27 Luglio 2018
Venerdì XVI Settimana T. O.
Oggi Gesù ci dice: “Colui che ascolta la Parola e la comprende, questi dà frutto” (Vangelo).
Dal Vangelo secondo Matteo 13,18-23: Dopo i tanti terreni improduttivi, alla fine c’è il terreno buono. Con questa ultima immagine Gesù vuol dirci che l’uomo può farcela perché Dio lo vuole. Basta aprirsi al suo Amore, basta credere alla sua Parola. Basta accogliere con fiducia la Parola che Dio semina nel nostro cuore, perché qui sta il segreto della fecondità della vita umana. L’uomo incomincerà a portare frutti di vita eterna quando si farà terreno buono, cioè quando si metterà in ascolto della Parola di Dio, quando sarà capace di farsi dono, quando sapientemente non si farà soffocare dal mondo e punterà decisamente sulle cose che non passano, sui valori eterni: la grandezza dell’uomo sta nel sapere ascoltare e nell’accogliere la Parola che lo fa «officina omnium, medietas, adunatio [elaborazione, mediazione, sintesi di ogni cosa]» (Massimo il Confessore).
D. M, Turoldo - G. Ravasi (Opere e Giorni del Signore): Con le parabole Gesù si rivela un predicatore affascinante proprio per l’elementarietà dei simboli e la spontaneità dei riferimenti. Egli ama spesso ricorrere alla natura a alla semplicità del lavoro palestinese: gli uccelli del cielo, i gigli del campo, i passeri, il sole e la pioggia, le nubi, il tramonto, il balenio dei lampi, il fico rigoglioso a secco, il seme e la spiga a l’albero, la vite, i cardi, i cani randagi, il tarlo e la ruggine, gli avvoltoi, i pesci, le pecore, le volpi e persino lo scorpione bianco palestinese (Lc 11,11). Anche qui abbiamo una similitudine a prima vista incomprensibile per la mentalità europea che riterrebbe insensato un agricoltore che semina lungo la strada, sui sassi e fra le spine. In realtà nell’antica Palestina questo procedimento era abituale: si seminava non dopo, ma prima dell’aratura che aveva lo scopo di cancellare ostacoli e di sotterrare il seme. Abbiamo allora davanti a noi il senso primario della parabola, precedente a quello dato dalla spiegazione della parabola che, come è noto, è opera posteriore della chiesa primitiva in meditazione sulla parola di Gesù. Nonostante le avversità, il terreno cattivo, le erbacce che minacciano il seme, il raccolto è alla fine abbondante là dove il seme è attecchito. Nonostante le avversità e gli ostacoli che si frappongono alla predicazione e all’attività di Gesù, nonostante la speranza sembri esile, alla fine il regno di Dio si presenterà in pienezza e gloria inaspettata.
… viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato - Va subito detto che l’esistenza degli esseri spirituali incorporei, che la Sacra Scrittura chiama abitualmente angeli, e il diavolo è un angelo, è una verità di fede (CCC 328) e in «quanto creature puramente spirituali, essi hanno intelligenza e volontà: sono creature personali e immortali» (CCC 330).
Creati naturalmente buoni, da se stessi si sono trasformati in malvagi (Concilio Lateranense IV, 1215). Non sappiamo come, ma la Scrittura «parla di un peccato di questi angeli [Cf. 2Pt 2,4 ]. Tale “caduta” consiste nell’avere, questi spiriti creati, con libera scelta, radicalmente ed irrevocabilmente rifiutato Dio e il suo Regno. Troviamo un riflesso di questa ribellione nelle parole rivolte dal tentatore ai nostri progenitori: “Diventerete come Dio” [Gen 3,5]. “Il diavolo è peccatore fin dal principio” [1Gv 3,8], “padre della menzogna” [Gv 8,44]» (CCC 392). Un peccato che non sarà mai perdonato, infatti a «far sì che il peccato degli angeli non possa essere perdonato è il carattere irrevocabile della loro scelta, e non un difetto dell’infinita misericordia divina. “Non c’è possibilità di pentimento per loro dopo la caduta come non c’è possibilità di pentimento per gli uomini dopo la morte” [San Giovanni Damasceno, De fide orthodoxa, 2,4: PG 94, 877C]» (CCC 393).
