16 Aprile 2019

Martedì della Settimana Santa


Oggi Gesù ci dice: “Uno di voi mi tradirà... Non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte.” (Vangelo).  

Vangelo - Dal Vangelo secondo Giovanni 13,21-23.36-38: In quel tempo, [mentre era a mensa con i suoi discepoli,] Gesù fu profondamente turbato: il turbamento di Gesù scaturisce dal tradimento Giuda, e sopra tutto dal vedere un’anima sopraffatta dal potere del demonio: uno di voi mi tradirà... «Signore, chi è?». Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariòta. Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui. Solo il disamore può render possibile il tradimento. In Giuda si può leggere la delusione, ma ancor più chiaramente la strumentalizzazione, la mercificazione di Cristo, la disperazione. Anche Pietro rinnegherà il Maestro, ma mentre Giuda tradisce Gesù senza pentimenti; Pietro laverà con lacrime di pentimento il suo peccato. Gesù va verso il Calvario e va solo. Più tardi gli apostoli lo seguiranno. Seguire Cristo vuol dire amare come Lui ci ha amati. L’amore più grande esige il sacrificio più grande. L’amore non è frutto di presunzione. Pietro fa leva sul suo attaccamento e sul sentimento che lo lega a Gesù. Gesù gli rivela che è invece dono di Dio. Se non ci è dato dall’alto, noi non possiamo vivere la carità.
Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui: la glorificazione del Figlio è in pari tempo la glorificazione del Padre: l’una si attua nell’altra. Tale glorificazione sarà realizzata immediatamente con la morte e risurrezione di Cristo, ma avrà la sua pienezza alla Parusìa, alla fine dei tempi.

Gesù fu profondamente turbato - Mons. Vincenzo Paglia, Vescovo (Omelia, 11-04-2006): Il Vangelo di Giovanni, dal capitolo 13 al capitolo 17, riporta una serie di discorsi che manifestano la preoccupazione di Gesù per quel piccolo gruppo di discepoli e per quelli che attraverso la loro parola crederanno in lui (cfr. Gv 17,20). È un’ora segnata dall’inesorabile avvicinarsi della morte. Gesù ha il cuore affollato di sentimenti, anche contraddittori: non vuole morire ma neppure fuggire. È giunta comunque l’ora della sua “partenza”. Ma quel che lo angoscia è il futuro di quel piccolo gruppo a cui ha legato il suo Vangelo. Non è scontato che continueranno a stare insieme. Eppure è a loro che lascia l’eredità del cammino intrapreso. Dice loro: “Un comandamento nuovo vi do: che vi amiate gli uni gli altri”. Non è la prima volta che parla di questo comandamento, ma ora c’è la solennità di un testamento. È evidente la volontà di Gesù di creare una comunità d’amore tra i suoi; una comunità di fratelli, quella che gli uomini da soli non sanno creare. Proprio questi discepoli, infatti, durante la stessa cena, avevano appena discusso su chi fosse tra loro il più grande. Solo Gesù sa creare tra gli uomini un’amicizia nuova, fraterna, profonda e non competitiva.

Ed era notte - Richard Gutzwiller (Meditazioni su Giovanni): Commentando l’allontanamento del traditore, Giovanni osserva semplicemente: «Ed era notte»: notte di fuori, nelle strade di Gerusalemme, notte di dentro, nell’anima del traditore e nella storia dell’umanità. In quella notte la luce di Cristo risplendette con raddoppiata intensità e le parole di lui: «Ora è stato glorificato il Figli dell’uomo, e Dio è stato glorificato in lui; e se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà in se stesso, e lo glorificherà presto», risuonano come un grido di trionfo. È lo splendore della gloria ed il fulgore della luce di Dio.
Da parte degli uomini il tradimento è un peccato ed un delitto; ma anche questo peccato rientra nei piani di Dio e - con la grazia e la potenza di Dio - contribuirà alla glorificazione. L’ora di Gesù è l’ora dell’avvilimento, ma anche della glorificazione. Quando nacque, gli angeli cantarono il Gloria; ora, prima della morte, Gesù stesso eleva una specie di canto funebre «in gloria Patris», ma anche in gloria sua. Così le tenebre della notte sono illuminate dalla luce della gloria divina.

Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato...: Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): vv. 31-32 «Adesso è stato glorificato il Figlio dell’ uomo e Dio è stato glorificato in lui». Gesù riprende un tema annunziato alla venuta dei greci, dopo il suo ingresso a Gerusalemme (12,23.28). L’arrivo dei pagani preludeva alla sua morte-glorificazione; adesso l’uscita di Giuda dà l’avvio alla passione e rappresenta «il segnale del processo che porta Gesù alla morte e attraverso questa alla glorificazione» (Fabris, p. 767). Il titolo Figlio dell’uomo si rapporta soprattutto alla «figura umana storica di Gesù, solidale con il destino umano» (ivi), mentre «Figlio» in assoluto nel passo parallelo 14,13 ne sottolinea la divinità. È stato glorificato (edoxàsthé, aoristo) esprime il momento decisivo della missione di Gesù e si riferisce in modo globale alla sua passione-morte e risurrezione-ascensione, cioè all’innalzamento in croce e alla gloria del cielo (cf. 3,14; 8,28; 12,32). E Dio che glorifica il Figlio, ma lui stesso è glorificato nell’autodonazione volontaria del Figlio per compiere il suo disegno di salvezza.
Nel v. 32 la glorificazione di Gesù appare subordinata a quella del Padre ed è espressa al futuro, Dio lo glorificherà, con un riferimento al secondo momento della glorificazione, che si sarebbe verificato presto (subito) nella sua risurrezione ed esaltazione in cielo, nel suo ritorno al Padre il primo giorno della settimana (20,1), cioè la domenica di Pasqua.

Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!: Card. Tarcisio Bertone (Omelia, 3 aprile 2007): Osserviamo l’altro quadro della scena evangelica, quello in cui Simon Pietro, nella sua impulsiva generosità, sembra non accettare l’annuncio della dipartita del Maestro: “Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!”, e Gesù: “Darai la tua vita per me? In verità, in verità ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte”. Come poté Simon Pietro superare l’amarezza provata dal suo rinnegamento? La forza gliela diede il “credere all’amore”; credere all’amore di Dio fonte di misericordia. Pur nel turbamento fu capace di dire “sì all’amore, perché esso soltanto, proprio con il suo rischio della sofferenza e della perdita di sé, porta l’uomo a se stesso e lo rende ciò che egli deve essere. Penso che questo sia il vero dramma della storia, cioè che essa nella molteplicità dei fronti, gli uni contrapposti agli altri, alla fine è riconducibile alla formula: sì o no all’amore”. Sono parole del Card. Joseph Ratzinger, chiamato da Dio a succedere a Pietro nella guida della Chiesa (cfr. Il sale della terra, p. 320). L’amore acquista forza se vissuto in seno alla comunità dei credenti. Per questo, avvicinandosi i giorni che ricordano l’istituzione dell’Eucaristia, che ci fa Chiesa, comunione dei credenti in Cristo, e del sacerdozio ministeriale che rinnova quotidianamente in maniera sacramentale il sacrificio di Cristo, vorrei esortarvi a perseverare nella partecipazione alla messa domenicale, per attingere forza e per il recupero costante di quelle energie spirituali necessarie per superare le asperità della vita.

La presunzione di Pietro - Salvatore Alberto Panimolle (Lettura Pastorale del Vangelo di Giovanni): Il comportamento di Pietro, allorché presumette di essere fedele a Gesù anche se tutti lo avessero abbandonato, deve essere di ammonimento per tutti. I sinottici nella predizione del rinnegamento di Pietro mettono in maggior risalto la presunzione dell’apostolo, perché Pietro si contrappone a tutti gli altri discepoli e si ritiene l’unico capace di essere fedele al Signore (cf. Mc 14,29 e par.); ma tale presunzione gli giocherà un brutto tiro, perché non solo non «deporrà l’anima» per Gesù, ma lo rinnegherà tre volte (Gv 13,38).
In realtà la perseveranza nella fedeltà al Signore è un dono di Dio che il discepolo deve chiedere con umiltà e costanza. Nessuno può presumere di non cadere anche nei peccati più gravi senza una grazia speciale. Perciò dinanzi alle defezioni e alle debolezze dei fratelli, anziché condannare o inorgoglirsi, il cristiano deve domandare con fiducia e semplicità il dono della perseveranza. S. Paolo ammonisce a impegnarsi nel bene con perseveranza, badando bene a non tentare Dio e a non cadere. Per superare le tentazioni, oltre l’aiuto di Dio, è molto
importante l’impegno a vivere la vera fraternità (cf. 1Cor 10,9-13; Presbyterorum ordinis, 8).

... non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte: Paolo VI (Udienza Generale, 28 giugno 1972): [...]. E ancora un altro segno ci narra la storia di Pietro, il gallo. Quel gallo implacabile che cantò nella notte della negazione, la notte del processo di Gesù, come Gesù aveva predetto: «Prima che il gallo canti per la seconda volta, mi rinnegherai» (Matth. 14,72). Pietro uomo ci appare nella sua drammatica complessità psicologica, nella sua fragilità umana; era buono, sincero, era esuberante di sentimenti e di parole; si fidava, così trasportato dal suo entusiasmo, si fidava di sé, Il demonio prevalse su di lui (1Petr. 5,8). E subito la paura l’invase, e negò, e mentì alla fedeltà e all’amore: «Non lo conosco!» (Marc. 14,71). Per fortuna - oh! quale bontà di Cristo per il suo debole e prescelto testimonio! - Gesù, proprio in quel momento, «si voltò e guardò Pietro» (Luc. 22,61); e tanto bastò per sconvolgere nel rimorso e nel pianto il povero apostolo, che fuggì, ma non disperò. Gesù gli aveva anche predetto ch’egli si sarebbe ripreso e che sarebbe stato poi suo compito di «confermare i suoi fratelli» (Ibid. 22,32).

Giuda Iscariota - Augusto Barbi: Figlio di Simone Iscariota (Gv 6,71; 13,2.26), figura negli elenchi dei Dodici all’ultimo posto e con l’annotazione del suo tradimento (Mt 10,4; Mc 3,19; Lc 6,16).
Pietro afferma che Giuda aveva fatto parte del loro gruppo e ricevuto il loro stesso ministero, ma anche che aveva fatto da guida a quelli che avevano i arrestato Gesù. Giovanni (6,70-71) lo riconosce tra i Dodici  scelti da Gesù, ma lo chiama diabolos cioè avversario, in quanto traditore.
La nota del tradimento sembra essere la costante (Gv 12,4; 18,2.5; Mt 26.25; 27,3) di questa figura enigmatica. Il racconto del tradimento (Mt 26,14-14.10-11; Lc 22,3-6) evidenzia il patteggiamento di una ricompensa  a Giuda da parte delle autorità, ricompensa che Matteo fissa in 30 monete d’argento. Gesù predice durante l’ultima cena questo tradimento. Al momento del suo arresto, è il bacio che Giuda dà (Mt 26,47-50; Mc 14.43-45) o accenna a dare (Lc 22,47-48) agli armati del Sinedrio, per far loro riconoscere Gesù. Il motivo di questo tradimento è discusso: la gelosia nei confronti del gruppo apostolico; la cupidigia (Mt 26,15; Gv 12,5-6); l’appartenenza al movimento zelota e la delusione per una liberazione politica che non veniva. Quello della cupidigia potrebbe essere il più valido, senza escluderne altri. I Vangeli di Giovanni (13,2) e Luca (22,3) attribuiscono questa decisione di avversione al disegno divino all’ingresso di Satana nel cuore di Giuda. Sulla morte di Giuda c’è una duplice tradizione. Matteo (27,3-10) parla dei rimorsi di Giuda, della restituzione del denaro ai sommi sacerdoti, del suo suicidio per impiccagione e dell’acquisto di un terreno con il denaro restituito; nel racconto di Matteo c’è un’eco della morte di Achitòfel narrata nel secondo libro di Samuele (17,23). Differentemente da Matteo gli Atti degli apostoli (1,18) attribuiscono a Giuda l’acquisto di un campo nel quale muore per una rovinosa caduta, di una morte simile a quella destinata all’empio in Sapienza 4,19.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Uno di voi mi tradirà... Non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte.” (Vangelo).  
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Concedi a questa tua famiglia, o Padre, di celebrare con fede i misteri della passione del tuo Figlio, per gustare la dolcezza del tuo perdono. Per il nostro Signore Gesù Cristo...