31 Maggio 2019

Venerdì della VI Settimana di Pasqua

Visitazione della Beata Vergine Maria

Oggi Gesù ci dice: “Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza.” (Salmo Responsoriale).

Vangelo - Dal Vangelo secondo Luca 1,39-56: Maria non è una donna incredula al pari di Zaccaria. Va a trovare Elisabetta non per sincerarsi delle parole e della profezia dell’angelo, ma perché sospinta dalla carità e dal fuoco ardente dello zelo missionario: per mezzo di Maria, la Buona Novella, Gesù, mette le ali e già attraversa le vie della storia. Maria, pur consapevole della sua bassezza, sospinta dallo Spirito Santo, non può non esclamare la grandezza misericordiosa di Dio che guardando la sua umiltà ancora una volta persegue e conferma il suo eterno agire: scegliere le cose umili per confondere i sapienti (1Cor 1,27-28).

Si mise in viaggio - Maria si mette in viaggio verso la montagna e raggiunge una città di Giuda, oggi preferibilmente identificata con Ain-Karim, 6 Km a ovest di Gerusalemme. La fretta con la quale Maria si avvia a trovare Elisabetta, l’anziana sposa di Zaccaria miracolosamente rimasta incinta (Lc 1,5-25), mette in evidenza la sua pronta disponibilità al progetto di Dio. Entrata in casa, il saluto della Vergine raggiunge per vie misteriose il bambino che sussulta nel grembo della madre la quale, «piena di Spirito Santo», saluta con parole profetiche la Madre del Signore.
Con un’espressione semitica che equivale a un superlativo, Elisabetta proclama Maria «benedetta fra le donne»; la Vergine è benedetta «per la presenza di un frutto benedetto [eulogémenos] nel suo seno: benedetta dunque perché madre del Benedetto, perché madre del suo Signore [vv. 42-43;]; la proclama, ancora, beata [makaria] per la fede con la quale ha reagito alla proposta divina: beata dunque perché fedele, perché uditrice della parola del Signore [v. 45]» (Carlo Ghidelli).
Il saluto dell’angelo, - «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te» (Lc 1,28) - e il saluto dell’anziana donna, - «Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno» - (Lc 1,42), fusi insieme, saranno ripetuti nei secoli da milioni di credenti: l’Ave Maria è «una delle preghiere più belle e profonde, nella quale Elisabetta, e quindi l’Antico Testamento, si collega con Maria, cioè col Nuovo Testamento» (Richard Gutzwiller).
Il racconto della visitazione ricorda, con evidenti allusioni e coincidenze, il racconto biblico del trasferimento dell’arca dell’alleanza a Gerusalemme operato dal re Davide (2Sam 6,1ss).
L’arca sale verso Gerusalemme, Maria sale verso la montagna. L’arca entra nella casa di Obed- Edom e Maria entra nella casa di Zaccaria. La gioia del nascituro e il suo trasalimento nel grembo dell’anziana madre ricordano la gioia di Davide e la sua danza festosa dinanzi all’arca. L’espressa indegnità di Elisabetta dinanzi alla Madre del Signore ricorda ancora l’indegnità del re David di fronte all’arca del Signore. Questi accostamenti, molto precisi nei particolari, ben difficilmente possono essere accidentali.
L’identificazione dei due racconti va allora verso una chiara proclamazione: Maria, la Madre del Signore, è la nuova arca del Signore, e suo figlio, Gesù, è il Signore abitante in quel tempio vivo.
L’anziana sposa di Zaccaria nel proclamare senza indugi Maria «la Madre del Signore» non fa che raccogliere e ripetere le parole del nunzio celeste.
Nella tradizione biblica il Signore è Iahvé, ma anche il grande sovrano (1Cr 29,11; 2Mac 5,20; Sal 48,3), il re (Sir 51,1; Sal 99,4). L’angelo aveva annunciato a Maria che il promesso figlio sarebbe stato chiamato «Figlio dell’Altissimo» (Lc 1,31) e avrebbe regnato per sempre «sul trono di Davide suo padre» (Lc 1,32-33): nel suo annuncio profetico, Elisabetta non fa che ricordare e confermare le parole del messaggero celeste.
Alla fine, sulle labbra di Elisabetta si coglie un’ultima parola di lode che viene rivolta con gioia alla Vergine di Nazaret: «Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Maria è beata perché «madre del Signore», ed è beata perché perfetta discepola: Ella ha accolto nel suo cuore, prima che nel suo grembo, la Parola viva feconda di vita e di salvezza.
Anche il cantico della Vergine ha un riscontro nell’Antico Testamento (cfr. 1Sam l-10). Ma sulle labbra di Maria il Magnificat ha risonanze e significati molto più profondi. La Vergine non risponde ad Elisabetta, ma si rivolge a Dio lodandolo per la sua misericordiosa accondiscendenza. Egli «mi ha guardato - dice Maria - perché sono umile e perché ricerco la virtù della mitezza e del nascondimento... così come lo stesso Salvatore, che ha detto: Imparate da Me che sono mite e umile di cuore e troverete pace per le vostre anime» (Origene).

Allora Maria disse... - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): E Maria disse; in alcuni codici latini vi è una lecito varians, poiché leggono «Elisabetta» invece di «Maria»; la variante non ha solidi fondamenti nella trasmissione del testo, quindi il cantico del Magnificat va attribuito a Maria che è il soggetto del verbo. Per questa attribuzione non rappresenta una difficoltà il fatto che, dopo questo inno di lode, appare il nome di Maria come soggetto della nuova frase (cf. vers. 56: «Maria rimase con Elisabetta...»), mentre bastava servirsi semplicemente di un pronome, perché simili usi si hanno anche nei libri vetotestamentari (cf. Numeri, 24, 25; Deuteronomio, 32, 44; 34, 1; 2 Samuele, 2, 1; Tobia, 14, 1). Il Magnificat è un Cantico che appare isolato nel contesto in cui è posto; esso infatti sembra costituire un corpo indipendente, poiché non contiene allusioni alle circostanze che lo hanno occasionato, né ai fatti che lo hanno preceduto. In verità nel Cantico non si rievocano l’entusiastico saluto di Elisabetta, né i particolari delle due annunciazioni relative al concepimento del Precursore ed a quello del Messia, né la persona, né la missione che quest’ultimo doveva svolgere. L’inno posto sulle labbra della Vergine è la commossa effusione di un’anima che ammirata per la condotta del Signore, ne celebra le misericordiose iniziative. Il Cantico è una raccolta di pensieri e di espressioni disseminate nei vari libri dell’Antico Testamento; la sua originalità consiste nell’aver fuso insieme questi vari elementi, rievocandoli sotto l’impulso di una nuova esperienza religiosa per farne altrettante strofe di un inno che rende lode e grazie a Dio perché Egli ha compiuto «grandi cose» ed ha aggiunto una grandiosa manifestazione alla sua inesauribile misericordia. Nel Magnificat, che attinge abbondantemente idee e parole dall’Antico Testamento, non si deve scorgere la riproduzione verbale dell’inno di gratitudine che è uscito dall’animo commosso di Maria dopo gli alti e ripetuti elogi della sua parente Elisabetta; il Cantico invece va considerato come un’ispirata e fedele interpretazione dei sentimenti e delle espressioni che fiorirono nel cuore e sulle labbra della Vergine alla considerazione dei doni eccezionali di cui il Signore l’aveva ricolmata. Non può stupire il fatto che le espressioni di Maria, come sono riferite nel Cantico, non superino i limiti di visibilità dell’ebraismo, poiché, come si è già accennato poco prima, il Magnificat è un armonico mosaico di pensieri e di immagini tratte dall’Antico Testamento. Le note più sentite ed elevate del Cantico in cui la Vergine Santissima ha trasfuso tutta la pienezza della sua commossa riconoscenza di donna privilegiata, scelta a diventar madre del Messia, non hanno trovato un’adeguata espressione in questo Cantico, ma sono rimaste nel segreto della sua anima, poiché appartengono al mistero della sua irraggiungibile grandezza che la pone in vivo ed immediato contatto con la divinità. Queste osservazioni possono sorprendere il lettore moderno che può avvertire un senso di disagio nel sentire che il Magnificat non riporta alla lettera la profonda e commossa religiosità di Maria. Per illuminarlo su questo punto occorrerebbe uno studio ampio sul genere letterario e sui procedimenti impiegati dall’evangelista in questi due capitoli del vangelo dell’infanzia. Tuttavia le osservazioni fatte e le spiegazioni che saranno date ai singoli versetti del Cantico, sono sufficienti per indurlo a riflettere ed orientarlo in questo problema. Ogni credente in verità non può non osservare che nel Magnificat manca una chiara ed esplicita allusione al fatto che maggiormente doveva interessare Maria e che la riguardava direttamente cioè: la nascita del Messia. Il P. Benoît pensa che in questo Cantico «potrebbe ben trattarsi di un salmo precristiano, nato nell’ambiente dei «Poveri» [cioè di pii Israeliti] e adottato dalla primitiva comunità di Gerusalemme prima ancora di essere utilizzato da Luca nell’attuale contesto» (Revue Biblique, 65 [1958], p. 429). L’evangelista scrivendo: «Maria disse» considera l’inno come una risposta della Vergine al saluto di Elisabetta. La mia anima esalta il Signore; le parole riprendono quelle del Cantico di Anna, madre di Samuele (cf. 1 Samuele, 2, 1). Esalta: letteral.: «rende, fa grande»; l’espressione riecheggia una forma verbale ebraica. Maria esalta nella sua anima il Signore, cioè loda la sua potenza e la sua misericordiosa bontà. La Vergine non sembra considerare l’elogio che la sua parente Elisabetta le aveva rivolto (cf. vers. 42); ella, all’inizio del Cantico, non si piega sulla sua persona considerando la propria «bassezza», ma volge lo sguardo a Dio, che va esaltato ed onorato per le grandi manifestazioni della sua infinita e inesauribile bontà.

L’anima mia magnifica il Signore - Hugues Cousin (Vangelo di Luca): [Il Magnificat] È un vero mosaico di testi dell’AT, citati nella versione greca dei Settanta. Come il cantico di Anna (1Sam 2,1-10), che gli serve da modello, quest’inno di lode non ha che un tenue legame con il contesto; solo il v. 48 opera il collegamento con il racconto che precede, evocando implicitamente l’annunciazione. Tuttavia, il Magnificat colpisce anche in ragione del suo inserimento in questo punto da parte di Luca. La funzione di questo cantico fa pensare a quello delle « arie» nell’opera lirica: l’azione viene provvisoriamente sospesa e il canto illumina la psicologia del personaggio in scena a il significato dell’azione.
Come Anna che era rimasta incinta in modo miracoloso, Maria comincia con l’esprimere quello che prova (vv. 46-47). Segue allora il motivo della lode: «perché» durante l’annunciazione «ha considerato l’umiltà della sua serva» e «grandi cose m’ha fatto il Potente»; questo motivo è interrotto, a metà, dalla beatitudine della serva (v. 48b). Un confronto con Gn 30,13 rivela che le generazioni chiameranno beata Maria più a motivo di colui che porta in grembo, che in virtù di qualche merito personale. E però probabile che allo stesso tempo Luca abbia voluto esprimere, con questa beatitudine, un atteggiamento naturale del cristiano verso la madre credente del Signore. Indipendentemente da questa premessa per le ulteriori riflessioni su Maria, è da notare che Dio è d’ora in avanti soggetto di tutti i verbi, esclusa questa parentesi; egli è quindi descritto come potente, santo e misericordioso (vv. 48-50).
I vv. 51-53 formano una seconda strofa che illustra il rovesciamento delle situazioni e dei valori che caratterizzano il passaggio da questo mondo al mondo nuovo.
L’intervento salvifico di Dio che ha avuto inizio con il concepimento di suo Figlio il Messia renderà prima di tutto giustizia agli umiliati, agli oppressi. È questa una riflessione cara a Luca, che sarà ulteriormente sviluppata quando ci proporrà le beatitudini e i «guai» (Lc 6,20-26) che chiariscono questa tematica. Facciamo soltanto notare che il testo di Luca pone già sulle labbra di Maria un linguaggio che, essendo radicato nell’AT, caratterizzerà la venuta del regno nella predicazione di Gesù.
In conclusione, questo intervento salvifico comincia ad adempiere la promessa fatta ai patriarchi, a favore della discendenza di Abramo (vv. 54-55); Luca quindi si guarda bene sia dall’anticipare il tema dell’ingresso dei pagani che dal conferire all’inno una colorazione cristologica postpasquale.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Siate premurosi nell’ospitalità.” (Cfr. Seconda Lettura).
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Dio onnipotente ed eterno, che nel tuo disegno di amore hai ispirato alla beata Vergine Maria, che portava in grembo il tuo Figlio, di visitare sant’Elisabetta, concedi a noi di essere docili all’azione del tuo Spirito, per magnificare con Maria il tuo santo nome. Per il nostro Signore Gesù...