IL PENSIERO DEL GIORNO

27 Febbraio 2018



MARTEDì FERIA II SETTIMANA DI QUARESIMA


Oggi Gesù ci dice: “Imparate a fare il bene, cercate la giustizia” (I Lettura).


Dal Vangelo secondo Matteo 23,1-12: La Chiesa riconosce una sola Guida: Gesù che si è fatto servo di tutti. È un forte richiamo sopra tutto per chi è tentato di strumentalizzare la Chiesa, mettendola al servizio delle proprie idee.


Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei - La tensione creatasi tra Gesù e le guide spirituali del popolo d’Israele, testimoniata nel vangelo di Matteo a partire dal capitolo 21, sfocia qui in invettive così violente da suscitare stupore. Possiamo ben dire che il capitolo 23 di Matteo è una seria e incisiva catechesi contro l’ipocrisia. I peccati sono abbastanza rintracciabili.
Sulla cattedra di Mosè..., sta ad indicare la funzione di insegnare: nelle sinagoghe v’erano dei seggi d’onore, di pietra, riservati ai dottori della Legge che venivano chiamati cattedra di Mosè, perché da essi gli scribi interpretavano per il popolo i testi biblici. In questo modo il loro insegnamento si inseriva nell’alveo magisteriale di Mosé. Ma se erano bravi come maestri, poco meno lo erano nell’osservare la Legge di cui si dicevano sapienti conoscitori. E così finivano coll’essere indulgenti con se stessi, e implacabili giudici con la povera gente tanta da angariarla imponendo fardelli pesanti e difficili da portare, e che loro non volevano muoverli nemmeno con un dito.
Tutte le opere le fanno per essere ammirati... è la lebbra della ipocrisia.
L’ipocrisia, appena accennata qua e là nell’Antico Testamento (Is 29,13; Sir 1,28; 32,15; 36,20), è il ricercare l’approvazione degli altri per mezzo di gesti ostentati di beneficenza, di preghiera e di digiuno (Cf. Mt 6,2), giudica negativamente gli altri uomini (Cf. Mt 7,5) e fa pregare solo con le labbra, ma non col cuore (Cf. Mt 15,7). Gli ipocriti sono pure qualificati da Gesù come sepolcri imbiancati all’esterno “belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume”, vipere, stolti ... (Cf. Mt 23,25-26). Ma gli ipocriti sono sopra tutto dei poveri ciechi.
“L’ipocrisia si avvicina così all’indurimento, poiché l’ipocrita, illudendosi di essere veramente giusto, diventa sordo ad ogni appello alla conversione. Nella sua cecità, egli non può togliere la trave che gli impedisce di vedere, dal momento che pensa solo a togliere la pagliuzza dall’occhio del fratello (Mt 7,4-5). Questa cecità è particolarmente grave quando colpisce coloro che devono essere le guide spirituali del popolo di Dio. Così i  farisei, divenuti delle «guide cieche» [Mt 23,16.17.19.24], ingannano se stessi e guidano anche gli altri alla rovina [Mt 23,13]. Essi, che hanno sostituito alla legge divina le tradizioni umane [Mt 15,6-7], sono ciechi e pretendono di guidare altri ciechi [Mt 15,14], e la loro dottrina non è che un cattivo lievito [Lc 12,1]. Accecati dalla loro stessa malizia, si oppongono alla bontà di Gesù e si appellano alla legge del sabato per impedirgli di fare il bene [Lc 13,15-16]; con le loro accuse a Gesù non fanno che manifestare la loro intima malvagità, poiché la «bocca dice ciò che trabocca dal cuore» [Mt 12,24-34]” (R. Tufariello).
I farisei, tanta era la bramosia di essere reputati ottimi religiosi e osservanti della Legge, arrivavano alla puerilità di allargare i loro filatteri e allungare le frange che ogni Israelita, osservando quanto indicato in Num 15,37-41, portava ai quattro capi della veste e che in aramaico erano chiamate frange di preghiera . I filatteri sono astucci di cuoio, contenenti la riproduzione di alcuni testi biblici, e che venivano allacciate al braccio sinistro e alla fronte con  strisce. Gesù non condanna tali usanze, ma solo lo spirito di ostentazione con cui venivano praticate.
Il brano evangelico si chiude con l’indicare un antidoto a tale veleno: l’umiltà, il servizio disinteressato, la carità e l’amore fraterno. E sopra tutto ognuno impari a stare al suo posto. La Chiesa ha un solo Maestro Cristo Gesù: “Cristo è il modello dei pastori della Chiesa, nell’infaticabile amore con cui ha compiuto la missione, affidatagli dal Padre, di andare in cerca delle “pecore perdute della casa d’Israele” [Mt 15,24]. Per questo nessun altro all’infuori del Cristo può essere chiamato “maestro” dalla comunità dei credenti (A. Lancellotti).
Soltanto Gesù è la Guida: soltanto Lui rivela il Padre e solo Lui può donare la luce necessaria perché il credente entri nel cuore del Padre e ne comprenda la volontà; Lui è la Via (Gv 8,16), l’unica Via che conduce al Padre.


Ambizione ed ostentazione - Vincenzo Raffa (Liturgia Festiva): Gesù ha  denunciato la  condotta degli scribi e farisei che facevano tutto solo per essere ammirati e che, pur essendo empi nei loro cuori, posavano a pii e religiosi in pubblico con molta teatralità. Andavano a caccia dei primi e ambivano titoli e riconoscimenti da parte del popolo (Mt 6,1-16; 23,3-24). Il vangelo di oggi riporta anche un ammonimento che riguarda da vicino non più gli scribi e i farisei, ma i discepoli del Cristo e i cristiani. I cristiani sono ammoniti a prendere viva coscienza della loro condizione battesimale di fratelli nella famiglia dell’unico Padre, che è Dio, e di considerarsi tutti discepoli della stessa scuola perché l’unico maestro è Cristo. Questa fratellanza non esclude una diversa graduazione fra i membri, ma vuole che ogni grado sia considerato come un ministero, un servizio. Con ciò si sottolinea l’aspetto di umiltà e carità che deve caratterizzare i rapporti fra i cristiani.
Ma il vangelo non ignora la gerarchia, non livella superiori e sudditi e neppure abolisce il sistema dei richiami, delle sanzioni e di tutte le misure, anche severe, richieste dal buon andamento di una comunità saggia e ordinata.


L’ipocrita - Cieco che inganna se stesso - Xavier Léon Dufour: Il formalismo può essere guarito, ma l’ipocrisia è vicina all’indurimento. I «sepolcri imbiancati » finiscono per prendere come verità ciò che vogliono far credere agli altri: si credono giusti (cfr. Lc 18,9; 20,20) e diventano sordi ad ogni appello alla conversione.
Come un’attore di teatro (in gr. hypocritès), l’ipocrita continua a recitare la sua parte, tanto più che occupa un posto elevato e si obbedisce alla sua parola (Mt 23,2s). La correzione fraterna è sana, ma come potrebbe l’ipocrita strappare la trave che gli impedisce la vista, quando pensa soltanto a togliere la pagliuzza che è nell’occhio del vicino (7,4s; 23,3s)? Le guide spirituali sono necessarie in terra, ma non prendono il posto stesso di Dio quando alla legge divina sostituiscono tradizioni umane? Sono ciechi che pretendono di guidare gli altri (15,3-14), e la loro dottrina non è che un cattivo lievito (Lc 12,1). Ciechi, essi sono incapaci di riconoscere i segni del tempo, cioè di scoprire in Gesù l’inviato di Dio, ed esigono un «segno dal cielo» (Lc 12,56; Mt 16,1ss); accecati dalla loro stessa malizia, non sanno che farsene della bontà di Gesù e si appellano alla legge del sabato per impedirgli di fare il bene (Lc 13,15); se osano immaginare che Beelzebul è all’origine dei miracoli di Gesù, si è perché da un cuore malvagio non può uscire un buon linguaggio (Mt 12,24.34).
Per infrangere le porte del loro cuore, Gesù fa loro perdere la faccia dinanzi agli altri (Mt 23,1ss), denunziando il loro peccato fondamentale, il loro marciume segreto (23,27s): ciò è meglio che lasciarli condividere la sorte degli empi (24,51; Lc 12,46). Qui Gesù si serviva indubbiamente del termine aramaico haneja, che nel Antico Testamento significa ordinariamente «perverso, empio»: l’ipocrita può diventare un empio. Il quarto vangelo cambia l’appellativo di ipocrita in quello di cieco: il peccato dei Giudei consiste nel dire: «Noi vediamo», mentre sono ciechi (Gv 9,40).


Papa Francesco (Angelus, 5 Novembre 2017): Fratelli e sorelle, un difetto frequente in quanti hanno un’autorità, sia autorità civile sia ecclesiastica, è quello di esigere dagli altri cose, anche giuste, che però loro non mettono in pratica in prima persona. Fanno la doppia vita. Dice Gesù: «Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito» (v. 4). Questo atteggiamento è un cattivo esercizio dell’autorità, che invece dovrebbe avere la sua prima forza proprio dal buon esempio. L’autorità nasce dal buon esempio, per aiutare gli altri a praticare ciò che è giusto e doveroso, sostenendoli nelle prove che si incontrano sulla via del bene. L’autorità è un aiuto, ma se viene esercitata male, diventa oppressiva, non lascia crescere le persone e crea un clima di sfiducia e di ostilità, e porta anche alla corruzione.
Gesù denuncia apertamente alcuni comportamenti negativi degli scribi e di alcuni farisei: «Si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze» (vv. 6-7). Questa è una tentazione che corrisponde alla superbia umana e che non è sempre facile vincere. È l’atteggiamento di vivere solo per l’apparenza.
Poi Gesù dà le consegne ai suoi discepoli: «Non fatevi chiamare “rabbi”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. […] E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo» (vv. 8-11).
Noi discepoli di Gesù non dobbiamo cercare titoli di onore, di autorità o di supremazia. Io vi dico che a me personalmente addolora vedere persone che psicologicamente vivono correndo dietro alla vanità delle onorificenze. Noi, discepoli di Gesù non dobbiamo fare questo, poiché tra di noi ci dev’essere un atteggiamento semplice e fraterno. Siamo tutti fratelli e non dobbiamo in nessun modo sopraffare gli altri e guardarli dall’alto in basso. No. Siamo tutti fratelli. Se abbiamo ricevuto delle qualità dal Padre celeste, le dobbiamo mettere al servizio dei fratelli, e non approfittarne per la nostra soddisfazione e interesse personale.
Non dobbiamo considerarci superiori agli altri; la modestia è essenziale per una esistenza che vuole essere conforme all’insegnamento di Gesù, il quale è mite e umile di cuore ed è venuto non per essere servito ma per servire.
La Vergine Maria, «umile e alta più che creatura» (Dante, Paradiso, XXXIII, 2), ci aiuti, con la sua materna intercessione, a rifuggire dall’orgoglio e dalla vanità, e ad essere miti e docili all’amore che viene da Dio, per il servizio dei nostri fratelli e per la loro gioia, che sarà anche la nostra.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** “La verità in quanto rettitudine dell’agire e del parlare umano è detta veracità, sincerità o franchezza. La verità o veracità è la virtù che consiste nel mostrarsi veri nei propri atti e nell’affermare il vero nelle proprie parole, rifuggendo dalla doppiezza, dalla simulazione e dall’ipocrisia” (Catechismo della Chiesa Cattolica 2468).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Custodisci, o Padre, la tua Chiesa con la tua continua benevolenza, e poiché, a causa della debolezza umana, non può sostenersi senza di te, il tuo aiuto la liberi sempre da ogni pericolo e la guidi alla salvezza eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo...