IL PENSIERO DEL GIORNO

1 Dicembre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina» (Cfr. Lc 21,28 - Acclamazione al Vangelo).  


Vangelo secondo Luca 21,29-33: La similitudine del fico vuole insegnare all’uomo ad essere più accorto, a saper leggere i segni dei tempi: «Ipocriti! Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?» (Lc 12,56-57). È un invito alla vigilanza, lo stesso invito che Gesù rivolgerà a Pietro, a Giacomo e a Giovanni nell’orto del Getsemani (cfr. Mc 14,34.37.38). Questi eventi sono così vicini che «non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute». Queste parole di Gesù, che dai più vengono riferite alla distruzione del tempio di Gerusalemme, si realizzeranno alla lettera appena quarant’anni dopo questo annuncio quando le truppe romane raderanno la città santa al suolo. L’affermazione - Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno - ribadisce l’evidente eternità e immutabilità divina della Parola di Dio (cfr. Is 51,6): «Le parole di Cristo, che traggono origine dall’eternità, possiedono tale forza e tale potere da durare per sempre» (Sant’Ilario)
  

Compostella, Messale per la vita Cristiana - Quando si chiede ad un bambino della seconda metà del ventesimo secolo che cosa sia per lui la fine del mondo, risponde in termini di catastrofe e di annientamento, così come suggeriscono la bomba atomica e l’inquinamento. Ma quando si interroga Gesù sulla fine dei tempi, risponde in termini di pienezza e di ritorno. Egli afferma con forza che il Figlio dell’uomo ritornerà; non, come è già venuto, per annunciare il regno (Mc 1,15) e il tempo della misericordia (Gv 3,17), ma perché tutto si compia (1Cor 15,28). Allora ognuno troverà il proprio posto ( Cor 14,2-3) e otterrà la sua ricompensa in funzione delle proprie opere (Mt 16,27). La predicazione di Gesù è carica di questa preoccupazione: aprire gli occhi agli uomini sui segni premonitori di questa fine del mondo che non sarà una caduta nel nulla, ma un ingresso nella gloria.
Ma ciò che resta e resterà nascosto, è la data di questo istante. Questo è un segreto del Padre. Egli non l’ha ancora svelato. Ecco perché la Parola (il Figlio) non lo sa. Il Padre non ha ancora espresso questo pensiero, per via della sua pazienza infinita e della sua bontà illimitata (2Pt 3,9). Inutile insistere (At 1,6-7) e chiedere: «Perché?». Per il momento, questo non ci riguarda e non è nemmeno utile per noi saperlo. La sola cosa che conta è sapere che questo ritorno di Cristo ci sarà e che bisogna prepararsi ad esso, altrimenti ci si ritroverà irrimediabilmente esclusi dal Regno (Mt 25,11-12; Lc 13,25).


La parusia - Giuseppe Barbaglio (Parusia in Schede Bibliche Ed. Dehoniane - Bologna): Nell’Antico Testamento il libro di Daniele aveva annunciato la venuta gloriosa del Figlio dell’uomo. Si trattava di una figura celeste e regale. Da Dio avrebbe ricevuto un regno eterno (Dan 7,13-14). Il Nuovo Testamento scopre l’identità tra il Figlio dell’uomo di Daniele e dell’apocalisse giudaica e la persona di Cristo. Alla fine della storia Gesù si ammanterà di gloria, si rivelerà come re maestoso, apparirà circondato dai santi e dagli angeli che formeranno la sua corte celeste.
Le descrizioni fantastiche di Matteo e di Marco non vogliono significare altro (Mt 25,31; Mc 13,26). La tradizione cristiana più antica è testimoniata dalle prime lettere di Paolo (1Tess 4,16; 2Tess 1,6). L’apostolo Pietro trova nella gloriosa trasfigurazione di Gesù sul monte un segno profetico dell’apparizione gloriosa del Signore nell’ultimo giorno (2 Pt 1,16).
L’accento è posto sulla gloria, la maestà, lo splendore celeste della apparizione di Cristo alla fine. Il contrasto con la prima venuta in terra è evidente. Il Verbo si era fatto carne (Gv 1,14). Lo splendore della divinità era nascosto dall’umanità fragile, debole, mortale di Gesù di Nazareth. Gesù era il Figlio di Dio diventato in tutto uguale agli uomini, di cui aveva assunto l’aspetto servile (Fil 2,7-8). La gloria divina della sua persona era apparsa, per un istante, sulla montagna della trasfigurazione. Nella risurrezione Dio Padre lo aveva glorificato e lo aveva costituito messia e Signore (Atti 2,36). La fine dei tempi rivelerà davanti a tutti, in forma ufficiale, la gloria divina di Gesù. La sua regalità, acquisita nella risurrezione, sarà proclamata e realizzata pienamente. Gesù apparirà come il Figlio dell’uomo, intronizzato re messianico dal Padre. La storia della rivelazione divina si concluderà nella manifestazione chiara di Cristo alla fine (1Tim 6,14-15).
Il tutto, però, non riguarda esclusivamente Cristo.
Egli non è separato dai suoi, anzi vi è unito indissolubilmente. La glorificazione regale del Signore è accompagnata dalla rivelazione gloriosa dei santi.
La fine dei tempi è manifestazione cristologica e, insieme, ecclesiologica. La Chiesa di Cristo parteciperà alla gloriosa apparizione del suo Signore. Il popolo santo sarà glorificato, insieme con il suo messia.
Già il libro di Daniele parlava di «santi dell’Altissimo», beneficiari del Regno. La figura del figlio dell’uomo non è separata dal popolo di Dio (Dan 7,27).
La tradizione evangelica conosce l’entrata delle vergini sagge nella sala delle nozze dello sposo (Mt 25,1-13). La grandiosa pagina del giudizio finale è significativa (Mt 25,34). Le lettere ai Tessalonicesi notano la partecipazione dei credenti alla glorificazione di Cristo. Neppure la morte toglierà loro la possibilità di prender parte alla grande festa della venuta maestosa e trionfale del Signore (1Tess 4,15-17; 2Tess 1,6ss.). L’apostolo Paolo si dice certo di ricevere la corona del trionfo dalle mani del Signore che ritornerà; e con lui saranno coronati i fedeli (2Tim 4,8; cf. 1Pt 5,4).
La prima lettera di Pietro mette in rapporto causale la partecipazione alle sofferenze di Cristo e la partecipazione alla sua gloria finale (1Pt 4,13).
Il rapporto sofferenze-gloria non è di perfetta uguaglianza: Paolo afferma che c’è sproporzione a favore della gloria: questa sarà assai superiore alle sofferenze (Rom 8,17-18). Sempre in forza del parallelismo Cristo-cristiano l’apostolo parla della rivelazione gloriosa dei cristiani in unione alla rivelazione gloriosa di Cristo (Col 3,3-4).
Il tema porta, infine, alle due immagini celebri della Chiesa vista da Giovanni nell’Apocalisse come Gerusalemme celeste e come sposa adorna per le nozze (Ap 21,2.9-12). Alla fine dei tempi, insieme con Cristo, anche il popolo messianico avrà la sua rivelazione di gloria. Apparirà nello splendore di popolo purificato dal sangue del suo Signore e santificato dal suo Spirito. La sposa di Cristo risplenderà bella e immacolata, senza macchia né ruga (Ef 5,27).


Catechismo della Chiesa Cattolica

La venuta gloriosa di Cristo, speranza di Israele

673 Dopo l’ascensione, la venuta di Cristo nella gloria è imminente, anche se non spetta a noi «conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta» (At 1,7). Questa venuta escatologica può compiersi in qualsiasi momento anche se essa e la prova finale che la precederà sono «impedite».

674 La venuta del Messia glorioso è sospesa in ogni momento della storia al riconoscimento di lui da parte di «tutto Israele» (Rm 11,26) a causa dell’indurimento di una parte nella «mancanza di fede» (Rm 11,20) verso Gesù. San Pietro dice agli Ebrei di Gerusalemme dopo la pentecoste: «Pentitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati e così possano giungere i tempi della consolazione da parte del Signore ed egli mandi quello che vi aveva destinato come Messia, cioè Gesù. Egli dev’essere accolto in cielo fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose, come ha detto Dio fin dall’antichità, per bocca dei suoi santi profeti» (At 3,19-21). E san Paolo gli fa eco: «Se infatti il loro rifiuto ha segnato la riconciliazione del mondo, quale potrà mai essere la loro riammissione se non una risurrezione dai morti?» (Rm 11,15). La partecipazione totale degli Ebrei 635 alla salvezza messianica a seguito della partecipazione totale dei pagani 636 permetterà al popolo di Dio di arrivare «alla piena maturità di Cristo» (Ef 4,13) nella quale «Dio sarà tutto in tutti» (1Cor 15,28).


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** “Vedrete come fra poco la fioritura della primavera spirituale inonderà il mondo, perché andiamo verso momenti splendidi della storia. Non andiamo verso la catastrofe, ricordatevelo. Quindi gioite!” (Mons. Tonino Bello, Testamento Spirituale).
 Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Ridesta, Signore, la volontà dei tuoi fedeli perché, collaborando con impegno alla tua opera  di salvezza, ottengano in misura sempre più abbondante i doni della tua misericordia.  Per il nostro Signore...