MERCOLEDÌ 27 SETTEMBRE 2023
SAN VINCENZO DE’ PAOLI, PRESBITERO – MEMORIA
Esd 9,5-9; Salmo Responsoriale Dal Da Tb13; Lc 9,1-6
Colletta
O Dio, che per il servizio ai poveri e la formazione
dei tuoi ministri hai ricolmato di virtù apostoliche
il santo presbitero Vincenzo [de’ Paoli],
fa’ che, animati dal suo stesso spirito,
amiamo ciò che egli ha amato
e mettiamo in pratica i suoi insegnamenti.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Eucaristia e Unzione degli infermi - Sacramentum caritatis 22 Gesù non ha soltanto inviato i suoi discepoli a curare gli infermi (cfr Mt 10,8 Lc 9,2 Lc 10,9), ma ha anche istituito per loro uno specifico sacramento: l’Unzione degli infermi. La Lettera di Giacomo ci attesta la presenza di questo gesto sacramentale già nella prima comunità cristiana (cfr Gc 5,14-16). Se l’Eucaristia mostra come le sofferenze e la morte di Cristo siano state trasformate in amore, l’Unzione degli infermi, da parte sua, associa il sofferente all’offerta che Cristo ha fatto di sé per la salvezza di tutti, così che anch’egli possa, nel mistero della comunione dei santi, partecipare alla redenzione del mondo. La relazione tra questi Sacramenti si manifesta, inoltre, di fronte all’aggravarsi della malattia: «A coloro che stanno per lasciare questa vita, la Chiesa offre, oltre all’Unzione degli infermi, l’Eucaristia come viatico». Nel passaggio al Padre, la comunione al Corpo e al Sangue di Cristo si manifesta come seme di vita eterna e potenza di risurrezione: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,54). Poiché il Santo Viatico schiude all’infermo la pienezza del mistero pasquale, è necessario assicurarne la pratica. L’attenzione e la cura pastorale verso coloro che si trovano nella malattia ridonda sicuramente a vantaggio spirituale di tutta la comunità, sapendo che quanto avremo fatto al più piccolo lo avremo fatto a Gesù stesso (cfr Mt 25,40).
Prima Lettura: La preghiera di Esdra è determinata da un fatto increscioso nella vita della nuova comunità: i matrimoni di Israeliti con pagani, che mettevano in pericolo la fede jahvista. Esdra fa memoria di tutti i peccati del popolo verso il suo Dio, cui hanno fatto seguito la schiavitù e la deportazione in terre straniere, ma, nello stesso tempo, fa pure leva sulla fedeltà e sulla misericordia di Dio manifestata con grande potenza e liberalità della liberazione dall’esilio.
Vangelo
Li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi.
Gesù chiama i Dodici e li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi. Dal proseguo del racconto si intende che è una elezione che costa sacrifici e rinunzie; è una chiamata che colloca il missionario in uno stato totale di precarietà. Senza mezzi termini vien detto che il corredo del missionario deve essere la povertà. Se il missionario deve essere povero, anche la missione deve essere povera, soprattutto di mezzi umani: Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche. Il missionario che pensa di procurarsi tutti i mezzi umani necessari per una buona riuscita della missione la vota al più sicuro fallimento. Gesù vuole una Chiesa povera, che non abbia fiducia sui mezzi umani, ma che si abbandoni fidente a Dio. Quindi le parole di Gesù vanno al di là del puro significato letterale: quello che conta «per l’apostolo è “la passione” per la sua missione, per cui non trova tempo neppure per progettare ciò che è strettamente necessario per il viaggio; e soprattutto è la immensa fiducia in Dio che non gli farà mancare l’indispensabile per vivere» (Settimio Cipriani).
