28 Luglio 2019
XVII Domenica T. O.
Gen 18,20-32; Sal 137 (138); Col 2,12-14; Lc 11,1-13
Colletta: Rivelaci, o Padre, il mistero della preghiera filiale di Cristo, nostro fratello e salvatore e donaci il tuo Spirito, perché invocandoti con fiducia e perseveranza, come egli ci ha insegnato, cresciamo nell’esperienza del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Prima Lettura: Nonostante l’accorata preghiera di Abramo, Sòdoma e Gomorra, furono distrutte da Dio a motivo del loro peccato, un evento ricordato spesso nella Bibbia come esempio del giudizio e dell’ira di Dio (Cf. Dt 29,22; Sir 16,8; Is 1,9-10; 13,19; Ger 49,18; 50,40; Lam 4,6; Am 4,11; Sof 2,9; Mt 10,15; 11,23-24; Lc17,29; ecc.) e come esempio di malvagità (Dt 32,32; Is 3,9; Ger 23,14; Ez 16,44-58; Ap 11,8). Da questo racconto nascono i termini gomorreo, sodomia, sodomita: la «Tradizione ha sempre dichiarato che “gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati”. Sono contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati» (Catechismo della Chiesa Cattolica 2357).
Salmo Responsoriale: Il salmo 137 è un canto di ringraziamento rivolto a Dio perché è fedele, perché è eccelso, perché il suo amore è per sempre. Il salmista rende grazie perché Dio ha ascoltato la sua preghiera, perché nel giorno in cui lo ha invocato gli ha risposto e ha accresciuto in lui la forza e lo ha salvato dalla collera dei suoi avversari. Il salmo vuole mettere in evidenza l’amore provvidente di Dio, un amore che non lo rende indifferente al dolore del debole: Dio guarda verso l’umile; il superbo invece lo riconosce da lontano.
Seconda Lettura: Il breve brano fa parte di una pericope più ampia (2,9-15) nella quale l’apostolo Paolo intende confutare un’eresia impugnata pervicacemente da alcuni della comunità cristiana di Colossi, secondo la quale come condizione di salvezza bisognava assoggettarsi sia alla Legge di Mosè sia all’autorità delle potenze celesti (Cf. Col 2,15). Per Paolo tutto è grazia: non è la Legge di Mosè a salvare i Colossesi, ma l’amore gratuito del Padre il quale abolisce la Legge sulla croce, risuscita il Figlio, perdona i peccati e rende tutti gli uomini partecipi della morte redentrice e della risurrezione di Gesù.
Vangelo: Possiamo trovare un tema comune alle tre letture ed è il tema del Padre misericordioso. Un Padre sempre attento alla preghiera dei suoi figli, sempre ben disposto a perdonare una moltitudine di peccatori per la bontà di pochi giusti, pronto nel dare la salvezza a chi non è circonciso e a chi lo è. Il Padre ha annullato nella carne crocifissa del Figlio “il documento scritto contro di noi”: il peccato è «il debito che l’uomo ha con Dio. La bontà di Dio si esprime annullando questo “debito” che la legge mosaica [...] indicava presente nell’uomo, ma da cui era incapace di salvare. Solo la croce e la pasqua di Gesù ne sono capaci» (Don Primo Gironi).
Dal Vangelo secondo Luca 11,1-13: Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: “Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione”». Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».
e non abbandonarci alla tentazione”». Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».
Signore, insegnaci a pregare - Contro le sette domande di Matteo, il testo lucano contiene solo cinque petizioni. Il testo di Luca, sostanzialmente identico a quello di Matteo, è forse quello che si avvicina di più all’originale. Mancano «sia fatta la tua volontà» e «liberaci dal male». Luca omette o attenua espressioni ebraiche per rendere il testo più comprensibile ai suoi lettori. Matteo inserisce la preghiera del Padre nostro nella magnifica cornice del ‘Discorso della Montagna’ per opporre l’agire cristiano a quello degli ipocriti (Mt 6,9-13); Luca invece, presentando Gesù in preghiera, trasforma intenzionalmente il racconto in una catechesi sulla preghiera: Gesù non insegna ai suoi discepoli una preghiera, ma insegna a pregare.
