3 Maggio 2018

Giovedì Feria V Settimana di Pasqua di Pasqua


Oggi Gesù ci dice: “Io sono la via, la verità e la vita, Filippo, chi ha visto me, ha visto il Padre” (Gv 14,6b.9c).

Dal Vangelo secondo Giovanni 14,614: Il brano giovanneo è di una ricchezza straordinaria, innanzi tutto Gesù rivela ai discepoli di essere la via, la verità e la vita. Gesù non è semplicemente una guida, la via che conduce alla salvezza, ma è lui stesso fonte di salvezza, la verità e la vita. Infine a Filippo che chiede una teofania, Signore, mostraci il Padre, Gesù rivela di essere Dio, rivela un grande e meraviglioso mistero: il Padre e il Figlio sono una cosa sola. Se nel passato tutte le teofanie erano state mediate, ora, nella pienezza del tempo, Dio può essere contemplato nel Figlio, la manifestazione suprema di Dio Padre è Cristo Gesù. Dio che nessuno ha mai visto così com’egli è , ora attraversa le vie del mondo per abitare nel cuore dell’uomo.

Mons. Mariano Crociata, Vescovo (Omelia 3 Maggio 2016): La festa dei santi Filippo e Giacomo ci fa risalire la catena che collega alla nostra origine. La pagina della prima lettera ai Corinzi presenta un Paolo scrupolosamente preoccupato di trasmettere il Vangelo che ha ricevuto, e cioè il centro stesso della testimonianza della fede, l’annuncio della risurrezione di Gesù. Egli sente di avere tra le mani qualcosa di straordinariamente prezioso ed è ben attento a che nulla sia tolto e nulla aggiunto a quanto gli è stato consegnato. Il nostro pensiero va alla sua conversione lungo la via di Damasco e al tempo trascorso in quella comunità cristiana sotto la guida e l’insegnamento di Anania per esservi istruito sul Vangelo di Gesù e sulla sua morte e risurrezione. Quello che Paolo ha ricevuto sente che è un tesoro dal valore inestimabile, da custodire gelosamente e da consegnare fedelmente. E il motivo è che solo la verità dell’annuncio mette in comunicazione e in comunione con Gesù risorto. Essere in errore è più che un semplice sbaglio o una svista, perché impedisce di entrare effettivamente in relazione con Gesù.
Ce lo dice in forma diversa la pagina evangelica di Giovanni. Gesù vi si definisce “via, verità e vita”, anzi il volto visibile del Padre: «Filippo, chi vede me vede il Padre». Egli è una cosa sola con il Padre e non vuole altro se non che i suoi discepoli diventino anch’essi una cosa sola con lui e quindi con Dio Padre. La meta di tutto è raggiungere il Padre, entrare nella comunione con lui attraverso l’unione con il suo Figlio Gesù; le parole che egli pronuncia e le opere che compie sono parole e opere di Dio, che vengono da Dio e portano a Dio.
L’aggiunta sorprendente però è un’altra, e cioè che noi, grazie a Gesù e alla fede incondizionata in lui, possiamo compiere opere anche più grandi, diventare anche noi volto visibile di Dio grazie a Gesù e condurre a lui e al Padre quanti incrociamo e abbracciamo sul nostro cammino. In questo modo noi pure diventiamo il terminale di quella catena che ha origine in Dio e a lui conduce.
Ciò che oggi la Parola di Dio ci fa capire si trasforma però in appello e in giudizio; l’affermazione, cioè, diventa una domanda: per coloro che ci incontrano noi siamo davvero il terminale di una catena che fa risalire a Dio? La risposta non va trovata scrutando innanzitutto abilità e iniziative, perché non è questione di attivismo; è invece questione di fede e di relazione con Gesù. Questo ci testimoniano gli apostoli: essi hanno messo Gesù al centro della loro vita. Avendo scoperto personalmente che Gesù è la via e la verità che conduce alla vita e in cui consiste la vita, egli rimarrà ormai per sempre l’anima delle loro persone e delle loro esistenze; e con la carica della loro fede e del loro amore per il Signore potranno affrontare tutto e raggiungere e contagiare tutti con il loro entusiasmo di fede e la loro passione d’amore.
Questo vuol dire che noi dobbiamo diventare donne e uomini apostolici, animati dallo spirito degli apostoli, spirito intrepido e instancabile che non ha bisogno di cose grandi ma sa manifestarsi ancora meglio nelle piccole e comuni circostanze della vita.

Io sono la Via: Catechismo della Chiesa Cattolica 1696: La via di Cristo “conduce alla vita”, una via opposta “conduce alla perdizione” (Mt 7,13). La parabola evangelica delle due vie è sempre presente nella catechesi della Chiesa. Essa sta ad indicare l’importanza delle decisioni morali per la nostra salvezza. “Ci sono due vie, l’una della vita, l’altra della morte; ma tra le due corre una grande differenza”.

Io sono la Verità: Catechismo della Chiesa Cattolica 2465-2466: L’Antico Testamento lo attesta: Dio è sorgente di ogni verità. La sua Parola è verità. La sua legge è verità. La sua “fedeltà dura per ogni generazione” (Sal 119,90). Poiché Dio è il “Verace” (Rm 3,4), i membri del suo popolo sono chiamati a vivere nella verità. In Gesù Cristo la verità di Dio si è manifestata interamente. “Pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14), egli è la “luce del mondo” (Gv 8,12), egli è la Verità. “Chiunque crede” in lui non rimane “nelle tenebre” (Gv 12,46). Il discepolo di Gesù rimane fedele alla sua parola, per conoscere la verità che fa liberi e che santifica. Seguire Gesù, è vivere dello “Spirito di verità” (Gv 14,17) che il Padre manda nel suo nome e che guida alla verità tutta intera” (Gv 16,13). Ai suoi discepoli Gesù insegna l’amore incondizionato della verità: “Sia il vostro parlare sì, sì; no, no” (Mt 5,37).

Io sono la Vita: Giovanni Paolo II (Udienza generale, 9 settembre 1987): Io sono... la vita (Gv 14,6). L’uomo, che è una creatura, può “avere” la vita, la può anche “dare”, così come Cristo “dà” la sua vita per la salvezza del mondo (Mc 10, 45 e par.). Quando Gesù parla di questo “dare la vita”, si esprime come vero uomo. Ma egli “è la vita” perché è vero Dio. Lo afferma lui stesso prima di risuscitare Lazzaro, quando dice alla sorella del defunto, Marta: “Io sono la risurrezione e la vita”. Nella risurrezione confermerà definitivamente che la vita che egli ha come Figlio dell’uomo non è soggetta alla morte. Perché egli è la vita, e quindi è Dio. Essendo la Vita, egli può parteciparla anche agli altri: “Chi crede in me, anche se muore vivrà” (Gv 11,25). Cristo può anche divenire - nell’Eucaristia - “il pane della vita” (Gv 6,35.48), “il pane vivo disceso dal cielo” (Gv 6,51). Anche in questo senso Cristo si paragona alla vite, che vivifica i tralci innestati in lui (Gv 15,1), ossia tutti coloro che fanno parte del corpo mistico.

Chi vede me, vede il Padre: Compendio Catechismo della Chiesa Cattolica 101: Tutta la vita di Cristo è evento di rivelazione. Ciò che è visibile nella vita terrena di Gesù conduce al suo Mistero invisibile, soprattutto al Mistero della sua filiazione divina: «Chi vede me, vede il Padre» (Gv 14,9). Inoltre, anche se la salvezza viene compiutamente dalla Croce e dalla Risurrezione, la vita intera di Cristo è Mistero di salvezza, perché tutto ciò che Gesù ha fatto, detto e sofferto aveva come scopo di salvare l’uomo decaduto e di ristabilirlo nella sua vocazione di figlio di Dio.

Chi ha visto me ha visto il Padre: Come il Figlio di Dio è uomo: Catechismo della Chiesa Cattolica 470: Poiché nella misteriosa unione dell’Incarnazione “la natura umana è stata assunta, senza per questo venir annientata”, la Chiesa nel corso dei secoli è stata condotta a confessare la piena realtà dell’anima umana, con le sue operazioni di intelligenza e di volontà, e del corpo umano di Cristo. Ma parallelamente ha dovuto di volta in volta ricordare che la natura umana di Cristo appartiene in proprio alla Persona divina del Figlio di Dio che l’ha assunta. Tutto ciò che egli è e ciò che egli fa in essa deriva da “Uno della Trinità”. Il Figlio di Dio, quindi, comunica alla sua umanità il suo modo personale d’esistere nella Trinità. Pertanto, nella sua anima come nel suo corpo, Cristo esprime umanamente i comportamenti divini della Trinità.

