questo libero appello della grazia, poiché in sé egli è il respinto e il reietto. Il ritorno gli è precluso, come lo fa comprendere l’immagine biblica dell’Angelo con la spada fiammeggiante davanti al paradiso. Se il Signore, tuttavia, lo chiama, si tratta di grazia liberamente donata, secondo il senso delle parole di san Paolo nella lettera ai Romani, per cui nulla è da attribuirsi al volere o all’affannarsi degli uomini, bensì alla misericordia di Dio.
Dio è libero di chiamare chi vuole. «Ho odiato Esaù e ho amato Giacobbe». San Paolo ricorre all’immagine del vasaio, il quale fa ciò che vuole con l’argilla. Può non adoperarla, può farne un recipiente inutile, oppure uno molto comune, oppure uno splendido. Egli è libero.
Dio può chiamare quando vuole. L’uno viene chiamato già nel grembo materno, come Dio dice dei profeti.
Altri nella prima giovinezza. Altri ancora al culmine della vita o immediatamente prima che la porta venga chiusa. Dio stabilisce il tempo.
Dio è libero di chiamare dove vuole. Cristo dice a Pietro: «Un altro ti cingerà e ti condurrà dove non vuoi». La misura della grazia può variare. L’uno vien chiamato affinché possa ancora salvarsi. L’altro viene chiamato alla santità. L’uno vien chiamato per salvare la propria anima, l’altro ha la particolare vocazione di salvare le anime degli altri. Certi, infine, soprattutto i grandi santi, hanno ancora una missione particolare in seno alla Chiesa, quali i fondatori di ordini, a coloro che aprono le grandi strade dello spirito e del rinnovamento ecclesiastico.
Dio è libero nella ricompensa. Si può parlare di ricompensa e di guadagno soltanto in senso molto vasto e soltanto per il fatto che Cristo stesso, sempre per sovrana libertà, definisce ricompensa la grazia della magnificenza del cielo. Ogni contegno e ogni cavillo giuridico, ogni pretesa e ogni desiderio devono scomparire di fronte alla libertà sovrana del creatore.
Il proverbio che conclude la parabola, gli ultimi saranno i primi e i primi, ultimi, noto anche nella letteratura giudaica, è riferito più volte dagli evangelisti con applicazioni diverse secondo il contesto (Cf. Mc 10,30; Lc 13,30). Va ricordato che queste parole «erano già state dette nel capitolo precedente [19,30] quando Gesù aveva assicurato una ricompensa enorme “sproporzionata” [cento volte tanto e in eredità la vita eterna] ai discepoli: quasi a sottolineare il capovolgimento degli abituali criteri umani fondati sul merito. In questo contesto la parabola diventa non solo una chiara illustrazione di tale principio, ma altresì una certezza consegnata alla comunità dei discepoli. Dio riserva la sua elezione a questi uomini spogli di tutto, di averi e di pretese [gli ultimi!]» (Adriano Schenker - Rosario Scognamiglio).
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi». (Vangelo)
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Signore nostro Dio,
la mensa eucaristica alla quale ci siamo accostati
nel ricordo del papa san Pio X,
ci renda forti nella fede e concordi nella carità.
Per Cristo nostro Signore.
la mensa eucaristica alla quale ci siamo accostati
nel ricordo del papa san Pio X,
ci renda forti nella fede e concordi nella carità.
Per Cristo nostro Signore.