23 Febbraio 2019

Sabato VI Settimana del Tempo Ordinario


Oggi Gesù ci dice: “Io però vi dico che Elìa è già venuto e gli hanno fatto quello che hanno voluto, come sta scritto di lui  (Vangelo).


Dal Vangelo secondo Mc 9,12-13: Con la venuta di Gesù, il credente non ha più bisogno della mediazione della Legge e di Elia. Oramai in Cristo Gesù tutto si è compiuto: lo Sposo è in mezzo al suo popolo e «va ascoltato» e il suo Vangelo «va seguito e vissuto».

Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni - Angelico Poppi (I Quattro vangeli):  v. 2 E dopo sei giorni, Gesù ... li conduce sopra un monte alto ... L’indicazione cronologica precisa, davvero singolare in Mc a prescindere dal racconto della passione, si riallaccia alla confessione di Pietro e alla successiva predizione (8,27-33). I tre discepoli privilegiati sono pure i testimoni della risurrezione della figlia di Giairo (5,37.40) e dell ‘agonia di Gesù nel Getsemani (14,33). Il carattere di rivelazione dell ‘episodio è convalidato dall’affinità con un racconto dell’Esodo (Es 24,lss.). Pure Mosè, conclusa l’alleanza, salì sul monte Sinai con Aronne, Nadab e Abiu, e con i settanta anziani (Es 24,1.9). Il monte alto ha un significato più teologico che geografico: indica il «monte di Dio» (Es 24,13), cioè un luogo dove Dio è più vicino e dove si manifesta ai suoi confidenti. Dal VI secolo la tradizione ha localizzato la trasfigurazione sul monte Tabor; talvolta sul monte Hennon. Dalle indicazioni topografiche piuttosto generiche dell ‘evangelista risulta che Gesù e i discepoli si trovavano ancora nei dintorni di Cesarea di Filippo (cf. 8,27; 9,2; 9,30.33).
Fu trasfigurato dinanzi ad essi: il passivo divino indica l’azione di Dio che trasforma il corpo di Gesù, compenetrandolo dello splendore della gloria celeste.
Qui avviene il contrario di quanto si narrava nella mitologia greca, che parla della metamorfosi di divinità, le quali assumevano sembianze umane per manifestarsi a qualche persona. La rivelazione di Dio è rivolta ai discepoli, ai «quali viene mostrata la meta del cammino della sofferenza del Figlio dell’uomo», consistente nella sua glorificazione pasquale (Pesch, I, p. 121).

Si trasfigurò... - La mitologia greca con il termine trasfigurazione indica il mutare aspetto o forma degli dèi; nei Vangeli il termine non ha nessuna relazione con il suo uso mitologico, perché «questa scena di gloria, per quanto passeggera, manifesta ciò che è realmente e ciò che sarà presto in modo definitivo colui che deve conoscere per un certo periodo l’abbassamento del servo sofferente” (Bibbia di Gerusalemme).
Gesù in compagnia di Pietro, Giacomo e Giovanni sale sopra un monte alto in un luogo appartato. In questo sito, lontano da occhi indiscreti, i tre Apostoli, anche se per breve tempo, possono contemplare il fulgore della divinità del Cristo. Il Figlio della Vergine, con il candido splendore delle sue vesti, svela la sua natura celeste e ai testimoni sbigottiti e stupefatti si manifesta in tal modo il celeste Figlio dell’uomo (Dan 7,13-14).
L’evangelista Marco, a differenza di Matteo e di Luca, vede nell’evento soprattutto una epifania gloriosa del Messia nascosto, in conformità al tema dominante del suo vangelo. Ma se si tiene conto che la rivelazione dell’identità di Gesù di Nazaret come Figlio di Dio, nelle intenzioni di Marco, è fondata nel precedente annuncio della passione (Mc 8,31) e che gli stessi Apostoli, Pietro, Giacomo e Giovanni, qualche tempo dopo, saranno compagni del Cristo nel giardino del Getsemani (Mt 26,36-46), sembra allora che Gesù intenzionalmente abbia voluto rivelare la sua gloria a coloro che avrebbero assistito più direttamente al suo annichilimento.
La Trasfigurazione quindi, al dire di san Leone Magno, “mirava soprattutto a rimuovere dall’animo dei discepoli lo scandalo della croce, perché l’umiliazione della Passione volontariamente accettata, non scuotesse la loro fede, dal momento che era stata rivelata loro la grandezza sublime della dignità nascosta di Cristo”.
Da una lettura attenta del brano marciano, emerge abbastanza chiaramente anche l’intenzione di affermare che Gesù è la Parola di Dio - «Ascoltatelo» (cf. Dt 18,15) -, che riunisce in sé la Legge e i Profeti e li porta a compimento. La voce del Padre, come avvenne per il Battesimo (Mc 1,11), conferma la filiazione divina di Gesù.
I tre discepoli, poi, «guardandosi attorno, non videro più nessuno», questo perché basta lui come dottore della legge perfetta e definitiva.
Il chiedersi «che cosa volesse dire risuscitare dai morti», non «verteva circa la possibilità della risurrezione dei morti, allora ammessa comunemente da tutti nel mondo giudaico, ad eccezione dei sadducei [cf. 12,18], ma circa l’indicazione concreta fornita dallo stesso Gesù, le cui parole “fino a quando il Figlio dell’uomo non fosse risuscitato dai morti” supponevano che il Messia dovesse soffrire e morire. E ciò per loro era ancora inconcepibile [cf. Mc 8,32]» (Adalberto Sisti, Marco).
Nella seconda lettera di Pietro si fa esplicito riferimento alla Trasfigurazione, ma con intenzioni che superano il significato del semplice ricordo; infatti, è inteso «a scalzare le obiezioni mosse contro la parusia, mostrando, sulla testimonianza dei testi oculari apostolici, che Gesù possiede già le qualità essenziali che saranno manifestate alla sua parusia: maestà, onore e gloria dal Padre, figliolanza messianica e divina» (T. W. Leaby).

Ascoltatelo - Sul monte della Trasfigurazione una voce celeste proclama Gesù Figlio di Dio. Una dichiarazione solenne seguita da un appello: «Ascoltatelo». L’abbinamento non è casuale: la Parola di Gesù è parola divina e ascoltare lui significa ascoltare il Padre celeste: questa corrispondenza «è tipica anche del profeta dell’Antico Testamento; Gesù però non è riducibile a dimensioni puramente profetiche, essendo il Figlio di Dio. La sua parola è definitiva, propria dei tempi ultimi» (G. B.). Non ascoltarla avrebbe effetti catastrofici per l’uomo, sarebbe per sempre perduto: «per ... gli increduli ... è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. È questa la seconda morte» (Ap 21,8).
La Parola di Gesù è fonte di vita eterna per chi la accoglie (Gv 5,24); costui non «vedrà mai la morte» (Gv 8,51-52). Cristo, infatti, Verbo di Dio, ha «parole di vita eterna» (Gv 6,68); le sue parole sono «spirito e vita» (Gv 6,63). Per questo occorre che l’uomo, «deposta ogni impurità e ogni resto di malizia», accolga con docilità la parola di Gesù che è stata seminata in lui e che può salvare la sua anima (Gc 1,21). Imperiosamente la osservi, la custodisca (Gv 14,24; 15,20; Ap 3,8), la metta in pratica (Gc 1,22) e perseveri in essa (Gv 8,31; 15,7).
Ascoltare non è soltanto ed esclusivamente un fatto di intelligenza. È tutto l’essere che deve essere attento alla parola di Cristo: aprirsi ad essa, cederle il posto, lasciarsi investire, invadere, farsi afferrare da essa, e ad essa dare un’adesione senza riserve. Essere cristiani è un arrendersi senza condizioni alla Parola di Dio.

Perché gli scribi dicono che prima deve venire Elìa? - Jacques Hervieux (Vangelo di Marco): La trasfigurazione di Gesù - velo dischiuso su questo profondo mistero - favorisce lo sbocciare di una quantità di domande meno importanti (v. 11). È vero: un simile interrogativo è diffuso all’epoca. Nell’attesa febbrile di una fine dei tempi assai prossima, i giudei ritengono imminente il ritorno del profeta Elia. Secondo la tradizione biblica, questo campione dei diritti di Dio deve tornare «prima», come precursore del messia. Gli scribi - esperti delle Scrittura - chiariscono il celebre oracolo di Malachia: «Ecco [dice Dio], io vi invio Elia il profeta, prima che venga il giorno d l Signore, grande e spaventoso!» (Ml 3,23). Gesù conosce bene questa profezia biblica (v. 12a); egli conferma anche la missione del proprio precursore: operare la conversione necessaria all’accoglienza del messia (Mt 3,24). Tuttavia il maestro approfitta dell’occasione per dimostrare che gli scribi non eseguono una completa lettura della Scrittura (v. 12b). Qui Gesù pone l’accento su testi profetici - completamente ignorati dai giudei - che parlano di un messia sofferente e respinto: allude certamente alla figura del Servo di Dio che gli uomini costringono a passare attraverso le sofferenze e la morte prima che Dio lo chiami a sé (Is 52,13 - 53,12); tanto più il maestro è portato a richiamare l’attenzione dei suoi discepoli - e degli scribi - su questo annuncio di un messia sofferente quanto tutti sono refrattari a questa visione delle cose (cfr. 8,31-33). Gli amici di Gesù devono certamente restare sconcertati nel vedere che egli avvicina queste due immagini contraddittorie del messia: il Figlio dell’uomo trionfante (da Daniele 7) e il Servo sofferente (da Isaia 52-53). Questa miscela è esplosiva! Egli non ha ancora finito di sconcertare i giudei ... e i cristiani. Gesù chiarisce quindi le cose nella mente dei discepoli (v. 13). Elia è già venuto? Gesù, senza nominarlo, rimanda alla persona di Giovanni Battista: è lui che ha svolto il compito di precursore del messia invitando il popolo giudaico alla conversione che deve precedere la salvezza (cfr. 1,2 -4). E il precursore non è stato ascoltato; gli è stata riservata la sorte, purtroppo comune, dei profeti: è stato ucciso per aver portato la parola di Dio nella tessa corte del re Erode (6,17-29). Questo dovrebbe aprir gli occhi ai discepoli: e il precursore ha conosciuto la sofferenza e la morte, non ci si deve aspettare un’identica sorte per lo stesso messia?

La Trasfigurazione ci invita ad aprire gli occhi del cuore sul mistero della luce di Dio presente nell’intera storia della salvezza: Benedetto XVI (Angelus, 6 Agosto 2006): ... nell’odierna domenica l’evangelista Marco riferisce che Gesù condusse con sé Pietro, Giacomo e Giovanni su un alto monte e davanti a loro si trasfigurò, divenendo talmente luminoso che “nessun lavandaio al mondo avrebbe potuto rendere le sue vesti così bianche” (cfr. Mc 9,2-10). Su questo mistero di luce la liturgia ci invita oggi a concentrare il nostro sguardo. Sul volto trasfigurato di Gesù brilla un raggio della luce divina che Egli custodiva nel suo intimo. Questa stessa luce sfolgorerà sul volto di Cristo nel giorno della Risurrezione. In questo senso la Trasfigurazione appare come un anticipo del mistero pasquale. La Trasfigurazione ci invita ad aprire gli occhi del cuore sul mistero della luce di Dio presente nell’intera storia della salvezza. Già all’inizio della creazione l’Onnipotente dice: “Fiat lux - Sia la luce!” (Gen 1,2) ed avviene la separazione della luce dalle tenebre. Al pari delle altre creature, la luce è un segno che rivela qualcosa di Dio: è come il riflesso della sua gloria, che ne accompagna le manifestazioni. Quando Dio appare, “il suo splendore è come la luce, bagliori di folgore escono dalle sue mani” (Ab 3,3s.). La luce, è detto nei Salmi, è il manto in cui Dio si avvolge (cfr. Sal 104,2). Con il Libro della Sapienza il simbolismo della luce è utilizzato per descrivere la stessa essenza di Dio: la sapienza, effusione della gloria di Dio, è “un riflesso della luce eterna”, superiore ad ogni luce creata (cfr. Sap 7,27.29s.). Nel Nuovo Testamento è Cristo a costituire la piena manifestazione della luce di Dio. La sua risurrezione ha debellato per sempre il potere delle tenebre del male. Con Cristo risorto trionfano la verità e l’amore sulla menzogna e il peccato. In Lui la luce di Dio illumina ormai definitivamente la vita degli uomini e il percorso della storia: “Io sono la luce del mondo - Egli afferma nel Vangelo -. Chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** “Io però vi dico che Elìa è già venuto e gli hanno fatto quello che hanno voluto, come sta scritto di lui” (Vangelo).
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che hai promesso di essere presente in coloro che ti amano e con cuore retto e sincero custodiscono la tua parola, rendici degni di diventare tua stabile dimora. Per il nostro Signore Gesù Cristo...