IL PENSIERO DEL GIORNO

7 Febbraio 2018


MERCOLEDÌ V SETTIMANA «per annum»


Oggi Gesù ci dice: “ La bocca del giusto medita la sapienza” (Salmo Responsoriale).


Dal Vangelo secondo Marco 7,14-23: Gesù non è un rivoluzionario: la legge va osservata anche nei più piccoli particolari perché lui non è venuto per abolirla, ma per renderla perfetta (Mt 5,17-19). Ma la legge non deve schiavizzare l’uomo e l’esteriorità non deve stravolgere la norma morale. L’insegnamento di Gesù è un invito a guardarsi dentro: la creazione di per sé è buona e c’è un solo tipo di impurità che allontana l’uomo da Dio ed è quella che scaturisce dal suo cuore, cioè dai pensieri e dalle intenzioni. È l’uomo, se non ha un cuore puro, a rendere impure anche le cose buone. E poi, ora, nella pienezza del tempo, non è la legge e la sua osservanza a giustificare l’uomo, ma la fede in Cristo (Rom 5,1s).


Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola: Benedetto Prete (Vangelo secondo Marco): L’interrogazione dei discepoli mostra apertamente che né essi né la folla avevano afferrato interamente il senso del principio enunciato dal Maestro. Lo interrogarono intorno alla parabola; secondo Matteo, 15,15 è Pietro che interroga Gesù. Parabola ha qui il senso del termine ebraico corrispondente mashal, che significa: paragone, immagine didattica; Gesù infatti aveva parlato di ciò che «vi è fuori dell’uomo» e di «ciò che esce dall’uomo». Questa seconda espressione sfuggiva all’intelligenza dei discepoli; in verità essa poteva prestarsi all’equivoco perché la legge ebraica contemplava anche il caso di manifestazioni fisiche dell’uomo che lo rendevano impuro (come la lebbra ed alcune disfunzioni organiche). Come si vede, i discepoli rimanevano ancora nel campo fisico, mentre Gesù si riferiva a quello morale.


Catechismo della Chiesa Cattolica

Gesù e la Legge

577 Gesù ha fatto una solenne precisazione all’inizio del Discorso della Montagna, quando ha presentato, alla luce della grazia della Nuova Alleanza, la Legge data da Dio sul Sinai al momento della Prima Alleanza: Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla Legge, senza che tutto sia compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel Regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel Regno dei cieli (Mt 5,17-19).

578 Gesù, il Messia d’Israele, il più grande quindi nel Regno dei cieli, aveva il dovere di osservare la Legge, praticandola nella sua integralità fin nei minimi precetti, secondo le sue stesse parole. Ed è anche il solo che l’abbia potuto fare perfettamente . Gli Ebrei, secondo quanto essi stessi confessano, non hanno mai potuto osservare la Legge nella sua integralità senza trasgredire il più piccolo precetto. Per questo, ogni anno, alla festa dell’Espiazione, i figli d’Israele chiedono perdono a Dio per le loro trasgressioni della Legge. In realtà, la Legge costituisce un tutto unico e, come ricorda san Giacomo, “chiunque osservi tutta la Legge, ma la trasgredisca in un punto solo, diventa colpevole di tutto” (Gc 2,10).

579 Il principio dell’integralità dell’osservanza della Legge, non solo nella lettera ma nel suo spirito, era caro ai farisei. Mettendolo in forte risalto per Israele, essi hanno condotto molti Ebrei del tempo di Gesù a uno zelo religioso estremo. E questo, se non voleva risolversi in una casistica “ipocrita”, non poteva che preparare il Popolo a quell’inaudito intervento di Dio che sarà l’osservanza perfetta della Legge da parte dell’unico Giusto al posto di tutti i peccatori.

580 L’adempimento perfetto della Legge poteva essere soltanto l’opera del divino Legislatore nato sotto la Legge nella Persona del Figlio. Con Gesù, la Legge non appare più incisa su tavole di pietra ma scritta nel “cuore” (Ger 31,33) del Servo che, proclamando “il diritto con fermezza” (Is 42,3), diventa l’“Alleanza del Popolo” (Is 42,6). Gesù compie la Legge fino a prendere su di sé “la maledizione della Legge” (Gal 3,13), in cui erano incorsi coloro che non erano rimasti fedeli “a tutte le cose scritte nel libro della Legge” (Gal 3,10); infatti la morte di Cristo intervenne “per la redenzione delle colpe commesse sotto la Prima Alleanza” (Eb 9,15).

581 Gesù è apparso agli occhi degli Ebrei e dei loro capi spirituali come un “rabbi”. Spesso egli ha usato argomentazioni che rientravano nel quadro dell’interpretazione rabbinica della Legge. Ma al tempo stesso, Gesù non poteva che urtare i dottori della Legge; infatti, non si limitava a proporre la sua interpretazione accanto alle loro: “Egli insegnava come uno che ha autorità e non come i loro scribi” (Mt 7,29). In lui, è la Parola stessa di Dio, risuonata sul Sinai per dare a Mosè la Legge scritta, a farsi di nuovo sentire sul Monte delle Beatitudini. Essa non abolisce la Legge, ma la porta a compimento dandone in maniera divina l’interpretazione definitiva: “Avete inteso che fu detto agli antichi ... ma io vi dico” (Mt 5,33-34). Con questa stessa autorità divina, Gesù sconfessa certe “tradizioni degli uomini” (Mc 7,8) care ai farisei i quali annullano “la Parola di Dio” (Mc 7,13).

582 Spingendosi oltre, Gesù dà compimento alla Legge sulla purità degli alimenti, tanto importante nella vita quotidiana giudaica, svelandone il senso “pedagogico” con una interpretazione divina: “Tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può contaminarlo... Dichiarava così mondi tutti gli alimenti. . . Ciò che esce dall’uomo, questo sì contamina l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore dell’uomo, escono le intenzioni cattive” (Mc 7,18-21). Dando con autorità divina l’interpretazione definitiva della Legge, Gesù si è trovato a scontrarsi con certi dottori della Legge, i quali non ne accettavano la sua interpretazione, sebbene fosse garantita dai segni divini che la accompagnavano. Ciò vale soprattutto per la questione del sabato: Gesù ricorda, ricorrendo spesso ad argomentazioni rabbiniche, che il riposo del sabato non viene violato dal servizio di Dio o del prossimo, servizio che le guarigioni da lui operate compiono.

JOHN L.McKENZIE (Legge, Dizionario Biblico): L’atteggiamento di Gesù verso la legge deve essere descritto, in un certo senso, come atteggiamento negativo. I pubblicani e i peccatori precederanno nel regno di Dio gli scribi e i farisei (Mt 21,28-32); i peccatori pentiti sono migliori dei giusti non pentiti (di nuovo gli scribi e i farisei; Lc 15,1-10). Le beatitudini (Mt 5,3-10) non contengono nessun elogio dell’osservanza della legge. Il riconoscimento da parte del Padre celeste dipende dall’accettare Gesù (Mt 10,32s: Lc 12,8 s). Egli dichiara di essere signore del sabato (Mt 12,8; Mc 2,28: Lc 6,5). Il pubblicano pentito è perdonato, mentre non lo è il fariseo che si riteneva giusto Lc 18,9-14). Coloro che obbediscono a tutte le cose che sono state comandate sono servi inutili, non hanno fatto altro che il loro dovere (Lc 17,7-10). Gli scribi e i farisei si sono appropriati la chiave del regno, non entrando loro e non permettendo agli altri di entrarvi (Mt 23,13; Lc 11,52). La legge contenuta nelle parole di Gesù, è come una toppa nuova su un vestito vecchio o un vino nuovo in vecchi otri (Mt 9,16-17; Mc 2,21-22; Le 5,36-39). Gesù come figlio del regno è libero dagli obblighi della legge (Mt 17,24-27). Egli non esita a citare la legge (Mt 5,21-48), ma la sua citazione qui non è fatta nello spirito rabbinico: la sua antitesi è: «È stato detto», e « Io dico ».
D’altra parte, l’atteggiamento di Gesù non è un rifiuto soltanto negativo. La sua missione non è quella di annullare la legge, ma di completarla, e si entra nel regno dei cieli osservando la legge (M t 5,17-20). Quando gli viene chiesto come si ottiene la vita eterna, egli risponde di «osservare i comandamenti» (Mt 19,16-19; Mc 10,17-19; Lc 18,18-20). Egli riduce tutta la legge al comandamento dell’amore verso Dio e verso il prossimo (Mt 22,34-40; Mc 12,28-34; Lc 10,25-28). La giustizia dei suoi discepoli deve superare quella degli scribi e dei farisei (Mt 5,20). Gli scribi e i farisei si applicano alle minuzie dell’osservanza e omettono la virtù essenziale: avrebbero dovuto praticare la seconda senza omettere le prime (Mt 23.23).
Si può sintetizzare questo duplice atteggiamento solo sullo sfondo della più vasta concezione della missione di Gesù. Egli rifiuta la legge come mezzo sufficiente di giustizia; oltre alla legge si deve accettare Gesù come colui le cui parole non soltanto sono uguali alla legge, ma come colui che - nuovo Mosè - viene a rivelare il Padre. Se lo si accetta, la trasgressione della legge non sarà un ostacolo per il regno dei cieli, perché il Padre è pronto a perdonare. Ma coloro che pongono la loro fiducia nell’osservanza della legge, fanno della legge un inciaMpo. La legge, in se stessa, è infatti un mezzo insufficiente per raggiungere Dio; in Dio deve essere adempiuta, raggiungendo la sua pienezza. Sostanzialmente la legge è ciò che Gesù afferma di essa, la volontà di Dio rivelata: coloro che accettano la sua rivelazione non possono appellarsi ad essa per rifiutare la pienezza della rivelazione di Dio alla quale la legge tende.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** “Dio non richiede dall’uomo se mentre sta per mangiare si lava le mani, ma se ha il cuore puro e la coscienza monda dalle impurità dei peccati.  In effetti, cosa giova lavare le mani ed avere la coscienza macchiata?” (Cromazio di Aquileia).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Custodisci sempre con paterna bontà la tua famiglia, Signore, e poiché unico fondamento della nostra speranza è la grazia che viene da te, aiutaci sempre con la tua protezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo …