20 AGOSTO 2019
Martedì XX Settimana T. O.
SAN BERNARDO, ABATE E DOTTORE DELLA CHIESA MEMORIA
Gdc 6,11-24; Sal 84 (85); Mt 19,23-30
Dal Martirologio: Memoria di san Bernardo, abate e dottore della Chiesa, che entrato insieme a trenta compagni nel nuovo monastero di Cîteaux e divenuto poi fondatore e primo abate del monastero di Chiaravalle, diresse sapientemente con la vita, la dottrina e l’esempio i monaci sulla via dei precetti di Dio; percorse l’Europa per ristabilirvi la pace e l’unità e illuminò tutta la Chiesa con i suoi scritti e le sue ardenti esortazioni, finché nel territorio di Langres in Francia riposò nel Signore.
Colletta: O Dio, che hai suscitato nella tua Chiesa san Bernardo abate, come lampada che arde e risplende, fa’ che per sua intercessione camminiamo sempre con lo stesso fervore di spirito, come figli della luce. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
Il giovane aveva rifiutato l’invito di Gesù perché possedeva molte ricchezze, ed era andato via triste. Da qui l’insegnamento di Gesù sulla ricchezza seguito dalla domanda dei discepoli: Allora, chi può salvarsi? La mania di sapere tutto, forse per le cose terrene si può arrivare a una conoscenza più o meno piena, ma non per le cose spirituali, o meglio per tutte le cose che superano i confini della terra. Quanti, per esempio, discettano sull’esistenza dell’Inferno, e alcuni, i soliti soloni di turno, affermano con grande sicumera che è vuoto. Altri dicono che nell’Inferno e nel Purgatorio non ci può essere il fuoco, ma di quale fuoco si tratta? Altri dicono che il Paradiso è per tenere buoni i poveracci nullatenente, e per alienare i lavoratori dal lavoro (cfr. Gen 5,4-5) e così intrupparli, come pecore, nella congrega che ha per capo un tizio vestito tutto di bianco. Dovremmo imparare un po’ a stare zitti, e lasciare le cose del Cielo a chi vi abita dall’eternità. E sempre per interessata curiosità, Pietro, da una parte, vuole assicurarsi che ai pesci lasciati nel lago, dai quali traeva un buon profitto, si sostituiscano più lauti guadagni, e dall’altra parte, conoscendo bene il suo Maestro, vuole assicurarsi di che guadagno si tratti, materiale o spirituale. Ahimè, la sequela cristiana come materia di baratto, do ut des.
Gesù sembra stare al gioco e dà una risposta ai suoi discepoli. Al di là dell’essere soci di Cristo nel giudizio delle nazioni e quando tutto sarà compiuto i discepoli riceveranno la vita eterna. Ma già nello scorrere quotidiano chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto. Una allusione alla Chiesa, la famiglia dei credenti in Cristo, comunità e comunione di fratelli. Non conosciamo la reazione di Pietro e dei discepoli, ma trovandoli al capitolo successivo ancora al seguito di Gesù, forse avranno capito la lezione e fatto tesoro.
Dal Vangelo secondo Matteo 19,23-30: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile». Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi».
Difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli: La Bibbia non condanna tout court la ricchezza. In verità, essa condanna la passione per il denaro che inevitabilmente stravolge il cuore e il destino dell’uomo. Così, la «ricchezza è buona se è senza peccato» (Sir 13,24) ed è beato «il ricco, che si trova senza macchia e che non corre dietro all’oro» (Sir 31,8). E per il suo popolo Dio prepara un avvenire ricolmo di ricchezza e di benessere: farà scorrere verso di esso «come un fiume, la prosperità; come un torrente in piena la ricchezza dei popoli» (Is 66,12).
Per il Vangelo se «la vita di un uomo non dipende dai suoi beni» (Lc 12,15), nella parabola dei talenti Gesù premia il servo che sa far fruttare il denaro avuto in consegna e condanna il servo fannullone che restituisce al padrone la stessa somma che aveva ricevuto (Mt 25,14-30). Non è peccato, dunque, investire il proprio denaro purché il cuore resti libero e non si distolga lo sguardo dal cielo: «Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore» (Mt 6,19-2).
Per il Nuovo Testamento, come per il Vecchio Testamento, a impedire la salvezza non è il possesso della ricchezza, ma è il cuore dell’uomo quando trasforma il denaro in idolo dinanzi al quale prostrarsi (cf. Mt 6,24; Lc 16,13) perché è stoltezza guadagnare il mondo intero se poi si perde la propria vita (cf. Mc 8,36). In questa ottica, proprio perché le ricchezze costituiscono un potenziale pericolo, il consiglio di disfarsi dei propri beni e di praticare l’elemosina rimane in cima ai valori evangelici: «Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma» (Lc 12,33-34).
In verità io vi dico - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Il detto è formulato con termini del vocabolario profetico e con immagini tratte dalla storia ebraica. Nella rigenerazione (del mondo) = παλιγγενεσία (rinascita, nuova nascita, palingenesi; il termine ricorre due sole volte nel Nuovo Testamento, cioè qui e Tito, 3,5); l’idea, non già il termine, risale al Vecchio Testamento, nel quale l’èra messianica è presentata come un rinnovamento (cf. Isaia, 65,17; 66,22, dove si parla di cieli nuovi e terra nuova). S. Paolo dà all’idea un valore spirituale; per l’apostolo credente è una «nuova creazione» (cf. 2Corinti, 5,17). Cristo, accennando a questa palingenesi, intende riferirsi al regno messianico che sarà stabilito sopra la terra, non già al regno celeste (cf. Lc., 22,28-30). Le parole: quando il Figlio sederà sul suo trono di gloria, richiamano l’immagine di Daniele, 7,9 e significano che Gesù presiederà dal cielo il suo regno stabilito sopra la terra. In questo governo del regno Cristo glorioso in cielo assocerà i suoi apostoli durante la loro esistenza e dopo la loro morte. Sederete anche voi su dodici troni per giudicare le dodici tribù d’Israele; Cristo usa un linguaggio ispirato alla storia d’Israele: giudicare significa nella Bibbia governare, reggere, non già l’atto particolare di pronunziare una sentenza (i Giudici d’Israele sono capi di tribù; cf. il libro dei Giudici); le dodici tribù d’Israele designano il nuovo Israele, l’Israele di Dio (come dice S. Paolo, cf. Galati, 6,16); dodici non indica una quantità numerica, ma l’intero Israele; il popolo d’Israele era considerato tradizionalmente come costituito da dodici tribù, anche quando queste non esistevano più. Nel regno messianico, cioè nella Chiesa, gli apostoli avranno un posto di privilegio e di governo.
Distacco dai beni terreni - Ambrogio Valsecchi - La mentalità propria di Gesù riguardo alle ricchezze incomincia a manifestarsi nella vocazione degli apostoli e discepoli. Numerose pericopi ce la rivelano.
Ci sono anzitutto i brani che riferiscono la chiamata di Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni (Mt 4,18-22 = Mc 1,16-20; Lc 5,1-11) e di Matteo (Mt 9,9-13 = Mc 2,13-17; Lc 5,27-32): da essi risulta che Gesù chiede a coloro che chiama (e si tratta anche, nel caso dei primi quattro, di persone di un certo censo) un effettivo e completo distacco dai beni terreni. C’è al riguardo un’interessante progressione tra i tre sinottici: per Marco, «essi, lasciato il loro padre Zebedeo sulla barca con i garzoni lo seguirono» (1,20); per Matteo, «essi subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono» (4,22); mentre Luca marca chiaramente la totalità del distacco: «Tirate le barche a terra lasciarono tutto e lo seguirono» (5,11). La stessa annotazione vale per la vocazione di Matteo: mentre Marco (2,14) e Matteo (9,9) dicono che all’appello di Gesù, Levi «si alzò e lo seguì», Luca (5,28) precisa che «lasciando tutto, si alzò e lo seguì». Né questo distacco è provvisorio, ma pone i chiamati in una definitiva condizione di povertà. Così, nell’inviare i dodici in missione, Gesù impone nuovamente loro una completa povertà: niente pane, niente, bisacce, niente denaro, anzi - come precisano Mt 10,10 e Lc 9,3 (contro Mc 6,8) - neppure il bastone, né i sandali. E che essi vivano di fatto in stato di povertà, risulta chiaro dal significativo episodio delle spighe di grano (Mt 12,1-4 = Mc 2,23-28; Lc 6,1-5), come pure dai cenni di Luca dai quali si arguisce che il piccolo gruppo viveva praticamente di elemosina (8,1-3). Insomma, la sequela di Gesù domanda una rinuncia «a tutto quello che (si) ha» (Le 14,33; cf. Mt 10,9-10).
Un uguale distacco è richiesto al giovane ricco (che sia giovane è Matteo a dirlo), nell’episodio che tutt’e tre i sinottici ricordano. Gli fa seguito un commento generale di Gesù sulla ricchezza che già allarga il discorso oltre la cerchia dei primi «chiamati» dal Maestro. Si tratta di un «buon ricco» (ha osservato e osserva la legge), al quale è domandato un distacco effettivo (vendere e donare) e totale, senza del quale non si può esere discepoli di Gesù. Ma non sembra che si tratti di una vocazione particolare o solo di consiglio: anche se alcuni tratti lo fanno pensare (e può darsi che in questo senso sia suonato inizialmente l’invito in bocca a Gesù), nel contesto attuale del Vangelo questo appello non è affatto presentato come riferentesi a una perfezione supererogatoria: si tratta né più né meno che delle esigenze del Regno. Ed è proprio la grave difficoltà dei ricchi a spogliarsi dei loro beni che ispira il commento scoraggiato ed estremamente vigoroso di Gesù (con la nota immagine del cammello e della cruna d’ago); ove la ricchezza tende ad apparire in se stessa un male, almeno sotto il profilo storico-esistenziale, perché costituisce come tale - per chi non vuole disfarsene un ostacolo umanamente insuperabile per la salvezza e per il Regno (leggere Mt 19,16-30 e par.).
Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi - Angelo Lacellotti (Matteo): [...] viene spiegato il detto enigmatico di 19,30, ripetuto in questo versetto. Il detto è un proverbio noto anche nel giudaismo; esso è riportato più volte dagli evangelisti con applicazioni diverse (cf Mc 10,,31; Lc 13,30); in questo contesto esso fa da cornice alla parabola degli operai della vigna e i riferisce al particolare del comando di iniziare la distribuzione della paga dagli ultimi (cfv. 8). Negli operai della prima ora dunque sono da ravvisare i Giudei chiamati per primi; con essi Dio « pattuì» la mercede in cambio dell’osservanza della Legge; per ultimi sono chiamati, ma senza nessun patto, i gentili. La ricompensa divina non solo non riconosce posizioni. di privilegio per i «primi», ma, per l’occhio cattivo di questi, è data in rimo luogo agli «ultimi», i gentili.
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi». (Vangelo)
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Il pane di vita eterna che abbiamo ricevuto
nella festa di san Bernardo,
ci rinnovi, Signore, nel corpo e nello spirito,
perché, illuminati dalle sue parole e dal suo esempio,
anche noi siamo afferrati
dall’amore del tuo Verbo fatto uomo.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.
nella festa di san Bernardo,
ci rinnovi, Signore, nel corpo e nello spirito,
perché, illuminati dalle sue parole e dal suo esempio,
anche noi siamo afferrati
dall’amore del tuo Verbo fatto uomo.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.