Oltre a chiedere che sia santificato il nome del Padre, il discepolo deve chiedere il pane quotidiano. Quotidiano, in greco epiousios, potrebbe significare necessario oppure per il giorno dopo, ma quest’ultima interpretazione è in contrasto con altri testi scritturistici: per esempio, in Mt 6,34 viene detto da Gesù: «Non affannatevi per il domani» (Cfr. Prov 27,l [LXX]).
Il primo significato (con Origene possiamo leggere il pane necessario per l’esistenza) suggerisce l’intenzione di Gesù nell’insegnare la preghiera del Padre nostro: l’uomo deve imparare a chiedere al Padre quanto è necessario per la sua sussistenza. Altri invece vi vedono un pane spirituale: il pane della vita, la manna celeste che Gesù mangerà in eterno con i suoi discepoli (Cf. Lc 22,30; Mt 26,29; Ap 2,17). Così soprattutto i Padri della Chiesa, ma è fuor di dubbio che Gesù pensi al pane terreno.
Luca sottolinea la ripetizione della domanda: ogni giorno perché il Padre è Colui che dona all’uomo il pane giorno dopo giorno, senza mai stancarsi. È il Dio buono che «fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti» (Mt 5,45).
Bisogna chiedere anche il perdono dei peccati. Matteo parla di debiti, Luca di peccati: si «passa così da un contesto piuttosto giuridico ad un contesto più storico ed esistenziale: è il riconoscimento di essere veramente peccatori di fronte a Dio, accompagnato da una sincera domanda di perdono» (Carlo Guidelli). I discepoli che anelano al perdono di Dio, devono perdonarsi a vicenda (Cf. Mt 5,39; 6,12; 7,2; 2Cor 2,7; Ef 4,32; Col 3,13) e devono perdonare il prossimo senza mai stancarsi: fino a settanta volte sette (Cf. Mt 18,22). Chi non vuole perdonare non può pretendere di ricevere il perdono di Dio: se «vogliamo essere giudicati benignamente, anche noi dobbiamo mostrarci benigni verso coloro che ci hanno arrecato qualche offesa. Infatti ci sarà perdonato nella misura in cui avremo perdonato loro, qualunque cattiveria ci abbiano fatto» (Giovanni Cassano).
Con l’ultima petizione il discepolo chiede di non essere abbandonato alla tentazione. Una supplica che nasce dalla consapevolezza della propria debolezza dinanzi alla prepotenza e all’astuzia di Satana, il Tentatore per antonomasia: «Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole» (Mt 26,41).
Se uno di voi ha un amico - La parabola del visitatore importuno serve a dare forza all’insegnamento di Gesù sulla preghiera. Per gli orientali in genere l’ospitalità è sacra, per cui, nonostante l’ora tarda, l’amico esaudisce la richiesta inopportuna.
Nel racconto parenetico non si deve ricercare l’equivalente di ogni particolare, essendo sufficiente cogliere il messaggio centrale: una ostinata richiesta di aiuto che alla fine viene esaudita. Come nella parabola della vedova e del giudice disonesto (Cfr. Lc 18,1-8), nel testo lucano si trova «il cosiddetto argomento a fortiori che si pone in parallelo con un altro argomento più debole; si argomenta più o meno in questo modo: se quel tale si è alzato di notte per soddisfare le richieste dell’amico importuno [quindi contro voglia] a maggior ragione [a fortiori] Dio interverrà per soccorrere i suoi figli. La parabola infonde quindi serena fiducia nel sicuro intervento di Dio» (Don Mauro Orsatti).
I tre imperativi posti di seguito, chiedete... cercate... bussate, oltre a mettere in evidenza l’insistenza con cui bisogna cercare sottolineano la certezza dell’intervento divino. Per Luca il dono dei doni è lo Spirito Santo che il Padre elargisce largamente a tutti coloro che lo chiedono.
L’affermazione di Gesù, voi, che siete cattivi, non deve risultare offensiva per l’uomo perché vuole solo mettere in evidenza la deficienza creaturale dell’uomo (Cf. Gv 15,5: «Senza di me non potete far nulla»). È una spinta ad aprirsi alla potenza di Dio il quale non farà mai mancare la sua presenza, il suo amore, il suo aiuto quotidiano, anche nelle più disparate situazioni (Cf. 2Cor 12,7-9).
