18 Aprile 2018

Mercoledì III Settimana di Pasqua


Oggi Gesù ci dice: “Chi crede nel Figlio ha la vita eterna, dice il Signore, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Cfr. Gv 6,40).


Dal Vangelo secondo Giovanni 6,35-40: Le parole di Gesù “Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete”, bene si addicono a una folla affamata soltanto di pane terreno. La folla ha veduto ma non ha creduto, gli Apostoli, i discepoli, hanno visto e hanno creduto: “Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita - la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi -, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi” (1Gv 1,1-3). Il dono della vita eterna è la squisita volontà del Padre, ma a una condizione, che l’uomo “veda il Figlio e creda in lui”. Quindi, la “fede nel Figlio” è il traghetto necessario per traghettare dalla vita terra alla vita eterna. Infine, le parole di Gesù “Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me, colui che viene a me, io non lo caccerò fuori” le ritroviamo come “parole compiute” nella “preghiera sacerdotale”: “Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura” (Gv 17,12), Gesù ha compiuto perfettamente la volontà del Padre: colui che è andato da Lui, non è stato “cacciato fuori”, perché la volontà del Padre è una volontà di salvezza e non di morte: Dio non gode della morte del peccatore, ma che si converta dalla sua malvagità e viva (cfr. Ez 33,11). E questa è anche la volontà del Figlio di Dio, spiccatamente significata dalla sua incarnazione, dalla sua morte, e dalla risurrezione dai  morti.


Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi: le pietre dei Giudei hanno messo fine alla vita e alla predicazione di Stefano (cfr. I Lettura, At 8,1b-8). Ma la parola di Dio non è incatenata (2Tm 2,9), una scarica di pietre non può fermare la sua corsa. L’“evangelista” Filippo (At 21,8), uno dei sette Diaconi, con grande coraggio e fermezza supera gli angusti confini del giudaismo: la parola di Dio prende il largo (Lc 5,4), e i pubblicani, i pagani, i peccatori, le prostitute proprio coloro che si pensava fossero gli esclusi (Mt 10,5; Gv 4,9) accolgono con “grande gioia” il Vangelo, la “Buona Notizia”. Gesù aveva rimproverato la folla con queste parole “Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete” (cfr. Vangelo), ora la situazione si capovolge: “le folle, unanimi,” prestano attenzione alle parole di Filippo“sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva”. Per afferrare la salvezza occorre fare tre passi. Prestare attenzione alla Parola è il primo passo, il secondo è vedere, «“Rabbì - che, tradotto, significa Maestro -, dove dimori?”. Disse loro: “Venite e vedrete”» (Gv 1,38-39.51), il terzo è credere (Gv 1,41), la meta, il porto è la vita eterna (Gv 6,40).


E vi fu grande gioia in quella città - Benedetto XVI (Omelia, 27 Aprile 2008): La prima Lettura, tratta dal capitolo VIII degli Atti degli Apostoli, narra la missione del diacono Filippo in Samaria. Vorrei attirare immediatamente l’attenzione sulla frase che chiude la prima parte del testo: “E vi fu grande gioia in quella città” (At 8,8). Questa espressione non comunica un’idea, un concetto teologico, ma riferisce un avvenimento circostanziato, qualcosa che ha cambiato la vita delle persone: in una determinata città della Samaria, nel periodo che seguì la prima violenta persecuzione contro la Chiesa a Gerusalemme (cfr. At 8,1), venne ad accadere qualcosa che causò “grande gioia”. Che cosa era dunque successo? Narra l’Autore sacro che, per sfuggire alla persecuzione scoppiata a Gerusalemme contro coloro che si erano convertiti al cristianesimo, tutti i discepoli, tranne gli Apostoli, abbandonarono la Città santa e si dispersero all’intorno. Da questo evento doloroso scaturì, in maniera misteriosa e provvidenziale, un rinnovato impulso alla diffusione del Vangelo. Fra coloro che si erano dispersi c’era anche Filippo, uno dei sette diaconi della Comunità [...]. Or avvenne che gli abitanti della località samaritana, di cui si parla in questo capitolo degli Atti degli Apostoli, accolsero unanimi l’annuncio di Filippo e, grazie alla loro adesione al Vangelo, egli poté guarire molti malati. In quella città della Samaria, in mezzo a una popolazione tradizionalmente disprezzata e quasi scomunicata dai Giudei, risuonò l’annuncio di Cristo che aprì alla gioia il cuore di quanti l’accolsero con fiducia. Ecco perché dunque - sottolinea san Luca - in quella città “vi fu grande gioia”. Cari amici, questa è anche la vostra missione: recare il Vangelo a tutti, perché tutti sperimentino la gioia di Cristo e ci sia gioia in ogni città. Che cosa ci può essere di più bello di questo? Che cosa di più grande, di più entusiasmante, che cooperare a diffondere nel mondo la Parola di vita, che comunicare l’acqua viva dello Spirito Santo?


