28 Aprile 2019
  
II DOMENICA DI PASQUA


Oggi Gesù ci dice: “Come bambini appena nati, bramate il puro latte spirituale, che vi faccia crescere verso la salvezza.” (1Pt 2,2) Cfr. Antifona).

Prima Lettura - Dagli Atti degli Apostoli 5,12-16: La prima lettura ci offre l’immagine di una Chiesa sospinta e sostenuta dalla potenza dello Spirito Santo il quale opera prodigi, miracoli e guarigioni suscitando tra la folla timore ed esaltazione. È sottolineata anche l’azione taumaturgica di Pietro, in questo modo si compiono le parole del Maestro divino: «In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre» (Gv 14,12).

Salmo responsoriale - Dal Salmo 117 (118): «Il vincitore, salendo al Padre, comanda agli angeli: Apritemi le porte della giustizia.... Questa è la porta del Signore, i giusti entreranno per essa: Pietro è entrato, Paolo è entrato, gli apostoli, i martiri, i santi di ogni giorno, ma il ladrone è entrato per primo, col Signore. Miseri giudei! Questa pietra promessa in Isaia per esser posta nelle fondamenta di Sion e riunire i due popoli, voi non l’avete riconosciuta nel Signore Salvatore, nel Figlio di Dio. Scartata da voi, essa è divenuta la pietra angolare ed ha riunito in un sol gregge la prima Chiesa, formata di giudei e gentili. Dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri: noi, i senza-legge, i senza-alleanza, siamo adottati come figli di Dio! Questo è il giorno che ha fatto il Signore: esultiamo e rallegriamoci in esso!» (San Girolamo).

Seconda Lettura - Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo 1,9-11a.12-13.17-19: Una domenica, il “giorno del Signore”, Giovanni, in catene nell’isola di Patmos “a causa della Parola di Dio e della testimonianza di Gesù” (Ap 1,9), contempla estatico il Risorto: il Primo e l’Ultimo, il Vivente. Il Messia, nella visione giovannea, «appare nelle funzioni di giudice escatologico, come in Dn 7,13-14 [Cf. Dn 10,5-6]. I suoi attributi sono descritti per mezzo di simboli: sacerdozio [rappresentato dall’abito lungo; Cf. Es 28,4; Es 29,5; Zc 3,4]; regalità [fascia d’oro; Cf. 1Mac 10,89; 11,58]; eternità [capelli bianchi; Cf. Dn 7,9]; scienza divina [occhi fiam­meggianti per “scrutare gli affetti e i pensieri”: Cf. Dn 2,23]; stabilità [piedi di bronzo, Cf. Dn 2,31-45]. La sua maestà è terrificante [splendore delle gambe, del volto, potenza della voce]» (Bibbia di Gerusalemme).

Vangelo - Dal Vangelo secondo Giovanni 20,19-31: L’apparizione di Gesù intende presentare la sua nuova condizione, non più legata al mondo fisico, e la nuova modalità di relazione con lui, che si realizza primariamente nella celebrazione eucaristica. Gesù risorto, spalancate le porte della paura, sta in mezzo ai suoi discepoli, colmando il loro cuore di pace e di gioia. Anche Tommaso, il discepolo incredulo, verrà guadagnato alla fede nella risurrezione: un percorso che sfocia in una confessione di fede unica in tutto il Nuovo Testamento, che identifica il Risorto con Dio. In quel giorno gli Apostoli ricevo­no lo Spirito Santo e il mandato di andare in tutto il mondo a portare la Buona Novella e a rimettere i peccati. La conclusione del Vangelo ne svela lo scopo catechistico: è stato scritto perché i lettori credano che Gesù Cristo è il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiano la vita nel suo nome.

Gli «Atti degli Apostoli» mostrano il compimento delle predizioni di Gesù - Vincenzo raffa (Liturgia Festiva): Il Crisostomo dice che il libro degli «Atti» non ci è meno utile di quello dei vangeli, perché mentre i vangeli portano molte predizioni di Gesù, gli «Atti» ne documentano la realizzazione (Comm. in Acta Apostol., Hom. I, 1; PG 60, 14).
Gesù aveva fatto questo annuncio: «Chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre » (Gv 14,12). Aveva voluto riferirsi precisamente ai frutti della sua attività che si sarebbero moltiplicati per la collaborazione della Chiesa, ma specialmente per la sua nuova condizione di vita e di dinamismo alla destra del Padre, cioè di Messia risorto e glorificato. Nel nuovo ordine di cose, infatti, era ormai in grado di conferire lo Spirito Santo (Gv 7,39).
Ebbene, è proprio la nuova operosità del Cristo, allargata e moltiplicata attraverso la Chiesa, che ci appare dal libro degli «Atti» degli apostoli.
Gesù aveva fatto tanti prodigi, come dice il vangelo di oggi. Ma aveva predetto anche l’attività taumaturgica dei suoi apostoli. La prima lettura di oggi ci offre il modo di controllare il compimento della profezia: «Molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli». Bastava l’ombra di san Pietro per sanare ogni genere di malattie e liberare gli ossessi. Ma, in ultima analisi, chi operava questi prodigi era sempre il «Vivente». Così gli «Atti» sono un libro che, visto in controluce, riprende il filo della narrazione non tanto dalla Pentecoste, quanto proprio dal mistero del Cristo morto e risorto e ne mostra il prolungamento nella storia della Chiesa. Ecco perché una tradizione antichissima, ripresa dalla liturgia rinnovata, fa leggere questo libro nel tempo che segue la Pasqua.

Il Salmo 117 (118): AA. VV. (I Salmi): Apre il salmo un invito a lodare e ringraziare Iahvé per il suo amore eterno, rivolto soprattutto a Israele, ai leviti e ai giusti (vv. 1-4).
Segue un brano (w. 5-21), in cui son descritti i pericoli mortali superati, percorso da espressioni di piena fiducia in Dio e di confessione del suo intervento liberatore. Non è privo tale brano di intento didattico-sapienziale (w. 8-9). È un israelita che parla, venuto al tempio per ringraziare il suo Salvatore e introdotto dai sacerdoti dopo che si sono accertati che si tratta di uomo giusto (vv. 19-21).
Riprende il canto della comunità (vv. 22-27.29) che celebra la grandezza del gesto salvifico di Iahvé, elevato ormai a validità universale, in una processione solenne fino all’altare (v. 27) con la partecipazione del singolo cantore (v. 28).
L’inserzione di un canto individuale (vv. 5-21) in un quadro di salmo collettivo (vv. 1-4 e 22-29) domanda una spiegazione. Si può pensare a una liturgia processionale di ringraziamento della comunità israelitica nel tempio di Gerusalemme con alla testa il suo capo, forse Neemia, che interviene come rappresentante di tutto il popolo dopo una decisiva vittoria contro l’ostilità dei vicini pagani. Il suo canto diventa quindi il canto della comunità salvata da Iahvé.
La pietra scartata dai costruttori e diventata per grazia divina chiave di volta di tutto l’edificio, immagine significativa dell’esaltazione di una persona disprezzata, fu applicata a Gesù, glorificato da Dio nella risurrezione (cfr. At 4,11; 1Pt 2,4).

Ma egli, posando su di la mano destra - Ugo Vanni (Apocalisse): Cristo pone la sua destra su Giovanni, lo fa rialzare, lo incoraggia e gli dice di non aver paura, perché lui, il primo, l’ultimo e il vivente, divenne cadavere, ma è vivente per i secoli dei secoli: è passato dalla morte alla vita.
Le prime parole di Gesù sono le stesse che troviamo nelle apparizioni del vangelo: non temere! Non temere, io sono con te in un rapporto d’amicizia. Sono trascendente, come hai sperimentato, però voglio essere tuo amico, mi metto al tuo livello. Io sono il primo e l’ultimo, l’alfa e l’omega, si diceva, prima, di Dio; qui viene detto di Gesù. Il nome di Gesù è «il vivente»: è passato dalla morte e dalla risurrezione, e ora è il vivente per i secoli dei secoli; offre, in eterno e per sempre, la sua morte e la sua vita in funzione del mondo di Dio e della Gerusalemme nuova.
Con tutta la vitalità di cui gode come Risorto, si occuperà di noi, ci farà condividere pienamente la sua presenza, per amore della Gerusalemme nuova. Sembra inoltre dire: io ho in mano le chiavi della morte e dell’aldilà, non abbiate paura, sarete eterni, avrete l’immortalità, una vita come quella che ho io.

I doni del Risorto: la pace, lo Spirito Santo, la missione, la fede - «La sera di quel giorno, il primo della settimana» (Gv 20,19), Gesù si ferma in mezzo ai suoi discepoli segregati nel cenacolo per timore dei Giudei: è il Risorto presente nella sua Chiesa che è sotto il suo potere e la sua protezione (Cf. Ap 1,20). Conforta gli Apostoli con il dono della pace, «quella che egli aveva promesso per il suo ritorno [Cf. Gv 14,27-28]. Mostrando le mani e il costato, il Risorto non dimostra soltanto la sua identità con il Gesù crocifisso; egli fa vedere la sorgente da cui proviene la pace che è frutto della Pasqua» (Valerio Mannucci).
Nell’Antico Testamento la pace è uno stato tranquillo di benessere esteriore visto come dono di Dio. Una condizione di normalità di tutte le cose che provoca ordine, euforia, felicità. La pace è «soprattutto il bene messianico per eccellenza, destinato a realizzarsi in modo inscindibile dalla giustizia. Per questo essa si realizza pienamente nel Nuovo Testamento» (B. L.). Per l’apostolo Paolo la pace è una Persona, Gesù: «Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne» (Ef 2,14). La pace che Gesù dona ai suoi discepoli va vissuta come relazione d’amore non solo all’interno della Chiesa, ma anche come rapporto pacifico con tutti (Cf. Rom 14,19) e questo perché la pace è frutto dello Spirito Santo (Cf. Gal 5,22) il quale oltre a presiedere la vita nuova del cristiano non tollera divisioni o disordini. La pace non va mai separata dalla giustizia, che è pure dono dell’amore misericordioso di Dio (Cf. Giac 3,17-18). Alla pace e alla giustizia poi si accompagna la gioia che insieme formano l’essenza del Regno di Dio (Cf. Rom 4,17).
La pace è il dono più grande che un cuore umano possa custodire e bisogna essere perseveranti nel custodirla, sino alla fine della vita terrena. «Essere trovati nella pace nell’ultimo giorno equivale ad essere pronti per l’entrata definitiva nel Regno: essa definisce, perciò, la situazione di salvezza del cristiano [Cf. 2Pt3,14]. Si comprende, allora, in pieno perché gli operatori di pace sono beatificati dal Signore [Cf. Mt 5,9], essi, che l’hanno ricevuta come dono di Dio nello Spirito e l’hanno fatta fruttificare in opere d’amore, otter­ranno nell’ultimo giorno la benedizione che spetta ai figli di Dio» (Bruno Liverani).
Il Risorto, subito dopo, dà ai suoi discepoli anche il dono della missione. La presenza di Gesù e il dono della pace hanno spalancato le porte della casa dove si trovavano rinchiusi i discepoli per paura dei Giudei: è sceso nel cuore degli Apostoli il fuoco del coraggio (Cf. Ger 20,9).
Poi, Gesù alita sui discepoli e dona loro lo Spirito Santo, principio della nuova creazione (Gen 1,2; 2,7; Ez 37,9; Sap 15,11; Mt 3,16; Gv 1,33; 14,26; 19,30). Era necessario che al dono della missione si accompagnasse il dono dello Spirito Santo perché inscindibili l’uno dall’altro: «II nostro vangelo, infatti, non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo» (1Ts 1,5). Gesù dona lo Spirito Santo per una missione molto particolare: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,22-23). Dona loro il potere di rimettere i peccati perché la missione della Chiesa, come quella del Cristo, è totalmente orientata alla salvezza degli uomini (Cf. Gv3,1.6-17; 5,20-30; ecc.).
Infine, Gesù mostrando il costato ferito e le mani e i piedi piagati per vincere l’incredulità di Tommaso indica alla Chiesa e al mondo il cammino per arrivare alla fede: bisogna partire dal Crocifisso, è dalla contemplazione amorosa del Crocifisso risorto che sgorga la fede: «Attraverso la via della croce si arriva alla gloria: teologia della croce per essere teologia della gloria. Gesù mostra le mani, quelle mani ferite, perforate dai chiodi, il segno dell’amore; mostra il costato squarciato, segno ancora più grande dell’amore: il cuore trafitto. La morte è dimostrazione massima dell’amore. La risurrezione è amore» (Don Carlo De Ambrogio).
Solo chi muore amando entra nella vita del Risorto (Cf. 1Gv 3,14).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Io ho in mano le chiavi della morte e dell’aldilà, non abbiate paura, sarete eterni, avrete l’immortalità, una vita come quella che ho io.
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Padre, che nel giorno del Signore raduni il tuo popolo per celebrare colui che è il Primo e l’Ultimo, il Vivente che ha sconfitto la morte, donaci la forza del tuo Spirito, perché, spezzati i vi coli del male, ti rendiamo libero servizio della nostra obbedienza e del nostro amore, per regnare con Cristo nella gloria. Egli è Dio, e vive e regna con te...