IL PENSIERO DEL GIORNO


26 Settembre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 8,21).

Vangelo secondo Luca 8,19-21: Andarono da Gesù la madre e i suoi fratelli di Gesù: l’episodio è ricordato anche da Matteo e da Marco, ma gli Evangelisti non rivelano il motivo, forse vanno a cercarlo per sottrarlo alla vita che aveva intrapreso, portatrice di non pochi inconvenienti. Ma non possono avvicinarlo a causa della folla. Allora qualcuno si incarica di far sapere a Gesù che ci sono sua madre e i suoi fratelli che lo aspettano fuori. È da notare che i parenti di Gesù stanno fuori dal gruppo di coloro che ascoltano. La risposta di Gesù è oltremodo chiara: Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica. In questo modo si istaurano nuovi rapporti familiari con Gesù che non hanno più attinenza con i legami parentali. Chi sta fuori, anche se parente secondo la carne, non fa parte della sua famiglia. La famiglia di Gesù non poggia sui legami naturali, ma su quelli ben più saldi della carità e dell’ascolto della Parola di Dio. Sono legami nuovi che lo Spirito Santo crea nella Chiesa di Gesù. Ma non basta ascoltare la Parola di Dio, è necessario conservarla nel cuore e metterla in pratica. Appunto, come faceva Maria, la Madre di Gesù, la prima dei credenti, beata perché lei per prima ha creduto nell’adempimento della Parola del Signore (cfr. Lc 1,45).


Catechismo della Chiesa Cattolica

Mia madre ...: CCC 501: Gesù l’unico Figlio di Maria. Ma la maternità spirituale di Maria si estende a tutti gli uomini che egli è venuto a salvare: «Ella ha dato alla luce un Figlio, che Dio ha fatto “il primogenito di una moltitudine di fratelli” (Rm 8,29), ciò dei fedeli, alla cui nascita e formazione ella coopera con amore di madre».

La Famiglia di Dio: CCC 541-542: «Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il Vangelo di Dio e diceva: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al Vangelo”» (Mc 1,14-15). «Cristo, per adempiere la volontà del Padre, ha inaugurato in terra il regno dei cieli». Ora, la volontà del Padre è di «elevare gli uomini alla partecipazione della vita divina». Lo fa radunando gli uomini attorno al Figlio suo, Gesù Cristo. Questa assemblea è la Chiesa, la quale in terra, costituisce «il germe e l’inizio» del regno di Dio. Cristo è al centro di questa riunione degli uomini nella «famiglia di Dio». Li convoca attorno a sé con la sua parola, con i suoi «segni» che manifestano il regno di Dio, con l’invio dei suoi discepoli. Egli realizzerà la venuta del suo Regno soprattutto con il grande mistero della sua pasqua: la sua morte in croce e la sua risurrezione. «Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32). «Tutti gli uomini sono chiamati a questa unione con Cristo».

Siamo figli di Dio e costituiamo in Cristo una sola famiglia: CCC 959: Nell’unica famiglia di Dio. «Tutti noi che siamo figli di Dio e costituiamo in Cristo una sola famiglia, mentre comunichiamo tra di noi nella mutua carità e nell’unica lode della Trinità Santissima, corrispondiamo all’intima vocazione della Chiesa».


Non chiunque mi dice...: Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 12 marzo 1997): Stando ai Vangeli, Maria ha avuto modo di ascoltare suo Figlio anche in altre circostanze. Anzitutto a Cafarnao, dove Gesù si reca, dopo le nozze di Cana, “insieme con sua madre, i fratelli e i suoi discepoli” (Gv 2,12). Inoltre, è probabile che lo abbia potuto seguire anche a Gerusalemme, in occasione della Pasqua, nel Tempio, che Gesù qualifica come casa del Padre suo, per la quale Egli arde di zelo (cfr. Gv 2,16-17). Ella, poi, si trova tra la folla, allorché non riuscendo ad avvicinarsi a Gesù, lo sente rispondere a chi gli annunzia la presenza sua e dei parenti: “Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 8,21). Con tale espressione il Cristo, pur relativizzando i legami familiari, rivolge un grande elogio alla Madre, affermando un vincolo ben più alto con Lei. Maria, infatti, ponendosi in ascolto del Figlio, accoglie tutte le sue parole e le mette fedelmente in pratica. Si può pensare che Maria, pur non seguendo Gesù nel suo cammino missionario, si sia informata sullo svolgimento dell’attività apostolica del Figlio, raccogliendo con amore e trepidazione le notizie sulla sua predicazione dalla bocca di coloro che lo avevano incontrato. La separazione non significava lontananza del cuore, come pure non impediva alla madre di seguire spiritualmente il Figlio, conservando e meditando il suo insegnamento, come già aveva fatto nella vita nascosta di Nazaret. La sua fede, infatti, le permetteva di cogliere il significato delle parole di Gesù prima e meglio dei suoi discepoli, che spesso non comprendevano i suoi insegnamenti e specialmente i riferimenti alla futura Passione (cfr. Mt 16,21-23; Mc 9,32; Lc 9,45).


La Chiesa, Comunità di ascolto: G. B. (Ascolto, Schede Bibliche, Ed Dehoniane): Negli Atti degli apostoli il tema dell’ascolto si trova contestualizzato nel quadro della missione apostolica. I dodici sono testimoni oculari e auricolari; la loro predicazione affonda le radici nella comunione di vita con Gesù di Nazaret; non possono dunque tacere: «Se sia giusto innanzi a Dio obbedire a voi più che a lui, giudicatelo voi stessi; noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (4,20). D’altra parte, il fine dell’evangelizzazione è l’ascolto della buona novella; Pietro confessa nel concilio di Gerusalemme: «Fratelli, voi sapete che già da molto tempo Dio ha fatto una scelta fra voi, perché i pagani ascoltassero per bocca mia la parola del Vangelo e venissero alla fede» (15,7). A sua volta, Paolo è convinto che ai pagani è destinata l’offerta della salvezza e si dice sicuro della loro disponibilità all’accoglienza: «Sia dunque noto a voi che questa salvezza di Dio viene ora rivolta ai pagani ed essi l’ascolteranno!» (28,28). In questi testi è chiaro che ascoltare e credere si equivalgono: l’ascolto è l’accettazione del vangelo. È però a Paolo che si deve l’esatta collocazione dell’ascolto nel processo di evangelizzazione e di fede, sintetizzato con chiarezza in questa successione: missione, predicazione, ascolto, adesione di fede, invocazione: «Ora, come potranno invocarlo [il Signore] senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? E come lo annunzieranno, senza essere prima inviati? ... La fede dipende dunque dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo» (Rm 10,14.15.17). L’apostolo non confonde ascolto e fede, ma neppure li dissocia: l’ascolto non è ancora la fede, ma questa presuppone necessariamente quello. Sì, perché l’evento di Cristo morto e risorto a cui aderisce il credente si fa «attuale» appunto nella proclamazione evangelica. Giacomo invece valuta negativamente l’ascolto della parola di Dio. Ma si tratta di una pura e semplice audizione. Di fatto, egli mette sotto processo il disimpegno di quei credenti che si accontentano di un’ortodossia sterile e di una fede «morta». Il suo intento è di carattere ortoprassistico: «Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi. Poiché, se uno ascolta soltanto e non mette in pratica la parola, somiglia a un uomo che osserva il proprio volto in uno specchio: appena s’è osservato, se ne va, e subito dimentica com’era. Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato, ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla» (1,22-25).


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Occorre il silenzio interiore per ascoltare la Parola di Dio, per sperimentare la presenza, per sentire la vocazione di Dio. Oggi la nostra psicologia è troppo estroflessa; la scena esteriore è così assorbente che la nostra attenzione è in prevalenza fuori di noi; siamo quasi sempre fuori della nostra casa personale; non sappiamo meditare, non sappiamo pregare; non sappiamo far tacere il frastuono interiore degli interessi esteriori, delle immagini, delle passioni. (Paolo VI, Udienza generale, 17 maggio 1972).
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che nell'amore verso di te e verso il prossimo hai posto il fondamento di tutta la legge, fa' che osservando i tuoi comandamenti meritiamo di entrare nella vita eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo.


IL PENSIERO DEL GIORNO


25 Settembre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Voi siete la luce del mondo» (Mt 5,14).

Lc 8,16-18: Questi versetti sono un richiamo alla missione apostolica di cui ogni cristiano è investito per il fatto di essere tale. Ciascun cristiano è tenuto a lottare per la santificazione personale, ma anche per la santificazione degli altri. È Gesù a insegnarcelo con la analogia della luce: Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la mette sotto un letto, ma la pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce. Come la luce illumina e fa arretrare le tenebre, così il cristiano deve svolgere questa medesima funzione tra i propri simili. L’esortazione a stare attenti a come si ascolta vuol sottolineare che l’efficacia della Parola di Dio non dipende unicamente dal suo valore intrinseco, ma anche dal mondo in cui viene ascoltata e accolta.


L’essere di Dio è luce, in contrasto con l’essere umano che è tenebra. La luce non è una potenza simile a Dio, ma solo un attributo ed una creatura di Dio (Gen 1,3ss). La luce di Dio punisce, suscita la fede, unisce, purifica e glorifica. L’uomo è attratto dalla luce, va verso la luce, e lo spegnersi di ogni luce è una piaga e un tormento (Is 13,10). Generalmente la parola “luce” è usata per esprimere la vita (Gb 3,20, la salvezza (Sal 4,7), la Parola di Dio (Sal 118,105) e sopra tutto il mondo celeste (per esempio nel racconto della trasfigurazione di Gesù Mt 17,2; cfr. Ap 15,6). Nel Nuovo Testamento, in Gesù la luce viene nel mondo e non è accolta perché il mondo è nelle tenebre. L’opposizione luce tenebre esprime sopra tutto nel vangelo secondo Giovanni l’opposizione che c’è tra ciò che appartiene a Dio e ciò che è contrario a Dio (Gv 3,19; 12,46; 1Gv 1,5ss; Rm 13,12; 1Pt 2,9). Il Vangelo trasmette la luce (2Cor 4,4), da qui l’impegno di portare fino agli estremi confini della terra il Vangelo affinché retroceda la tenebra del mondo.


Catechismo degli Adulti

Discepoli e testimoni della Parola

625 La fede è una vittoria difficile, sempre rimessa in questione. La speranza spesso è contraddetta dall’esperienza. La carità può perdere facilmente il suo fervore. Dove attingere energia per la vita cristiana? Su quale fondamento edificare la comunità?
Il cristiano e la Chiesa nascono e crescono in virtù della parola di Dio e dei sacramenti. La Chiesa proclama e ascolta la Parola: vive di essa. La proclamazione assume forme diverse. Un primo annuncio del vangelo, incentrato sulla persona di Gesù Cristo e sul mistero pasquale, viene portato, in vista della conversione, a coloro che ancora non l’hanno conosciuto o sono rimasti indifferenti o increduli. Una catechesi più completa e sistematica viene proposta a quanti si mettono in cammino verso una fede più matura. Una liturgia della Parola costituisce la prima parte della santa Messa, centro di tutta l’esperienza cristiana. Anzi ogni celebrazione di sacramenti, di benedizioni, di liturgia delle ore riceve la sua impronta dalla parola di Dio, contenuta nella Sacra Scrittura: «Da essa vengono tratte le letture da spiegare nell’omelia e i salmi da cantare; del suo afflato e del suo spirito sono permeate le preci, le orazioni e gli inni liturgici e da essa prendono significato le azioni e i segni».