Come il fallimento deve essere preventivato, così deve essere registrato; cioè deve essere messo in evidenza con un gesto molto forte al di là del puro significato simbolico: Quanto a coloro che non vi accolgono, uscite dalla loro città e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza contro di loro. Per chi si ostina a non ascoltare o a non accogliere la parola di salvezza l’appuntamento con la giustizia divina è soltanto rimandato: la polvere dei sandali dei missionari sarà un capo d’accusa indelebile dinanzi agli occhi del Cristo redentore e giusto giudice.
La conclusione del brano evangelico, Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni, mette in evidenza una Chiesa decisamente carismatica: la parola e i prodigi sono complementari; il potere di scacciare i demòni e di guarire gli ammalati danno alla parola il sigillo della veridicità e l’annunzio conferma che i miracoli sono doni salvifici; non sono fine a se stessi, ma donati gratuitamente da Dio agli uomini per la loro salvezza. Gesù trasmette ai Dodici il potere di fare miracoli e di scacciare i demòni, per indicare la continuità della sua opera con l’opera degli Apostoli e della Chiesa.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 9,1-6
In quel tempo, Gesù convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi.
Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche. In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite. Quanto a coloro che non vi accolgono, uscite dalla loro città e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza contro di loro».
Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni.
Parola del Signore.
Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): 1 Chiamati i Dodici; oppure; «avendo convocato i Dodici» se si vuole dar rilievo alla particella σύν (con) che fa parte del verbo. Diede loro potere ed autorità; l’abbinamento dei due sostantivi (potere ed autorità) proprio di Luca rafforza la stessa idea e significa che gli apostoli hanno ricevuto un potere per espellere i demoni dai posseduti e guarire le varie infermità. Non si può pensare che i due termini abbinati si riferiscono a due settori distinti cioè: al potere di esorcizzare e di guarire da una parte e all’autorità di annunziare la buona novella dall’altra, poiché di questo secondo mandato conferito agli apostoli si parlerà nel vers. seguente. Per la stessa formula abbinata si veda Lc., 4, 36. Si noti l’espressione fortemente accentuata: «su tutti i demoni»; Marco dice semplicemente: «il potere sopra gli spiriti immondi»; inoltre l’evangelista ha in proprio la dichiarazione «di guarire le malattie», che ripeterà al vers. seguente. Il rilievo gli viene suggerito dalla sua professione di medico come anche dal desiderio di segnalare la compassione che il Salvatore sentiva per le infermità umane. In quanto all’ordine dei fatti Luca segue quello di Marco; egli tuttavia, avendo già parlato della cacciata di Gesù da Nazareth – episodio, questo, riferito da Marco immediatamente prima della missione dei Dodici (cf. Mc., 6, 1-6) non ha bisogno di narrarla nel presente contesto, ma passa subito a trattare l’invio degli apostoli (cf. Mc., 6, 7-13).
2 Li mandò ad annunziare il regno di Dio; i Dodici hanno la missione di annunziare il regno; il loro compito tuttavia, in questo primo invio, consiste nel proclamare la venuta del regno più che manifestarne la dottrina (cf. Mt., 9, 7); essi infatti dovranno disporre gli animi a ricevere la predicazione evangelica. Il gesto del Maestro ha un carattere innovatore nell’ebraismo: i Rabbi raccoglievano intorno a sé dei discepoli per istruirli nella legge, ma ad essi non affidavano nessuna missione, né tantomeno trasmettevano poteri particolari sugli spiriti malvagi e sugli infermi. E ad operar guarigioni; questi miracoli compiuti sugli infermi serviranno per confermare la verità della loro parola. Luca, come anche Marco, tralasciano la raccomandazione che, secondo il testo di Matteo, Gesù ha fatta agli apostoli in quella circostanza («non andate nelle regioni dei pagani...»; Mt., 10, 5), poiché essa poteva urtare la sensibilità dei lettori che provenivano dal paganesimo.
3 Il vers. è parallelo a quello di Matteo e di Marco; in Luca il detto insinua lo spogliamento più assoluto, poiché estende la rinunzia fino alle cose più necessarie per il viaggio. Né bastone: in Marco invece è permesso prendere il bastone (cf. commento a Mc., 6, 8). Né abbiate per ciascuno due tuniche; nell’originale greco la frase è irregolare (letteral.: né di avere per ciascuno due tuniche»). Il presente vers., accentuando fortemente lo spogliamento che devono avere gli inviati di Cristo, fa risaltare la generosità e la totale dedizione con la quale essi si consacrano alla causa del vangelo.
4 Qui restate e da qui partite; cioè: restate nella casa che vi ha accolti fino alla vostra partenza. La Volgata, seguendo la lettura di un codice, aggiunge nel testo una negazione (ne) che altera il senso della frase; essa legge: et inde ne exeatis. Il consiglio è dato per evitare che si offenda chi ha offerto generosamente l’ospitalità al missionario; lo stesso ammonimento è ripetuto in una forma più chiara in Lc., 10, 7.
5 Quando non vi accolgono...; in greco la proposizione presenta delle irregolarità che non permettono una traduzione fluida e corrente; letteral.: «se quelli non vi accolgono, uscite da quella città...». Scuotete la polvere dai vostri piedi; per il senso dell’immagine si veda la nota a Mc., 6, l1. In testimonianza contro di essi; la preposizione «contro di...» (ἐπί), con la quale Luca integra il testo di Marco che ha il semplice pronome, rileva l’aspetto negativo di questa testimonianza accentuando la colpevolezza di coloro che hanno rigettato il messaggio evangelico.
Gli inviati del Figlio -Joseph Pierron e Pierre Grelot: 1. La missione di Gesù si prolunga con quella dei suoi inviati, i Dodici, che per questo stesso motivo portano il nome di apostoli. Già durante la sua vita Gesù li manda innanzi a sé (cfr. Lc 10, 1) a predicare il vangelo ed a guarire (Lc 9, 1 s par.), il che costituisce l’oggetto della sua missione personale. Essi sono gli operai mandati dal padrone alla messe (Mt 9, 38 par.; cfr. Gv 4, 38); sono i servi mandati dal re per condurre gli invitati alle nozze del figlio suo (Mt 22, 3 par.). Non devono farsi nessuna illusione sul destino che li attende: l’inviato non è maggiore di colui che lo manda (Gv 13, 16); come hanno trattato il padrone, così tratteranno i servi (Mt 10, 24 s). Gesù li manda «come pecore in mezzo ai lupi» (10, 16 par.). Egli sa che la «generazione perversa» perseguiterà i suoi inviati e li metterà a morte (23, 34 par.). Ma ciò che sarà fatto loro, sarà fatto a lui stesso, e in definitiva al Padre: «Chi ascolta voi, ascolta me, chi rigetta voi, rigetta me, e chi rigetta me, rigetta colui che mi ha mandato» (Lc 10, 16); «Chi accoglie voi, accoglie me, e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato» (Gv 13, 20). Di fatto la missione degli apostoli si collega nel modo più stretto a quella di Gesù: «Come il Padre ha mandato me, così io mando voi» (20, 21). Questa frase illumina il senso profondo dell’invio finale dei Dodici in occasione delle apparizioni di Cristo risorto: «Andate...». Essi andranno dunque ad annunziare il vangelo (Mc 16, 15), a reclutare discepoli di tutte le nazioni (Mt 28, 19), a portare dovunque la loro testimonianza (Atti 1, 8). Così la missione del Figlio raggiungerà effettivamente tutti gli uomini, grazie alla missione dei suoi apostoli e della sua Chiesa.
2. Questo appunto intende il libro degli Atti quando racconta la vocazione di Paolo. Riprendendo i termini classici delle vocazioni profetiche, Cristo risorto dice al suo strumento eletto: «Va’ perché io ti invierò lontano presso i pagani» (Atti 22, 21); e questa missione ai pagani si inserisce nella linea esatta di quella del servo di Jahvè (Atti 26, 17; cfr. Is 42, 7. 16). Infatti il servo è venuto nella persona di Gesù, e gli inviati di Gesù portano a tutte le nazioni il messaggio di salvezza che egli personalmente aveva notificato soltanto alle «pecore perdute della casa di Israele» (Mt 15, 24). Di questa missione, ricevuta sulla strada di Damasco, Paolo si farà sempre forte per giustificare il suo titolo di apostolo (1 Cor 15, 8 s; Gal 1, 12). Sicuro della sua estensione universale, egli porterà il vangelo ai pagani per ottenere da essi l’obbedienza della fede (Rom 1, 5) e magnificherà la missione di tutti i messaggeri del vangelo (10, 14 s): non è forse grazie ad essa che nasce nel cuore degli uomini la fede nella parola di Cristo (10, 17)? Al di là della missione personale degli apostoli, tutta la Chiesa nella sua funzione missionaria si ricollega in tal modo alla missione del Figlio.
Papa Francesco (Messaggio alla Famiglia Vincenziana 27 Settembre 2017): San Vincenzo de Paoli ha vissuto sempre in cammino, aperto alla ricerca di Dio e di sé. In questa costante ricerca si è inserita l’azione della grazia: da Pastore, ebbe un folgorante incontro con Gesù Buon Pastore nelle persone dei poveri. Ciò avvenne, in modo particolare, quando si lasciò toccare dallo sguardo di un uomo assetato di misericordia e dai volti di una famiglia bisognosa di tutto. Lì avvertì lo sguardo di Gesù che lo scuoteva, invitandolo a non vivere più per sé stesso, ma a servirlo senza riserve nei poveri, che San Vincenzo avrebbe poi chiamato «signori e padroni» (Correspondance, entretiens, documents, XI, 393). La sua vita si trasformò così in un tempo di servizio fino all’ultimo respiro. Una parola della Scrittura gli aveva trasmesso il senso della sua missione: «Il Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio» (cfr Lc 4,18).
Infiammato dal desiderio di far conoscere Gesù ai poveri, si dedicò intensamente all’annuncio, specialmente attraverso le missioni al popolo, e curando in maniera particolare la formazione dei sacerdoti. Egli attuava con naturalezza un “piccolo metodo”: parlare prima di tutto con la vita e poi con grande semplicità, in modo colloquiale e diretto. Lo Spirito fece di lui uno strumento che suscitò uno slancio di generosità nella Chiesa. Ispirato dai cristiani delle origini, che erano «un cuore solo e un’anima sola» (At 4,32), San Vincenzo fondò le “Carità”, perché ci si prendesse cura dei più bisognosi vivendo in comunione e mettendo a disposizione i propri beni con gioia, nella certezza che Gesù e i poveri sono il tesoro prezioso, e che, come amava ripetere, «quando vai dai poveri incontri Gesù».
Questo “granello di senape”, seminato nel 1617, ha fatto germogliare la Congregazione della Missione e la Compagnia delle Figlie della Carità, si è ramificato in istituti e associazioni, è divenuto un grande albero (cfr Mc 4,31-32): la vostra Famiglia. Ma tutto è cominciato da quel granello di senape: San Vincenzo non volle mai essere un protagonista o un trascinatore, ma un “piccolo seme”. Era convinto che l’umiltà, la mansuetudine e la semplicità sono condizioni essenziali per incarnare la legge del seme che dà la vita morendo (cfr Gv 12,20-26), quella legge che, sola, rende la vita cristiana feconda, quella legge per la quale si riceve donando, ci si trova perdendosi e si splende quando non si appare. Ed era pure convinto che tutto questo non si può fare da soli, ma insieme, nella Chiesa, nel Popolo di Dio. Mi piace al riguardo ricordare la sua profetica intuizione di valorizzare le straordinarie capacità femminili, affiorate nella finezza spirituale e nella sensibilità umana di Santa Luisa de Marillac.
La preparazione dei popoli alla venuta di Cristo - Origene (Contro Celso, 2,30): Le parole della Scrittura: In questi giorni è fiorita la giustizia, insieme con l’abbondanza della pace (Sal 71,7) presero a realizzarsi all’indomani della venuta di Cristo. Iddio, frattanto, preparava le nazioni ad accogliere il suo insegnamento, sottomettendole tutte a un unico sovrano, l’imperatore di Roma, e impedendo, in tal modo, che l’isolamento in cui si sarebbero trovate a causa della pluralità dei regni, non rendesse più difficile agli apostoli mandare ad effetto l’ordine del Cristo: Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli (Mt 28,19). È noto a tutti, infatti, che Gesù nacque sotto il regno di Augusto che aveva, per così dire, ridotto a un’entità omogenea, grazie al suo potere accentratore, la maggior parte degli uomini della terra. L’esistenza d’una pluralità di regni sarebbe stata d’ostacolo alla divulgazione del messaggio di Gesù attraverso tutta la terra: non soltanto per il motivo già rilevato, ma a causa, altresì, della necessità imposta agli uomini d’ogni latitudine di prendere le armi e di far la guerra per difendere la propria patria. Il che, prima dell’epoca inaugurata da Augusto, si era ripetutamente verificato, come quando, ad esempio, si scatenò il conflitto fra gli abitanti del Peloponneso e quelli di Atene e, al seguito di questi, fra altri popoli contrapposti. In qual modo, perciò, quest’insegnamento di pace, che non consente di vendicarsi neppure dei nemici, avrebbe mai potuto trionfare, se la situazione della terra, alla venuta di Gesù, non fosse stata dovunque mutata in una condizione più pacifica?
Il Santo del Giorno - 27 Settembre 2023 - Vincenzo de Paoli. Dare voce a chi è ai margini: ecco la missione dei cristiani - Non ci sono scuse: ai cristiani è affidata la missione di prendersi cura dell’umanità ferita, abbandonata, emarginata, privata di tutto. E fu questo lo stile di vita di san Vincenzo de’ Paoli, che ci ha lasciato in eredità una famiglia di persone impegnate accanto agli ultimi. Nato a Pouy in Guascogna il 24 aprile 1581, da giovane era stato guardiano dei porci. Fu ordinato sacerdote a 19 anni e nel 1605, mentre era in viaggio da Marsiglia a Narbona fu fatto prigioniero dai pirati turchi e venduto come schiavo a Tunisi. Nel 1607 venne liberato dal suo stesso «padrone», che grazie a lui si era convertito al cristianesimo. Arrivò quindi a Roma e poi a Parigi: divenne parroco nel 1612 nei pressi della città, dedicandosi in particolare ai bisognosi. Alla sua scuola si formarono sacerdoti, religiosi e laici che divennero poi gli animatori della Chiesa francese. Promosse una forma semplice e popolare di evangelizzazione. Fondò i Preti della Missione (Lazzaristi) e, insieme a santa Luisa de Marillac, le Figlie della Carità (1633). Diceva ai sacerdoti di San Lazzaro: «Amiamo Dio, fratelli miei, ma amiamolo a nostre spese, con la fatica delle nostre braccia, col sudore del nostro volto». Per lui la regina di Francia inventò il Ministero della Carità. E da insolito «ministro» organizzò gli aiuti ai poveri su scala nazionale. Morì a Parigi il 27 settembre 1660 e fu canonizzato nel 1737. (Matteo Liut)
Nutriti dei sacramenti del cielo,
umilmente ti preghiamo, o Padre:
come l’esempio di san Vincenzo [de’ Paoli]
ci sprona a imitare il tuo Figlio,
venuto a evangelizzare i poveri,
così la sua intercessione sempre ci soccorra.
Per Cristo nostro Signore.