IL PENSIERO DEL GIORNO

4 Novembre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Prendete il mio giogo sopra di voi, e imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29ab; Cf. Canto al Vangelo).  


Vangelo secondo Luca 14,1.7-11: Gesù vuole che i suoi discepoli siano umili, piccoli, «poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3). Il bene va fatto senza alcuna mira di contraccambio umano e l’amore verso i poveri e gli ultimi deve essere schietto, sincero ad imitazione di Dio che è «Padre degli orfani e difensore delle vedove» (Sal 67,6). Solo agli umili Dio rivela i segreti del Regno (Cf. Mt 11,25 ) e ad essi mostra il suo volto.


Non metterti al primo posto - Gesù accettando di entrare «in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare» fa bene intendere che la sua opposizione verso di essi non è per partito preso o per pregiudizi, ma che si fonda su ragioni molto più profonde delle solite diatribe scolastiche (Cf. Mt 23,13-36; Lc 11,37-52). Un ospite come Gesù certamente doveva attirare l’attenzione degli invitati e suscitare la frenesia di stargli vicino. C’è da ricordare anche che quel giorno era un sabato e Gesù, appena entrato in casa del fariseo, aveva guarito un idropico (Lc 14,2-5). Una guarigione che era stata accettata unanimemente anche se malvolentieri (Lc 14,2-6). Tutto questo costituiva una miscela esplosiva.
Gesù è sotto lo sguardo di tutti, ma Egli non è da meno: osservando e notando come i notabili cercano di accaparrarsi i primi posti, propone ai commensali una lezione sulla virtù dell’umiltà: parole severe, ma scontate in quanto non fanno che svelare l’ipocrisia e la vanità degli scribi e dei farisei notoriamente affamati di lodi, di onori e inoltre amanti dei primi posti (Cf. Mt 23,1-12).
Gesù «vuol mettere in luce che tutti i presenti, invitante ed invitati sono una massa di cafoni, pieni di pregiudizi egoistici, di banali arrivismi e di preoccupazioni gerarchiche. Gesù con le sue nette affermazioni vuole smantellare i pregiudizi mettendo a nudo i loro sentimenti. A parte la questione delle precedenze imposte dal galateo e dalle tradizioni giudaiche, in fondo si tratta anche di non cadere nel ridicolo. C’è sempre tanta ambizione e tanto arrivismo nella società di tutti i tempi: contro di essi Gesù oppone un caloroso invito all’umiltà» (C. Ghidelli).
Seguendo l’insegnamento della sacra Scrittura, l’umiltà, che Gesù addita ai commensali, oltre ad essere una virtù morale è un modo di essere: una «posizione della creatura di fronte al creatore, del peccatore di fronte al redentore» (I. M. Danieli).
Ovvero, al dire di san Bernardo, è la virtù «per la quale l’uomo si disprezza perché possiede una perfetta conoscenza di se stesso».
E nella logica evangelica solo «chi si umilia sarà esaltato» da Dio (Cf. Lc 18,9-14).
È l’insegnamento che Gesù non si stanca di proporre ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli» (Mt 18,1-4).
Farsi umili, diventare come bambini, significa disporsi ad accettare d’essere dipendenti senza sentirsi feriti nel proprio orgoglio. Nella vita cristiana questo è molto importante perché spalanca il credente al mistero della comunione con i fratelli e con Dio. Essere umili-bambini non significa farsi più piccoli di quel che si è, ma fare la verità in se stessi; significa sapere stimare colui con il quale si condivide un cammino di vita e comprendere quanto veramente si è piccoli di fronte a Dio.
Gesù ha percorso questo cammino, umiliando se stesso e facendosi ubbidiente alla volontà del Padre fino alla morte di croce (Cf. Fil 2,5ss).
Così ammaestrato, e dinanzi a tale modello divino, il discepolo serve il suo Signore con le opere e con il dono della sua vita senza ritenerlo un merito, ma un dovere: «Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare» (Lc 17,10).
Gesù ha anche una parola sulla scelta degli invitati. Nei commensali v’è una logica contorta che mortifica ogni relazione umana: è la logica del do ut des. Amare perché c’è un profitto, donare perché c’è un guadagno... un modo di agire che fa a pugni con il Vangelo. Fare il bene disinteressatamente significa diventare sempre simili a Dio il quale è benevolo verso tutti, giusti e ingiusti (Cf. Mt 5,43-48). Tutto questo sarà ancora più chiaro nella sala del grande banchetto del Regno dove i meno abbienti, i poveri, i diseredati occuperanno i primi posti. I farisei per la loro stupida vanità «hanno reso vano per loro il disegno di Dio» (Lc 7,30), ecco perché i pubblicani e le prostitute passano avanti a loro nel regno di Dio (Cf. Mt 21,28-32).


L’umiltà del Figlio Dio - M. F. Lacan: Gesù è il messia umile annunziato da Zaccaria (Mt 21,5). È il messia degli umili che egli proclama beati (Mt 5,4 = Sal 37,11; gr. prays = l’umile che la sottomissione a Dio rende paziente e mite). Gesù benedice i bambini e li presenta come modelli (Mc 10,15s), Per diventare come uno di questi piccoli cui Dio si rivela e che, soli, entreranno nel regno (Mt 11,25; 18,3 s), bisogna mettersi alla scuola di Cristo, «maestro mite ed umile di cuore» (Mt 11,29).
Ora questo maestro non è soltanto un uomo; è il Signore venuto a salvare i peccatori prendendo una carne simile alla loro (Rom 8,3).
Lungi dal cercare la propria gloria (Gv 8,50), egli si umilia fino a lavare i piedi dei suoi discepoli (Gv 13,14ss); egli, che è eguale a Dio, si annienta fino a morire in croce per la nostra redenzione (Fil 2,6ss; Mc 10,45; cfr. Is 53). In Gesù si rivela non soltanto la potenza divina senza la quale noi non esisteremmo, ma la carità divina senza la quale noi saremmo perduti (Lc 19,10).
Questa umiltà («segno di Cristo», dice S. Agostino), è quella del Figlio di Dio, quella della carità. Bisogna seguire la via di questa «nuova» umiltà, per praticare il comandamento nuovo della carità (Ef 4,2; 1Piet 3,8s; «dov’è l’umiltà, ivi è la carità», dice S. Agostino). Coloro che «si rivestono di umiltà nei loro rapporti reciproci» (1Piet 5,5; Col 3,12) cercano gli interessi degli altri e prendono l’ultimo posto (Fil 2,3s: 1Cor 13,4s). Nella serie dei frutti dello Spirito, Paolo pone l’umiltà accanto alla fede (Gal 5,22s); queste due virtù (tratti essenziali di Mosè, secondo Eccli 45,4) sono di fatto connessi, essendo entrambi due atteggiamenti di apertura a Dio, di sottomissione fiduciosa alla sua grazia ed alla sua parola.


Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato - Benedetto XVI (Omelia 2 Settembre 2007): Cari giovani, mi sembra di scorgere in questa parola di Dio sull’umiltà un messaggio importante e quanto mai attuale per voi, che volete seguire Cristo e far parte della sua Chiesa. Il messaggio è questo: non seguite la via dell’orgoglio, bensì quella dell’umiltà. Andate controcorrente: non ascoltate le voci interessate e suadenti che oggi da molte parti propagandano modelli di vita improntati all’arroganza e alla violenza, alla prepotenza e al successo ad ogni costo, all’apparire e all’avere, a scapito dell’essere. Di quanti messaggi, che vi giungono soprattutto attraverso i mass media, voi siete destinatari! Siate vigilanti! Siate critici! Non andate dietro all’onda prodotta da questa potente azione di persuasione. Non abbiate paura, cari amici, di preferire le vie “alternative” indicate dall’amore vero: uno stile di vita sobrio e solidale; relazioni affettive sincere e pure; un impegno onesto nello studio e nel lavoro; l’interesse profondo per il bene comune. Non abbiate paura di apparire diversi e di venire criticati per ciò che può sembrare perdente o fuori moda: i vostri coetanei, ma anche gli adulti, e specialmente coloro che sembrano più lontani dalla mentalità e dai valori del Vangelo, hanno un profondo bisogno di vedere qualcuno che osi vivere secondo la pienezza di umanità manifestata da Gesù Cristo.
Quella dell’umiltà, cari amici, non è dunque la via della rinuncia ma del coraggio. Non è l’esito di una sconfitta ma il risultato di una vittoria dell’amore sull’egoismo e della grazia sul peccato. Seguendo Cristo e imitando Maria, dobbiamo avere il coraggio dell’umiltà; dobbiamo affidarci umilmente al Signore perché solo così potremo diventare strumenti docili nelle sue mani, e gli permetteremo di fare in noi grandi cose. Grandi prodigi il Signore ha operato in Maria e nei Santi! Penso ad esempio a Francesco d’Assisi e Caterina da Siena, Patroni d’Italia. Penso anche a giovani splendidi come santa Gemma Galgani, san Gabriele dell’Addolorata, san Luigi Gonzaga, san Domenico Savio, santa Maria Goretti, nata non lontano da qui, i beati Piergiorgio Frassati e Alberto Marvelli. E penso ancora ai molti ragazzi e ragazze che appartengono alla schiera dei santi “anonimi”, ma che non sono anonimi per Dio. Per Lui ogni singola persona è unica, con il suo nome e il suo volto. Tutti, e voi lo sapete, siamo chiamati ad essere santi!                                                                                                                                                                                                                                                                                                    
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Dov’è l’umiltà, ivi è la carità.
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Custodisci nel tuo popolo, o Padre, lo spirito che animò il vescovo san Carlo, perché la tua Chiesa si rinnovi incessantemente, e sempre più conforme al modello evangelico manifesti al mondo il vero volto del Cristo Signore. Egli è Dio, e vive e regna con te...