27 Luglio 2019
Sabato XVI Settima T. O.
Es 24,3-8; Sal 49 (50); Mt 13,24-30
Colletta: Sii propizio a noi tuoi fedeli, Signore, e donaci i tesori della tua grazia, perché, ardenti di speranza, fede e carità, restiamo sempre fedeli ai tuoi comandamenti. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Possiamo mettere in campo tre riflessioni: il nemico che semina la zizzania, l’impazienza dell’uomo, e la pazienza di Dio. La zizzania è stata seminata dal nemico, “Un nemico ha fatto questo”. Certamente il volto del nemico è il volto di satana, ma non possiamo vedere sempre il diavolo dietro a una seminagione di zizzania. Nella Chiesa vi sono cardinali, vescovi, sacerdoti, monache, laici …, spesso “strumenti ciechi di occhiuta rapina” (Giuseppe Giusti, Sant’Ambrogio), spesso nella piena capacità di intendere e di volere: “Che cosa può dirci la terza caduta di Gesù sotto il peso della croce? Forse ci fa pensare alla caduta dell’uomo in generale, all’allontanamento di molti da Cristo, alla deriva verso un secolarismo senza Dio. Ma non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa? A quante volte si abusa del santo sacramento della sua presenza, in quale vuoto e cattiveria del cuore spesso egli entra! Quante volte celebriamo soltanto noi stessi senza neanche renderci conto di lui! Quante volte la sua Parola viene distorta e abusata! Quanta poca fede c’è in tante teorie, quante parole vuote! Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza!” (Via Crucis al Colosseo, 2005, IX Stazione).
L’impazienza dell’uomo è costata sempre cara alla Chiesa. Ma anche l’eccessiva pazienza. Il nemico spesso sa approfittare dell’“eterna” pazienza della Chiesa, quella pazienza che spesso è ipocrita e messa in atto per non perdere privilegi, posizioni di onore, immunità, o vantaggi o concessioni, spesso illecite. Casomai la pazienza va messa in campo dopo una sano discernimento, secondo i dettami evangelici. L’impazienza è il bubbone dell’orgoglio, del sentirsi migliore degli altri, del credersi al di sopra di tutti, è l’ipocrita purezza satanica che apre il cuore dell’uomo al razzismo, alla discriminazione, alla intolleranza, al fanatismo, al pregiudizio.
La pazienza di Dio non è tolleranza delle distorsioni morali e spirituali dell’uomo, ma è sapienza divina che conduce al termine il progetto di salvezza attendendo, spesso invano, la collaborazione dell’uomo. Dio “non gode della morte del malvagio, ma che il malvagio si converta dalla sua malvagità e viva” (Ez 33,11), e se ritarda nell’approntare il giudizio universale è perché è magnanimo e non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi (1Pt 3,9), e di salvarsi.
La pazienza di Dio nasce dal suo amore verso tutte le creature, ed è preludio di salvezza.
Dal Vangelo secondo Matteo 13,24-30: In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponételo nel mio granaio”».
La parabola della zizzania è propria di Matteo e forma una coppia con quella del seminatore, con la quale è affine per il contenuto. La spiegazione della parabola è data dallo stesso evangelista: l’uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo è il Cristo, il campo è il mondo e il buon seme i figli del regno, la mietitura è il tempo del giudizio (Cf. Ger 51,33; Gl 4,13; Os 6,11). Il nemico è il diavolo, il quale, a differenza dei servi che dormono, è l’irrequieto, l’insonne, colui che «come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare» (1Pt 5,8). Il Figlio dell’uomo semina di giorno, il nemico di notte. Da qui si deduce che lì dove semina Dio, semina anche Satana: bisogna arrendersi «alla Parola di Dio e alle prove che la storia e la cronaca offrono ad ogni istante attraverso le edicole dei giornali, le vetrine delle librerie, il piccolo e il grande schermo. I “fiori del male” sono visibili in tutte queste aiuole; se ci sono gli effetti, ci sarà una causa, ci sarà un seminatore di zizzania e un coltivatore di malerba» (Rosario F. Esposito). Conoscere ciò è un ottimo antidoto a un falso ottimismo.
La parabola dà diversi spunti di riflessione. È un invito alla vigilanza, una buona virtù che può limitare efficacemente l’azione nefanda del «nemico» nel mondo e nella Chiesa. Ma è anche vero che i «figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce» (Lc 16,8), da qui il monito evangelico sempre attuale: noi «non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri» (1Ts 5,5-6). Il regno di Dio, finché dura questo mondo, è composto da grano e zizzania. In questa luce, nell’insegnamento evangelico della parabola del grano e della zizzania è nascosta «una lezione di pazienza perché non sta a noi decidere chi è il buono e chi è il cattivo, anche perché la parabola ci sottolinea l’aspetto escatologico della crescita, quando si realizzerà il vero discernimento; ma vi è anche la consapevolezza del valore del “seme”, da parte del padrone, perché sa bene che alla “fine” la zizzania sarà estirpata e bruciata» (G. Carata). A conclusione, il discepolo deve imparare ad avere e ad usare pazienza, e a lasciare a Dio la regolazione dei conti. È un invito ad avere fiducia nell’azione di Dio, una forza intensiva ed estensiva che arriva a trasformare e a sconvolgere l’intera vita dell’uomo.
Rosalba Manes (I Vangeli): Una “duplice” semina (vv. 24-26) - Il seminatore ha accuratamente selezionato il seme per seminare il suo campo, certo di ottenere il migliore dei raccolti. In modo inaspettato però entra in scena un altro personaggio, identificato con «il nemico» (o echthrós, v. 25), che agisce di nascosto, quando tutti gli altri dormono, per seminare nello stesso campo la zizzania, con l’intento deliberato di arrecare un danno al proprietario del campo. La zizzania è una sorta di gramigna che cresce alta quanto il grano. Somiglia al grano, ma i suoi chicchi sono neri, come se si trattasse di grano andato a male (inoltre il greco zizània viene dall’ebraico zun-zunim, dove zunim viene dalla radice znh che vuol dire «prostituirsi»). Nel racconto parabolico Gesù menziona la fase della duplice germinazione: quella del grano e quella della zizzania.
La reazione dei servi e la soluzione del problema (vv. 27-30) - Questa germinazione, che accade contemporaneamente, provoca la sorpresa dei servitori che chiedono spiegazioni al padrone, il quale immediatamente intravede lo zampino del suo nemico. I servi allora avanzano una proposta che a loro sembra ragionevole ma che incontra il netto rifiuto del padrone: raccogliere subito la zizzania. Il padrone invita i servi ad attendere, a pazientare fino alla mietitura, quando i mietitori daranno al grano e alla zizzania un domicilio diverso. L’uno sarà depositato nel granaio e l’altra bruciata. Gesù “dilata” il tempo, concede lo spazio della maturazione di ogni cuore dinanzi alla parola. È una dilazione del giudizio, un tempo “supplementare” per offrire ancora la chance di subire il fascino della sua misericordia che soffia su ogni campo.
No, rispose … - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): La situazione descritta dai versetti 28-29 è spiegata dagli esegeti come un fatto dovuto ad un uso agricolo. Il grano e la zizzania erano già troppo avanti per pensare di strappare l’erba nociva senza correre il pericolo di sradicare anche il grano; infatti è difficile mondare il grano dalla zizzania quando le radici dell’uno sono intrecciate con quelle dell’altra. A nostro parere, questa spiegazione, quantunque sia giusta e consideri un fatto oggettivo, non è sufficiente. Il padrone del campo proibisce ai suoi contadini di procedere alla mondatura del grano, per timore che essi, sradicando la zizzania, non strappino anche il grano; ma questo pericolo non era conosciuto anche dagli stessi contadini, i quali avevano chiesto al proprietario di raccogliere la zizzania? Probabilmente è meglio pensare che il padrone abbia impartito l’ordine di non procedere alla mondatura per dare uno sviluppo ulteriore all’immagine. Anche in quelle circostanze si poteva ricorrere ad un rimedio; infatti il padrone poteva sacrificare anche un po’ di grano per salvare l’intero raccolto. L’ordine quindi dato dal proprietario terriero è suggerito da una preoccupazione morale dell’autore della parabola, più che da una misura prudenziale o da un uso agricolo. È il Signore che vuole (cioè: permette) questa mescolanza dei buoni con i malvagi sulla terra per dei fini altissimi e misteriosi. In cielo invece vi saranno soltanto i buoni, perché Egli, al termine della vita di ciascuno, penserà a separare definitivamente i buoni (il grano) dai malvagi.
Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla - Il giudizio nei Vangeli - J. Corbon e P. Grelot (Dizionario di Teologia Biblica): Nei sinottici, la predicazione di Gesù si riferisce frequentemente al giudizio dell’ultimo giorno. Allora tutti gli uomini dovranno rendere conti (cfr. Mt 25, 14-30). Una condanna rigorosa attende gli scribi ipocriti (Mc 12,40 par.), le città del lago che non hanno ascoltato la predicazione di Gesù (Mt 11,20-24), la generazione incredula che non si è convertita alla sua voce (12,39-42), le città che non accoglieranno i suoi inviati (10,14s). Il giudizio di Sodoma e Gomorra non sarà nulla in confronto al loro (10,23s); essi subiranno il giudizio della Geenna (23,33). Questi insegnamenti pieni di minacce mettono in rilievo la motivazione principale del giudizio divino: l’atteggiamento assunto dagli uomini di fronte al vangelo. L’atteggiamento verso il prossimo conterà altrettanto: secondo la legge mosaica, ogni omicida era passibile di tribunale umano; secondo la legge evangelica, occorrerà molto meno per essere passibili della Geenna (Mt 5,21s)! Bisognerà rendere conto di ogni calunnia (12,36). Si sarà giudicati con la stessa misura che si sarà applicata al prossimo (7,1-5). Ed il quadro di queste assise solenni, in cui il figlio dell’uomo funzionerà da giustiziere (25,31-46), mostra gli uomini accolti nel regno o consegnati alla pena eterna, secondo l’amore o l’indifferenza che avranno dimostrato verso il prossimo. C’è tuttavia un delitto che, più di qualunque altro, chiama il giudizio divino. È quello con cui l’incredulità umana ha raggiunto il colmo della malizia in un simulacro di giudizio legale: il processo e la condanna a morte di Gesù (Mc 14 63 par.; cfr. Lc 24,20; Atti 13,28). Durante questo giudizio iniquo, Gesù si è rimesso a colui che giudica con giustizia (1Piet 2,23); quindi Dio, risuscitandolo, lo ha ristabilito nei suoi diritti. Ma l’esecuzione di questa sentenza ingiusta ha richiesto, in cambio, una sentenza di Dio contro l’umanità colpevole. È sintomatico il fatto che la cornice, in cui il vangelo di Matteo colloca la morte di Gesù, coincide con lo scenario tradizionale del giudizio nell’escatologia del VT (Mt 27,45.51ss). La morte di Gesù è quindi il momento in cui il mondo è giudicato; la storia successiva, fino all’ultimo giorno, non farà che esplicitare questa sentenza. Essa, secondo la testimonianza di Gesù stesso, colpirà dapprima «coloro che sono in Giudea», i primi colpevoli (24,15ss par.); ma questo non sarà che un preludio ed un segno, che annunzierà l’avvento finale del figlio dell’uomo, giudice del grande giorno (24,29 ss). Il condannato della passione, vittima del peccato del mondo, pronunzierà allora contro il mondo peccatore una condanna clamorosa.
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponételo nel mio granaio” (Vangelo).
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Assisti, Signore, il tuo popolo,
che hai colmato della grazia di questi santi misteri,
e fa’ che passiamo dalla decadenza del peccato
alla pienezza della vita nuova.
Per Cristo nostro Signore.
che hai colmato della grazia di questi santi misteri,
e fa’ che passiamo dalla decadenza del peccato
alla pienezza della vita nuova.
Per Cristo nostro Signore.