626 Attraverso testi redatti in tempi lontani, Dio ci rivolge adesso la sua parola. Ci ricorda le meraviglie compiute nell’Antico e nel Nuovo Testamento, perché vuole ancora agire nella stessa direzione. Ci ripropone la memoria di Cristo, per ricreare in noi i suoi atteggiamenti e prolungare, in certo modo, la sua incarnazione in virtù dello Spirito.
La Parola scuote il nostro torpore, risponde alle nostre domande, allarga i nostri orizzonti, ci offre i criteri per interpretare e valutare i fatti e le situazioni. D’altra parte viene compresa sempre in modo nuovo. È come uno specchio, in cui ciascuno può scorgere la propria immagine e la propria storia. «La Scrittura cresce con chi la legge».

627 Il credente, docile all’ascolto, viene assimilato a Cristo nel pensare e nell’agire. Può dire con l’apostolo Paolo: «Per me il vivere è Cristo» (Fil 1,21). Diventa egli stesso un’eco della Parola, una «lettera di Cristo... scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente», che può essere «conosciuta e letta da tutti gli uomini» (2Cor 2,2-3). «Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!» Lc 11,28).


La Chiesa sale della terra e luce del mondo - Ad gentes 1: Inviata per mandato divino alle genti per essere «sacramento universale di salvezza» la Chiesa, rispondendo a un tempo alle esigenze più profonde della sua cattolicità ed all’ordine specifico del suo fondatore, si sforza di portare l’annuncio del Vangelo a tutti gli uomini. Ed infatti gli stessi apostoli, sui quali la Chiesa fu fondata, seguendo l’esempio del Cristo, «predicarono la parola della verità e generarono le Chiese». È pertanto compito dei loro successori perpetuare quest’opera, perché «la parola di Dio corra e sia glorificata» (2Ts 3,1) ed il regno di Dio sia annunciato e stabilito su tutta quanta la terra. D’altra parte, nella situazione attuale delle cose, in cui va profilandosi una nuova condizione per l’umanità, la Chiesa, sale della terra e luce del mondo, avverte in maniera più urgente la propria vocazione di salvare e di rinnovare ogni creatura, affinché tutto sia restaurato in Cristo e gli uomini costituiscano in lui una sola famiglia ed un solo popolo di Dio. Pertanto questo santo Sinodo, nel rendere grazie a Dio per il lavoro meraviglioso svolto da tutta la Chiesa con zelo e generosità, desidera esporre i principi dell’attività missionaria e raccogliere le forze di tutti i fedeli, perché il popolo di Dio, attraverso la via stretta della croce possa dovunque diffondere il regno di Cristo Signore che abbraccia i secoli col suo sguardo, e preparare la strada alla sua venuta.


Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo: «Riempire di luce il mondo, essere il sale della terra: così il Signore descrive la missione dei suoi discepoli. Portare fino agli estremi confini della terra la buona novella dell’amore di Dio: ecco il compito a cui tutti noi cristiani dobbiamo, in un modo o nell’altro, dedicare la nostra vita. Dirò di più. Dobbiamo sentire l’anelito di non rimanere soli, dobbiamo incoraggiare gli altri a collaborare alla missione divina di portare la gioia e la pace al cuore degli uomini. Mentre progredite - scrive san Gregorio Magno - dovete attirare gli altri a voi; dovete desiderare, nel vostro cammino verso il Signore, di avere dei compagni di viaggio. Non dimenticate, però, che, cum dormirent homines, mentre gli uomini dormivano, venne il seminatore della zizzania. Noi uomini corriamo il rischio di lasciarci vincere dal sonno dell’egoismo e della superficialità, disperdendo il nostro cuore in mille esperienze passeggere ed evitando di approfondire il vero significato delle realtà terrene. Brutta cosa è questo sonno che soffoca la dignità dell’uomo e lo rende schiavo della tristezza. Vi è una realtà che deve dolerci più di ogni altra: è quella dei cristiani che potrebbero dare di più e non si decidono; che potrebbero donarsi completamente vivendo tutte le conseguenze della loro vocazione di figli di Dio, ma rifiutano di essere generosi. Dobbiamo dolercene, perché la grazia della fede non ci è stata data perché rimanga nascosta, ma affinché brilli davanti agli uomini. Dobbiamo dolercene, inoltre, perché è in gioco la felicità temporale ed eterna di quanti operano così. La vita cristiana è una meraviglia divina che comporta il compimento immediato di promesse di gaudio e di serenità, ma a condizione che sappiamo apprezzare il dono di Dio. Bisogna quindi risvegliare quanti sono caduti nel cattivo sonno e ricordare loro che la vita non è un gioco, ma un tesoro divino che bisogna far fruttare. È necessario inoltre indicare la strada a quelli che hanno buona volontà e buoni desideri, ma non sanno come realizzarli. Cristo ci spinge. Ognuno di voi deve essere non solo apostolo, ma apostolo di apostoli, che trascini e spinga gli altri perché anch’essi facciano conoscere Cristo» (Josémaria Escriva de Balaguer, È Gesù che passa, § 147).


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
***  Il Vangelo trasmette la luce (2Cor 4,4), da qui l’impegno di portare fino agli estremi confini della terra il Vangelo affinché retroceda la tenebra del mondo.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che nell'amore verso di te e verso il prossimo hai posto il fondamento di tutta la legge, fa' che osservando i tuoi comandamenti meritiamo di entrare nella vita eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo.


IL PENSIERO DEL GIORNO


24 Settembre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Sei invidioso perché io sono buono?» (cfr. Mt 20,15).

Mt 20,1-15: La ricompensa che i discepoli di Gesù devono attendersi non poggia sui parametri della meritocrazia, ma unicamente sulla sovrabbondante bontà e misericordia di Dio. Assumendo «fino a sera operai disoccupati e dando a tutti un salario intero, il padrone della vigna dà prova di una bontà che va oltre la giustizia, senza, d’altra parte, lederla. Tale è Dio, che introduce nel suo regno anche uomini chiamati tardi come i peccatori e i pagani» (Bibbia di Gerusalemme). I Giudei, i chiamati della prima ora, non se ne devono scandalizzare.


Catechismo degli Adulti 125

Le parabole: Le parabole sono racconti simbolici, in cui il paragone fra due realtà viene elaborato in una narrazione. Si tratta di un genere letterario che aveva precedenti nell’Antico Testamento, come ad esempio la severa parabola con cui il profeta Natan indusse a conversione il re David; ma Gesù lo impiega in modo estremamente originale. Vi fa ricorso per lo più quando si rivolge a quelli che non fanno parte della cerchia dei discepoli: i notabili, le autorità, la folla dei curiosi. Narra con eleganza piccole storie verosimili, ambientandole nella vita ordinaria, quasi a insinuare che il Regno è già all’opera con la sua potenza nascosta. Ma ecco, nel bel mezzo della normalità, uscir fuori spesso l’imprevedibile, l’insolito, come ad esempio la paga data agli operai della vigna: uguale per tutti, malgrado il diverso lavoro. È la novità del Regno, il suo carattere di dono gratuito e incomparabile.
Gesù fa appello all’esperienza delle persone. Invita a riflettere e a capire, a liberarsi dai pregiudizi. Il suo punto di vista si pone in contrasto con quello degli interlocutori. Ascoltando la parabola, costoro si trovano coinvolti dentro una dinamica conflittuale e sono costretti a scegliere, a schierarsi con lui o contro di lui. Anzi, la provocazione risulterebbe ancor più evidente, se conoscessimo le situazioni originarie concrete, in cui le parabole furono pronunciate. La loro forza comunque è ben superiore a quella di una generica esortazione moraleggiante.


Giovanni Paolo II (Omelia, 23 settembre 1990)

La parabola degli operai mandati nella vigna

“Ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio”. E il Figlio come si esprime? Preferisce parlare in parabole. Anche oggi ne abbiamo ascoltato una, quella degli operai mandati nella vigna. Il senso è chiaro. Gesù non si propone certo di trattare la questione salariale nel contesto della giustizia sociale. Egli vuole piuttosto illustrare l’atteggiamento di Dio verso l’uomo; atteggiamento che non si ispira al modello contrattuale, bensì al principio della gratuità che supera ogni logica umana e ogni concezione giuridica.
La conclusione della parabola può sembrare misteriosa. Agli uomini dell’ultima ora viene corrisposta la stessa ricompensa pattuita per gli altri che invece hanno “sopportato il peso della giornata e il caldo”. Il comportamento del padrone della vigna appare provocatorio e non meraviglia che desti delle proteste. Può essere anche istintivo provare gelosia e invidia perché un altro ottiene senza suo merito ciò che a noi è stato possibile conquistare solo con dura fatica. Ma la giustizia divina è ben diversa da quella umana. Inutile mettere a confronto le vie di Dio con gli angusti sentieri dei nostri ragionamenti!
Quanto opportunamente, allora, l’odierna liturgia ci prepara all’ascolto del Vangelo, con il versetto dell’Alleluia che così dice: “Apri, Signore, il nostro cuore, perché aderiamo alle parole del tuo Figlio”. Sì, bisogna aderire a queste parole. Bisogna ascoltarle fino in fondo: “Tutto quello che Gesù fece e insegnò” (At 1,1), si riassume nella parola più potente e definitiva della sua morte e della sua risurrezione: la parola della Pasqua di Cristo, la parola della nostra redenzione.
Nella Liturgia, la Chiesa imbandisce per noi la mensa della Parola di Dio, perché il suo ascolto ci disponga ad accostarci all’Eucaristia, mistico banchetto del corpo e del sangue del Signore. In così ineffabile sacrificio il Figlio, della stessa sostanza del Padre, parla senza parole. La croce è la sua parola più efficace e decisiva. E anche l’eterno Padre si manifesta, in modo assoluto e definitivo, in questa parola del Figlio. È la parola della Redenzione, la parola di Vita eterna: perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10).
Dopo questa parola, nella storia della divina rivelazione, è sopraggiunto il silenzio colmato dalla discesa dello Spirito Santo. Un silenzio, tuttavia, che fa vivere. “È lo Spirito che dà la vita” (Gv 6, 63). Il silenzio che scruta profondamente e spiega tutte le parole di Cristo, spiega anche questa parabola degli operai nella vigna, spiega fino a dare a ciascuno una risposta a questo interrogativo che viene dalla provocazione, a questo perché.
Siamo chiamati a partecipare, non solamente ad ascoltare, non solamente a essere osservatori: non si può essere osservatori di questa parola che è la croce, la Pasqua. Siamo chiamati ad aprire il cuore alle parole di Cristo, perché il suo Spirito possa operare in noi. Questa è la realtà anche di questa nostra assemblea, e soprattutto di questa nostra assemblea eucaristica qui nel centro di Ferrara.
Siamo chiamati come operai in questa vigna, che raffigura il regno di Dio, un regno che non ci è stato soltanto dato nella parola di Cristo, nel mistero cioè della croce e della risurrezione, come bene da possedere, ma che ci è stato affidato come missione da compiere. E la perenne effusione dello Spirito Santo ci conferma costantemente in tale compito. Ci fa cristiani, ci fa partecipi del mistero pasquale di Cristo, del suo Vangelo, della sua redenzione, ci fa partecipi, ci fa tutti apostoli.


