6 Maggio 2018

VI Domenica di Pasqua


Oggi Gesù ci dice: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” (Vangelo).

Dal Vangelo secondo Giovanni 15,18-21: La pericope evangelica odierna è tratta dai «discorsi dell’addio»: Gesù, prima della morte, rivela ai discepoli i misteri più grandi della vita divina. Il brano svolge il tema della carità fraterna, dell’osservanza dei comandamenti, della gioia che ne deriva nell’osservarli e dell’elezione divina. Il brano evangelico, dopo aver ricordato che il discepolo è chiamato ad essere familiare con il Cristo, si chiude ricordando il dovere di portare frutto che si concretizza nell’amore vicendevole.

Come il Padre ha amato me - Nelle parole di Gesù è adombrata l’opera delle Tre Persone divine che si chinano sull’uomo dimostrando la loro onnipotenza nell’amarlo in modo infinito. Un amore spinto fino alle estreme conseguenze, sino all’eccesso: quando «Dio volle partecipare ad altri la sua felicità e creò il genere umano, gli costò caro: il Padre ha dovuto sacrificare il Figlio, il Figlio ha dovuto morire in croce. C’erano tre divine Persone, immerse in una Vita eterna-immensa-infinita, gloriose e felicissime in un’estasi di Scienza-Sapienza-Amore. Con la creazione dell’umanità una delle tre Persone ha dovuto sottoporsi a sofferenze immani» (AA. VV., Riflessioni su Cristo).
Il Padre dà tutto ciò che ha: il suo Spirito, il suo Figlio unigenito. Con il dono del Figlio Dio dimostra di amare gli uomini in modo pieno, con una misura traboccante, completamente e totalmente senza riserve (Cf. Gv 3,16). Il Padre dà tutto ciò che ha perché «Egli in se stesso “è Amore” [1Gv 4,8-16], che si dona completamente e gratuitamente» (Compendio 42).
Come il Padre anche il Figlio dà tutto se stesso: la sua vita, il suo corpo e il suo sangue nel mistero dell’Eucaristia, il suo perdono, la sua Madre dolcissima, il suo Spirito, i carismi, le acque salutari del Battesimo dove gli uomini rinascono a una vita nuova, eterna. Gesù ama gli uomini chiamandoli ad essere suoi commensali, suoi familiari, suoi amici, rivelando loro i profondi segreti dell’intimità divina con il Padre, svelando il volto del Padre e affidando loro la sua stessa missione: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20,21). Gesù, «nella storia d’amore che la Bibbia ci racconta [...], ci viene incontro, cerca di conquistarci - fino all’Ultima Cena, fino al Cuore trafitto sulla croce, fino alle apparizioni del Risorto e alle grandi opere mediante le quali Egli, attraverso l’azione degli Apostoli, ha guidato il cammino della Chiesa nascente. Anche nella successiva storia della Chiesa il Signore non è rimasto assente: sempre di nuovo ci viene incontro - attraverso uomini nei quali Egli traspare; attraverso la sua Parola, nei Sacramenti, specialmente nell’Eucaristia. Nella liturgia della Chiesa, nella sua preghiera, nella comunità viva dei credenti, noi sperimentiamo l’amore di Dio, percepiamo la sua presenza e impariamo in questo modo anche a riconoscerla nel nostro quotidiano. Egli per primo ci ha amati e continua ad amarci per primo; per questo anche noi possiamo rispondere con l’amore» (BENEDETTO XVI, Deus caritas est, 17).
Lo Spirito Santo, Amore che unisce il Padre e il Figlio, dà il massimo: dà tutto se stesso, onde i credenti abbiano ed usufruiscano di tutto ciò che il Padre ed il Figlio vogliono donare: «Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà al tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà d quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve l’annuncerà» (Gv 16,13-15). Lo Spirito Santo dà se stesso ai credenti onde vivano nell’amicizia del Padre e del Cristo. Ridona loro «la somiglianza divina perduta a causa del peccato e li fa vivere in Cristo, della Vita stessa della Trinità Santa. Li manda a testimoniare la Verità di Cristo e li organizza nelle loro mutue funzioni, affinché tutti portino “il frutto dello Spirito” (Compendio 145). Edifica, «anima e santifica la Chiesa» (Compenndio, 145). Dà se stesso alla Chiesa, restando in essa fino alla fine dei tempi (Cf. Gv 14,16).
Il credente, amando il prossimo come Dio ama gli uomini, imita l’amore di Dio, il quale ama tutti senza fare «preferenze di persone» (At 10,34-35). Il come, allora, qualifica l’amore. Dio ama pur non avendo bisogno di nulla, nemmeno del contraccambio; così Gesù ha amato i suoi discepoli, dando tutto, compreso la vita, senza pretendere nulla; così devono amare i credenti. L’amore verso Dio e l’amore verso il prossimo sono inseparabili e si dimostrano l’uno con l’altro. Come l’amore verso il prossimo è la prova dell’amore verso Dio (1Gv 4,20-21), così l’amore verso Dio è la prova dell’amore verso il prossimo (1Gv 5,2).

Questo vi comando: Amatevi gli uni gli altri - Questo comandamento figurava già nell’Antico Testamento (Lv 19,18) e troverà il punto culminante nel comandamento dell’amore enunciato da Gesù: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso» (Mt 22,37-39). San Paolo chiamerà l’amore «pienezza della legge» (Rom 13,8). Ma è la prima lettera ai Corinzi (13) a descrivere la carità in modo pieno: è presentata «soprattutto come amore del prossimo; essa però non solo non prescinde dall’amore verso Dio, ma lo presuppone necessariamente. È virtù dunque essenzialmente “teologica” e perciò viene posta a lato della fede e della speranza. Solo per questo può avere quell’ampiezza, quella grandezza eroica e quella profondità con cui ce la presenta l’Apostolo: non è il gioco delle simpatie o degli interessi che possa produrla ma solo l’amore sincero verso Dio, di cui vediamo i luminosi riflessi in ogni creatura ragionevole, anche se si fosse abbrutita nel male» (Settimio Cipriani, Le lettere di Paolo).
Poi, a voler dare un’ulteriore definizione dell’amore, possiamo trovarci in sintonia con Ernest Borneman: «È la felicità di dare. Non dare alla dea, all’eletta, alla persona fuori dal comune, ma all’essere pieno di difetti, debole, incompleto, con cui viviamo. L’amore inizia nel momento in cui cessiamo di esigere».

Gesù, il nostro «Amico» - Benedettine di Rosano (Amicizia in Schede Bibliche - Ed. Dehoniane): Anche per ciò che riguarda l’amicizia, le Scritture hanno trovato in Cristo il loro compimento. È lui l’Amico fedele, che «è un balsamo per la vita» (Eccli 6,16) e sa amare con una dedizione immensamente superiore a quella di Gionata; è lui il Giusto derelitto, che sperimenta oltre ogni limite l’abbandono ed il tradimento da parte dei suoi più intimi amici; e, nonostante ciò, egli ama «sino alla fine» (Gv 13,1), fino a «dare la vita» per loro (Gv 15,13).
Anche sul piano umano l’amicizia ha una larga parte nella vita di Gesù. Egli stesso ha dato a Lazzaro il titolo di «amico» (Gv 11,11) e nutre per lui sentimenti così profondi da giungere fino alla commozione del pianto (Gv 11,36).
Inoltre, fin dall’inizio della sua vita pubblica si era scelto dodici discepoli perché «stessero con lui» (Mt 3,14), condividendo con lui tutte le vicende della sua avventurosa esistenza, e nei momenti di più intima effusione li chiamò «amici» (Lc 12,4; Gv 15,13-15). Quando giunse la sua «ora», egli si vide tradito da uno che aveva sempre considerato «amico» (Mt 26,20), mentre gli altri l’abbandonarono (Mt 26,31). Uno solo gli rimase vicino, Giovanni, il discepolo prediletto, vero modello dell’amico «fedele fino alla morte», cui Gesù dall’alto della croce affidò sua madre e l’ultimo anelito del suo cuore (Gv 19,26-27; 33-37). La sera che precedette la passione, agli Undici raccolti nel cenacolo Gesù diede nel pane eucaristico un segno supremo di amore; rivelò loro i segreti del Padre (Gv 15,15); promise di ammetterli a partecipare alla sua stessa gloria (Gv 17,22).
Infine, affidandoli al Padre, effuse i suoi sentimenti in una preghiera nella quale la più sublime amicizia umana s’innalza fino alle sorgenti stesse da cui ogni amore discende: il mistero insondabile dell’amore tripersonale. Tutto questo ha, per i cristiani, conseguenze di portata incalcolabile (Gv 14,23; 15,9). Nella sua preghiera sacerdotale Gesù ha raccomandato al Padre non solo gli Undici, ma tutti quelli che «grazie alla loro parola» crederanno in lui: «Non per questi soltanto io prego, ma anche per quelli che crederanno, grazie alla loro parola, in me; perché tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me ed io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato... Io in loro e tu in me, affinché siano perfetti nell’unità, e il mondo conosca che tu mi hai mandato, e li hai amati come hai amato me» (Gv 17,20-23).
L’amicizia, che regna tra i seguaci di Gesù, trascende quindi la misura comune dell’amicizia umana (Mt 5, 46) ed ha infranto tutte le barriere che si ergono ordinariamente tra uomo ed uomo (Gal 3, 28), perché sfiora il mistero della vita trinitaria da cui trae la propria origine. È proprio dell’amicizia estendersi dall’amico a tutti coloro che gli sono cari: perciò il cristiano, che la grazia battesimale ha reso «amico di Dio», offre la propria amicizia a tutti gli uomini indistintamente, perché sa che il Padre celeste «fa sorgere il suo sole sopra i malvagi ed i buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Mt 5,45), avvolgendoli tutti in un unico, implacabile amore. Anche se qualcuno tenterà di infrangere questo mutuo rapporto di benevolenza, egli continuerà instancabilmente a dimostrargli la propria amicizia, vincendo «il male mediante il bene» (Rom 12,21).
Si può dunque dire che, pur non facendosi illusioni sul mondo in cui vive (come Gesù non si illudeva sul conto dei farisei e di Erode), il cristiano non scorge intorno a sé che dei volti amici, perché sa che la carità diffusa nel suo cuore dallo Spirito Santo (Rom 5,5) è capace di tramutare l’odio più accanito in amore.

L’amicizia che Gesù offre ai suoi discepoli porta con sé anche comunanza di affetti, di ideali, di sentimenti: «Tutto quello che il Padre possiede è mio e tutto ciò che è mio è tuo» (Gv 16,15; Lc 15,31); è comunanza perché l’amicizia esprime sempre eminentemente la relazione di parità tra due uomini ed è straordinario il fatto che Dio viva in questo modo la sua relazione con l’uomo (Is 41,8; Gc 2,23). Quindi, le parole di Gesù enunciano «la condiscendenza di Dio, il quale si abbassa al punto da trattare l’uomo quasi da pari a pari» È questo il nuovo e caratteristico elemento dei testi in cui Dio si presenta “amico” dell’uomo.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
***  Dio, il quale si abbassa al punto da trattare l’uomo quasi da pari a pari.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che ci hai amato per primo e ci hai donato il tuo Figlio, perché riceviamo la vita per mezzo di lui, fa’ che nel tuo Spirito impariamo ad amarci gli uni gli altri come lui ci ha amati, fino a dare la vita per i fratelli. Per il nostro Signore Gesù Cristo ...