4 Gennaio 2019


Tempo di Natale - Feria propria del 4 Gennaio


Oggi Gesù ci dice: «Chi commette il peccato viene dal diavolo, perché da principio il diavolo è peccatore.» (I Lettura).

Vangelo: Dal Vangelo secondo Giovanni 1,35-42: Oggi la liturgia offre al nostro cuore una pagina stupenda, è il vangelo della vocazione (Giovanni Paolo II): ed è bene sottolineare che l’adesione a Gesù non è solamente il risultato dell’iniziativa di Giovanni Battista, ma è preceduta dalla scelta libera e dalla chiamata dei discepoli da parte di Gesù, Giovanni Battista è solo intermediario. Credere passa spesso attraverso mediazioni umane, ma l’essenziale consiste nella chiamata del Signore e nella risposta a Lui. Ma vi è un particolare che dà maggiore spessore alla pagina giovannea, ed è questo: Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Le quattro del pomeriggio, letteralmente era l’ora decima. Certamente l’ora di questo incontro si sarà ben saldata nel cuore di Giovanni, e così il particolare cela una testimonianza personale, ma il dieci è un numero molto amato dagli autori biblici perché possa passare inosservato. L’ora decima è “l’ora della pienezza, del perfezionamento. È il numero dieci che ha tanta importanza nell’Antico Testamento, nel giudaismo, fra i pitagorici e nella gnosi, numero perfetto; secondo Filone d’Alessandria, Gesù è la pienezza. Chi cerca troverà in lui la risposta piena alla sua ricerca. Troverà Gesù come pienezza della rivelazione, come l’unico rivelatore” (Felipe F. Ramos). Vi è celato quindi un invito, discreto ma deciso, forte: ogni credente è invitato a fare la stessa esperienza!

E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così... - Lumen fidei n. 30: La connessione tra il vedere e l’ascoltare, come organi di conoscenza della fede, appare con la massima chiarezza nel Vangelo di Giovanni. Per il quarto Vangelo, credere è ascoltare e, allo stesso tempo, vedere. L’ascolto della fede avviene secondo la forma di conoscenza propria dell’amore: è un ascolto personale, che distingue la voce e riconosce quella del Buon Pastore (cfr Gv 10,3-5); un ascolto che richiede la sequela,come accade con i primi discepoli che, «sentendolo parlare così, seguirono Gesù» (Gv 1,37). D’altra parte, la fede è collegata anche alla visione. A volte, la visione dei segni di Gesù precede la fede, come con i giudei che, dopo la risurrezione di Lazzaro, «alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui» (Gv 11,45). Altre volte, è la fede che porta a una visione più profonda: «Se crederai, vedrai la gloria di Dio» (Gv 11,40).Alla fine, credere e vedere s’intrecciano: «Chi crede in me […] crede in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato» (Gv 12,44-45). Grazie a quest’unione con l’ascolto, il vedere diventa sequela di Cristo, e la fede appare come un cammino dello sguardo, in cui gli occhi si abituano a vedere in profondità. E così, il mattino di Pasqua, si passa da Giovanni che, ancora nel buio, davanti al sepolcro vuoto,“vide e credette” (Gv 20,8); a Maria Maddalena che, ormai, vede Gesù (cfr Gv 20,14) e vuole trattenerlo, ma è invitata a contemplarlo nel suo cammino verso il Padre; fino alla piena confessione della stessa Maddalena davanti ai discepoli: «Ho visto il Signore!» (Gv 20,18).