Paolo VI (Messaggio, 19 marzo 1969)

Appello ai cuori giovanili

A questi cuori giovanili, Noi soprattutto Ci rivolgiamo, al termine del presente Messaggio, il quale è più che altro un colloquio e un dialogo: a voi, giovani, che, oggi più che mai, potete e dovete sentire la voce di Cristo che chiama, indicandovi le regioni del mondo già prossime a maturazione, pronte per la mietitura (cfr. Io. 4,35), ove mancano, e sono pur tanto necessari, i sacerdoti, i missionari, le suore di contemplazione e di apostolato. L’anima dei giovani del tempo nostro è forse più adatta e disposta a captare quest’imponderabile chiamata, perché essi sono più che mai assetati di assoluto, di generosità, di autenticità. I giovani oggi, certo la grande maggioranza, non vogliono parole, ma fatti; vogliono pagare di persona, vogliono costruire un mondo nuovo. E ad essi, come sempre, la Chiesa è ancor là, viva e discreta, stimolante e silenziosa, a chiedere le loro energie, a spalancar loro il campo immenso della collaborazione, a presentar loro le anime ansiose di verità, le moltitudini delle nostre città e delle nostre campagne, ed anche, più oltre, i corpi minati dalla fame, le braccia languenti dei malati e dei lebbrosi, per ripetere, con la sua voce non mai affievolita, che sovrasta i clamori della violenza inconsulta, e i seducenti richiami dell’edonismo molle ed egoista, la voce dell’antica parabola: «Perché ve ne state tutto il giorno oziosi? Andate anche voi nella mia vigna»! (Matth. 20,6).


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** La parabola evangelica spalanca davanti al nostro sguardo l’immensa vigna del Signore e la moltitudine di persone, uomini e donne, che da lui sono chiamate e mandate perché in essa abbiano a lavorare. La vigna è il mondo intero (cfr. Mt 13,38), che dev’essere trasformato secondo il disegno di Dio in vista dell’avvento definitivo del Regno di Dio. (Christifideles laici 1).
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Padre giusto e grande, nel dare all’ultimo operaio come al primo dimostri che le tue vie distano dalle nostre vie quanto il cielo dista dalla terra; apri il nostro cuore all’intelligenza delle parole del tuo Figlio, perché comprendiamo l’impagabile onore di lavorare nella tua vigna fin dal mattino. Per il nostro Signore Gesù Cristo ...


IL PENSIERO DEL GIORNO


23 Settembre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Beati coloro che custodiscono la Parola di Dio con cuore integro e buono e producono frutto con perseveranza» (cfr. Lc 8,25 - Canto al Vangelo).

Vangelo secondo Luca 8,4-15: La parabola del seminatore vuole mettere in evidenza gli ostacoli che il regno di Dio trova nel suo sviluppo sulla terra. Ma, nonostante i fallimenti e l’incorrispondenza di molti, il seme, a suo tempo, porterà abbondanti frutti. Un messaggio di ottimismo per tanti cristiani delusi (cfr. Lc 24,13ss).


Catechismo della Chiesa Cattolica
  
Il seminatore uscì a seminare il suo seme: CCC 543: Tutti gli uomini sono chiamati ad entrare nel Regno. Annunziato dapprima ai figli di Israele, questo regno messianico è destinato ad accogliere gli uomini di tutte le nazioni. Per accedervi, è necessario accogliere la parola di Gesù: «La parola del Signore è paragonata appunto al seme che viene seminato in un campo: quelli che l’ascoltano con fede e appartengono al piccolo gregge di Cristo hanno accolto il regno stesso di Dio; poi il seme per virtù propria germoglia e cresce fino al tempo del raccolto».

Una parte cadde...: CCC 2707: I metodi di meditazione sono tanti quanti i maestri spirituali. Un cristiano deve meditare regolarmente, altrimenti rassomiglia ai tre primi terreni della parabola del seminatore. Ma un metodo non è che una guida; l’importante è avanzare, con lo Spirito Santo, sull’unica via della preghiera: Cristo Gesù.

Un’altra parte cadde sulla pietra: CCC 2731: Un’altra difficoltà, specialmente per coloro che vogliono sinceramente pregare, è l’aridità. Fa parte dell’orazione nella quale il cuore è insensibile, senza gusto per i pensieri, i ricordi e i sentimenti anche spirituali. È il momento della fede pura, che rimane con Gesù nell’agonia e nella tomba. «Il chicco di grano, [...] se muore, produce molto frutto» (Gv 12,24). Se l’aridità è dovuta alla mancanza di radice, perché la parola è caduta sulla pietra, il combattimento rientra nel campo della conversione.


Gesù ama parlare in parabole - DANIEL SESBOÜÉ (Parabola in Dizionario di Teologia Biblica): Il mistero del regno e della persona di Gesù è talmente nuovo che anch’esso non può manifestarsi se non gradualmente, e secondo la ricettività diversa degli uditori. Perciò Gesù, nella prima parte della sua vita pubblica, raccomanda a suo riguardo il «segreto messianico», posto in così forte rilievo da Marco (1,34.44; 3,12; 5,43 ... ). Perciò pure egli ama parlare in parabole che, pur dando una prima idea della sua dottrina, obbligano a riflettere ed hanno bisogno di una spiegazione per essere perfettamente comprese. Si perviene così a un insegnamento a due livelli, ben sottolineato da Mc 4, 33-34: il ricorso a temi classici (il re, il banchetto, la vite, il pastore, le semine...) mette sulla buona strada l’insieme degli ascoltatori; ma i discepoli hanno diritto a un approfondimento della dottrina, impartito da Gesù stesso. I loro quesiti ricordano allora gli interventi dei veggenti nelle apocalissi (Mi 13,10-13.34s-36.51; 15,15; cfr. Dan 2,18ss; 7,16). Le parabole appaiono così una specie di mediazione necessaria affinché la ragione si apra alla fede: più il credente penetra nel mistero rivelato, più approfondisce la comprensione delle parabole; viceversa, più l’uomo rifiuta il messaggio di Gesù, più gli resta interdetto l’accesso alle parabole del regno. Gli evangelisti sottolineano appunto questo fatto quando, colpiti dalla ostinazione  di molti Giudei di fronte al vangelo, rappresentano Gesù che risponde ai discepoli con una citazione di Isaia: le parabole mettono in evidenza l’accecamento di coloro che rifiutano deliberatamente di aprirsi al messaggio di Cristo (Mt 13,10-15par.). Tuttavia, accanto a queste parabole affini alle apocalissi, ce ne sono di più chiare che hanno di mira insegnamenti morali accessibili a tutti (così Lc 8,16ss; 10,30-37; 11,5-8).
L’INTERPRETAZIONE DELLE PARABOLE: Se ci si pone in questo contesto biblico ed orientale in cui Gesù parlava, e si tiene conto della sua volontà di insegnamento progressivo, diventa più facile interpretare le parabole. La loro materia sono i fatti umili della vita quotidiana, ma anche, e forse soprattutto, i grandi avvenimenti della storia sacra. I loro temi classici, facilmente reperibili, sono già pregni di significato per il loro sfondo di Vecchio Testamento, al momento in cui Gesù se ne serve. Nessuna inverosimiglianza deve stupire nei racconti composti con libertà ed interamente ordinati all’insegnamento; il lettore non dev’essere urtato dall’atteggiamento di taluni personaggi presentati per evocare un ragionamento a fortiori od a contrario (ad es. Lc 6,1-8; 18,1-5). Ad ogni modo bisogna anzitutto mettere in luce l’aspetto teocentrico, e più precisamente cristocentrico, della maggior parte delle parabole. Qualunque sia la misura esatta dell’allegoria, in definitiva il personaggio centrale deve per lo più evocare il Padre Celeste (Mt 21,28; Lc 15,11), o Cristo stesso - sia nella sua missione storica (il «seminatore» di Mt 13, 3.24.31 par.), sia nella sua gloria futura (il «ladro» di Mt 24,43; il «padrone» di Mt 25,14; lo «sposo» di Mt 25,1); e quando ve ne sono due, sono il Padre ed il Figlio (Mt 20,1-16; 21,33.37; 22,2). Infatti l’amore del Padre testimoniato agli uomini con l’invio del suo Figlio è la grande rivelazione portata da Gesù. A questo servono le parabole che mostrano il compimento perfetto che il nuovo regno dà al disegno di Dio sul mondo.


Liselotte Mattern: La parabola del seminatore ci è tramandata in Mt 13.355. Mc 4,355 e Lc 8,555. Il racconto corrisponde all’ambiente palestinese: dopo il raccolto di giugno, spine e cardi crescono abbondanti nei campi e ricoprono anche le pietre che raggiungono quasi la superficie. Immediatamente dopo la semina. con l’aratura la semente viene interrata assieme alla sterpaglia. In maniera sorprendentemente minuziosa, però, la parabola Mc 4,4-7 descrive la successiva non riuscita di quanto è stato seminato. Ciononostante alla fine si parla di un sovrabbondante raccolto. La finalità del racconto sta evidentemente in questo accostamento di insuccesso e successo.
Per capire una parabola è determinante riconoscere che cosa vuoi indicare l’immagine, poiché l’immagine “è simile” a una realtà. È quindi decisivo trovare il punto di paragone tra immagine e realtà. Se nel racconto del seminatore la finalità dell’“immagine” e con ciò il punto di paragone tra immagine e realtà è l’accostamento di successo e insuccesso, allora la parabola vorrà dire: anche se in un primo tempo sembra prevalere l’insuccesso, Dio raggiunge tuttavia la sua meta gloriosa. Parlando così risponde forse Gesù a degli avversari che deridono il suo “successo”?


«Ecco, il seminatore uscì a seminare» - I Giorni del Signore (Commento delle Letture Domenicali): Apparentemente, la parabola del seminatore è di un’estrema semplicità e non solleva alcun problema di interpretazione. Il racconto è tutto sommato banale: chiunque di noi ha avuto occasione di osservarlo in un paese dove si semina nei campi aperti, senza troppo preoccuparsi del terreno su cui cade la semente, o almeno dando per scontato che una buona parte cadrà su un terreno favorevole.
Ed ecco la cosa stupenda. Su quel suolo eterogeneo, vicino a una strada dove sono venuti gli uccelli a divo­rare tutto, su quel campo dove affiora la pietra o dove ci sono le spine, qualche mese più tardi si vedono le spighe che sono cresciute fitte non appena i semi hanno trovato un poco di terra buona. Veramente il seminatore aveva ragione a seminare generosamente, a piene mani, ha fatto bene a non preoccuparsi troppo del terreno. Straordinaria potenza della semente che riesce a dare frutto con un rendimento fuori del comune: fino sl cento per uno!
Gesù è quel seminatore fiducioso che ha lanciato a tutti i venti la semente che è la sua parola. Al vedere quanta folla si riunisce attorno a lui, come non essere stupiti dal successo della sua generosa seminagione? Ma in questa parabola che mette in luce la fecondità della semente, Gesù non nasconde che una parte dei semi va perduta. Non si può allora evitare la domanda: Perché non tutti ricevono la parola in modo che fruttifichi in loro?». La domanda si poneva durante il ministero di Gesù, e ancora di più dopo, quando la sua passione e morte avevano spazzato via tutto e l’esiguo manipolo degli apostoli dovette ricominciare a seminare, senza che il loro lavoro conoscesse il successo di Gesù che, a volte, li esaltava. Perché? La domanda non ha nulla di teorico. È invece angosciante per gli instancabili seminatori e per tutta la Chiesa: perché la predicazione della buona novella è accolta così male? La spiegazione data ai discepoli è la risposta a questa domanda, e la tradizione evangelica non l’ha dimenticata.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** L’amore del Padre testimoniato agli uomini con l’invio del suo Figlio è la grande rivelazione portata da Gesù.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Dio onnipotente ed eterno, per grazia singolare hai concesso al sacerdote san Pio (da Pietrelcina) di partecipare alla croce del tuo Figlio, e per mezzo del suo mistero hai rinnovato le meraviglie della tua misericordia; per sua intercessione, concedi a noi, uniti costantemente alla passione di Cristo, di giungere felicemente alla gloria della risurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo…


IL PENSIERO DEL GIORNO


22 Settembre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (cfr. Rit. Salmo responsoriale).

Vangelo secondo Luca 8,13: Andando contro radicate consuetudini e immorali pregiudizi, ai discepoli sono associate alcune donne “che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità”. Saranno fedeli compagne del Cristo, appassionatamente lo seguiranno fin sul monte Calvario, e avranno la gioia di essere le prime a vedere Gesù risorto, e saranno le prime testimoni e apostole della risurrezione.


La donna nella riflessione dei sapienti - X. Léon-Dufour (Dizionario di Teologia Biblica): Rare, ma nient’affatto tenere, sono le massime attribuite a donne sulle donne (Prov 31,1-9); il ritratto biblico della donna è firmato da uomini; e se non sempre è lusinghiero, non prova affatto che i loro autori siano misogini. La severità dell’uomo nei confronti della donna è la contropartita del bisogno che egli ne ha. Così descrive il suo sogno: «trovare una donna è trovare la fortuna» (Prov 18,22; cfr. 5,15-18), significa avere «un aiuto simile a sé», un saldo sostegno, una siepe per la propria vigna, un nido contro l’appello alla vita errabonda (Eccli 36,24.27); significa trovare, oltre la forza mascolina che lo rende fiero, la grazia personificata (Prov 11,16); che dire se questa donna è valente (Prov 12,4; 31,10-31)? Basta evocare la descrizione della sposa nel Cantico (Cant 4,15; 7,2-10).
Ma l’uomo che ha esperienza teme la fragilità essenziale della sua compagna. La bellezza non basta (Prov 11,22); anzi, è pericolosa quando in Dalila è congiunta all’astuzia (Giud 14,1ss; 16,4-21), quando seduce l’uomo semplice (Eccli 9,1-9; cfr. Gen 3,6). Le figlie causano molta preoccupazione ai loro genitori (Eccli 42,9ss); e l’uomo che si permette molte libertà al di fuori della donna della sua giovinezza (cfr. Prov 5,15-20), teme la versatilità della donna, la sua inclinazione all’adulterio (Eccli 25,13-26,18); deplora che essa si dimostri vanitosa (Is 3,16-24), «stolta» (Prov 9,13-18; 19,14; 11,22), rissosa, lunatica e malinconica (Prov 19,13; 21,9.19; 27,15 s).
Non bisognerebbe limitare a questi quadretti di costume l’idea che i sapienti avevano della donna. Di fatto questa è una figura della sapienza divina (Prov 8,22-31); manifesta poi la forza di Dio che si serve degli strumenti deboli per procurare la sua gloria. Già Anna magnificava il Signore degli umili (1Sam 2); Giuditta, come una profetessa in atto, mostra che tutti possono contare sulla protezione di Dio; la sua bellezza, la sua prudenza, la sua abilità, il suo coraggio e la sua castità nella vedovanza ne fanno un tipo perfetto della donna secondo il disegno di Dio nel Vecchio Testamento.
Questo ritratto, per quanto bello, non conferisce ancora alla donna la sua dignità sovrana. La preghiera quotidiana dell’ebreo lo dice ancor oggi con ingenuità: «Benedetto sii tu, Dio nostro, per non avermi fatto né pagano, né donna, né ignorante!», mentre la donna si accontenta di dire: «Lodato sii tu, o Signore, che mi hai creata secondo la tua volontà». Di fatto, soltanto Cristo consacra la dignità della donna.
Questa consacrazione ebbe luogo nel giorno dell’annunciazione. Il Signore volle nascere da una donna (Gal 4,4). Maria, vergine e madre, realizza in sé il voto femminile della fecondità; nello stesso tempo rivela e consacra il desiderio fino allora soffocato della verginità, assimilata ad una vergognosa sterilità. In Maria si incarna l’ideale della donna, perché essa ha dato i natali al principe della vita. Ma, mentre la donna di quaggiù corre il rischio di limitare la sua ammirazione alla vita corporale che ha donato al più bello dei figli degli uomini, Gesù ha rivelato l’esistenza di una maternità spirituale, frutto portato dalla verginità della fede (Lc 11,28s). Attraverso Maria la donna può diventare simbolo dell’anima credente. Si comprende quindi come Gesù accetti di lasciarsi seguire da sante donne (Lc 8,1ss), di prendere come esempio delle vergini fedeli (Mt 25,1-13) o di affidare a donne una missione (Gv 20,17). Si comprende come la Chiesa nascente segnali il posto e la parte avuta da numerose donne (Atti 1,14; 9,36.41; 12,12; 16,14s), ormai chiamate a collaborare all’opera della Chiesa.


Il seguito femminile di Gesù: Giovanni Paolo II (Discorso 29 aprile 1979): È particolarmente commovente meditare sull’atteggiamento di Gesù verso la donna: egli si dimostrò audace e sorprendente per quei tempi, in cui nel paganesimo la donna era considerata oggetto di piacere, di merce e di fatica, e nel giudaismo era emarginata e avvilita. Gesù mostrò sempre la massima stima e il massimo rispetto per la donna, per ogni donna, e in particolare fu sensibile verso la sofferenza femminile. Oltrepassando le barriere religiose e sociali del tempo, Gesù ristabilì la donna nella sua piena dignità di persona umana davanti a Dio e davanti agli uomini. Come non ricordare i suoi incontri con Marta e Maria, con la Samaritana, con la vedova di Naim, con la donna adultera, con l’ammalata di emorragia, con la peccatrice in casa di Simone il Fariseo? «Le sono perdonati i suoi molti peccati poiché ha molto amato» (Lc 7,47). Il cuore vibra di commozione al solo enumerarli. E come non ricordare, soprattutto, che Gesù volle associare alcune donne ai Dodici, che lo accompagnavano e lo servivano, e gli furono di conforto durante la via dolorosa fin sotto la Croce? E dopo la risurrezione Gesù apparve alle pie donne e a Maria Maddalena, incaricandola di annunziare ai discepoli la sua Risurrezione. Desiderando incarnarsi ed entrare nella nostra storia umana, Gesù volle avere una Madre, Maria Santissima, ed elevò così la donna al più alto e mirabile fastigio della dignità, Madre di Dio Incarnato, Immacolata, Assunta, Regina del Cielo e della Terra. Perciò voi donne cristiane, come Maria Maddalena e le altre donne del Vangelo, dovete annunziare, testimoniare che Cristo è veramente risorto, che lui è la nostra vera ed unica consolazione! Abbiate quindi cura della vostra vita interiore.


Catechismo della Chiesa Cattolica

Uguaglianza e diversità volute da Dio

369 L’uomo e la donna sono creati, cioè sono voluti da Dio: in una perfetta uguaglianza per un verso, in quanto persone umane, e, per l’altro verso, nel loro rispettivo essere di maschio e di femmina. “Essere uomo”, “essere donna” è una realtà buona e voluta da Dio: l’uomo e la donna hanno una insopprimibile dignità, che viene loro direttamente da Dio, loro Creatore. L’uomo e la donna sono, con una identica dignità, “a immagine di Dio”. Nel loro “essere-uomo” ed “essere-donna”, riflettono la sapienza e la bontà del Creatore.

370 Dio non è a immagine dell’uomo. Egli non è né uomo né donna. Dio è puro spirito, e in lui, perciò, non c’è spazio per le differenze di sesso. Ma le “perfezioni” dell’uomo e della donna riflettono qualche cosa dell’infinita perfezione di Dio: quelle di una madre e quelle di un padre e di uno sposo.


Dignità della donna

2334 “Creando l’uomo “maschio e femmina”, Dio dona la dignità personale in egual modo all’uomo e alla donna”. “L’uomo è una persona, in eguale misura l’uomo e la donna: ambedue infatti sono stati creati ad immagine e somiglianza del Dio personale”.

2335 Ciascuno dei due sessi, con eguale dignità, anche se in modo differente, è immagine della potenza e della tenerezza di Dio. L’unione dell’uomo e della donna nel matrimonio è una maniera di imitare, nella carne, la generosità e la fecondità del Creatore: “L’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno una sola carne” (Gen 2,24). Da tale unione derivano tutte le generazioni umane

2393 Creando l’essere umano uomo e donna, Dio dona all’uno e all’altra, in modo uguale, la dignità personale. Spetta a ciascuno, uomo e donna, riconoscere e accettare la propria identità sessuale.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Gesù mostrò sempre la massima stima e il massimo rispetto per la donna, per ogni donna, e in particolare fu sensibile verso la sofferenza femminile.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che hai creato e governi l’universo, fa’ che sperimentiamo la potenza della tua misericordia, per dedicarci con tutte le forze al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo...