10 Luglio 2019
Mercoledì XIV Settimana del T. O.
Gen 41,55-57; 42,5-7a.17-24a; Sal 32 (33); Mt 10,1-7
Colletta: O Dio, che nell’umiliazione del tuo Figlio hai risollevato l’umanità dalla sua caduta, donaci una rinnovata gioia pasquale, perché, liberi dall’oppressione della colpa, partecipiamo alla felicità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Il potere che Gesù dona ai Dodici è lo stesso potere che lui esercita a beneficio di tanti sventurati afflitti da svariate malattie e vessati dagli spiriti impuri (Cf. Mt 9,27-34). Il giudaismo chiamava gli spiriti impuri perché «estranei e anzi ostili alla purità religiosa e morale che esige il servizio di Dio» (Bibbia di Gerusalemme).
I dodici apostoli vengono nominati, per coppie, partendo dai primi che sono fratelli. I «nuovi capi del popolo eletto devono essere dodici, come le tribù d’Israele. Questa cifra verrà ristabilita dopo la defezione di Giuda [At 1,26], per essere eternamente conservata in cielo [Mt 19,28p; Ap 21,12-14]» (Bibbia di Gerusalemme).
L’ordine di non andare tra i pagani e di non entrare nelle città dei Samaritani, pur limitando il campo d’azione dei dodici discepoli, non esclude di fatto l’universalità del ministero degli Apostoli. Risponde piuttosto ad un principio della salvezza: Israele, nel piano di Dio, doveva essere evangelizzato per primo, da qui la sua particolare responsabilità nell’accettare o rifiutare la Buona Novella (Cf. Gv 4,22; Atti 13,46). Il cuore della evangelizzazione è la proclamazione della sovranità di Dio sul mondo attraverso la presenza e l’opera di Gesù.
Vangelo - Dal Vangelo secondo Matteo 10,1-7: In quel tempo, chiamati a sé i suoi dodici discepoli, Gesù diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità. I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì. Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino».
In quel tempo, chiamati a sé i suoi dodici discepoli - Franco De Carlo (Vangelo secondo Matteo): I dodici discepoli: chiamata e istruzioni (Mt 10,1-42) - L’esigenza di operai per il lavoro di mietitura, che scaturisce nella precedente pericope, sfocia, subito dopo, nella chiamata dei Dodici discepoli: siamo di fronte non più a personaggi anonimi, come nelle precedenti scene di guarigione, ma all’elenco preciso di persone, il cui nome - con, in alcuni casi, ulteriori specificazioni - viene posto in evidenza nel testo. La pericope si apre con il verbo proskaleó («chiamare presso [di sé]», v. 1a), che appare, per la prima volta, nel vangelo, così come anche l’espressione hoi dódeka mathétai («i dodici discepoli»). Il narratore riferisce che Gesù diede a questi Dodici l’autorità: edoken autois exousian («diede loro autorità»). L’associazione didōmi (dare) - exousia (autorità) è già apparsa precedentemente nel racconto, in occasione della reazione delle folle di fronte alla guarigione del paralitico (Mt 9,8); ricomparirà poi nel seguito della narrazione, nella domanda che i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo rivolgono a Gesù, mentre insegnava nel tempio (Mt 21,23) e, infine, nella chiusura dell’intero vangelo (Mt 28,18). L’autorità che il maestro conferisce ai suoi discepoli concerne il potere di espellere gli spiriti impuri e quello di guarire ogni malattia: questa nota dell’evangelista (v. 1) precede l’elenco dei Dodici discepoli (Mt 10,2), i quali, senza alcuna spiegazione e senza indugio, vengono definiti - e soltanto qui in tutto il vangelo - « i dodici apostoli (hoi dódeka apostoloi)».1 loro nomi sono i seguenti: Simone, Andrea, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Tommaso, Matteo, Giacomo d’Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo, Giuda. All’interno di questo elenco si hanno formulazioni speciali: prōtos Simōn ho legomenos Petros («primo Simone il detto Pietro»); Matthaios ho telōnēs («Matteo il pubblicano»); Ioudas ho Iskariōtēs ho kai paradous auton («Giuda l’Iscariota, colui che anche consegnò lui»).
Apostoli - Enciclopedia del Cristianesimo: I dodici discepoli chiamati da Gesù a seguirlo. Apostolo (dal greco apostéllo: mando, incarico) non è un qualsiasi predicatore, ma il delegato ufficiale, l’ambasciatore. Nel Nuovo Testamento può assumere due accezioni. In senso largo, apostoli sono tutti coloro che sono ufficialmente inviati ad annunciare il Vangelo ed esercitano nella comunità una funzione di autorità. In senso stretto, sono i “dodici” che hanno seguito Gesù, dal battesimo di Giovanni fino all’ascensione (At 1,22). I Vangeli riportano quattro elenchi dei loro nomi e in tutti Pietro è al primo posto. Il numero 12 è simbolico e si riferisce alle dodici tribù di Israele (Mt 19,28; Le 22,30): i dodici sono il fondamento e il perno del nuovo popolo di Dio. Dopo la partenza di Gesù testimoniano la risurrezione del Signore, custodiscono le sue parole e i suoi gesti, presiedono alla predicazione e alla preghiera, impongono le mani per conferire gli incarichi (At 6,2). Secondo la tradizione cattolica la funzione apostolica (garantire la fedeltà alla tradizione degli apostoli, guidare la comunità, consacrare gli altri ministri) continua nel collegio dei vescovi in comunione con il papa.
… primo, Simone, chiamato Pietro - Corrado Ginami: Il primo degli apostoli di Gesù, che si chiamava Simone figlio di Giona (Mt 16,17), o di Giovanni (Gv 1,42). Gesù mutò il suo nome in Cefa (dall’aramaico Kefa’: roccia), reso in italiano con Pietro, alludendo al compito affidatogli. Originario di Betsaida (Gv 1,44) e pescatore come il fratello Andrea (Me 1,16), fu tra i primi quattro discepoli che Gesù chiama al suo seguito (Mc 1,16-20) e la sua casa di Cafarnao divenne il punto di riferimento dell’attività del Cristo in Galilea (Me 1,29-31; 2,1 ecc.). È fuori discussione il fatto che il Nuovo Testamento attribuisce a Pietro un ruolo preminente tra i Dodici. È il primo a essere nominato nelle liste dei dodici apostoli (Mc 3,16), confessa Gesù come il Cristo (Mc 8,29), con Giacomo e Giovanni è testimone di particolari avvenimenti della vita del maestro (Mc 5,37; 9,2; 14,33), è la roccia su cui Gesù fonda la sua Chiesa e a lui conferisce il potere delle chiavi (Mt 16,16-19), è colui che dovrà confermare i suoi fratelli nella fede (Lc 22,32), che riceve la missione di pascere il gregge di Cristo (Gv 21,15-19). Prende l’iniziativa per coprire il posto lasciato vuoto da Giuda (At 1,15 ss.) e pronuncia i primi e principali discorsi nei quali proclama la risurrezione del Signore (At 2,14-36; 3,12-26). Mostra il proprio coraggio di fronte alle persecuzioni (At 4,1-22; 5,17-42) e accoglie i primi convertiti pagani (At 10), dichiarando che anche a loro Dio ha fatto dono dello Spirito Santo (At 15,8). È tuttavia sempre Pietro che appare come tentatore satanico di Cristo (Me 8,32-33), che non sa vegliare nemmeno un’ora durante l’agonia del Maestro (Me 14,37) e lo rinnega piangendo amaramente al canto del gallo (Me 14, 66-72). Anche gli scritti di Paolo riconoscono la posizione autorevole di Pietro: lo mostrano come primo testimone della risurrezione (1Cor 15,5), punto di riferimento e personaggio di primo piano nella Chiesa madre di Gerusalemme (Gal 1,18; 2,9), apostolo degli ebrei, dei “circoncisi” (Gal 2,7-8). Dopo il duro confronto con Paolo ad Antiochia sul rapporto tra ebrei e pagani rispetto al nascente cristianesimo (Gal 2,11-14), databile attorno agli anni 48/49, non sappiamo nulla di certo sugli spostamenti di Pietro. Probabilmente diversi anni dopo arrivò a Roma, dove (forse nel 64 o nel 67) morì martire (crocifisso a testa in giù secondo l’apocrifo Atti di Pietro). Gli scavi compiuti in questi ultimi decenni sotto la basilica vaticana hanno reso più solida la testimonianza del martirio romano di Pietro. La tradizione ha anche attribuito a Pietro due Lettere apostoliche del Nuovo Testamento, ulteriore segno dell’autorevolezza e del prestigio che circondavano l’apostolo. Si rimane certo colpiti di fronte al vasto materiale neotestamentario che evidenzia la centralità della persona e del ruolo di Pietro. La cosa è ancor più ragguardevole, se si pensa che le testimonianze sopra riportate appartengono a tradizioni diverse eppure convergenti. Non può quindi sussistere dubbio alcuno sul fatto che proprio Gesù di Nazaret abbia voluto il servizio di Pietro come garanzia di unità e di verità per la vita della Chiesa, di ieri e di oggi. Pietro continua a vivere nella fede della Chiesa e a servire questa fede: è questo il significato del ministero petrino voluto da Cristo.
Il messaggio essenziale dell’evangelizzazione - Basilio Caballero (La Parola per Ogni Giorno): La seconda raccomandazione di Gesù ai Dodici si riferisce al contenuto del loro annuncio: «Predicate che il regno dei cieli è vicino». Così egli aveva iniziato la sua predicazione. Il messaggio essenziale che deve trasmettere oggi la Chiesa è la buona novella che Dio ama l’uomo, lo invita alla fede, alla sua amicizia, alla sua adozione filiale e alla fratellanza umana attraverso la sequela di Cristo che è l’uomo nuovo. Gesù non fu un rivoluzionario, né un ideologo, né un antropologo, né un tecnocrate esperto in programmazione e finanze. Tuttavia la speranza teologale e umana che il suo annuncio del regno risvegliò nei cuori umili e aperti a Dio non fu neanche celestiale e avulsa dalla dura realtà quotidiana, che egli accettò e trasformò con la sua incarnazione. Riflettendo, per esempio, sul discorso della montagna, il cui prologo sono le beatitudini, ci rendiamo conto della sua carica esplosiva e rivoluzionaria, ma in profondità e verso l’interno della persona. È il cuore che bisogna convertire ai nuovi criteri e valori della giustizia del regno. Convertito l’uomo, possono trasformarsi le strutture sociali; perché rimodellando l’uomo si ricostruisce la carta geografica del mondo. La missione di salvezza e l’opera evangelizzatrice di Gesù sono rimaste nelle nostre mani per sua delega, anche se con l’assistenza dello stesso Gesù per mezzo del suo Spirito. «Evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare il sacrificio del Cristo nella santa messa che è il memoriale della sua morte e della sua gloriosa risurrezione» (EN 14). Tutti noi membri della Chiesa, tanto quelli che la presiedono che i fedeli, abbiamo bisogno di una vasta catechesi sulla nostra missione evangelizzatrice, sul servizio evangelico e sulla stessa Chiesa come comunità di uomini e donne che, malgrado la fragilità umana, umana, seguono, annunciano e testimoniano Cristo.
La constatazione che la Chiesa cattolica «deve operare instancabilmente “affinché la parola di Dio si diffonda e sia glorificata” [2Ts 3,1]» (DH 14), deve suscitare in noi due convinzioni.
A, evangelizzare è sempre un atto profondamente ecclesiale: «La prima convinzione è che evangelizzare non è mai per nessuno un atto individuale e isolato, ma profondamente ecclesiale. Allorché il più sconosciuto predicatore, catechista o pastore, nel luogo più remoto, predica il Vangelo, raduna la sua piccola comunità o amministra un Sacramento, anche se si trova solo compie un atto di Chiesa, e il suo gesto è certamente collegato mediante rapporti istituzionali, ma anche mediante vincoli invisibili e radici profonde dell’ordine della grazia, all’attività evangelizzatrice di tutta la Chiesa. Ciò presuppone che egli agisca non per una missione arrogatasi, né in forza di un’ispirazione personale, ma in unione con la missione della Chiesa e in nome di essa» (Paolo VI, Esortazione apostolica “Evangelii nuntiandi”, n. 60).
B, l’evangelizzatore deve operare in comunione con la Chiesa: «Come conseguenza, la seconda convinzione: se ciascuno evangelizza in nome della Chiesa, la quale a sua volta lo fa in virtù di un mandato del Signore, nessun evangelizzatore è padrone assoluto della propria azione evangelizzatrice, con potere discrezionale di svolgerla secondo criteri e prospettive individualistiche, ma deve farlo in comunione con la Chiesa e con i suoi Pastori. La Chiesa, l’abbiamo già rilevato, è tutta intera evangelizzatrice. Ciò significa che, per il mondo nel suo insieme e per ogni singola parte del mondo ove si trovi, la Chiesa si sente responsabile del compito di diffondere il Vangelo» (ibidem).
I secoli passati hanno visto da un lato, la diffusione universale del cattolicesimo che ha raggiunto tutti i cinque continenti dall’altro, una diffusione della secolarizzazione che ha portato alla laicizzazione della società e quindi a un forte allontanamento dalla Chiesa. Si è ridotto il numero degli operai, ed è vero, ma è pur vero che quando l’inedia assale il cuore, allora la fede langue e il mondo rimane sempre più indifferente al fatto religioso. Bisogna ripartire dalla gioia dell’incontro con il Risorto e allora i passi ritorneranno a lambire ancora una volta le terre più lontane.
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino” (Vangelo).
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Dio onnipotente ed eterno,
che ci hai nutriti con i doni della tua carità senza limiti,
fa’ che godiamo i benefici della salvezza
e viviamo sempre in rendimento di grazie.
Per Cristo nostro Signore.
che ci hai nutriti con i doni della tua carità senza limiti,
fa’ che godiamo i benefici della salvezza
e viviamo sempre in rendimento di grazie.
Per Cristo nostro Signore.