IL PENSIERO DEL GIORNO

17 Dicembre 2017


Oggi Gesù ci dice: «In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete» (Vangelo).  


Vangelo secondo Giovanni 1,6-8.19-28: La pagina evangelica è il risultato della fusione di due distinti brani: il primo (vv. 6-8) tratto dal Prologo, il secondo (vv.19-28) dal racconto del ministero di Giovanni. Le due parti sono legate tra loro da una parola chiave, cioè «testimonianza». Giovanni è il testimone della luce, cioè di Cristo, luce del mondo (Gv 8,12). Una verità manifestata dallo stesso Battista nelle risposte date agli inviati dei Giudei.
  

Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano - Questa Betània, “al di là del Giordano”, «non è stata identificata. Forse, più che un luogo preciso - come Betània presso Gerusalemme - potrebbe trattarsi di un’area più vasta, la regione di Batanea [Batanaia], la Basan dell’Antico Testamento [Num 32,32-33; Dt 3,8; 4,47], anch’essa “al di là del Giordano” [peran tou Iordanou]» (Il Nuovo Testamento, Ed. Paoline).
Il Vangelo si apre con un’affermazione decisamente polemica nei confronti dei giovanniti, i seguaci di Giovanni: Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni... Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
Probabilmente, Giovanni, dai circoli battisti, a motivo della sua testimonianza, era ritenuto la “luce del mondo”, colui che doveva dare al popolo d’Israele «la conoscenza della salvezza» (Lc 1,77).
L’influsso del Battista si era tanto diffuso, che l’apostolo Paolo persino in Asia Minore incontra dei discepoli che avevano ricevuto il battesimo di Giovanni (Cf. At 18,25; 19,1-7). In questa cornice, lo scopo più appariscente dell’odierna pagina evangelica è quello di spostare l’attenzione sul Cristo, «la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1,9), ridimensionando, allo stesso tempo, la figura del Battista attribuendogli il solo ruolo di testimone: «Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce» (Gv 1,7). I seguaci del Battista, quindi, «dovevano riconoscere la sua inferiorità rispetto a Gesù, e il suo ruolo provvidenziale nella storia della salvezza, in quanto precursore e testimone della luce» (Angelico Poppi).
L’occasione per rendere «testimonianza alla luce», da parte del Battista, è data dalle domande dei Giudei, i quali vogliono conoscere la verità sulla persona del battezzatore. Gli inviati dei Giudei, i sacerdoti e i levìti, praticamente, a motivo della crescente notorietà del Battista, della sua predicazione e del suo apostolato, vogliono avere degli elementi probanti per discernere se si tratti di un mestatore o di un messaggero di Dio. Forse perché tra i seguaci, ma anche fuori da questa cerchia, serpeggiava la segreta speranza che Giovanni fosse il Messia. Lo rivela la risposta che Giovanni dà alla prima domanda dei suoi interlocutori: «Tu, chi sei?», «Io non sono il Cristo». È il primo tentativo di allontanare dalla sua persona le speranze messianiche tanto attese dal popolo.
Segue una seconda domanda: «Sei tu Elia?», a cui il Battista risponde: «Non lo sono».
La domanda ha come sfondo una tradizione vivissima nel mondo giudaico: il profeta Elia, che era stato rapito in cielo (Cf. 2Re 2,11), avrebbe dovuto precedere la venuta del Messia. È quanto testimonia Malachia: «Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore, perché converta il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri; così che io venendo non colpisca il paese con lo sterminio» (3,23-24). Anche Gesù dovrà dare ai suoi discepoli una risposta su questa attesa (Cf. Mt 17,10-13).
A un secco no di Giovanni segue la terza domanda: «Sei tu il profeta?» (Gv 1,21). Anche questo è un riferimento preciso ad una promessa divina: «Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò» (Dt 18,18).
Dopo tre risposte negative, all’incalzare degli inviati, arriva finalmente la risposta positiva: «Io sono voce di uno che grida nel deserto» (Gv 1,23).
L’attenzione quindi viene spostata perentoriamente sul vero Messia che è già in mezzo al popolo, ma non ancora manifestato: «In mezzo a voi sta uno che non conoscete» (Gv 1,26). Bisogna, dunque, disporsi ad accoglierlo, con la conversione e la penitenza cui allude il battesimo di Giovanni.
Io battezzo nell’acqua. I sinottici aggiungono «ma egli vi battezzerà in Spirito Santo» (Mc 1,8) o «in Spirito Santo e fuoco» (Mt 3,11; Lc 3,16).
Il Vangelo si conclude con una ulteriore affermazione tesa a sottolineare l’inferiorità del Battista: A lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo. Giovanni è il più grande tra i nati di donna, «tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui» (Mt 11,11).


Venne come testimone - La testimonianza del Battista dovrebbe suggerire ai credenti l’urgenza della testimonianza, un impegno perentorio che scaturisce dal dono del battesimo: «Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce» (1Pt 2,9).
I cristiani, a somiglianza del precursore del Messia, «devono essere i testimoni della parola e della persona di Gesù Cristo. La loro condotta quindi deve costituire una testimonianza vivente della rivelazione del Verbo incarnato. I credenti, nel mondo ostile al messaggio del Cristo, debbono partecipare alla lotta contro le tenebre, caratterizzate dall’incredulità, dall’odio, dalla violenza e dall’egoismo, lasciandosi penetrare sempre più dalla luce del Verbo incarnato, dalla sua parola e dalla sua persona, rendendo in tal modo al Figlio di Dio la testimonianza di una vita impregnata di amore e di fede» (S. A. PANIMOLLE, Lettura pastorale del Vangelo di Giovanni).
Nella mirabile opera missionaria, tutti i credenti sono assistiti dal Cristo (Cf. Mt 28,20). Corroborati da questa Presenza, tutti i battezzati sono chiamati a dare, di fronte alle genti, testimonianza alla Parola: «Tutti i discepoli di Cristo, perseverando nella preghiera e lodando insieme Dio [Cf. At 2,42-47], offrano se stessi come oblazione vivente, santa, gradita a Dio [Cf. Rom 12,1], diano ovunque testimonianza a Cristo, e rendano ragione, a chi lo richieda, della speranza di vita eterna che è in loro [Cf. 1Pt 3,15]» (LG 10). E poiché sono «arricchiti di una forza speciale dello Spirito Santo, sono tenuti più strettamente a diffondere e a difendere la fede con la parola e con l’azione, come veri testimoni di Cristo» (LG 11).
Quest’ultima affermazione ricorda ai cristiani che il martirio è la più sincera testimonianza resa a Cristo e alla verità della fede: «Il martirio è la suprema testimonianza resa alla verità della fede; il martire è un testimone che arriva fino alla morte. Egli rende testimonianza a Cristo, morto e risorto, al quale è unito dalla carità. Rende testimonianza alla verità della fede e della dottrina cristiana. Affronta la morte con un atto di fortezza. “Lasciate che diventi pasto delle belve. Solo così mi sarà concesso di raggiungere Dio”» (CCC 2472).
Ma, in modo particolare, ai vescovi è affidata la testimonianza del Vangelo: «In mezzo ai credenti è presente il Signore Gesù Cristo pontefice sommo, nella persona dei vescovi assistiti dai presbiteri. Assiso alla destra di Dio Padre, non è però assente dall’assemblea dei suoi pontefici. È lui innanzi tutto che predica la parola di Dio a tutte le genti in primo luogo per mezzo del loro insigne ministero, e continua ad amministrare ai credenti i sacramenti della fede; è lui che fa rinascere dall’alto e inserisce nel suo corpo nuove membra per mezzo della loro funzione di padri [Cf. 1Cor 4,15]; è lui che per mezzo della loro saggezza e prudenza dirige e ordina il popolo del Nuovo Testamento nel suo pellegrinare verso la beatitudine eterna. Questi pastori, eletti per pascere il gregge del Signore, sono i ministri di Cristo e i dispensatori dei misteri di Dio [Cf. 1Cor 4,1], ai quali è stato affidato il compito di testimoniare il Vangelo della grazia di Dio [Cf. Rom 15,16; At 20,24] e il glorioso ministero dello Spirito e della salvezza divina [Cf. 2 Cor 3,8-9]» (LG 21).
Quindi, i credenti, in virtù del battesimo, sono testimoni del Redentore, di colui che è la «luce del mondo». Senza ritenersi luce o redentori, ma umili testimoni, devono avere un solo obiettivo: quello di favorire «la fede di coloro che non credono nel Cristo. Come il Battista rese testimonianza alla luce “affinché tutti credessero per mezzo di lui” (Gv 1,7), così il cristiano deve impegnarsi di persona per favorire la fede dei suoi fratelli nel figlio di Dio» (S. A. Panimolle, o. c.).
In sintesi, i cristiani dovrebbero fare, ad ogni istante, quello che gli angeli hanno fatto nella notte di Betlemme: portare ad ogni uomo l’annuncio di una grande gioia: «oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore» (Lc 2,10-11). Anche a costo della vita.


… venne come testimone per dare testimonianza alla luce: Dei Verbum 4: Dopo aver a più riprese e in più modi, parlato per mezzo dei profeti, Dio « alla fine, nei giorni nostri, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,1-2). Mandò infatti suo Figlio, cioè il Verbo eterno, che illumina tutti gli uomini, affinché dimorasse tra gli uomini e spiegasse loro i segreti di Dio (cfr. Gv 1,1-18). Gesù Cristo dunque, Verbo fatto carne, mandato come «uomo agli uomini » (3), « parla le parole di Dio » (Gv 3,34) e porta a compimento l'opera di salvezza affidatagli dal Padre (cfr. Gv 5,36; 17,4). Perciò egli, vedendo il quale si vede anche il Padre (cfr. Gv 14,9), col fatto stesso della sua presenza e con la manifestazione che fa di sé con le parole e con le opere, con i segni e con i miracoli, e specialmente con la sua morte e la sua risurrezione di tra i morti, e infine con l'invio dello Spirito di verità, compie e completa la Rivelazione e la corrobora con la testimonianza divina, che cioè Dio è con noi per liberarci dalle tenebre del peccato e della morte e risuscitarci per la vita eterna. L'economia cristiana dunque, in quanto è l'Alleanza nuova e definitiva, non passerà mai, e non è da aspettarsi alcun'altra Rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo (cfr. 1 Tm 6,14 e Tt 2,13).


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Nella mirabile opera missionaria, tutti i credenti sono assistiti dal Cristo.
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Dio, Padre degli umili e dei poveri, che chiami tutti gli uomini a condividere la pace e la gioia del tuo regno, mostraci la tua benevolenza e donaci un cuore puro e generoso, per preparare la via al Salvatore che viene. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.