29 Luglio 2019
Santa Marta - Memoria
1Gv 4,7-16; Sal 33 (34); Gv 11,19-27 oppure Lc 10,38-42
Marta è la sorella di Maria e di Lazzaro di Betania. Nella loro casa ospitale Gesù amava sostare durante la predicazione in Giudea. In occasione di una di queste visite conosciamo Marta. Il Vangelo ce la presenta come la donna di casa, sollecita e indaffarata per accogliere degnamente il gradito ospite, mentre la sorella Maria preferisce starsene quieta in ascolto delle parole del Maestro. L’avvilita e incompresa professione di massaia è riscattata da questa santa fattiva di nome Marta, che vuol dire semplicemente «signora». Marta ricompare nel Vangelo nel drammatico episodio della risurrezione di Lazzaro, dove implicitamente domanda il miracolo con una semplice e stupenda professione di fede nella onnipotenza del Salvatore, nella risurrezione dei morti e nella divinità di Cristo, e durante un banchetto al quale partecipa lo stesso Lazzaro, da poco risuscitato, e anche questa volta ci si presenta in veste di donna tuttofare. I primi a dedicare una celebrazione liturgica a S. Marta furono i francescani, nel 1262. (Avvenire)
Colletta: Dio onnipotente ed eterno, il tuo Figlio fu accolto come ospite a Betania nella casa di santa Marta, concedi anche a noi di esser pronti a servire Gesù nei fratelli, perché al termine della vita siamo accolti nella tua dimora. Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Il miracolo della risurrezione di Lazzaro è l’ultimo «segno» compiuto da Gesù prima della sua morte. In un contesto di dolore, di profonda commozione, di speranza e di incredulità, la risurrezione di colui che Gesù ama (Gv 11,3.16) è il segno e l’anticipazione della risurrezione stessa di Cristo.
Quando Gesù arriva a Betania, Lazzaro è morto da quattro giorni. Marta sembra rimproverare il Maestro, se tu fossi stato qui ..., ma nella richiesta c’è qualcosa che va al di là dell’umana speranza, l’insperabile: lei è certa che, nonostante la decomposizione organica del corpo, Gesù può operare un miracolo: Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà, anche quella di risuscitare ora Lazzaro.
Gesù comprende appieno la richiesta, ma rimanda la donna alla comune fede nella risurrezione dei morti. Marta, che forse sperava in un qualcosa di straordinario, si acquieta e accetta l’evidenza dei fatti: Lazzaro è morto, so che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno. Di rimando, Gesù, inaspettatamente, spazza via qualsiasi equivoco o dubbio: Io sono la risurrezione e la vita, così come Io sono il pane vivo disceso dal cielo (Gv 6,35s), la luce del mondo (Gv 8,12), la via, la verità e la vita (Gv 14,6). Gesù è venuto perché gli uomini abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza (Gv 10,10): Marta accoglie la rivelazione, crede e professa la sua fede: Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo.
«L’uomo cerca in tutti i modi la vita fisica [...]. Ma la sorgente della sua vita è Cristo. Solo Cristo è colui che gli darà vita dopo questa vita [...]. Ma Cristo è anche la fonte della vita eterna, di quella vita dello spirito senza la quale a nulla varrebbe avere la vita del corpo» (Giovanni Unterberger).
Dal Vangelo secondo Giovanni 11,19-27: In quel tempo, molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
Tuo fratello risorgerà - Bruno Maggioni (Il Vangelo di Giovanni)): All’affermazione di Gesù: Tuo fratello risorgerà (v. 23), Marta riafferma la sua fede nella risurrezione, una risurrezione opera di Dio, rimandata però a un lontano futuro. Nella risposta di Gesù vi è una duplice correzione, indispensabile perché la fede di Marta possa dirsi cristiana. Primo: la risurrezione passa attraverso Gesù (Io sono la risurrezione). Secondo: la risurrezione è una realtà presente, non soltanto futura. È una realtà possibile già ora nella fede. Marta è dunque invitata ad approfondire la propria fede nella risurrezione e a renderla cristiana. La risposta di Marta deve essere letta in questa direzione: essa crede che Gesù è il Figlio di Dio che viene nel mondo. Potrebbe sembrare una risposta fuori tema. In realtà va al nocciolo della questione: è perché il Figlio è venuto che la vita, il riscatto dalla morte e il germe della risurrezione sono qui, nel nostro mondo. La vita di Dio non è più al di fuori del nostro mondo perché il Figlio è venuto fra di noi. Sempre per capire la fede a cui Marta è invitata si noti il gioco morte-vita. Si tratta di credere che, al di là delle apparenze, della esperienza della morte, l’unica realtà che sembra vera (e nella parola morte comprendiamo anche le nostre debolezze, le nostre incapacità di amare e i nostri peccati) vi è la vittoria di Cristo, il suo amore che salva. Gesù non dice soltanto Io sono la vita, ma anche la risurrezione. Vi è in questo l’idea del passaggio, del mutamento radicale. È, se vogliamo, l’idea di conversione, ma posta in termini più radicali e precisi: di impotenza assoluta e di cambiamento totale. Soprattutto viene sottolineato il fatto che la vita non è annientata neppure dalla morte, ma anzi si serve addirittura di essa.
Io sono la risurrezione e la vita - Bibbia di Gerusalemme nota a Gv 11,25: Nei 23-26, Giovanni utilizza un procedimento letterario classico per lui (2,19+), per dare insegnamento sulla risurrezione. Marta comprende il verbo - risorgere - (v 23) nel senso dell’escatologia giudaica ereditata da Dn 12,2: alla morte l’uomo discende nello sceol 16,33+), come un’ombra priva di vita ma risusciterà nell’ultimo giorno. Gesù rettifica questa idea nel senso di un’escatologia già realizzata: lui stesso è la risurrezione (v. 25). Chi crede in lui non morirà in eterno (v 26; cf. 8,51), è già passato dalla morte alla vita (5,24; 1Gv 3,14), è già risuscitato in Cristo grazie alla vita nuova che è in lui (Rm 6,1-11; Col 2,12-13; 3,1). La morte come la concepiva Daniele è abolita. Questa visione nuova suppone una distinzione fra l’anima, che non muore, e il corpo, che si corrompe nella terra. [...] - vivrà: nei versetti 25-26 abbiamo una nuova utilizzazione della formula «Io sono» per introdurre una definizione di Cristo (6,35+). Ma qui la risposta di Cristo sembra troppo complessa (opporre per esempio 8,12), con una ripresa redazionale costituita dall’espressione «crede in me». Il testo primitivo doveva avere semplicemente: «chi crede in me […] non morirà in eterno» Questa affermazione (cf. la prima parte della nota) sembra contraddetta dall’esperienza umana, da cui la glossa.
Io sono la risurrezione e la vita - Evangelium vitae, 29: «Di fronte alle innumerevoli e gravi minacce alla vita presenti nel mondo contemporaneo, si potrebbe rimanere come sopraffatti dal senso di un’impotenza insuperabile: il bene non potrà mai avere la forza di vincere il male! È questo il momento nel quale il Popolo di Dio, e in esso ciascun credente, è chiamato a professare, con umiltà e coraggio, la propria fede in Gesù Cristo “il Verbo della vita” [1Gv 1,1]. Il Vangelo della vita non è una semplice riflessione, anche se originale e profonda, sulla vita umana; neppure è soltanto un comandamento destinato a sensibilizzare la coscienza e a provocare significativi cambiamenti nella società; tanto meno è un’illusoria promessa di un futuro migliore. Il Vangelo della vita è una realtà concreta e personale, perché consiste nell’annuncio della persona stessa di Gesù. All’apostolo Tommaso, e in