6 Aprile 2018

Venerdì fra l’Ottava di Pasqua


Oggi Gesù ci dice: “Il Signore ha liberato il suo popolo e gli ha dato speranza; i suoi nemici li ha sommersi nel mare. Alleluia” (Sal 77,53 - Antifona).


Dal Vangelo secondo Giovanni 21,1-14: Il vangelo attraverso delle immagini ci conduce alla comprensione delle vicende terrene della Chiesa e di Pietro “primo” tra gli Apostoli. La grande quantità di pesci simboleggia il successo che avrà la Chiesa nella predicazione del Vangelo di Gesù. Sulla parola di Gesù, la vita degli Apostoli, e la vita di tutti i discepoli del Nazareno, sarà una vita intensa, il loro apostolato sarà fecondo, come una rete colma di pesci, la loro testimonianza sarà accreditata anche dal martirio, una vita “crocifissa”, ma sempre sostenuta dalla Presenza del Risorto: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).


Gesù si manifesta ai discepoli non più a Gerusalemme, teatro della sua passione, morte e risurrezione, bensì «sul mare di Tiberìade», dove aveva svolto gran parte della sua attività apostolica.
Simon Pietro aveva deciso di andare a pescare, una decisione condivisa da Tommaso, da Natanaele, dai figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, e da altri due discepoli anonimi. Una decisione che forse mette a nudo in Pietro e nei discepoli un sentimento di delusione (Cf. Lc 24,2: «noi speravamo...»).
L’iniziativa si conclude con un sonoro fallimento, «ma quella notte non presero nulla»; una scena che racchiude senz’altro un richiamo simbolico: senza Gesù, «luce del mondo» (Gv 8,12), gli uomini precipitano nelle tenebre e senza di Lui gli uomini non possono realizzare le opere di Dio (Gv 9,4; 15,5).
Quando era già l’alba, Gesù si presenta sulla riva, ma i discepoli non lo riconoscono, elemento tipico delle apparizioni (Cf. Lc 24,16; Gv 20,14). Fanno però quanto viene loro comandato e traggono a terra la rete piena di una «grande quantità di pesci».
Questa sovrabbondanza richiama il miracolo di Cana (Cf. Gv 2,6), la moltiplicazione dei pani (Cf. Gv 6,11s), l’acqua viva (Cf. Gv 4,14; 7,37s), la vita data dal buon pastore (Cf. Gv 10,10), la pienezza dello Spirito data da Gesù (Cf. Gv 3,34).
A fronte di questo prodigio, il discepolo «che Gesù amava» riconosce nello sconosciuto il Risorto e lo riferisce a Pietro. La reazione di Pietro è repentina, propria del suo carattere impetuoso, si getta in acqua e raggiunge a nuoto la spiaggia; mentre gli altri trascinando la rete piena di pesci raggiungono la terra: «Ecco, dunque, la scena ormai completa di significato simbolico: gli Apostoli, con a capo Pietro, corrono verso Cristo, Cristo Risorto, trascinando la barca ricolma della pesca miracolosa!» (Massimo Biocco).
Pietro, ad un invito del Risorto, trae a terra la rete piena di «centocinquantatré grossi pesci». Un numero certamente  simbolico (Cf. Ez 47,10), ma la sottolineatura benché fossero tanti, la rete non si spezzò, sta a simboleggiare il fatto che la Chiesa, autenticamente fondata sulla parola di Gesù e sulla fede di Pietro (Cf. Mt 16,16), non si spezzerà nonostante la pavidità di molti cristiani e le persecuzioni degli uomini: «doppio miracolo quindi: la pesca abbondante e le reti che non si rompono. Anche nell’unica barca [nel racconto di Luca sono due] e nella rete che non si rompe molti vedono il simbolo dell’unità della Chiesa» (G. Segalla).
L’apparizione si conclude con un banchetto dove Gesù offre ai suoi discepoli pane e pesce arrostito (Cf. Mt 14,17-19).


Compostella (Messale per la Vita Cristiana): Il Vangelo di san Giovanni termina con la descrizione di un incontro ricco di simboli: Pietro e altri sei discepoli sono sulle rive del lago di Tiberiade. Là dove si trovavano prima che Gesù li chiamasse per seguirlo e diventare pescatori di uomini. Pietro decide: «Io vado a pescare» - ma senza pensare agli uomini. Gli altri si uniscono a lui. Nella notte - propizia ai pescatori - vanno sul lago. La mattina, rientrano con le reti vuote. E, sulla riva, qualcuno domanda loro un po’ di pesce.
Ma non hanno pescato nulla, niente per loro stessi, niente che possano dividere. Fidandosi di una sua parola - che non hanno riconosciuto - gettano le loro reti e pescano molti pesci (anche se il mattino non è il momento migliore per la pesca). Allora il cuore del discepolo che Gesù amava si apre. «È il Signore!», esclama. In modo conforme alla sua posizione nella comunità, Giovanni è il primo a riconoscere Gesù; e Pietro è il primo a raggiungerlo. Gli altri seguono con la barca e le reti, piene di centocinquantatre grossi pesci, una quantità inaudita.
L’incontro sulla riva è colmo di una strana paura. Nessuno osa domandare: «Chi sei?». Essi lo sanno, ma tuttavia provano un’impressione di estraneità e di cambiamento. Questa volta, Gesù non mangia. Prende il pane e i pesci. Li dà a loro ed essi li prendono dalle sue mani: il pane e la vita.


Nell’unica barca che si spinge al largo per la pesca e nella rete che non si rompe può essere intravisto il simbolo dell’unità della Chiesa.
La Chiesa è una per la sua origine: «Il supremo modello e il principio di questo Mistero è l’unità nella Trinità delle Persone di un solo Dio Padre e Figlio nello Spirito Santo» (CCC 813).
La Chiesa è una per il suo Fondatore: «Il Figlio incarnato, infatti... per mezzo della sua croce ha riconciliato tutti gli uomini con Dio, ... ristabilendo l’unità di tutti i popoli in un solo Popolo e in un solo corpo» (CCC 813; Cf. Unitatis redintegratio, 1: «Da Cristo Signore la Chiesa è stata fondata una e unica»).
La Chiesa è una per la sua anima: «Lo Spirito Santo, che abita nei credenti e tutta riempie e regge la Chiesa, produce quella meravigliosa comunione dei credenti e tanto intimamente tutti unisce in Cristo, da essere il principio dell’unità della Chiesa» (CCC 813). Dunque è «proprio dell’essenza stessa della Chiesa di essere una: Che stupendo mistero! Vi è un solo Padre nell’universo, un solo Logos dell’universo e anche un solo Spirito Santo, ovunque identico; vi è ance una sola vergine divenuta madre, e io amo chiamarla Chiesa» (CCC 813).
A motivo di tale unità la Chiesa non deve lacerarsi con scismi e fazioni.
«Il nuovo popolo di Dio è realmente cattolico cioè universale, perché aperto a tutti gli uomini e stringe nel suo seno credenti di ogni colore e razza. Ora, questa chiesa cattolica non deve rompere la sua unità, come la rete di Pietro non si strappò, nonostante la quantità eccezionale di grossi pesci [Gv 21,11]» (Salvatore Alberto Panimolle).
Anche il Concilio ecumenico Vaticano II, da cui attinge il Catechismo della Chiesa Cattolica, ha dedicato molto interesse al mistero della chiesa, illustrando con cura e richiamando a varie riprese le due note essenziali dell’unità e della cattolicità.
Così la Costituzione dommatica sulla Chiesa Lumen gentium: «La Chiesa terrestre e la Chiesa arricchita di beni celesti, non si devono considerare come due cose diverse; esse formano piuttosto una sola complessa realtà risultante di un duplice elemento, umano e divino. Per una analogia che non è senza valore, quindi, è paragonata al mistero del Verbo incarnato. Infatti, come la natura assunta serve al Verbo divino da vivo organo di salvezza, a lui indissolubilmente unito, così in modo non dissimile l’organismo sociale della Chiesa serve allo Spirito di Cristo che la vivifica, per la crescita del corpo [Cf. Ef 4,16]. Questa è l’unica Chiesa di Cristo, che nel Simbolo professiamo una, santa, cattolica e apostolica e che il Salvatore nostro, dopo la sua resurrezione, diede da pascere a Pietro [Cf. Gv 21,17], affidandone a lui e agli altri apostoli la diffusione e la guida [Cf. Mt 28,18ss], e costituì per sempre colonna e sostegno della verità [Cf. 1Tm 3,15]» (LG 8).
Tale unità dell’unica chiesa di Cristo sussiste nella chiesa cattolica, senza possibilità di essere perduta (Cf. UR 4; LG 8). Tutti gli uomini sono «chiamati a questa cattolica unità del popolo di Dio, che prefigura e promuove la pace universale; a questa unità in vario modo appartengono o sono ordinati sia i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, sia infine tutti gli uomini senza eccezione, che la grazia di Dio chiama alla salvezza» (LG 13).
Le divisioni tra i cristiani impediscono che la chiesa attui in essi l’unità e la cattolicità che le sono proprie, e come rigurgito tali divisioni impediscono alla Chiesa di realizzare in modo pieno la pace, la concordia e la fratellanza tra i popoli. Non c’è da attendere che una nuova Pentecoste che infiammi i cuori e li muova all’unità: il tema centrale della preghiera che Gesù innalzò al Cielo prima di consegnarsi alla Passione (Gv 17).


Chiara Lubich: Siamo ancora sul lago di Tiberiade. I discepoli, stanchi, stanno tornando a riva con le reti vuote. Ma Gesù li invita a gettare le reti «dalla parte destra della barca». E Pietro risponde a Gesù: «Sulla tua parola getterò le reti» (Lc 5,5).
Dopo una notte infruttuosa, un esperto nella pesca avrebbe potuto sorridere e rifiutarsi di accettare l’invito di Gesù a gettare le reti di giorno, momento meno propizio. Invece, passando oltre il suo ragionamento, Pietro si fidò di Gesù. E questa una situazione tipica attraverso la quale anche oggi ogni credente, proprio perché credente, è chiamato a passare. La sua fede, infatti, è messa alla prova in mille modi. Seguire Cristo significa decisione, impegno e perseveranza, mentre in questo mondo in cui viviamo tutto sembra invitare al rilassamento, alla mediocrità, al «lasciar perdere». Occorre allora la forza di andare avanti, di resistere all’ambiente, al contesto sociale, agli amici, ai mass-media. È una prova dura da combattere giorno per giorno, o meglio ora per ora.
Ma, se la si affronta e la si accoglie, essa servirà a farci maturare come cristiani, a farci sperimentare che le straordinarie parole di Gesù sono vere, che le sue promesse si attuano, che si può intraprendere nella vita un’avventura divina mille volte più affascinante di quante altre ne possiamo immaginare.
La condizione è una sola: fare anche oggi la scelta di Pietro: «Sulla tua “parola”...». Avere fiducia nella sua parola; non mettere il dubbio su ciò che egli chiede. Anzi: basare il nostro comportamento, la nostra attività, la nostra vita sulla sua parola.
Fonderemo così la nostra esistenza su ciò che vi è di più solido, sicuro, e contempleremo, nello stupore, che proprio là dove ogni risorsa umana viene meno, egli interviene, e che là, dove è umanamente impossibile, nasce la vita.


Siamo arrivati al terminePossiamo mettere in evidenza:
**** «Il nuovo popolo di Dio è realmente cattolico cioè universale, perché aperto a tutti gli uomini e stringe nel suo seno credenti di ogni colore e razza. Ora, questa chiesa cattolica non deve rompere la sua unità, come la rete di Pietro non si strappò, nonostante la quantità eccezionale di grossi pesci [Gv 21,11]» (Salvatore Alberto Panimolle).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Dio onnipotente ed eterno, che nella Pasqua del tuo Figlio hai offerto agli uomini il patto della riconciliazione e della pace, donaci di testimoniare nella vita il mistero che celebriamo nella fede. Per il nostro Signore Gesù Cristo...