26 Marzo 2019

 Martedì Terza Settimana di Quaresima


Oggi Gesù ci dice: “Se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello, il Padre non vi perdonerà.” (Vangelo).

Vangelo - Dal Vangelo secondo Matteo 18,21-35: Liti, giudizi temerari, detrazioni... un elenco che si allunga all’infinito e sembra riferirsi a mondi lontani eppure è il pane quotidiano delle nostre comunità. Atteggiamenti distorti che già avvelenarono la chiesa apostolica, le lettere dell’apostolo Paolo abbondano di queste perniciose notizie. L’insegnamento di Gesù allora ci rivela che non esistono cristiani e chiese ideali, tutti dobbiamo portare il vergognoso peso di queste impalcature, ma tutti, con un po’ di buona volontà e sostenuti dalla grazia di Dio, possiamo essere misericordiosi, come il Padre nostro è misericordioso (cfr. Lc 6,36), possiamo e dobbiamo sforzarci di esercitare questo caritatevole esercizio: “Siate benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo.” (Ef 4,3). L’imperativo della misericordia “caratterizza fondamentalmente tutto il vivere cristiano ed è connesso inseparabilmente con l’amore del prossimo... Questo imperativo appare ancora più urgente dal fatto che nel Cristo-evento Dio manifesta la sua misericordia in una maniera nuova e definitiva.” (Leopold Sabourin).

Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi - Claude Tassin (Vangelo di Matteo): Il senso della parabola viene riassunto dalle parole stesse del sovrano (v. 32): il debitore doveva condonare il debito del suo collega, immensamente minore del suo, perché egli stesso aveva beneficiato di una grazia insperata.
Da un altro punto di vista, il re si sente giustamente ferito nel suo onore, poiché quel malvagio individuo ha di­mostrato col suo atteggiamento spietato la sua assoluta incapacità di comprendere la grazia che gli era stata concessa.
La lezione che Gesù trae dalla parabola non ha più nulla a che vedere col numero di volte che bisogna perdonare; essa richiama piuttosto la preghiera del Padre nostro e il suo commento (cfr. Mt 6,12.14-15): colui che ha udito il vangelo e si è legato a Gesù è come un debitore insolvente che deve la propria vita alla sola grazia di Dio. Se non perdona «a suo fratello», senza calcoli, «dal fondo del cuore», egli si mostra indegno del Padre celeste che, un giorno, non prenderà affatto in considerazione i suoi gesti di perdono, ma giudicherà la sua intelligenza pratica e i suoi sforzi in questo senso.
Così si chiude il «discorso sulla Chiesa». Certo, questa è terrena, limitata. Tuttavia, anche i provvedimenti disciplinari pratici ai quali arriva una comunità cristiana devono nutrirsi della preghiera, di un’attenzione adeguata all’esempio di Gesù e di una disposizione del cuore che spera sempre che l’atto di perdono potrà realizzarsi.

Diecimila talenti (circa 340 tonnellate d’oro), è una somma astronomica, un debito che il servo non avrebbe mai potuto pagare. Da qui l’ordine che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito (la norma di estendere la pena alla famiglia del reo non è conosciuta dal diritto veterotestamentario, ma è mutuata dal codice penale ellenistico (cfr. Dan 6,25). Come ultima tavola di salvezza non restava quindi che implorare pietà: la supplica arriva immantinente al cuore del re-padrone il quale ebbe compassione, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Una bella lezione di magnanimità, ma il servo non vuole intenderla e nell’incontrare un pari suo che gli doveva cento denari, ben misera cosa perché l’equivalente di circa mezzo Kg d’argento, non vuol sentire ragione e fa applicare la pena che gli era stata condonata. Ma l’epilogo della parabola stravolge tutto: il servo spietato viene punito perché incapace di perdonare e in questo modo codifica una norma squisitamente cristiana: così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello. Tale sentenza è il più bel commento al Padre nostro e in particolare a quella petizione che ci fa dire rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori (Mt 6,12). Dalle parole di Gesù si esplicita una condizione per essere raggiunti dal perdono del Padre: se perdonerete di cuore, in questo modo la «legge del perdono che Gesù impone ai suoi non si ferma alla superficie, ma raggiunge le profondità più intime dell’essere umano: mente, volontà, sentimento. Il cristiano... deve rivestirsi di tenera compassione, sopportare e perdonare: proprio come il Signore ha perdonato... Se c’è una misura, essa è quella del perdono di Dio: “Siate misericordiosi, come misericordioso è il Padre celeste [Lc 6,36]» (Angelo Lancellotti).

Uno dei principali doveri... - Dives in misericordia 14: [...] la Chiesa deve considerare come uno dei suoi principali doveri - in ogni tappa della storia, e specialmente nell’età contemporanea - quello di proclamare e di introdurre nella vita il mistero della misericordia, rivelato in sommo grado in Gesù Cristo. Questo mistero, non soltanto per la Chiesa stessa come comunità dei credenti, ma anche in certo senso per tutti gli uomini, è fonte di una vita diversa da quella che l’uomo, esposto alle forze prepotenti della triplice concupiscenza operanti in lui, è in grado di costruire. È appunto in nome di questo mistero che Cristo ci insegna a perdonare sempre. Quante volte ripetiamo le parole della preghiera ch’egli stesso ci ha insegnato, chiedendo: «Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori», cioè a coloro che sono colpevoli di qualcosa nei nostri riguardi!. È davvero difficile esprimere il profondo valore dell’atteggiamento che tali parole tracciano e inculcano. Quante cose queste parole dicono ad ogni uomo sul suo simile ed anche su di lui stesso! La coscienza di essere debitori gli uni degli altri va di pari passo con la chiamata alla solidarietà fraterna, che san Paolo ha espresso nel conciso invito a sopportarsi «a vicenda con amore». Quale lezione di umiltà è qui racchiusa nei riguardi dell’uomo, in pari tempo del prossimo e di se stessi! Quale scuola di buona volontà per la convivenza di ogni giorno, nelle varie condizioni della nostra esistenza! Se disattendessimo questa lezione, che cosa rimarrebbe di qualsiasi programma «umanistico» della vita e dell’educazione?
Cristo sottolinea con tanta insistenza la necessità di perdonare gli altri che a Pietro, il quale gli aveva chiesto quante volte avrebbe dovuto perdonare il prossimo, indicò la cifra simbolica di «settanta volte sette», volendo dire con questo che avrebbe dovuto saper perdonare a ciascuno ed ogni volta. È ovvio che una così generosa esigenza di perdonare non annulla le oggettive esigenze della giustizia. La giustizia propriamente intesa costituisce per così dire lo scopo del perdono. In nessun passo del messaggio evangelico il perdono, e neanche la misericordia come sua fonte, significano indulgenza verso il male, verso lo scandalo, verso il torto o l’oltraggio arrecato. In ogni caso, la riparazione del male e dello scandalo, il risarcimento del torto, la soddisfazione dell’oltraggio sono condizione del perdono.

Gioia che si rinnova e si comunica - Evangelii gaudium 2-3: Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata. Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene. Anche i credenti corrono questo rischio, certo e permanente. Molti vi cadono e si trasformano in persone risentite, scontente, senza vita. Questa non è la scelta di una vita degna e piena, questo non è il desiderio di Dio per noi, questa non è la vita nello Spirito che sgorga dal cuore di Cristo risorto. Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta. Non c’è motivo per cui qualcuno possa pensare che questo invito non è per lui, perché «nessuno è escluso dalla gioia portata dal Signore». Chi rischia, il Signore non lo delude, e quando qualcuno fa un piccolo passo verso Gesù, scopre che Lui già aspettava il suo arrivo a braccia aperte. Questo è il momento per dire a Gesù Cristo: «Signore, mi sono lasciato ingannare, in mille maniere sono fuggito dal tuo amore, però sono qui un’altra volta per rinnovare la mia alleanza con te. Ho bisogno di te. Riscattami di nuovo Signore, accettami ancora una volta fra le tue braccia redentrici». Ci fa tanto bene tornare a Lui quando ci siamo perduti! Insisto ancora una volta: Dio non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia. Colui che ci ha invitato a perdonare «settanta volte sette» (Mt 18,22) ci dà l’esempio: Egli perdona settanta volte sette. Torna a caricarci sulle sue spalle una volta dopo l’altra. Nessuno potrà toglierci la dignità che ci conferisce questo amore infinito e incrollabile. Egli ci permette di alzare la testa e ricominciare, con una tenerezza che mai ci delude e che sempre può restituirci la gioia. Non fuggiamo dalla risurrezione di Gesù, non diamoci mai per vinti, accada quel che accada. Nulla possa più della sua vita che ci spinge in avanti!

... quante volte dovrò perdonargli? - Daniel J. Harrington, S.J.: A porre la domanda è Pietro. Gesù aveva insegnato ai discepoli l’urgente necessità della correzione fraterna, e a Pietro, che certamente faceva riferimento ad una Legge con spirito ben diverso, sembrò forse un po’ esagerato tutta la trafila da fare prima di arrivare ad un giudizio. Comunque, Pietro  pensa di essere molto magnanimo nel dichiararsi disposto a perdonare fino a sette volte (cfr. Prov 24,16). La risposta di Gesù, Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette (cfr. Gen 4,24), è palese per un semita: bisogna perdonare non per un numero limitato di casi, sette volte, ma senza limiti, cioè sempre, settanta volte sette! Questo è il vino nuovo che va versato in otri nuovi (Mt 19,17; Mc 2,22; Lc 5,37-38). Non più la Legge del taglione (cfr. Es 21,23), ma la carità  fraterna, l’amore vicendevole, il perdono senza limiti. Il perdono è la «buona novella» già presente nella predicazione del Battista, e che Gesù non solo ratifica con la sua predicazione (cfr. Lc 4,18-19), ma con le opere lo esercita, dimostrando a tutti gli uomini che Dio non vuole che alcuno si perda (cfr. Mt 18,14; Gv 6,39). E anche se viene esatto dal peccatore il pentimento, la fede e una vita nuova, il perdono dei peccati è sempre opera della pazienza di Dio (cfr. Rom 3,25): è un libero e gratuito dono di Dio, non dovuto ai meriti o al pentimento del peccatore, ed è ottenuto dal peccatore per mezzo di Cristo, unicamente per mezzo della sua morte redentrice. Ecco, quindi, per il discepolo l’esigenza di superare le prescrizioni dell’Antico Testamento, tra le quali la Legge del taglione (Es 21,23). Ora v’è una nuova Legge: amare, perdonare come ama e perdona Dio. Il comportarsi diversamente smentisce sul piano dei fatti ogni sforzo di evangelizzazione e compromette la credibilità stessa del Vangelo. La parabola del servo spietato sposta la domanda di Pietro su un binario ben diverso: quello di Dio, cioè esplicita «non la quantità del perdono [sette volte] ma la qualità dando il motivo per il “nessun limite”: se Dio non pone alcun limite, l’uomo non può porre un limite. D’altra parte, quelli che pongono limiti alla loro disponibilità a perdonare gli altri saranno perdonati da Dio in misura limitata.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Quelli che pongono limiti alla loro disponibilità a perdonare gli altri saranno perdonati da Dio in misura limitata
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Non ci abbandoni mai la tua grazia, o Padre, ci renda fedeli al tuo santo servizio e ci ottenga sempre il tuo aiuto. Per il nostro Signore Gesù Cristo...