lui a ogni uomo, Gesù si presenta con queste parole: “Io sono la via, la verità e la vita” [Gv 14,6]. È la stessa identità indicata a Marta, la sorella di Lazzaro: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno” [Gv 11,25-26]. Gesù è il Figlio che dall’eternità riceve la vita dal Padre [cfr. Gv 5,26] ed è venuto tra gli uomini per farli partecipi di questo dono: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” [Gv 10,10]. È allora dalla parola, dall’azione, dalla persona stessa di Gesù che all’uomo è data la possibilità di “conoscere” la verità intera circa il valore della vita umana; è da quella “fonte” che gli viene, in particolare, la capacità di “fare” perfettamente tale verità [cfr. Gv 3,21], ossia di assumere e realizzare in pienezza la responsabilità di amare e servire, di difendere e promuovere la vita umana. In Cristo, infatti, è annunciato definitivamente ed è pienamente donato quel Vangelo della vita che, offerto già nella Rivelazione dell’Antico Testamento, ed anzi scritto in qualche modo nel cuore stesso di ogni uomo e donna, risuona in ogni coscienza “dal principio”, ossia dalla creazione stessa, così che, nonostante i condizionamenti negativi del peccato, può essere conosciuto nei suoi tratti essenziali anche dalla ragione umana. Come scrive il Concilio Vaticano II, Cristo “con tutta la sua presenza e con la manifestazione di sé, con le parole e con le opere, con i segni e con i miracoli, e specialmente con la sua morte e la gloriosa risurrezione di tra i morti, e infine con l’invio dello Spirito di verità, compie e completa la rivelazione e la corrobora con la testimonianza divina, che cioè Dio è con noi per liberarci dalle tenebre del peccato e della morte e risuscitarci per la vita eterna”».
Il vangelo della risurrezione nella predicazione apostolica - J. Radermakers e P. Grelot (Dizionario di Teologia Biblica): Fin dal giorno della Pentecoste, la risurrezione diventa il centro della predicazione apostolica, perché in essa si rivela l’oggetto fondamentale della fede cristiana (Atti 2,22-35). Questo vangelo di Pasqua è innanzitutto la testimonianza resa ad un fatto: Gesù è stato crocifisso ed è morto; ma Dio lo ha risuscitato e per mezzo suo apporta agli uomini la salvezza. Questa è la catechesi dì Pietro ai Giudei (3,14s) e la sua confessione dinanzi al sinedrio (4,10), l’insegnamento di Filippo all’eunuco etiope (8,35), quello di Paolo ai Giudei (13,33; 17,3) ed ai pagani (17,31) e la sua confessione dinanzi ai suoi giudici (23,6...). Non è altro che il contenuto stesso dell’esperienza pasquale. Un punto importante è sempre notato a proposito di questa esperienza: la sua conformità con le Scritture (cfr. 1Cor 15,3s). Da una parte, la risurrezione di Gesù compie le promesse profetiche: promessa dell’esaltazione gloriosa del Messia alla destra di Dio (Atti 2,34; 13,32s), della glorificazione del servo di Jahve (Atti 4,30; Fil 2,7ss), della intronizzazione del figlio dell’uomo (Atti 7,56; cfr. Mt 26,64 par.). Dall’altra parte, per tradurre questo mistero che è fuori dell’esperienza storica comune, i testi della Scrittura forniscono un insieme di espressioni che ne abbozzano i diversi aspetti: Gesù è il santo che Dio strappa alla corruzione dell’Ade (Atti 2,25-32; 13,35ss; cfr. Sal 16,8-11); è il nuovo Adamo sotto i cui piedi Dio ha posto ogni cosa (1Cor 15,27; Ebr 1,5-13; cfr. Sal 8); è la pietra rigettata dai costruttori e diventata pietra angolare (Atti 4,11; cfr. Sal 118,22)... Cristo glorificato appare in tal modo come la chiave di tutta la Scrittura, che lo concerneva in anticipo (cfr. Lc 24,27.44 ss).
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?» (Vangelo).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
La comunione al corpo e sangue del tuo unico Figlio ci liberi,
o Padre, dagli affanni delle cose che passano, perché
sull’esempio di santa Marta collaboriamo con entusiasmo
all’opera del tuo amore, per godere in cielo la visione del tuo volto.
Per Cristo nostro Signore.
o Padre, dagli affanni delle cose che passano, perché
sull’esempio di santa Marta collaboriamo con entusiasmo
all’opera del tuo amore, per godere in cielo la visione del tuo volto.
Per Cristo nostro Signore.