Benedetto XVI (Udienza Generale 6 Settembre 2006): Durante l’Ultima Cena, avendo Gesù affermato che conoscere Lui significava anche conoscere il Padre (cfr Gv 14,7), Filippo quasi ingenuamente gli chiese: “Signore, mostraci il Padre, e ci basta» (Gv 14,8). Gesù gli rispose con un tono di benevolo rimprovero: “Filippo, da tanto tempo sono con voi e ancora non mi conosci? Colui che vede me, vede il Padre! Come puoi tu dire: «Mostraci il Padre»? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? ... Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me” (Gv 14,9-11). Queste parole sono tra le più alte del Vangelo di Giovanni. Esse contengono una rivelazione vera e propria. Al termine del Prologo del suo Vangelo, Giovanni afferma: “Dio nessuno lo ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Gv 1,18). Ebbene, quella dichiarazione, che è dell’evangelista, è ripresa e confermata da Gesù stesso. Ma con una nuova sfumatura. Infatti, mentre il Prologo giovanneo parla di un intervento esplicativo di Gesù mediante le parole del suo insegnamento, nella risposta a Filippo Gesù fa riferimento alla propria persona come tale, lasciando intendere che è possibile comprenderlo non solo mediante ciò che dice, ma ancora di più mediante ciò che egli semplicemente è. Per esprimerci secondo il paradosso dell’Incarnazione, possiamo ben dire che Dio si è dato un volto umano, quello di Gesù, e per conseguenza d’ora in poi, se davvero vogliamo conoscere il volto di Dio, non abbiamo che da contemplare il volto di Gesù! Nel suo volto vediamo realmente chi è Dio e come è Dio!
L’evangelista non ci dice se Filippo capì pienamente la frase di Gesù. Certo è che egli dedicò interamente a lui la propria vita. Secondo alcuni racconti posteriori (Atti di Filippo e altri), il nostro Apostolo avrebbe evangelizzato prima la Grecia e poi la Frigia e là avrebbe affrontato la morte, a Gerapoli, con un supplizio variamente descritto come crocifissione o lapidazione. Vogliamo concludere la nostra riflessione richiamando lo scopo cui deve tendere la nostra vita: incontrare Gesù come lo incontrò Filippo, cercando di vedere in lui Dio stesso, il Padre celeste. Se questo impegno mancasse, verremmo rimandati sempre solo a noi come in uno specchio, e saremmo sempre più soli! Filippo invece ci insegna a lasciarci conquistare da Gesù, a stare con lui, e a invitare anche altri a condividere questa indispensabile compagnia. E vedendo, trovando Dio, trovare la vera vita.


Enzo Lodi (I Santi del Calendario Romano): Giacomo il Minore (cioè piccolo di statura), fratello del Signore (Mc 15,40) e figlio di Alfeo, è identificato con il parente omonimo del Signore (la madre è ricordata da Mc 15,40), che fu capo della Chiesa di Gerusalemme (oggi però si nega tale dato): figura al nono posto nelle quattro liste degli apostoli (Filippo invece al quinto posto: cfr. Mc 3,18, ecc.). Fu fatto lapidare dal sommo sacerdote Anania, oppure fu precipitato dal Tempio e poi finito a bastonate da un follatore nel 62 (secondo Egesippo). Infatti nell’inno dell’ufficio di lettura questi dati sono fusi per un’unica persona: l’autore della lettera di Giacomo è il presidente della comunità dell’alma Sion (quarta strofa); la «colonna» della Chiesa-madre, a cui Pietro fa annunciare la sua liberazione (At 12,17); l’apostolo col quale Paolo convertito prende contatto (Gal 1,19) e a cui il concilio di Gerusalemme riconosceva un ruolo importante (At 15,13-19). Anche la prima lettura della Messa attribuisce a questo Giacomo l’apparizione del Cristo risorto (1Cor 15,1-8).


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Vi proclamo, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato” (1Cor 15,1).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Dio, nostro Padre, che rallegri la Chiesa con la festa degli apostoli Filippo e Giacomo, per le loro preghiere concedi al tuo popolo di comunicare al mistero della morte e risurrezione del tuo unico Figlio, per contemplare in eterno la gloria del tuo volto. Per il nostro Signore Gesù Cristo...