16 AGOSTO 2019

 Venerdì XIX Settimana T. O.

Gs 24,1-13; Sal 135 (136); Mt 19,3-12


Colletta: Dio onnipotente ed eterno, che ci dai il privilegio di chiamarti Padre, fa’ crescere in noi lo spirito di figli adottivi, perché possiamo entrare nell’eredità che ci hai promesso. Per il nostro Signore Gesù Cristo… 

Non avete letto... Gesù poteva ricordare ai suoi interlocutori la Parola di Dio, perché erano uomini e donne avvezzi ad ascoltare la Parola di Dio, ad ascoltarla, e molti a metterla in pratica. I discepoli appartenevano a un popolo che aveva posto la Parola di Dio come candelabro sul suo cammino terreno, oggi molti sgranerebbero gli occhi e resterebbero a bocca aperta, e a stento capirebbero i rimandi biblici. Oggi ci sono altre “parole”, parole di uomini altamente qualificati nel consorzio civile e politico che aggiustano tutto: divorzio, aborto, eutanasia, matrimoni gay, e così via. La Parola di Dio oggi difficilmente la si trova nelle mani degli uomini, molto meno nei loro cuori, e in molte contrade ormai non illumina più i passi dei viandanti. Così il “ripudio” è ritornato di moda, il tradimento coniugale è una avventura bene accettata e pane quotidiano, l’aborto e ben accolto per togliersi da certi impicci sociali e familiari … e Gesù ritorna a ripetere: “per la durezza del vostro cuore”. San Paolo, che non era duro di cuore, scrivendo ai Romani ebbe a dire: gli uomini “pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né ringraziato come Dio, ma si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro mente ottusa si è ottenebrata. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno scambiato la gloria del Dio incorruttibile con un’immagine e una figura di uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, tanto da disonorare fra loro i propri corpi, perché hanno scambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno adorato e servito le creature anziché il Creatore, che è benedetto nei secoli” (Rm 1,21-25 prosegui la lettura). Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, proprio così, Dio li ha abbandonati ai loro vani ragionamenti e alle loro passioni  a motivo della loro durezza di cuore. Non v’è peggior castigo!

Dal Vangelo secondo Matteo 19,3-12: In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «È lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?». Egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina e disse: “Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne”? Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». Gli domandarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e di ripudiarla?». Rispose loro: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un’altra, commette adulterio». Gli dissero i suoi discepoli: «Se questa è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi».  Egli rispose loro: «Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Infatti vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca».  

Il tema del divorzio, al tempo di Gesù, era oggetto di accese discussioni tra due scuole rabbiniche: quella di Shammai, rigorista, e quella di Hillel, lassista. La prima riconosceva legittimo motivo solo il caso di adulterio da parte della moglie, la seconda scuola ammetteva, invece, come valido qualsiasi motivo, anche il più futile. L’intenzione dei farisei è di costringere Gesù a schierarsi o per la scuola di Shammai o per la scuola di Hillel e così poterlo accusare o ai rigoristi o ai lassisti. L’intento era quindi di creargli dei nemici. Gesù capovolge il tutto mettendo la donna e l’uomo sullo stesso piano. Non è solo la moglie colpevole di adulterio verso il marito, ma anche il marito si rende colpevole di adulterio se ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra. I diritti e i doveri sono uguali per la moglie e per il marito e chi li lede commette adulterio.

Egli rispose - Felipe F. Ramos (Vangelo secondo Matteo): La risposta di Gesù risale a prima della legge, basandosi su un principio dell’esegesi giudaica secondo il quale «quello che è più originale è più autentico». E la cosa più originale era la creazione. Dio creò l’uomo e la donna per la realizzazione d’una vita in comune: questo è il significato di «una sola carne». Per conseguenza la volontà Dio è direttamente contraria al divorzio. Perché dunque Mosè lo autorizzò? Gesù risponde originale di dicendo: la legge di Mosè non è un comando, ma un permesso motivato dalle circostanze e che è contrario alla volontà originale di Dio, manifestata. nella creazione. Gesù si mette al di sopra delle scuole e non entra nella questione pratica che le divide sul criterio di interpretazione.
Egli risale ai princìpi in base ai quali dev’essere giudicata la questione e,. naturalmente, inclina all’interpretazione rigorista di Shammai sulla legge data da Mosè. E la condanna morale del divorzio.
L’interpretazione di Gesù di fronte al divorzio parve eccessiva ai suoi discepoli i quali conclusero che, stando così le cose, era meglio non sposarsi. Però il matrimonio era obbligatorio per ogni giudeo che non fosse impotente: e l’obbligo era basato sul comandamento divino: «Siate fecondi e moltiplicatevi» (Gn 1.28). La difficoltà era dunque chiara: il matrimonio è voluto da Dio; il divorzio, permesso nella legge di Mosè, appartiene alla natura delle cose; un matrimonio senza permesso di divorzio sarebbe assurdo. Per quanto sia duro, risponde Gesù, vi devono esser uomini capaci di adattarsi a queste esigenze: sono «coloro ai quali è stato concesso».

La donna nella riflessione dei sapienti - X. Léon-Dufour (Dizionario di Teologia Biblica): Rare, ma nient’affatto tenere, sono le massime attribuite a donne sulle donne (Prov 31,1-9); il ritratto biblico della donna è firmato da uomini; e se non sempre è lusinghiero, non prova affatto che i loro autori siano misogini. La severità dell’uomo nei confronti della donna è la contropartita del bisogno che egli ne ha. Così descrive il suo sogno: «trovare una donna è trovare la fortuna» (Prov 18,22; cfr. 5,15-18), significa avere «un aiuto simile a sé», un saldo sostegno, una siepe per la propria vigna, un nido contro l’appello alla vita errabonda (Eccli 36,24-27); significa trovare, oltre la forza mascolina che lo rende fiero, la grazia personificata (Prov 11,16); che dire se questa donna è valente (Prov 12,4; 31,10-31)? Basta evocare la descrizione della sposa nel Cantico (Cant 4,1-5; 7,2-10). Ma l’uomo che ha esperienza teme la fragilità essenziale della sua compagna. La bellezza non basta (Prov 11,22); anzi, è pericolosa quando in Dalila è congiunta all’astuzia (Giud 14,15ss; 16,4-21), quando seduce l’uomo semplice (Eccli 9,1-9; cfr. Gen 3,6). Le figlie causano molta preoccupazione ai loro genitori (Eccli 42,9ss); e l’uomo che si permette molte libertà al di fuori della donna della sua giovinezza (cfr. Prov 5,15-20), teme la versatilità della donna, la sua inclinazione all’adulterio (Eccli 25,13-26,18); deplora che essa si dimostri vanitosa (Is 3,16-24), «stolta» (Prov 9,13-18; 19,14; 11,22), rissosa, lunatica e malinconica (Prov 19,13; 21,9. 19; 27,15s). Non bisognerebbe limitare a questi quadretti di costume l’idea che i sapíenti avevano della donna. Di fatto questa è la una  figura della  sapienza divina (Prov 8,22-31); manifesta poi la forza di Dio che si serve degli strumenti deboli per procurare la sua gloria. Già Anna magnificava il Signore degli umili (1Sam 2); Giuditta, come una profetessa in atto, mostra che tutti possono contare sulla protezione di Dio; la sua bellezza, la sua prudenza, la sua abilità, il suo coraggio e la sua castità nella vedovanza ne fanno un tipo perfetto della donna secondo il disegno di Dio nel VT. Nuovo Testamento - Questo ritratto, per quanto bello, non conferisce ancora alla donna la sua dignità sovrana. La preghiera quotidiana dell’ebreo lo dice ancor oggi con ingenuità: «Benedetto sii tu, Dio nostro, per non avermi fatto né pagano, né donna, né ignorante!», mentre la donna si accontenta di dire: «Lodato sii tu, o Signore, che mi hai creata secondo la tua volontà». Di fatto, soltanto Cristo consacra la dignità della donna.

Il divorzio: Benedetto XVI (Discorso, 25/09/2009): La Chiesa non può restare indifferente di fronte alla separazione dei coniugi e al divorzio, di fronte alla rovina delle famiglie e alle conseguenze che il divorzio provoca sui figli. Questi, per essere istruiti ed educati, hanno bisogno di punti di riferimento estremamente precisi e concreti, vale a dire di genitori determinati e certi che, in modo diverso, concorrono alla loro educazione. Ora è questo principio che la pratica del divorzio sta minando e compromettendo con la cosiddetta famiglia allargata e mutevole, che moltiplica i “padri” e le “madri” e fa sì che oggi la maggior parte di coloro che si sentono “orfani” non siano figli senza genitori, ma figli che ne hanno troppi. Questa situazione, con le inevitabili interferenze e l’incrociarsi di rapporti, non può non generare conflitti e confusioni interne, contribuendo a creare e imprimere nei figli una tipologia alterata di famiglia, assimilabile in un certo senso alla stessa convivenza a causa della sua precarietà. È ferma convinzione della Chiesa che i problemi che oggi i coniugi incontrano e che debilitano la loro unione, hanno la loro vera soluzione in un ritorno alla solidità della famiglia cristiana, ambito di mutua fiducia, di dono reciproco, di rispetto della libertà e di educazione alla vita sociale.
È ferma convinzione della Chiesa che i problemi che oggi i coniugi incontrano e che debilitano la loro unione, hanno la loro vera soluzione in un ritorno alla solidità della famiglia cristiana, ambito di mutua fiducia, di dono reciproco, di rispetto della libertà e di educazione alla vita sociale. È importante ricordare che, “l’amore degli sposi esige, per sua stessa natura, l’unità e l’indissolubilità della loro comunità di persone che ingloba tutta la loro vita” (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1644). In effetti, Gesù ha detto chiaramente: “l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto” (Mc 10,9), e ha aggiunto: “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio” (Mc 10, 11-12). Con tutta la comprensione che la Chiesa può provare dinanzi a simili situazioni, non esistono coniugi di seconda unione, ma solo di prima unione; l’altra è una situazione irregolare e pericolosa, che è necessario risolvere, nella fedeltà a Cristo, trovando con l’aiuto di un sacerdote, un cammino possibile per salvare quanti in essa sono implicati.

Matrimonio e verginità - C. Wiéner (Dizionario di Teologia Biblica): «Non è bene che l’uomo sia solo», diceva Gen 2,18. Nel regno di Dio instaurato da Gesù appare un nuovo ideale. Per il regno, degli uomini si faranno «eunuchi volontari» (Mi 19,11 s). È il paradosso della  verginità cristiana. Fra il tempo del VT, in cui la  fecondità era un dovere primario al fine di perpetuare il popolo di Dio, e la pàrusia, in cui il matrimonio sarà abolito (Mt 22,30 par.), due forme di vita coesistono nella Chiesa: quella del matrimonio, che il mistero di Cristo e della Chiesa trasfigura, e quella del celibato consacrato, che Paolo reputa la migliore (1Cor 7,8.25-28). Non si tratta di disprezzare il matrimonio (cfr. 7,1), ma di vivere pienamente il mistero nuziale al quale ogni cristiano partecipa già con il battesimo (2Cor 11,2): con l’unirsi al Signore totalmente per non piacere che a lui solo (1Cor 7,32-35), si attesta che la figura del mondo presente, alla quale l’istituzione matrimoniale è correlativa, si avvia verso la fine (7,31). In questa prospettiva l’ideale sarebbe che «coloro che hanno moglie vivano come se non l’avessero» (7,29) e che le vedove non si risposino. Ma tutto questo dipende in fin dei conti dal Signore: si tratta di vocazioni diverse e complementari nell’ambito del corpo di Cristo: in questo, Come negli altri campi, «ciascuno riceve da Dio il proprio dono particolare, uno questo l’altro quello» (7,7; cfr. Mt 19,11).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Il matrimonio è sacramento in cui l’uomo e la donna, chiamati a diventare “una sola carne”, partecipano all’amore creatore di Dio stesso” (Papa Giovanni Paolo II)
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

La partecipazione a questi sacramenti
salvi il tuo popolo, Signore,
e lo confermi nella luce della tua verità.
Per Cristo nostro Signore.