Che cosa cercate - Felipe F. Ramos (Il Vangelo secondo Giovanni): Per la prima volta sentiamo Gesù parlare in questo vangelo di Giovanni. Una voce che è un interrogativo per l’uomo: Che cercate? Questi due discepoli simboleggiano la ricerca incessante che costituisce il vivere di ogni uomo? Pare infatti che la scena manchi di senso, se è interpretata così come suona. Perché quegli uomini volevano sapere dove abitava Gesù? Comunque sia, essi seguirono l’invito-mandato di Gesù e rimasero con lui quel giorno. Si dà come scontato che essi costatarono o almeno si convinsero che la presentazione di Gesù, fatta dal loro precedente maestro, corrispondeva alla realtà di quello che Gesù era. Lo riconobbero come il Messia (v. 41).
Il racconto dell’evangelista può essere un velo dietro il quale si nasconde la sua intenzione più profonda. Quale potrebbe essere questa intenzione? Fermarsi agli elementi esterni della narrazione potrebbe impoverirla sostanzialmente.
Abbiamo già detto che troviamo qui le prime parole pronunziate da Gesù: Che cercate? È il primo interroga­tivo di chiunque voglia conoscere e seguire Gesù. Di qui la domanda di quei due discepoli: Dove abiti? Dove vive Gesù devono vivere anche i suoi discepoli (v. Gv 14,2: nella casa del Padre mio vi sono molti posti; ... vado a prepararvi un posto...).
In questa stessa direzione si deve scoprire l’intenzione dell’evangelista quando dice che « erano circa le quattro del pomeriggio (l’ora decima)». Semplicemente per l’impressione che aveva lasciata in lui quel primo incontro con Gesù? Non crediamo. Certamente, quel primo incontro dovette produrre un’impressione profonda, ma, tenendo conto dello scopo per cui scrive Giovanni, è necessario cercare qualcosa di più profondo. L’ora decima è l’ora della pienezza, del perfezionamento. È il numero dieci che ha tanta importanza nell’AT, nel giudaismo, fra i pitagorici e nella gnosi, numero perfetto, secondo Filone d’Alessandria. Gesù è la pienezza. Chi cerca, troverà in lui la risposta piena alla sua ricerca. Troverà Gesù come pienezza della rivelazione, come l’unico rivelatore.

Venite e vedrete - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): È un ‘espressione tecnica in Giovanni per designare la chiamata. È Gesù che chiama (venite) i due per un’esperienza personale di vita (= vedrete). Il verbo vedere in Giovanni è connesso di frequente con l’adesione di fede, che scaturisce dall’incontro con Gesù, la Parola incarnata. - Vennero dunque e videro dove abitava, e rimasero presso di lui quel giorno. Si noti l’insistenza con cui ricorre il verbo ménein (qui tradotto con abitare e rimanere). Esso indica la comunione di vita con Gesù, l’esperienza profonda della Parola (Logos), che porta il discepolo all’unione con il Verbo e alla partecipazione della vita divina. «Innanzi tutto, la fede dipende dalla permanenza della parola di Dio nel cuore dei discepoli» (Panimolle, l, p. 184).
Con questo racconto Giovanni descrive l’inizio della nuova comunità messianica, ma prospetta pure il cammino costitutivo di fede per ogni futuro discepolo con tre verbi particolarmente significativi: «Andare a Gesù, vedere dove sta, rimanere in lui» (A Marchadour, p. 52).
Era circa l’ora decima (le quattro pomeridiane): l’annotazione temporale, secondo parecchi esegeti, trasmette un ricordo storico personale; altri ritengono arbitraria l’identificazione del discepolo anonimo con Giovanni, figlio di Zebedeo (cf. Fabris, p. 195). È possibile attribuirne un significato simbolico per indicare l’ora dell’adempimento, della pienezza (10 è il numero perfetto), oppure anche la fine dell’Antica Alleanza. Perché con il tramonto del sole iniziava per gli ebrei il nuovo giorno.

