17 AGOSTO 2019

Sabato XIX Settimana T. O.

Gs 24,14-29; Sal 15 (16); Mt 19,13-15

Colletta: Dio onnipotente ed eterno, che ci dài il privilegio di chiamarti Padre, fa’ crescere in noi lo spirito di figli adottivi, perché possiamo entrare nell’eredità che ci hai promesso. Per il nostro Signore Gesù Cristo… 

Si sa che i bambini non conoscono il bon ton, e nonostante le raccomandazioni dei genitori, spesso, sono invadenti, e anche impertinenti. Amano il chiasso, e se vogliono qualcosa, capricciosi, sanno farsi valere con mille trovate e industrie da veri strateghi. Non conosciamo il numero dei bambini che furono portati a Gesù perché imponesse loro le mani e pregasse, e non conosciamo l’età, ma questo non conta, quello che contava per i discepoli era l’ordine, il silenzio, anche un pizzico di buona educazione. Forse l’arrivo dei bambini aveva interrotto il Maestro, forse come uno sciame di cavallette si erano gettati addosso a Gesù, i bambini sono fatti così, spontanei, senza regole, immediati, impulsivi. Uno sconvolgimento di programmi che desta l’ira dei discepoli, e i rimproveri risuonano come tuoni in una giornata serena. Nella Chiesa, anche ad extra, ci saranno sempre dei buoni tutori dell’ordine, e se qualcuno va troppo avanti è un progressista, se guarda indietro è un nostalgico, e se rompendo ancestrali regole si fa tutto con tutti (1Cor 9,19-23) è un populista. La risposta di Gesù non ci sorprende, ma nel lemma bambini oltre agli infanti d’età possiamo intravedere i semplici, i piccoli con la loro piccola fede. E Gesù promette e assicura a chi è come loro appartiene il regno dei cieli.

Dal Vangelo secondo Matteo 19,13-15: In quel tempo, furono portati a Gesù dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono. Gesù però disse: «Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli».  E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là.

Ortensio Da Spinetoli (Matteo): Un quadro vivace e pieno di umanità ritenuto per la lezione morale che trasmette. Le madri avanzano per implorare sui loro piccoli (l’età è imprecisabile) una benedizione propiziatrice da parte del profeta e taumaturgo al cui contatto guariscono ammalati e ossessi. Gesù, col suo intervento, ricompone la situazione e cancella la spiacevole impressione creata dall’intransigenza dei dodici. Marco, al riguardo, molto più realistico, ricorda che Gesù «si sdegnò» a motivo del comportamento degli apostoli 10,4). Non è l’unica volta che il vangelo ricorda una cosa del genere.
I piccoli attirano l’attenzione di Gesù non tanto per la loro innocenza (cfr. Mc. 10,13), ma più ancora per il simbolismo che è racchiuso nelle loro persone. I fanciulli sono i prototipi ideali del regno, per la loro umiltà, docilità, recettività: qualità indispensabili per accogliere il messaggio cristiano.
L’imposizione delle mani indica quanto questa categoria, cioè i rispettivi fedeli che essi simboleggiano (i poveri, gli umili, i bisognosi, ecc.), stia a cuore al Signore.

Gesù, nonostante l’ostruzionismo degli Apostoli, accoglie dei bambini che gli vengono presentati «perché imponesse loro le mani e pregasse». Gesù acconsente e «prendendoli fra le braccia e ponendo le mani sopra di loro li benediceva» (Mc 10,16). Un gesto di tenerezza che rivela i sentimenti di Gesù verso i più piccoli, gli indifesi, verso coloro che nella società giudaica non contavano affatto.
Ma anche in questo gesto c’è una rivoluzione a trecentosessanta gradi. Se per l’ambiente giudaico solo l’adulto poteva raggiungere il regno di Dio perché capace di porre atti coscienti, nel magistero di Gesù invece lo si può solo ricevere, come dono gratuito, facendosi appunto bambini.

Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me - Giuseppe Manzoni e Giuseppe Barbaglio: «Bambino» e «fanciullo» (in ebraico yeled, in greco pais e paidion) in ogni lingua del mondo indicano l’individuo quando è ancora in tenera età. Nella prospettiva biblica, i bambini possono essere visti sia come ragazzini vispi che fanno corona attorno ai genitori allietandone l’esistenza, sia come individui deboli e indifesi e quindi
continuamente bisognosi di protezione e di aiuto.
Per gli israeliti, essi sono soprattutto un dono, una benedizione di Dio, pegno della sua benevolenza nei secoli (Dt 7,12-14). Per questo uno stuolo di figlioli attorno alla mensa sono come una corona per gli anziani (Pro 17,6), «come polloni di olivo» (Sal 128,3), eredità del Signore. Un uomo con molti bambini è come un guerriero che ha piena la faretra di molte frecce: non teme perciò i nemici, nessuno gli fa ingiustizia o gli manca di rispetto (leggere Sal 127,3-5).
Più idillicamente, i bambini sono la bellezza, l’ornamento dell’intimità domestica (Sal 128,3) e benedizione del Signore da Sion sul buon israelita e sui figli dei suoi figli (Sal 128,5-6; Pro 17,6). Non per altro, uno dei più antichi nomi di Dio «El Shaddai» è unito alla benedizione della fecondità (Gn 17,1-2; 28,3; 35,11; 43,14; 48,3-4; 49,25).
A differenza di certi moderni, gli scrittori ispirati riconoscono però che il bambino è un essere incompleto, ancora in via di sviluppo. Debole e indifeso, ha continuamente bisogno di protezione e di aiuto. Solo una forte educazione potrà far di lui un saggio, perché la follia è radicata nel suo cuore (Pro 22,15), e sua legge assai spesso il capriccio (Mt 11,16-19); per cui sarebbe pericoloso lasciarlo in balia di se stesso, privo di ogni tutela (Ef 4,14). Collaboratori della provvidenza per la formazione e lo sviluppo del bambino sono i genitori, in particolare la madre. Esempio mirabile è stata Anna, la madre di Samuele (1Sam 1,22-28), e soprattutto la madre dei sette fratelli che, al tempo dei Maccabei, hanno testimoniato la loro fede fino al martirio (leggere 2 Mac 7).
Ma le attenzioni materne sono poca cosa se paragonate all’attenzione che Dio riserva per ì piccoli, soprattutto se abbandonati e soli. Egli stesso si fa loro protettore, sicura difesa dei loro diritti (leggere Es 22,21-23). Questo amore per gli orfani diventa amore per l’intero popolo che in Egitto gemeva sotto il peso della schiavitù.
Dio ne ha compassione come fosse un bambino (leggere Os 11,1-4). Ma Israele neppure mostra di accorgersi. Anzi nella sua cecità si lamenta di essere come un bimbo abbandonato dalla madre. Invece l’amore di Dio è forte più di ogni altro (Is 49,14-15). D a parte sua, il salmista trova gioia nell’abbandono umile e sereno nelle
braccia del Signore (Sal 131,1-2).

Nella sacra Scrittura il bambino appare come un privilegiato di Dio. Il Signore stesso è il protettore dell’orfano ed il vindice dei suoi diritti (Es 22,2ss; Sal 68,6). Dio ama Israele come una madre ama i suoi bambini: Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare (Os 11,4). Gesù nei confronti dei bambini adotta lo stesso comportamento di Dio. Come aveva dichiarato beati i poveri, così benedice i bambini (Mc 10,16), rivelando in tal modo che essi sono, gli uni e gli altri, atti ad entrare nel regno; i bambini simboleggiano i discepoli autentici, a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli. Di fatto si tratta di accogliere il regno di Dio come lo accoglie un bambino (Mc 10,15), di riceverlo con tutta semplicità come un dono del Padre, invece di esigerlo come qualcosa di dovuto; bisogna diventare come i bambini (Mt 18,3) ed acconsentire a rinascere (Gv 3,5) per accedere a questo regno. Il segreto della vera grandezza è di farsi piccoli come i bambini (Mt 18,4): questa è la vera umiltà, senza la quale non si può diventare figli del Padre celeste. I veri discepoli sono precisamente i piccoli, a cui il Padre ha voluto rivelare i suoi segreti nascosti ai sapienti (Mt 11,25ss).

I bambini e il regno dei cieli - Christifideles laici 47: I bambini sono certamente il termine dell’amore delicato e generoso del Signore Gesù: ad essi riserva la sua benedizione e ancor più assicura il Regno dei cieli (cfr. Mt 19,13-15; Mc 10,14). In particolare Gesù esalta il ruolo attivo che i piccoli hanno nel Regno di Dio: sono il simbolo eloquente e la splendida immagine di quelle condizioni morali e spirituali che sono essenziali per entrare nel Regno di Dio e per viverne la logica di totale affidamento al Signore: “In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei cieli. Perché chiunque diventerà piccolo come questo bambino sarà il più grande nel Regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio accoglie me” (Mt 18,3-5; cfr. Lc 9,48). I bambini ci ricordano che la fecondità missionaria della Chiesa ha la sua radice vivificante non nei mezzi e nei meriti umani, ma nel dono assolutamente gratuito di Dio. La vita di innocenza e di grazia dei bambini, come pure le sofferenze loro ingiustamente inflitte, ottengono, in virtù della croce di Cristo, uno spirituale arricchimento per loro e per l’intera Chiesa: di questo tutti dobbiamo prendere più viva e grata coscienza. Si deve riconoscere, inoltre, che anche nell’età dell’infanzia e della fanciullezza sono aperte preziose possibilità operative sia per l’edificazione della Chiesa che per l’umanizzazione della società. Quanto il Concilio dice della presenza benefica e costruttiva dei figli all’interno della famiglia “Chiesa domestica”: “I figli, come membra vive della famiglia, contribuiscono pure a loro modo alla santificazione dei genitori” (GS 48), dev’essere ripetuto dei bambini in rapporto alla Chiesa particolare e universale. Lo rilevava già Jean Gerson, teologo ed educatore del XV secolo, per il quale “i fanciulli e gli adolescenti non sono certo una parte trascurabile della Chiesa”.

Lasciate che i bambini vengano a me: Familiaris consortio 26: Nella famiglia, comunità di persone, deve essere riservata una specialissima attenzione al bambino, sviluppando una profonda stima per la sua dignità personale, come pure un grande rispetto ed un generoso servizio per i suoi diritti. Ciò vale di ogni bambino, ma acquista una singolare urgenza quanto più il bambino è piccolo e bisognoso di tutto, malato, sofferente o handicappato. Sollecitando e vivendo una premura tenera e forte per ogni bambino che viene in questo mondo, la Chiesa adempie una sua fondamentale missione: è chiamata, infatti, a rivelare e a riproporre nella storia l’esempio e il comandamento di Cristo Signore, che ha voluto porre il bambino al centro del Regno di Dio: “Lasciate che i bambini vengano a me... perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio” (Lc 18,16; cfr. Mt 19,14; Mc 10,14).
Ripeto nuovamente quanto ho detto all’assemblea generale delle Nazioni Unite il 2 ottobre 1979: “Desidero... esprimere la gioia che per ognuno di noi costituiscono i bambini, primavera della vita, anticipo della storia futura di ognuna delle presenti patrie terrene. Nessun paese del mondo, nessun sistema politico può pensare al proprio avvenire se non attraverso l’immagine di queste nuove generazioni che dai loro genitori assumeranno il molteplice patrimonio dei valori, dei doveri e delle aspirazioni della nazione alla quale appartengono e di tutta la famiglia umana. La sollecitudine per il bambino ancora prima della sua nascita, dal primo momento della concezione e, in seguito, negli anni dell’infanzia e della giovinezza, è la primaria e fondamentale verifica della relazione dell’uomo all’uomo. E perciò, che cosa di più si potrebbe augurare a ogni nazione e a tutta l’umanità, a tutti i bambini del mondo se non quel migliore futuro in cui il rispetto dei diritti dell’uomo diventi piena realtà nelle dimensioni del duemila che si avvicina?” (2 Ottobre 1979).
L’accoglienza, l’amore, la stima, il servizio molteplice ed unitario - materiale, affettivo, educativo, spirituale - per ogni bambino che viene in questo mondo dovranno costituire sempre una nota distintiva irrinunciabile dei cristiani, in particolare delle famiglie cristiane: così i bambini, mentre potranno crescere “in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lc 2,52), porteranno il loro prezioso contributo all’edificazione della comunità familiare e alla stessa santificazione dei genitori (cfr. Gs 48).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli” (Vangelo).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

La partecipazione a questi sacramenti
salvi il tuo popolo, Signore,
e lo confermi nella luce della tua verità.
Per Cristo nostro Signore.