... colui che viene a me, io no lo caccerò fuori - Basilio Caballero (La Parola per Ogni Giorno): Chi si avvicina a Gesù, non sarà scacciato - allusione all’esclusione dal paradiso terrestre ... perché «questa è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell’ultimo giorno». Da questo si desume che non ci sono élites privilegiate né monopoli nella salvezza di Dio per mezzo di Cristo. Suo destinatario è ogni uomo e ogni donna che, riconoscendosi peccatori e bisognosi di guarigione, credono in Gesù Cristo, il Figlio di Dio risorto.
Questo è il fulcro del vangelo, cioè della buona novella che andavano diffondendo i membri dispersi della perseguitata comunità di Gerusalemme, come vediamo nella prima lettura. È la legge della crescita del seme del regno: attraverso la persecuzione e la croce con Cristo, il chicco di grano, morendo nel solco, produce uno splendido raccolto. Così la dispersione, provocata dalla persecuzione della primitiva comunità di Gerusalem­me, contribuì alla diffusione del nome di Cristo tra i samaritani, la cui città si riempì di gioia per le parole e i miracoli del diacono Filippo. Nel libro degli Atti Luca ci mostra come, secondo le parole di Cristo al momento dell’ascensione, la buona novella arrivò fino ai confini della terra: prima la Palestina, poi l’Asia minore, in seguito la Grecia e infine Roma.


Questa infatti è la volontà del Padre mio - Bibbia di Navarra (I Quattro Vangeli): vv. 37-40. 37-40. Gesù rivela luminosamente che egli è l’Inviato del Padre. Ciò era stato già in precedenza annunziato da san Giovanni Battista (Gv 3,33-36), e Gesù stesso l’aveva asserito nel dialogo con Nicodèmo (Gv 3,17-21), come pure proclamato davanti ai Giudei in Gerusalemme (Gv 5,20-30). Poiché Gesù è colui che è stato mandato dal Padre, il pane della vita disceso dal cielo per dare la vita al mondo, chiunque crede in lui ha la vita eterna; è infatti volontà di Dio che tutti siano salvati per mezzo di Gesù Cristo. Nelle parole del Signore sono racchiusi tre misteri: 1) il mistero della fede in Cristo. il che vuoi dire venire a Gesù accettandone i miracoli (cioè i segni) e le parole; 2) il mistero della risurrezione dei credenti, che ha inizio in questa vita per virtù della fede e trova compimento perfetto nel cielo; 3) il mistero della predestinazione, il disegno cioè del Padre nostro celeste, il quale vuole che la salvezza sia possibile a tutti gli uomini. Queste solenni parole del Signore colmano di speranza il credente.
Nel commentare i versetti 37-38, sant’Agostino esalta il valore dell’umiltà di Gesù, modello perfetto dell’umiltà del cristiano, non avendo egli voluto fare la sua volontà, bensì quella del Padre che l’ha mandato: «Grande mistero! [...]. Sono venuto umile, sono venuto a insegnare l’umiltà. sono venuto come maestro di umiltà. Chi viene a me, è incorporato a me; chi viene a me, diventa umile; chi è unito a me, sarà umile: perché non fa la propria volontà, ma quella di Dio» (In Ioannis Evang. tractatus, 25,15 e 16).


La vita eterna - Giuseppe Barbaglio: Molti testi parlano ... della vita eterna come realtà ultima e definitiva, identica alla salvezza. Soprattutto nei sinottici si precisa a quali condizioni una persona può «ereditare la vita eterna». Dopo aver mostrato l’esempio del buon samaritano, Gesù dice all’interrogante che voleva sapere da lui chi è il prossimo da amare: «Fa’ questo e vivrai» (Lc 10,28). In altre parole, imita il comportamento del samaritano e entrerai alla fine nella vita eterna, intramontabile. Mt 7,14, in termini più generali, parla di via stretta che conduce alla vita; in altre parole si richiede una precisa ascesi. Che si tratti di condizioni onerose, comunque della necessità di pagare un alto prezzo, appare chiaro da Mc 9,43.45: «Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile. Se il tuo piede ti scandalizza, taglialo: è meglio per te entrare nella vita zoppo, che essere gettato con due piedi nella Geenna» (cf. anche Mt 18,8-9). Alla domanda di un tale: «Che cosa devo fare per avere la vita eterna?» (Me 10,17; Mt 19,16; Lc 18,18), Gesù risponde proclamando dapprima la necessità di osservare i comandamenti e quindi l’esigenza di rinunciare a tutto e di farsi suo discepolo. Come ricompensa a quanti, lasciato tutto, lo hanno seguito nel discepolato, il Maestro indica la vita eterna (Mc 10,30; Mt 19,29; Lc 18,30). Da parte sua Lc 10,25 indica nell’osservanza dei due principali comandamenti, dell’amore di Dio e del prossimo, la condizione per ereditare la vita eterna. Infine Mt 25,46 conclude la sua maestosa presentazione del giudizio finale con la dichiarazione che «i giusti» entreranno nella vita eterna, mentre coloro che non hanno soccorso i fratelli più piccoli del giudice finale sono destinati al supplizio eterno. Dal contrasto emerge che la «giustizia» necessaria per entrare nella vita eterna consiste nell’amore fattivo del prossimo bisognoso.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile.   (Mc 9,43)
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Assisti, o Dio nostro Padre, questa tua famiglia raccolta in preghiera: tu che ci hai dato la grazia della fede, donaci di aver parte all’eredità eterna per la risurrezione del Cristo tuo Figlio e nostro Signore. Egli è Dio, e vive e regna con te...