Nella Bibbia e nel Magistero di Gesù si può cogliere la nefasta influenza (CCC 394) del principe di questo mondo (Gv 12,31; 16,11) e soprattutto della sua capacità di agire, e a volte con prepotenza e proditoria arroganza, anche se questa potenza non è infinita. Infatti, egli «non è che una creatura, potente per il fatto di essere puro spirito, ma pur sempre una creatura: non può impedire l’edificazione del Regno di Dio. Sebbene Satana agisca nel mondo per odio contro Dio e il suo Regno in Cristo Gesù, e sebbene la sua azione causi gravi danni - di natura spirituale e indirettamente anche di natura fisica - per ogni uomo e per la società, questa azione è permessa dalla divina Provvidenza, la quale guida la storia dell’uomo e del mondo con forza e dolcezza. La permissione divina dell’attività diabolica è un grande mistero, ma “noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” [Rm 8,28]» (CCC 395). Possono entrare nel raggio dell’azione diabolica sia uomini, animali e cose inanimate. Tra gli uomini agisce con la tentazione, l’ossessione o la possessione o attraverso altre manifestazioni tese ad atterrire o sfiancare la vittima. Può infestare case, campagne, stalle, conventi... A tanto spiegamento di forze l’uomo, rivestendosi dell’armatura di Dio (Ef 6,10ss), trova, sopra tutto, nella preghiera l’arma più potente per rigettare gli astuti assalti di Satana. Tra le preghiere eccelle il Padre nostro, lì dove chiediamo di essere liberati dal male, infatti, in «questa richiesta, il male non è un’astrazione; indica invece una persona: Satana, il Maligno, l’angelo che si oppone a Dio» (CCC 2851).
Ma a volte è necessario e utile fare ricorso all’esorcismo: «Quando la Chiesa domanda pubblicamente e con autorità in nome di Gesù Cristo, che una persona o un oggetto sia protetto contro l’influenza del maligno e sottratto al suo dominio, si parla di esorcismo... L’esorcismo mira a scacciare i demoni o a liberare dall’influenza demoniaca, e ciò mediante l’autorità spirituale che Gesù ha affidato alla sua Chiesa» (CCC 1673).
I veri guai iniziano quando si nega o si prende sottogamba l’azione nefanda di Satana o quando ci si dimentica che Gesù ha dato alla sua Chiesa autorità e potenza per scacciare i demoni.
Il seme seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende: Giovanni Paolo II (Omelia, 4 giugno 1991): Nella parabola evangelica Cristo rivolge l’attenzione soprattutto sulla terra delle anime degli uomini e delle umane coscienze - e mostra che cosa avviene alla parola di Dio in dipendenza dalla specie di questa particolare terra. Udiamo dunque parlare di un seme che è stato portato via e non ha attecchito nel cuore dell’uomo, perché questi ha ceduto al Maligno e non ha capito la Parola. Sentiamo parlare del seme caduto sulla terra rocciosa, sulla terra dura - e che non era in grado di mettere le radici, dunque non ha resistito alla prima prova. Udiamo parlare del seme caduto tra i cardi e le spine - che è stato da essi soffocato (questi cardi e spine sono un’illusione della temporaneità e del benessere che passano). Solamente il seme caduto sulla terra buona, fertile, produce frutto. Chi è questa terra fertile? Colui che ascolta la parola e la comprende. Ascolta e comprende. Non è sufficiente ascoltare, bisogna accoglierla con la mente e con il cuore. “Chi ha orecchi (per udire), intenda” (Mt 13,9) - dice il Seminatore divino. Tutti abbiamo udito. Ognuno di noi domandi a se stesso: quale terra sono? Che cosa avviene del seme della verità divina nella mia vita?
La parola opera e rivela - A. FEUILLET e P. GRELOT (Parola di Dio, in Dizionario di Teologia Biblica, Marietti): Non si dice mai che la parola di Dio sia indirizzata a Gesù come si diceva un tempo per i profeti. Tuttavia, sia in Giovanni che nei sinottici, la sua parola si presenta esattamente come la parola di Dio nel Vecchio Testamento: potenza che opera e luce che rivela.
*Potenza che opera: con una parola Gesù compie i miracoli che sono i segni del regno di Dio (Mt 8,8.16; Gv 4,50-53). Sempre con una parola egli produce nei cuori gli effetti spirituali di cui questi miracoli sono i simboli, come il perdono dei peccati (Mt 9,1-7 par.). Con una parola trasmette ai Dodici i suoi poteri (Mt 18,18; Gv 20,23) ed istituisce i segni della nuova alleanza (Mt 26,26-29 par.). La parola creatrice agisce quindi in lui e per mezzo di lui, operando in terra la salvezza.
*Luce che rivela: Gesù annunzia il vangelo del regno, «annunzia la parola» (Mc 4,33), facendo conoscere in parabole i misteri del regno di Dio (Mt 13,11 par.). Apparentemente egli è un profeta (Gv 6,14) od un dottore che insegna in nome di Dio (Mt 22,16 par.). In realtà parla «con autorità» (Mc 1,22 par.), come in proprio, con la certezza che «le sue parole non passeranno» (Mt 24,35 par.). Questo atteggiamento lascia intravvedere un mistero, sul quale il quarto vangelo si china con predilezione. Gesù «dice le parole di Dio» (Gv 3,34), dice «ciò che il Padre gli ha insegnato» (Gv 8, 28). Perciò «le sue parole sono spirito e vita» (Gv 6,63). A più riprese l’evangelista usa con enfasi il verbo «parlare» per sottolineare l’importanza di questo aspetto di Gesù (ad es. Gv 3,11; 8,25-40; 15,11; 16,4...), perché Gesù «non parla da sé» (Gv 12,49s; 14,10), ma «come il Padre gli ha parlato prima» (Gv 12,50). Il mistero della parola profetica, inaugurato nel Vecchio Testamento, raggiunge quindi in lui il suo perfetto compimento.
Perciò agli uomini viene intimato di prendere posizione di fronte a questa parola che li mette in contatto con Dio stesso. I sinottici riferiscono discorsi di Gesù che mostrano chiaramente la posta di questa scelta. Nella parabola del seme, la parola - che è il vangelo del regno - è accolta diversamente dai suoi diversi uditori: tutti «sentono»; ma soltanto quelli che la «comprendono» (Mt 13,23) o l’«accolgono» (Mc 4,20 par.) o la «custodiscono» (Lc 8,15), la vedono portare in essi il suo frutto. Così pure, al termine del discorso della montagna in cui ha proclamato la nuova legge, Gesù oppone la sorte di coloro che «ascoltano la sua parola e la mettono in pratica» alla sorte di coloro che «l’ascoltano senza metterla in pratica» (Mt 7,24.26; Lc 6,47.49): casa fondata sulla roccia, da una parte; sulla sabbia, dall’altra.
Queste immagini introducono una prospettiva di giudizio; ognuno sarà giudicato sul suo atteggiamento di fronte alla parola: «Se uno avrà arrossito di me e delle mie parole, il figlio dell’uomo arrossirà anche di lui quando verrà nella gloria del Padre suo» (Mc 8,38 par.).
Parola viva ed efficace: Catechismo degli Adulti 610: Oggi la parola è inflazionata nel chiasso della pubblicità e della propaganda, nel vuoto di tanti discorsi e scritti; perciò la sua reputazione è in ribasso. Si sente dire: «Contano i fatti e non le parole». Ma è veramente così? La parola non è solo informazione: è comunicazione e azione. Provoca gioia e dolore, amicizia e ostilità, reazioni e iniziative. La sua forza costruisce e distrugge, unisce e divide; fa andare avanti la storia non meno dei fatti economici e tecnici. A maggior ragione è attiva e feconda la parola di Dio che crea, libera, santifica, giudica e sconvolge. «La mia parola non è forse come il fuoco e come un martello che spacca la roccia?» (Ger 23,29). «Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare,... così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata» (Is 55,10-11). «La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio» (Eb 4,12).
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio» (Eb 4,12).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Preghiamo con la Chiesa: Dio dei nostri padri, che ai santi Gioacchino e Anna hai dato il privilegio di avere come figlia Maria, madre del Signore, per loro intercessione concedi ai tuoi fedeli di godere i beni della salvezza eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo...