28 Maggio 2019

Martedì della VI Settimana di Pasqua


Oggi Gesù ci dice: “Se non me ne vado, non verrà a voi il Paraclito. (Vangelo).



Vangelo - Dal Vangelo secondo Giovanni 16,5-11: Sarà lo Spirito Santo a dimostrare la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Quanto al peccato, lo Spirito metterà in luce, attraverso la testimonianza vitale della Chiesa, che Cristo fu innocente e il mondo è colpevole, e il peccato del mondo è quello dell’incredulità perché non hanno creduto nel Figlio di Dio (cfr. Gv 3,19-21; 15, 21-25). Quanto alla giustizia, Gesù con la sua glorificazione manifesterà la giustizia. Dio solo è Giusto perché è Dio. E Gesù con la sua risurrezione, manifestazione della sua divinità, mostrerà anche lui la sua giustizia, cioè la sua divinità. Quanto al giudizio, il trionfo di Cristo segna la sconfitta definitiva di Satana. Una parola, dunque, di speranza per la Chiesa, per i credenti afflitti da innumerevoli prove e immersi nel crogiolo della persecuzione.

Ora vado da colui che mi ha mandato... - La tristezza ha un senso - Mario Galizzi (Vangelo secondo Giovanni): Da quando Gesù ha incominciato a parlare con i suoi discepoli del suo andare altrove (13,33-34), quello che più capirono era che sarebbero rimasti soli e si sarebbero sentiti allo sbando. Era già questo un motivo più che sufficiente per essere turbati (14,1). Gesù tentò di dare loro motivi di consolazione: «Vado a prepararvi un posto e tornerò da voi (14,2-3) ... non vi lascerò orfani (14,18) manderò a voi un Difensore, lo Spirito di Verità (14,16-17) lo Spirito Santo (14,26) ... Anche il Padre verrà e noi faremo dimora presso di voi (14,23) voi potrete chiedere qualunque cosa e io la farò (14,13-14) ci sarà tra noi una grande intimità: io sarò in voi e voi in me, perché siete miei amici (15,5.14)». In questo modo, però, il tema del distacco veniva affrontato solo sul piano della relazione Gesù-discepoli. E ciò non era tutto. Per questo Gesù, che non nascondeva nulla ai suoi discepoli, a un certo punto dovette affrontare il tema della relazione discepoli e mondo in genere: «sarete odiati e perseguitati per causa mia» (15,18-21); e poi discepoli e mondo sinagogale in particolare: «vi cacceranno dalla sinagoga e sarete uccisi» (16,1-4a).
Per i discepoli era il colmo: banditi anche dal proprio popolo! A Gesù non restava che constatare: «Perché vi ho detto ciò la tristezza ha colmato il vostro cuore» (16,6). Egli però non li ha ingannati. Se non lo ha detto fin dall'inizio era solo perché egli era con loro e li difendeva dagli attacchi del mondo giudaico (vedi Mt 12,1-2.7; Mc 2,18-19). Ora, invece, è giunto il momento del distacco e Gesù deve aiutarli a superare quella tristezza che blocca il dialogo. Neppure osano chiedergli: «Dove vai?», Eppure Gesù non può più tacere; deve dire loro la verità; ed è questa: «È bene per voi che io me ne vada» (16,7). Infatti, solo quando avrà portato a termine il comandamento ricevuto dal Padre, solo quando avrà donato la sua vita (10,17) e sarà stato glorificato (7,37), potrà mandare loro il Difensore (16,7). Certamente non possono sfuggire l'odio del mondo e tanto meno quello del proprio popolo, ma ci sarà chi li difenderà, perché egli manderà loro il Difensore.

Ma io vi dico la verità: Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Vi conviene che io vada; il Maestro illumina i discepoli rivelando loro il senso della sua «andata» al Padre. Questa dichiarazione costituisce un rimprovero implicito alla mancata intelligenza dei discepoli intorno al piano divino. Perché se non vado non verrà a voi il Paraclito; se Gesù non va, cioè non muore e va al Padre, il Paraclito non sarà inviato ai discepoli; l’evangelista si limita ad affermare che se Cristo non sale al Padre il Paraclito non sarà inviato ai discepoli; egli non spiega in questo passo il valore che assume per i discepoli tale invio («missione») dello Spirito; questo valore era stato illustrato a più riprese in testi precedenti; cf.Giov., 14, 16, 26, 28. Si è giustamente rilevato come qui si parli semplicemente di «Paraclito», non già di «un altro Paraclito», come in Giov., 14,16. «Un altro Paraclito» significa un Paraclito oltre Gesù; l’espressione è esatta quando è usata in senso generico ed indica l’azione dello Spirito in quanto distinta da quella di Gesù. Non si può più dire «un altro Paraclito», quando il termine «Paraclito» è usato come termine tecnico per designare lo Spirito Santo, poiché in questo caso l’espressione «un altro Paraclito» indicherebbe un altro Spirito Santo, ciò che è inammissibile. I passi giovannei attestano ancora l’uso del sostantivo «Paraclito» in questo duplice senso, cioè: in senso generico (designa l’azione dello Spirito oltre a quella di Gesù) e in senso personale (Paraclito = Spirito Santo).

… se non me ne vado, non verrà a voi il Paraclito - Dominum et vivificantem 8: Caratteristica del testo giovanneo è che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo vengono nominati chiaramente come Persone, la prima distinta dalla seconda e dalla terza, e anche queste tra di loro. Gesù parla dello Spirito consolatore, usando più volte il pronome personale «egli» e, al tempo stesso, in tutto il discorso di addio, svela quei legami che uniscono reciprocamente il Padre, il Figlio e il Paraclito. Pertanto, «lo Spirito... procede dal Padre» e il Padre «dà» lo Spirito. Il Padre «manda» lo Spirito nel nome del Figlio, lo Spirito «rende testimonianza» al Figlio. Il Figlio chiede al Padre di mandare lo Spirito consolatore, ma afferma e promette, altresì, in relazione alla sua «dipartita» mediante la Croce: «Quando me ne sarò andato, ve lo manderò». Dunque il Padre manda lo Spirito Santo nella potenza della sua paternità, come ha mandato il Figlio. ma, al tempo stesso, lo manda nella potenza della redenzione compiuta da Cristo - e in questo senso lo Spirito Santo viene mandato anche dal Figlio: «Ve lo manderò». Bisogna qui notare che, se tutte le altre promesse fatte nel Cenacolo annunciavano la venuta dello Spirito Santo dopo la partenza di Cristo, quella contenuta nel testo di Giovanni 16,7s. include e sottolinea chiaramente anche il rapporto di interdipendenza, che si direbbe causale tra la manifestazione dell'uno e dell'altro: «Quando me ne sarò andato, ve lo manderò». Lo Spirito Santo verrà, in quanto Cristo se ne andrà mediante la Croce: verrà non solo in seguito, ma a causa della redenzione compiuta da Cristo, per volontà ed opera del Padre.

E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me; riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato - Catechismo della Chiesa Cattolica 1433: Dopo la Pasqua, è lo Spirito Santo che convince «il mondo quanto al peccato» (Gv 16,8-9), cioè al fatto che il mondo non ha creduto in colui che il Padre ha inviato. Ma questo stesso Spirito, che svela il peccato, è il Consolatore che dona al cuore dell’uomo la grazia del pentimento e della conversione.

Lo Spirito Santo dimostrerà la colpa del mondo...: Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 24 maggio 1989): Spirito di verità, paraclito, è colui che, secondo la Parola di Cristo, “convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio” (Gv 16,8). È significativa la spiegazione che Gesù stesso dà di queste parole: peccato, giustizia e giudizio. “Peccato” significa soprattutto la mancanza di fede incontrata da Gesù tra “i suoi”, quelli cioè del suo popolo, i quali giunsero sino alla sua condanna a morte sulla Croce. Parlando poi della “giustizia”, Gesù sembra aver in mente quella giustizia definitiva, che il Padre gli renderà (... perché vado al Padre) nella Risurrezione e nell’Ascensione al cielo. In questo contesto, “giudizio” significa che lo Spirito di verità dimostrerà la colpa del “mondo” nel rifiutare Cristo, o, più generalmente, nel voltare le spalle a Dio. Poiché però il Cristo non è venuto nel mondo per giudicarlo e condannarlo, ma per salvarlo, in realtà anche quel “convincere quanto al peccato” da parte dello Spirito di verità deve essere inteso come un intervento orientato alla salvezza del mondo, al bene finale degli uomini. Il “giudizio” si riferisce soprattutto al “principe di questo mondo”, cioè a Satana. Egli infatti sin dall’inizio tenta di volgere l’opera della creazione contro l’alleanza e l’unione dell’uomo con Dio: scientemente si oppone alla salvezza. Perciò è “già stato giudicato” sin dall’inizio, come ho spiegato nell’enciclica Dominum et Vivificantem, (Dominum et vivificantem, 27).

Lo Spirito Santo dimora nella Chiesa e nel cuore dei fedeli come in un tempio: Lumen gentium 4: Compiuta l’opera che il Padre aveva affidato al Figlio sulla terra (cfr. Gv 17,4), il giorno di Pentecoste fu inviato lo Spirito Santo per santificare continuamente la Chiesa e affinché i credenti avessero così attraverso Cristo accesso al Padre in un solo Spirito (cfr. Ef 2,18). Questi è lo Spirito che dà la vita, una sorgente di acqua zampillante fino alla vita eterna (cfr. Gv 4,14; 7,38-39); per mezzo suo il Padre ridà la vita agli uomini, morti per il peccato, finché un giorno risusciterà in Cristo i loro corpi mortali (cfr. Rm 8,10-11). Lo Spirito dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio (cfr. 1Cor 3,16; 6,19) e in essi prega e rende testimonianza della loro condizione di figli di Dio per adozione (cfr. Gal 4,6; Rm 8,15-16; 8,26). Egli introduce la Chiesa nella pienezza della verità (cfr. Gv 16,13), la unifica nella comunione e nel ministero, la provvede e dirige con diversi doni gerarchici e carismatici, la abbellisce dei suoi frutti (cfr. Ef 4,11-12; 1Cor 12,4; Gal 5,22). Con la forza del Vangelo la fa ringiovanire, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo. Poiché lo Spirito e la sposa dicono al Signore Gesù: «Vieni» (cfr. Ap 22,17). Così la Chiesa universale si presenta come «un popolo che deriva la sua unità dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo».
  
In quei giorni, la folla [degli abitanti di Filippi] insorse contro Paolo e Sila… - Felipe F. Ramos: Il racconto di Luca mira a suscitare nel lettore la fiducia in Dio facendo vedere che Dio è più potente che gli uomini e che, per conseguenza, può trasformare la difficoltà in un mezzo destinato a manifestare l'efficacia della sua parola.
Il racconto di tutta questa storia, e particolarmente quello che si riferisce alla prigionia di Paolo, è eccessivamente «romanzato». Quello che è detto circa la liberazione dei prigionieri (vv. 25-34) serve a dimostrare il potere liberatore di Dio. In fondo, vi è la conversione del carceriere, che deve portare i lettori alla conclusione seguente: le sofferenze dei cristiani non sono infruttuose e sono pienamente giustificate, quando si tiene conto del piano di Dio e del servizio che esse rendono alla sua parola. Si potrebbe dire che la teologia della croce comincia a trasformarsi in una teologia della gloria. L'ultimo incidente di questa storia (vv. 35-40) dimostra come la mano di Dio abbia guidato quella missione e come, a dispetto
dell'apparente insuccesso in una città pagana, abbia compiuto una liberazione miracolosa. A questo fine è indirizzato l'omaggio che Paolo e Sila ricevono dal carceriere nella stessa prigione (v. 29) e quello che rendono loro personalmente le autorità cittadine (v. 39).
L'intenzione apologetica di Luca non potrebbe essere più chiara. Egli ci ha raccontato il primo incontro fra Roma, rappresentata dalle autorità civiche di Filippi, e la Chiesa, rappresentata dai missionari. L'atteggiamento dell'impero nei confronti della Chiesa era fondato su un errore. È un passo molto significativo, se si tiene conto di uno degli scopi per cui Luca scrisse il libro degli Atti: il cristianesimo non è mai stato un pericolo per la legge e per l'ordine nell'impero. Perciò Roma deve riconoscergli la libertà di predicare la parola di Dio.                                                                                                                                                                                                                                                    Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** La Chiesa universale si presenta come «un popolo che deriva la sua unità dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo».
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Esulti sempre il tuo popolo, o Padre, per la rinnovata giovinezza dello spirito, e come oggi si allieta per il dono della dignità filiale, così pregusti nella speranza il giorno glorioso della risurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo...