24 Aprile 2019
  
MERCOLEDÌ FRA L’OTTAVA DI PASQUA


Oggi Gesù ci dice: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?».    

Vangelo - Dal Vangelo secondo Luca 24,13-35: Il racconto dell’apparizione di Gesù risorto ai discepoli di Emmaus si trova solo nel Vangelo di Luca. È una pagina di rara efficacia letteraria. Volendo indicare al discepolo l’unico cammino che porta alla fede, ha un intento catechetico, pedagogico e didattico di grande spessore. Il racconto tocca il suo acme quando l’evangelista si ferma a descrivere ciò che fece Gesù: «Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro». Spezzare il pane, sono le parole con cui l’evangelista Luca, indica «il pasto eucaristico in At 2,42 e 20,27. Nel sacramento eucaristico, cuore di tutto il sistema sacramentale, il cammino catechistico dei discepoli di Gesù si compie: hanno fatto esperienza di Gesù risorto “nello spezzare il pane”. Avendone fatta l’esperienza, non hanno più bisogno di vederlo» (Alfonso Sidoti).

Il primo giorno della settimana - Catechismo della Chiesa Cattolica 1343: Soprattutto “il primo giorno della settimana”, cioè la domenica, il giorno della Risurrezione di Gesù, i cristiani si riunivano “per spezzare il pane” (At 20,7). Da quei tempi la celebrazione dell’Eucaristia si è perpetuata fino ai nostri giorni, così che oggi la ritroviamo ovunque nella Chiesa, con la stessa struttura fondamentale. Essa rimane il centro della vita della Chiesa.

Il primo giorno della settimana due discepoli erano in cammino per un villaggio  di nome Èmmaus. Mentre discorrevano di tutto quello che era accaduto, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Non riconoscendolo, i due discepoli rispondono alla domanda del forestiero raccontando la vita del Crocifisso, la sua missione e la sua morte e la loro vana attesa.
Noi speravano che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele, ma tutto era finito nella più cupa delusione, nonostante i discorsi sconvolgenti di alcune donne, discepole di Gesù; nonostante il sepolcro vuoto e l’ispezione fatta da Pietro e dal discepolo che Gesù amava. Per loro, la vita e la morte di Gesù rimanevano fasciate di mistero, irreale la sua risurrezione, oscure le sue promesse: non riuscivano a trovare la chiave di lettura degli avvenimenti accaduti intorno al Golgota e al sepolcro vuoto perché non avevano poggiato il loro capo sul cuore della Parola di Dio (Cf. Gv 13,26).
Cleopa e il suo compagno, tornavano a casa stanchi, col volto triste, sotto il peso insopportabile dello scandalo e del fallimento. Con il dissolversi della speranza, forse, avevano tagliato i ponti con la comunità e avevano deciso di tornare a casa: la frantumazione della comunione porta sempre con sé tristezza, sfiducia e solitudine.
Quando l’uomo è sull’orlo dell’abisso dello scoramento, Dio allora prende l’iniziativa: Gesù si avvicinò e camminava con loro, si fa trovare sulla strada dei discepoli smarriti per risanare i loro cuori affranti e fasciare le loro ferite (Cf. Sal 147,3).
I due discepoli camminavano e parlavano con Gesù, ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo: non lo riconoscono non perché i loro occhi non vedano, ma perché è loro impedito di vedere. Una sottolineatura tesa ad evidenziare che la fede nella risurrezione è un «dono perfetto che viene dall’alto» (Gc 1,17). Non potevano comprendere le Scritture perché non avevano ancora ricevuto lo Spirito Santo: lo «Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14,26).
La domanda di Gesù, Che cosa sono questi discorsi che state facendo lungo il cammino?, ha uno scopo propedeutico e critico: vuole che il discepolo innanzi tutto riveli a se stesso i pensieri segreti che lo agitano, le attese messianiche che avevano animato il suo discepolato, le disillusioni, i suoi errori nel comprendere il mistero del Cristo. Solo confessando a se stesso l’errate valutazioni si può rendere disponibile a ricevere il dono della rivelazione.
Stolti e lenti di cuore: perché, sognando ad occhi aperti, avevano gustato infantilmente la gloria di un messia terreno e politico e assaporato la disfatta eterna degli odiati nemici che calpestavano le loro più elementari libertà, sciocche speranze umane che si erano dissolte dinanzi a una croce e a un sepolcro sigillato (Cf. Mt 27,66). Cleopa e il suo compagno non avevano compreso le Scritture perché in esse non avevano cercato Cristo, ma i loro sogni. Non avevano capito le Scritture perché non si rendevano conto che la comprensione della Parola di Dio è frutto soltanto di un impulso manifesto dello Spirito Santo e di un intervento diretto del Cristo. Senza questo impulso e intervento la comprensione, come ricerca umana, rimane molto superficiale, scivolando spesso nell’errore e nel soggettivismo. Questa verità è supportata da una annotazione che non va trascurata: cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Luca vuol dire ai suoi lettori che è impossibile arrivare alla conoscenza della Sacra Scrittura, e del progetto salvifico, senza che Gesù ne dia l’intelligenza della comprensione.
Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro: non si parla in modo esplicito della celebrazione eucaristica, ma queste parole oltre a richiamare la moltiplicazione dei pani (Lc 9,16) ricordano chiaramente l’ultima Cena (Lc 22,19).
Allo spezzare del pane, finalmente lo riconoscono: un’esperienza che «mette a fuoco il cuore dei discepoli, i quali si rendono consapevoli che il fatto della Risurrezione di Gesù li vuole ormai non più dubbiosi spettatori ma testimoni coraggiosi» (Carlo Ghidelli).
Sedotti dall’Amore (Cf. Ger 20,7), i due discepoli ritornano sui loro passi. Incontrandosi con gli Undici, ora, hanno la certezza di non aver incontrato un fantasma e sopra tutto perché la loro esperienza è confermata dalla testimonianza di Pietro (Cf. Lc 22,32): «la fede cristiana non va segregata nell’intimità privata, ma deve essere confrontata sempre con la struttura portante della Chiesa [gli Undici riuniti] sicché possa diventare patrimonio fruibile di tutti» (Alfonso Sidoti).

Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? - CCC 572: La Chiesa resta fedele all'interpretazione di tutte le Scritture data da Gesù stesso sia prima, sia dopo la sua pasqua: Non bisognava che il cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? (Lc 24,26). Le sofferenze di Gesù hanno preso la loro forma storica concreta dal fatto che egli è stato “riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi” (Mc 8,31), i quali lo hanno consegnato “ai pagani” perché fosse “schernito e flagellato e crocifisso” (Mt 20,19).
601: Questo disegno divino di salvezza attraverso la messa a morte del Servo, il Giusto,  era stato anticipatamente annunziato nelle Scritture come un mistero di redenzione universale, cioè di riscatto che libera gli uomini dalla schiavitù del peccato. San Paolo professa, in una confessione di fede che egli dice di avere “ricevuto”, che “Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture” (1Cor 15,3). La morte redentrice di Gesù compie in particolare la profezia del Servo sofferente. Gesù stesso ha presentato il senso della sua vita e della sua morte alla luce del Servo sofferente. Dopo la Risurrezione, egli ha dato questa interpretazione delle Scritture ai discepoli di Emmaus, poi agli stessi Apostoli.

Non bisognava... - La morte di Gesù non è la somma di sventurate coincidenze o il coagulo di odi, vendette o risentimenti, ma l’epilogo di un progetto che prevedeva la sua morte a vantaggio di tutti gli uomini (cfr. Eb 2,9). La Croce non è un fallimento, ma la via voluta da Dio (bisognava) per il trionfo definitivo di Cristo sul peccato e sulla morte, e quindi della redenzione di tutti gli uomini. La metodologia usata da Gesù per spiegare tale necessità, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui, vuole indicare ai discepoli la strada maestra per arrivare a comprendere la volontà e le vie di Dio: la Parola di Dio. Ma la Parola non basta: occorre incontrarsi; è necessario fare comunione con Gesù risorto nella frazione del pane, nutrendosi del Pane della Vita che il Risorto dona alla Chiesa; condividendo con i fratelli il pane della carità e della consolazione. Con «somma sapienza cristiana Luca evidenzia il ruolo delle Scritture, ma nello stesso tempo ne esprime anche i limiti. La comprensione introduce nel mistero del Signore, ma non per questo lo dona, perché la partecipazione ad esso non è un fatto di conoscenza razionale, sia pure connotata spiritualmente ... l’esperienza dell’incontro con il Risorto tocca il suo apice nel sacramento, nella “frazione del pane”, nell’eucaristia» (Egidio Caporello). Quando Luca scrive il racconto, i cristiani già celebravano nelle loro case la cena del Signore (cfr. Atti 2,42.46; 20,7.11). Ed è proprio con l’espressione spezzare il pane che si indicava il memoriale della morte e risurrezione di Gesù. Quindi, Luca ha voluto che il credente, leggendo l’episodio dei discepoli di Emmaus, lo accostasse all’Eucaristia. Usando intenzionalmente un vocabolario eucaristico ha voluto dire ai suoi lettori che la frazione del pane li fa incontrare con il Risorto dando completezza e risonanza all’incontro avvenuto già alla mensa della Parola. Così come avvenne per i discepoli di Emmaus. È quindi una nota liturgica: la comunità cristiana ritrova la presenza del suo Signore nell’ascolto della Parola e nell’Eucaristia celebrata in un convito di fraternità agapica.

Gesù consegnato secondo il disegno prestabilito di Dio - Catechismo della Chiesa Cattolica 599: La morte violenta di Gesù non è stata frutto del caso in un concorso sfavorevole di circostanze. Essa appartiene al mistero del disegno di Dio, come spiega san Pietro agli Ebrei di Gerusalemme fin dal suo primo discorso di Pentecoste: “Egli fu consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio” (At 2,23). Questo linguaggio biblico non significa che quelli che hanno “consegnato” Gesù (At 3,13) siano stati solo esecutori passivi di una vicenda scritta in precedenza da Dio.
600: Tutti i momenti del tempo sono presenti a Dio nella loro attualità. Egli stabilì dunque il suo disegno eterno di “predestinazione” includendovi la risposta libera di ogni uomo alla sua grazia: “Davvero in questa città si radunarono insieme contro il tuo santo servo Gesù, che hai unto come Cristo, Erode e Ponzio Pilato con le genti e i popoli d’Israele per compiere ciò che la tua mano e la tua volontà avevano preordinato che avvenisse” (At 4,27-28). Dio ha permesso gli atti derivati dal loro accecamento al fine di compiere il suo disegno di salvezza.

E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui - Dei Verbum: Importanza del Vecchio Testamento per i cristiani 15. L’economia del Vecchio Testamento era soprattutto ordinata a preparare, ad annunziare profeticamente (cfr. Lc 24,44; Gv 5,39; 1Pt 1,10) e a significare con diverse figure (cfr. 1Cor 10,11) l’avvento di Cristo redentore dell’universo e del regno messianico. I libri poi del Vecchio Testamento, tenuto conto della condizione del genere umano prima dei tempi della salvezza instaurata da Cristo, manifestano a tutti chi è Dio e chi è l’uomo e il modo con cui Dio giusto e misericordioso agisce con gli uomini. Questi libri, sebbene contengano cose imperfette e caduche, dimostrano tuttavia una vera pedagogia divina. Quindi i cristiani devono ricevere con devozione questi libri: in essi si esprime un vivo senso di Dio; in essi sono racchiusi sublimi insegnamenti su Dio, una sapienza salutare per la vita dell’uomo e mirabili tesori di preghiere; in essi infine è nascosto il mistero della nostra salvezza.
Unità dei due Testamenti 16. Dio dunque, il quale ha ispirato i libri dell’uno e dell’altro Testamento e ne è l’autore, ha sapientemente disposto che il Nuovo fosse nascosto nel Vecchio e il Vecchio fosse svelato nel Nuovo. Poiché, anche se Cristo ha fondato la Nuova Alleanza nel sangue suo (cfr. Lc 22,20; 1Cor 11,25), tuttavia i libri del Vecchio Testamento, integralmente assunti nella predicazione evangelica, acquistano e manifestano il loro pieno significato nel Nuovo Testamento (cfr. Mt 5,17; Lc 24,27), che essi a loro volta illuminano e spiegano.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?».     
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che nella liturgia pasquale ci dai la gioia di rivivere ogni anno la risurrezione del Signore, fa’ che l’esultanza di questi giorni raggiunga la sua pienezza nella Pasqua del cielo. Per il nostro Signore...