Abbiamo trovato il Messia - Evangelii gaudium n. 120: In virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del Popolo di Dio è diventato discepolo missionario (cfr. Mt 28,19. Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione e sarebbe inadeguato pensare ad uno schema di evangelizzazione portato avanti da attori qualificati in cui il resto del popolo fedele fosse solamente recettivo delle loro azioni. La nuova evangelizzazione deve implicare un nuovo protagonismo di ciascuno dei battezzati. Questa convinzione si trasforma in un appello diretto ad ogni cristiano, perché nessuno rinunci al proprio impegno di evangelizzazione, dal momento che, se uno ha realmente fatto esperienza dell’amore di Dio che lo salva, non ha bisogno di molto tempo di preparazione per andare ad annunciarlo, non può attendere che gli vengano impartite molte lezioni o lunghe istruzioni. Ogni cristiano è missionario nella misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù; non diciamo più che siamo “discepoli” e “missionari”, ma che siamo sempre “discepoli-missionari”. Se non siamo convinti, guardiamo ai primi discepoli, che immediatamente dopo aver conosciuto lo sguardo di Gesù, andavano a proclamarlo pieni di gioia: « Abbiamo incontrato il Messia » (Gv 1,41). La samaritana, non appena terminato il suo dialogo con Gesù, divenne missionaria, e molti samaritani credettero in Gesù «per la parola della donna» (Gv 4,39). Anche san Paolo, a partire dal suo incontro con Gesù Cristo, « subito annunciava che Gesù è il figlio di Dio » (At 9,20). E noi che cosa aspettiamo?

... e lo condusse da Gesù - Pastores dabo vobis n. 38: Certamente la vocazione è un mistero imperscrutabile, che coinvolge il rapporto che Dio instaura con l’uomo nella sua unicità e irripetibilità, un mistero che viene percepito e sentito come un appello che attende una risposta nel profondo della coscienza, in quel «sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria . Ma ciò non elimina la dimensione comunitaria, ed ecclesiale in specie, della vocazione: anche la Chiesa è realmente presente e operante nella vocazione di ogni sacerdote.
Nel servizio alla vocazione sacerdotale e al suo itinerario, ossia alla nascita, al discernimento e all’accompagnamento della vocazione, la Chiesa può trovare un modello in Andrea, uno dei primi due discepoli che si pongono al seguito di Gesù. È lui stesso a raccontare al fratello ciò che gli era accaduto: «Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)». E il racconto di questa «scoperta» apre la strada all’incontro: «E lo condusse da Gesù». Nessun dubbio sull’iniziativa assolutamente libera e sulla decisione sovrana di Gesù. È Lui che chiama Simone e gli dà un nuovo nome: «Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: “Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)”». Ma pure Andrea ha avuto la sua iniziativa: ha sollecitato l’incontro del fratello con Gesù.
«E lo condusse da Gesù». Sta qui, in un certo senso, il cuore di tutta la pastorale vocazionale della Chiesa, con la quale essa si prende cura della nascita e della crescita delle vocazioni, servendosi dei doni e delle responsabilità, dei carismi e del ministero ricevuti da Cristo e dal suo Spirito. La Chiesa, come popolo sacerdotale, profetico e regale, è impegnata a promuovere e a servire il sorgere e il maturare delle vocazioni sacerdotali con la preghiera e con la vita sacramentale, con l’annuncio della Parola e con l’educazione alla fede, con la guida e la testimonianza della carità.
La Chiesa, nella sua dignità e responsabilità di popolo sacerdotale, ha nella preghiera e nella celebrazione della liturgia i momenti essenziali e primari della pastorale vocazionale. La preghiera cristiana, infatti, nutrendosi della Parola di Dio, crea lo spazio ideale perché ciascuno possa scoprire la verità del proprio essere e l’identità del personale e irripetibile progetto di vita che il Padre gli affida. È necessario, quindi, educare in particolare i ragazzi e i giovani perché siano fedeli alla preghiera e alla meditazione della Parola di Dio: nel silenzio e nell’ascolto potranno percepire la chiamata del Signore al sacerdozio e seguirla con prontezza e generosità.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** La Chiesa, nella sua dignità e responsabilità di popolo sacerdotale, ha nella preghiera e nella celebrazione della liturgia i momenti essenziali e primari della pastorale vocazionale.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Dio onnipotente, il Salvatore che tu hai mandato, luce nuova all’orizzonte del mondo, sorga ancora e risplenda su tutta la nostra vita. Egli è Dio, e vive e regna con te...