… non abbandonarci alla tentazione … - J. Corron (Dizionario di Teologia Biblica): 1. L’annuncio del vangelo è inserito nella tribolazione escatologica (Mt 24,14). La prova è quindi particolarmente necessaria a coloro Che ricevono il ministero della parola (1Tess 2,4; 2Tim 2,15), diversamente sono dei trafficanti (2Cor 2,17). La prova è il segno della missione (1Tim 3,10; Fil 2,22). Da questo si discernono i falsi inviati (Apoc 2,2; 1Gv 4,1). Sul piano psicologico Dio saggia i cuori e li mette alla prova (1Tess 2,4). Egli permette soltanto la tentazione (1Cor 10,13); questa viene dal tentatore (Atti 5,3; 1Cor 7,5; 1Tess 3,5) attraverso il mondo (1Gv 5,19) e soprattutto il denaro (1Tim 6,9). Perciò bisogna domandare di non «entrare» nella tentazione (Mt 6,13; 26,41), perché essa conduce alla morte (Giac 1,14s). Questo atteggiamento di preghiera filiale è agli antipodi di quella che tenta Dio (Lc 11,1-11). La prova - e tale è la tentazione in cui non si entra - è ordinata alla vita. È un dato della vita in Gesù Cristo: «Sì, tutti coloro che vogliono vivere piamente in Cristo, saranno perseguitati» (2Tim 3,12). È una condizione indispensabile di crescita (cfr. Lc 8,13ss), di robustezza (1Piet 1,6s in vista del giudizio), di verità manifestata (1Cor 11,19: ragion d’essere delle divisioni cristiane), di umiltà (1Cor 10,12), in una parola è la via stessa della Pasqua interiore, la via dell’amore che spera (Rom 5,3ss). Quindi essere un cristiano «provato», oppure sperimentare lo Spirito, è la stessa cosa. La prova apre ad un più grande dono dello Spirito, perché in essa egli compie già il suo lavoro di liberazione. Così liberato e illuminato dallo Spirito (1Gv 2,20.27), il cristiano provato sa discernere, verificare, «provare» ogni cosa (Rom 12,2; Ef 5,10). Questa è la fonte teologale dell’esame di coscienza, non aritmetica spirituale, ma discernimento dinamico in cui ognuno si prova alla luce dello Spirito (2Cor 13,5; Gal 6,1). 2. La Bibbia invita a dare alla prova un senso teologale. La prova è passaggio «verso Dio», attraverso il suo disegno. I diversi aspetti della prova (fede, fedeltà, speranza, libertà) confluiscono nella grande prova di Cristo, continuata nella Chiesa ed in ogni Cristiano, terminante in un parto cosmico (Rom 8,18-25). L’afflizione della prova acquista il suo senso nella lotta escatologica. Nel disegno di Dio che mira a divinizzare l’uomo in Cristo, la prova ed il suo sfruttamento satanico, la tentazione, sono ineluttabili: fanno passare dalla libertà offerta alla libertà vissuta, dalla elezione all’alleanza. La prova accorda l’uomo Con il mistero di Dio e, per l’uomo ferito, la vicinanza di Dio è tanto più dolorosa quanto più è intima. Lo Spirito fa discernere nel mistero della croce il passaggio dalla prima alla seconda Creazione, il passaggio dall’egoismo all’amore. La prova è pasquale.
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** La prova è passaggio «verso Dio», attraverso il suo disegno.
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
O Dio, nostro Padre, che ci hai dato la grazia
di partecipare al mistero eucaristico,
memoriale perpetuo della passione del tuo Figlio,
fa’ che questo dono del suo ineffabile amore
giovi sempre per la nostra salvezza.
Per Cristo nostro Signore.
di partecipare al mistero eucaristico,
memoriale perpetuo della passione del tuo Figlio,
fa’ che questo dono del suo ineffabile amore
giovi sempre per la nostra salvezza.
Per Cristo nostro Signore.