11 Maggio 2019
Sabato della III Settimana di Pasqua
Oggi Gesù ci dice: «Volete andarvene anche voi?» (Vangelo).
Vangelo - Dal Vangelo secondo Giovanni 6,60-69: Quando si legge il sesto capitolo del Vangelo di Giovanni si comprende subito che la polemica con i Giudei, e l’obiezione dei discepoli, verte non sul linguaggio, ma sulle parole di Gesù. Il discorso è duro, difficile da comprendersi quindi ad accettarsi. Non è “l’interpretazione eucaristica del discorso sul pane della vita che è incomprensibile e inaccettabile ma ciò che lo precede, la necessità di morire di vedere il proprio corpo separato dal sangue, quindi esanime, per realizzare la salvezza del mondo ossia degli uomini.” (Ortensio Da Spinetoli).
Così possiamo dire che le parole di Gesù non sono un buon pane per la bocca dei Giudei. Carnali (la carne non giova a nulla) non riescono a comprendere il profondo messaggio che Gesù cerca di trasmettere loro: le “parole di Gesù sul pane celeste rivelano una realtà divina che è sorgente di vita per l’uomo. Solo lo Spirito [cf. Gv 1,33] può darne l’intelligenza [cf. Gv 14,26]” (Bibbia di Gerusalemme). E così fioccano le primi dimissioni: Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. L’abbandono di molti è una grave crisi nel gruppo dei discepoli, ma non fa indietreggiare Gesù, e così rivolgendosi agli Apostoli dice loro: Volete andarvene anche voi? Non è una sfida, Gesù ha colto il disagio nel cuore dei Dodici (v. 64), e vuole che la loro adesione sia franca e libera. La risposta di Simon Pietro non lascia dubbi: i Dodici, che hanno creduto alla testimonianza di Giovanni il Battista (Gv 1,29ss) e di Gesù, ora riconoscono che egli è il Santo di Dio. Simon Pietro ha preso la parola a nome dei Dodici e ha professato la sua fedeltà: essi continueranno ad seguire il Maestro, né lo abbandoneranno come hanno fatto gli altri.
Questa parola è dura - Mario Galizzi (Vangelo secondo Giovanni): Gesù capisce che le sue parole sono per i discepoli uno scandalo, perché nella situazione che si è creata, esse non solo esigono l’accoglienza della sua origine divina (disceso dal cielo), ma anche della sua morte. E, nella sua bontà, cerca di aiutare i discepoli a superare le difficoltà. Certo, ci sarà anche la morte, via ormai obbligata per diventare, nella sua debolezza (carne) «pane per la vita del mondo»; ma lo diventerà perché, donandosi fino alla morte, potrà come Figlio dell’uomo ritornare al Padre, cioè ascendere dov’era prima (6,62). È questo evento finale, che molti discepoli potranno cogliere solo nella fede, che dà la pienezza della rivelazione del mistero di Gesù, e la dà soltanto a coloro che si lasciano guidare dallo Spirito, ammaestrare da Dio, e che non si rinchiudono in ragionamenti puramente umani, carnali: La debolezza umana (letteralmente: la carne) non serve a nulla (6,63), non permette di aprirsi alla rivelazione delle cose celesti (vedi 3,12), all’ascolto delle parole di Gesù che procedono dallo Spirito e danno vita. Solo chi è nato dallo Spirito, come si diceva nel dialogo con Nicodemo, è in grado di accogliere la rivelazione di Gesù.
Gesù ha concluso. Ma, guardando coloro che fin qui l’hanno seguito, come se fossero suoi discepoli, deve constatare che alcuni di loro non credono (6,64). A questo punto interviene l’evangelista per dire, ancora una volta (vedi 2,23-25), che non si tratta di qualcosa di imprevisto, perché Gesù lo sapeva fin dall’inizio anzi, sapeva anche chi era colui che l’avrebbe tradito (6,64). Egli già conosce chi sono coloro che il Padre gli ha dato, chi sono i suoi veri discepoli: per ora molto pochi.
È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla - Dominum et Vivificantem 1: La Chiesa professa la sua fede nello Spirito Santo come in colui «che è Signore e dà la vita». Così essa professa nel Simbolo di Fede, detto niceno-costantinopolitano dal nome dei due Concili - di Nicea (a. 325) e di Costantinopoli (a. 381) -, nei quali fu formulato o promulgato. Ivi si aggiunge anche che lo Spirito Santo «ha parlato per mezzo dei profeti». Sono parole che la Chiesa riceve dalla fonte stessa della sua fede, Gesù Cristo. Difatti, secondo il Vangelo di Giovanni, lo Spirito Santo è donato a noi con la nuova vita, come annuncia e promette Gesù il grande giorno della festa dei Tabernacoli: «Chi ha sete venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno». E l’evangelista spiega: «Questo egli disse riferendosi allo Spirito, che avrebbero ricevuto i credenti in lui». È la stessa similitudine dell’acqua usata da Gesù nel colloquio con la Samaritana, quando parla della «sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna» e nel colloquio con Nicodemo, quando annuncia la necessità di una nuova nascita «dall’acqua e dallo Spirito» per «entrare nel Regno di Dio». La Chiesa, pertanto, istruita dalla parola di Cristo, attingendo all’esperienza della Pentecoste ed alla propria storia apostolica, proclama sin dall’inizio la sua fede nello Spirito Santo come in colui che dà la vita, colui nel quale l’imperscrutabile Dio uno e trino si comunica agli uomini costituendo in essi la sorgente della vita eterna.
La carne non giova a nulla - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): lo spirito che vivifica, la carne non giova a nulla; queste parole sono state interpretate in due modi differenti: se la carne indica la carne di Cristo, allora si ha il senso seguente: la carne di Cristo non serve a nulla senza lo Spirito divino che l’anima e la trasfigura (così Lagrange, Cullmann, Braun); se la carne invece non designa la carne di Cristo, allora l’affermazione va intesa nel modo seguente: l’uomo lasciato alle sole sue forze naturali (la carne) non afferra il senso delle parole di Cristo; queste parole, che sono spirito e vita, presuppongono in chi le riceve l’azione dello Spirito. Questo secondo senso sarebbe da preferirsi se il vers. 63 fosse un’immediata risposta alle obiezioni che i giudei rivolgono a Cristo nei verss. 42-43. Lo Spirito che vivifica, cioè dà la vita, è lo Spirito di Dio, vale a dire Dio stesso (cf. Giov., 4,24), considerato come Colui che comunica la vita secondo varie affermazioni dell’Antico Testamento (cf. Genesi, 2,7; 6,Salmo 104 [103],29-30; Ezechiele, 37, 6; testo dei Settanta: «immetterò in voi il mio Spirito e voi vivrete»). Nel presente contesto si afferma che lo Spirito soltanto introduce l’uomo nell’ordine delle realtà divine rivelate e comunicate da Cristo. «La carne non giova a nulla»; la carne considerata in sé non ha nessun valore, né contiene la vita; soltanto lo Spirito di Dio che la vivifica e la trasfigura la rende principio di vita. Le parole che vi ho dette sono spirito e vita; la presente dichiarazione non favorisce l’interpretazione metaforica del discorso eucaristico, che, come si è visto, ha delle affermazioni piene di realismo, ma richiama l’attenzione sulla portata delle parale di Cristo. Queste infatti non intendono affermare realtà materiali, ma rivelare verità e realtà divine che comunicano la vita; le parole di Gesù vengono dal Padre, sono parole di Dio (cf. Giov., 8,26, 28,38, 47; 14, 10; 17, 8) che introducono l’uomo nella vita; il loro contenuto può essere compreso soltanto da chi è vivificato dallo Spirito, non da chi giudica secondo la carne (cf.Giov., 8,15).
Nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre: Giovanni Paolo II (Omelia, 21 agosto 1988): È Dio che dona la forza di credere e di decidere: “Nessuno può venire a me se non gli è concesso dal Padre mio” (Gv 6,65). Di fronte alle scelte soprannaturali l’uomo da solo sarebbe perduto, perché “la carne non giova a nulla”. Solo lo Spirito, lo Spirito di Dio, l’amore sostanziale ed eterno del Padre e del Figlio, questi solamente “dà la vita” (Gv 6,63). In questa azione si rivela la misteriosa condiscendenza di Dio verso l’uomo, l’eterno disegno di un amore sommo, con il quale Dio si impegna per noi, e nel Figlio suo ci dona la grazia di aprirci al mistero, di condividere la verità eterna e di conoscere e gustare le sue parole, “che sono spirito e vita”. Ma la risposta nasce anche da una libertà, che è facoltà dell’uomo, che dà impulso all’agire umano. Dio ha creato ogni uomo libero, e l’uomo può rivolgersi al bene che Dio costantemente gli propone solo nella libertà. Orbene, Cristo fa appello a questa libertà e attende da essa una risposta responsabile e vera, come quella di Pietro, che abbiamo ora ascoltato. La libertà dell’uomo, segno distintivo di dignità, è anche fonte di responsabilità, e punto chiave del dialogo con Dio. Lo stesso Iddio chiama gli esseri umani al suo servizio in spirito e verità, per cui essi aderiscono a lui liberamente, non per costrizione.
Volete andarvene anche voi? - Richard Gutzwiller (Meditazioni su Giovanni): Gesù li pone chiaramente e nettamente di fronte alla decisione: «Volete andarvene anche voi?». Ma Simon Pietro rispose per tutti: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio ». Anche i dodici non lo capiscono, ma hanno conosciuto e creduto che egli viene da Dio, partecipa della santità di Dio, e quindi è completamente diverso dagli altri uomini: perciò essi aderiscono a lui ed alla sua parola nonostante tutto. Per loro la vita non ha phi altro significa to; essi lo hanno seguito e vogliono continuare a percorrere la sua via. La risposta di Simon Pietro è la risposta della fede. L’esigenza di fede del Signore ha trovato in lui un buon terreno. Eppure anche nel piccolo gruppo c’è una separazione degli spiriti, perché in mezzo a loro c’è Giuda, il figlio di Simone di Karioth, che non cammina sulla via di Dio, ma su quella del demonio. Nella frase finale risuona quindi un’angosciosa allusione all’ultima festa di Pasqua nella quale il Signore troverà la morte e quindi un accenno all’immolazione dell’agnello e al dono cruento del suo corpo e del suo sangue sulla croce, quale condizione necessaria e sufficiente per il dono del Sacramento all’umanità. La scelta è tra la fede e l’incredulità, tra la comunione con il Cristo a con il demonio, e quindi tra la vita e la morte, tra l’essere ed il non essere.
La sconcertante parola di Gesù - Salvatore Alberto Panimolle (Lettura pastorale del Vangelo di Giovanni): Non solo i giudei, ma anche molti discepoli sono scandalizzati dal discorso del Maestro sul pane della vita. Anche qui la parola del Verbo incarnato sconcerta gli uditori (Gv 6,60). In realtà il messaggio del Cristo vuole scuotere e deve essere accolto, anche quando può apparire irrazionale o assurdo. La logica del vangelo può essere sempre misurata con il metro della ragione umana.
Se la parola di Gesù non disturba più, se non invita a una riflessione seria e non stimola a un’adesione più intima al Verbo incarnato, è segno evidente che si è diventati refrattari e impermeabili al suo messaggio.
Un vangelo addomesticato, che non combatte le massime della moda e del mondo, un cristianesimo che vuole battezzare tutto e che blandisce le passioni, è una turlupinatura dell’autentico messaggio del Figlio di Dio.
L’incredulità dei discepoli dinanzi al sublime sermone sul pane della vita e il loro rifiuto del Maestro, devono quindi invitare a una riflessione seria sul proprio impegno cristiano. Se non si è disposti a seguire Gesù fino in fondo, ad accettare la sua parola senza riserve, un bel giorno ci si scandalizzerà di lui e lo si abbandonerà.
Inoltre chi vive nel compromesso, nel suo cuore ha già rifiutato il Cristo, anche se esternamente continua a mostrarsi suo seguace. Il discepolato autentico, infatti, esige l’accettazione incondizionata della rivelazione e della persona del Figlio di Dio. Il pericolo del rigetto di Cristo è sempre attuale; in qualche caso può essere totale con l’apostasia, abbracciando ideologie in antitesi con il vangelo, ma più spesso si tratta di un rifiuto pratico, vivendo in modo contrario alle esigenze della parola di Gesù.
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6,68-69).
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che nell’acqua del Battesimo hai rigenerato coloro che credono in te, custodisci in noi la vita nuova, perché possiamo vincere ogni assalto del male e conservare fedelmente il dono del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo...