26 Aprile 2017

Il pensiero del giorno


Oggi Gesù ci dice: «Chi opera la verità viene alla luce» (Gv 3,21)

Ignace De La Potterie (Dizionario di teologia Biblica, Verità): La Parola del Padre ed il Cristo-verità: Per Giovanni la verità non è l’essere stesso di Dio, ma la parola dei Padre (Gv 17,17; cfr. 1Gv l,8: «la verità non è in voi» e 1,10: « la sua parola non è in voi»). La parola che Cristo ha inteso dal Padre (Gv 8,26.40; cfr. 3,33), è la verità che egli viene a «proclamare» (8,40.45s) e a cui viene a «rendere testimonianza» (18,37; cfr. 5,33). La verità è quindi nello stesso tempo la parola che Cristo stesso ci rivolge, e che i porta a credere in lui (8,31s. 45s). La differenza tra questa rivelazione e quella del Vecchio Testamento è fortemente sottolineata: «La legge fu data per mezzo di Mosè; la grazia della verità ci è venuta da Gesù Cristo» (1,17), perché con lui ed in lui è apparsa la rivelazione totale, definitiva. Mentre il demonio è il padre della menzogna (8, 44), Cristo invece proclama la verità  (8,45), è «pieno della grazia della verità  (1,14). La grande novità cristiana è questa: che Cristo è egli stesso la verità (14,6): lo è non tanto perché possiede la natura divina, ma perché, Verbo fatto Carne, Ci rivela il Padre (1,18). Gesù spiega il senso di questo titolo unendolo a due altri: egli è «la via, la verità e la vita»; è la via che conduce al Padre, proprio perché lui, l’uomo Gesù, in quanto verità, ci trasmette in se stesso la rivelazione del Padre (17,8.14.17) e così ci comunica la vita divina (1,4; 3,16; 6,40.47.63; 17,2; 1Gv 5,1 ss). Questo titolo rivela quindi indirettamente la persona divina di Cristo; se Gesù, unico tra gli uomini, può essere per noi la verità, è per il fatto di essere nello stesso tempo la Parola, «il Verbo rivolto verso il seno del Padre» (Gv 1,18), il Figlio unigenito.


Catechismo della Chiesa Cattolica

L’OTTAVO COMANDAMENTO

«Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo» (Es 20,16).

«Fu detto agli antichi: “Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti”» (Mt 5,33).

2464 L’ottavo comandamento proibisce di falsare la verità nelle relazioni con gli altri. Questa norma morale deriva dalla vocazione del popolo santo ad essere testimone del suo Dio il quale è verità e vuole la verità. Le offese alla verità esprimono, con parole o azioni, un rifiuto di impegnarsi nella rettitudine morale: sono profonde infedeltà a Dio e, in tal senso, scalzano le basi dell’Alleanza.

Vivere nella verità

2465 L’Antico Testamento attesta: Dio è sorgente di ogni verità. La sua Parola è verità. La sua Legge è verità. La sua «fedeltà dura per ogni generazione» (Sal 119,90). Poiché Dio è il «Verace» (Rm 3,4), i membri del suo popolo sono chiamati a vivere nella verità.

2466 In Gesù Cristo la verità di Dio si è manifestata interamente. Pieno di grazia e di verità,egli è la «luce del mondo» (Gv 8,12), egli è la verità. Chiunque crede in lui non rimane nelle tenebre. Il discepolo di Gesù rimane fedele alla sua parola, per conoscere la verità che fa liberi e che santifica. Seguire Gesù è vivere dello Spirito di verità che il Padre manda nel suo nome e che guida «alla verità tutta intera» (Gv 16,13). Ai suoi discepoli Gesù insegna l’amore incondizionato della verità: «Sia il vostro parlare sì, sì; no, no» (Mt 5,37).

2467 L’uomo è naturalmente proteso alla verità. Ha il dovere di rispettarla e di attestarla: «A motivo della loro dignità tutti gli uomini, in quanto sono persone, [...] sono spinti dalla loro stessa natura e tenuti per obbligo morale a cercare la verità, in primo luogo quella concernente la religione. E sono pure tenuti ad aderire alla verità conosciuta e ordinare tutta la loro vita secondo le esigenze della verità».

2468 La verità in quanto rettitudine dell’agire e del parlare umano è detta veracità, sincerità o franchezza. La verità o veracità è la virtù che consiste nel mostrarsi veri nei propri atti e nell’affermare il vero nelle proprie parole, rifuggendo dalla doppiezza, dalla simulazione e dall’ipocrisia.

2469 «Sarebbe impossibile la convivenza umana se gli uomini non avessero fiducia reciproca, cioè se non si dicessero la verità». La virtù della verità dà giustamente all’altro quanto gli è dovuto. La veracità rispetta il giusto equilibrio tra ciò che deve essere manifestato e il segreto che deve essere conservato: implica l’onestà e la discrezione. Per giustizia, «un uomo deve onestamente manifestare a un altro la verità». 

2470 Il discepolo di Cristo accetta di «vivere nella verità», cioè nella semplicità di una vita conforme all’esempio del Signore e rimanendo nella sua verità. «Se diciamo che siamo in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, mentiamo e non mettiamo in pratica la verità» (1Gv 1,6).

Rendere testimonianza alla verità

2471 Davanti a Pilato Cristo proclama di essere venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità. Il cristiano non deve vergognarsi «della testimonianza da rendere al Signore» (2Tm 1,8). Nelle situazioni in cui si richiede che si testimoni la fede, il cristiano ha il dovere di professarla senza equivoci, come ha fatto san Paolo davanti ai suoi giudici. Il credente deve «conservare una coscienza irreprensibile davanti a Dio e davanti agli uomini» (At 24,16).

2472 Il dovere dei cristiani di prendere parte alla vita della Chiesa li spinge ad agire come testimoni del Vangelo e degli obblighi che ne derivano. Tale testimonianza è trasmissione della fede in parole e opere. La testimonianza è un atto di giustizia che comprova o fa conoscere la verità: «Tutti i cristiani, dovunque vivono, sono tenuti a manifestare con l’esempio della vita e con la testimonianza della parola l’uomo nuovo, che hanno rivestito col Battesimo, e la forza dello Spirito Santo, dal quale sono stati rinvigoriti con la Confermazione».

2473 Il martirio è la suprema testimonianza resa alla verità della fede; il martire è un testimone che arriva fino alla morte. Egli rende testimonianza a Cristo, morto e risorto, al quale è unito dalla carità. Rende testimonianza alla verità della fede e della dottrina cristiana. Affronta la morte con un atto di fortezza. «Lasciate che diventi pasto delle belve. Solo così mi sarà concesso di raggiungere Dio».


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
** San Giuseppe Moscati: Ama la verità; mostrati qual sei, e senza infingimenti e senza paure e senza riguardi. E se la verità ti costa persecuzione, tu accettala; e se il tormento, tu sopportalo. E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, tu sii forte nel sacrificio.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Padre, che nella Pasqua del tuo Figlio hai ristabilito l’uomo nella dignità perduta e gli hai dato la speranza della risurrezione, fa’ che accogliamo e viviamo nell’amore il mistero celebrato ogni anno nella fede. Per il nostro Signore Gesù Cristo..

 25 Aprile 2017

Il pensiero del giorno


Oggi Gesù ci dice: “In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito” (Col 3,5-6).


 Quello che è nato dalla carne è carne

CCC 990: Il termine «carne» designa l’uomo nella sua condizione di debolezza e di mortalità.

CCC 1015: «La carne è il cardine della salvezza». Noi crediamo in Dio che è il Creatore della carne; crediamo nel Verbo fatto carne per riscattare la carne; crediamo nella risurrezione della carne, compimento della creazione e della redenzione della carne.

CCC 1017: «Crediamo nella vera risurrezione della carne che abbiamo ora».  Mentre, tuttavia, si semina nella tomba un corpo corruttibile, risuscita un corpo incorruttibile , un «corpo spirituale» (1Cor 15,44).


La diversità dei peccati

Catechismo della Chiesa Cattolica

1852: La varietà dei peccati è grande. La Scrittura ne dà parecchi elenchi. La Lettera ai Galati contrappone le opere della carne al frutto dello Spirito: «Le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il Regno di Dio» ( Gal 5,19-21).

1853: I peccati possono essere distinti secondo il loro oggetto, come si fa per ogni atto umano, oppure secondo le virtù alle quali si oppongono, per eccesso o per difetto, oppure secondo i comandamenti cui si oppongono. Si possono anche suddividere secondo che riguardano Dio, il prossimo o se stessi; si possono distinguere in peccati spirituali e carnali, o ancora in peccati di pensiero, di parola, di azione e di omissione. La radice del peccato è nel cuore dell’uomo, nella sua libera volontà, secondo quel che insegna il Signore: «Dal cuore, infatti, provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adultèri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie. Queste sono le cose che rendono immondo l’uomo» (Mt 15,19-20). Il cuore è anche la sede della carità, principio delle opere buone e pure, che il peccato ferisce.


IL NONO COMANDAMENTO

Catechismo della Chiesa Cattolica

«Non desiderare la casa del tuo prossimo. Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo» (Es 20,17).

«Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore» (Mt 5,28).

2514: San Giovanni distingue tre tipi di smodato desiderio o concupiscenza: la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita. Secondo la tradizione catechistica cattolica, il nono comandamento proibisce la concupiscenza carnale; il decimo la concupiscenza dei beni altrui.

2515: La «concupiscenza», nel senso etimologico, può designare ogni forma veemente di desiderio umano. La teologia cristiana ha dato a questa parola il significato specifico di moto dell’appetito sensibile che si oppone ai dettami della ragione umana. L’Apostolo san Paolo la identifica con l’opposizione della «carne» allo « spirito». È conseguenza della disobbedienza del primo peccato. Ingenera disordine nelle facoltà morali dell’uomo e, senza essere in se stessa una colpa, inclina l’uomo a commettere il peccato.

2516 Già nell’uomo, essendo un essere composto, spirito e corpo, esiste una certa tensione, si svolge una certa lotta di tendenze tra lo «spirito» e la «carne». Ma essa di fatto appartiene all’eredità del peccato, ne è una conseguenza e, al tempo stesso, una conferma. Fa parte dell’esperienza quotidiana del combattimento spirituale: «Per l’Apostolo non si tratta di discriminare e di condannare il corpo, che con l’anima spirituale costituisce la natura dell’uomo e la sua soggettività personale; egli si occupa invece delle opere, o meglio delle stabili disposizioni - virtù e vizi - moralmente buone o cattive, che sono frutto di sottomissione (nel primo caso) oppure di resistenza (nel secondo) all’azione salvifica dello Spirito Santo. Perciò l’Apostolo scrive: “Se pertanto viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito” (Gal 5,25)».

La Parola di Dio

Dalla Lettera ai Galati (5,16-22): Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge.

Le opere della carne: “Sono 14 azioni vergognose e devastanti, a cui si oppongono 9 atteggiamenti costruttivi e positivi, chiamati appunto «frutto dello Spirito». Dunque il nostro è un testo di contrasto, come è facile capire dalla particella «invece»: «II frutto dello Spirito invece...». All’inizio del capitolo Paolo ha parlato della libertà del cristiano, di colui che, essendo figlio di Dio, non è sottomesso a nessuna costrizione umana. Successivamente chiarisce come tale libertà dal legalismo non significa affatto libertinismo, fare tutto ciò che piace, bensì vuoi dire stare sotto la legge dello Spirito, produrre i frutti dello Spirito. Di qui poi la descrizione delle opere della carne, degli atteggiamenti negativi di colui che si abbandona alla sfrenatezza e non vive da figlio di Dio, e la descrizione degli atteggiamenti di chi vive da figlio nella libertà dello Spirito e porta frutto. Certo sarebbe stato logico contrapporre alle «opere» della carne le «opere» dello Spirito, ma con il termine «frutto» l’apostolo sottolinea che quegli atteggiamenti costruttivi non sono opere nostre, ma dono, frutto, cioè qualcosa di gradito, di affascinante, di bello, di naturale, di spontaneo, di lieto, di gioioso, di gustoso come un frutto. Nascono dall’albero dello Spirito. Noi li viviamo, li compiamo, però è lo Spirito che li produce in noi” (Carlo Maria Martini, Il frutto dello Spirito nella vita quotidiana, Ed. Gribaudi 1998).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
** Secondo la tradizione catechistica cattolica, il nono comandamento proibisce la concupiscenza carnale; il decimo la concupiscenza dei beni altrui.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Dio onnipotente ed eterno, che ci dai il privilegio di chiamarti Padre, fa’ crescere in noi lo spirito di figli adottivi, perché possiamo entrare nell’eredità che ci hai promesso. Per il nostro Signore Gesù Cristo...


24 Aprile 2017

Il pensiero del giorno


Oggi Gesù ci dice: “Se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio” (Gv 3,5).


 Il Battesimo di Cristo

CCC 1223: Tutte le prefigurazioni dell’Antica Alleanza trovano la loro realizzazione in Gesù Cristo. Egli dà inizio alla sua vita pubblica dopo essersi fatto battezzare da san Giovanni Battista nel Giordano e, dopo la sua Risurrezione, affida agli Apostoli questa missione: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28,19-20).

CCC 1224: Nostro Signore si è volontariamente sottoposto al Battesimo di san Giovanni, destinato ai peccatori, per compiere ogni giustizia. Questo gesto di Gesù è una manifestazione del suo “annientamento”. Lo Spirito che si librava sulle acque della prima creazione, scende ora su Cristo, come preludio della nuova creazione, e il Padre manifesta Gesù come il suo “Figlio prediletto”.

CCC 1225: È con la sua Pasqua che Cristo ha aperto a tutti gli uomini le fonti del Battesimo. Egli, infatti, aveva già parlato della Passione, che avrebbe subìto a Gerusalemme, come di un “Battesimo” con il quale doveva essere battezzato. Il Sangue e l’acqua sgorgati dal fianco trafitto di Gesù crocifisso sono segni del Battesimo e dell’Eucaristia, sacramenti della vita nuova: da quel momento è possibile “nascere dall’acqua e dallo Spirito” per entrare nel Regno dei cieli. “Considera, quando sei battezzato, donde viene il Battesimo, se non dalla croce di Cristo, dalla morte di Cristo. Tutto il mistero sta nel fatto che egli ha patito per te. In lui tu sei redento, in lui tu sei salvato”.

Il Battesimo nella Chiesa

CCC 1226: Dal giorno della Pentecoste la Chiesa ha celebrato e amministrato il santo Battesimo. Infatti san Pietro, alla folla sconvolta dalla sua predicazione, dichiara: “Pentitevi, e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo” (At 2,38). Gli Apostoli e i loro collaboratori offrono il Battesimo a chiunque crede in Gesù: giudei, timorati di Dio, pagani. Il Battesimo appare sempre legato alla fede: “Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia”, dichiara san Paolo al suo carceriere a Filippi. Il racconto continua: “Subito [il carceriere] si fece battezzare con tutti i suoi” (At 16,31-3).

CCC 1227: Secondo l’Apostolo san Paolo, mediante il Battesimo il credente comunica alla morte di Cristo; con lui è sepolto e con lui risuscita: “Quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte. Per mezzo del Battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rm 6,3-4). I battezzati si sono “rivestiti di Cristo” (Gal 3,27). Mediante l’azione dello Spirito Santo, il Battesimo è un lavacro che purifica, santifica e giustifica.

CCC 1228: Il Battesimo è quindi un bagno d’acqua nel quale “il seme incorruttibile” della Parola di Dio produce il suo effetto vivificante. Sant’Agostino dirà del Battesimo: “Accedit verbum ad elementum, et fit Sacramentum Si unisce la parola all’elemento, e nasce il sacramento”.


Necessità del Battesimo: Catechismo degli Adulti

675: Il battesimo è necessario alla salvezza: «In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio» (Gv 3,5). Chi dunque lo rifiuta colpevolmente non può salvarsi. Per quanto riguarda coloro che non hanno avuto la grazia di conoscere il vangelo, si deve ricordare che sono stati creati anch’essi con un orientamento implicito a Gesù Cristo. Se vivono secondo i giusti dettami della propria coscienza, anche a loro è donata da Dio in Cristo la possibilità di raggiungere la salvezza in una forma di battesimo, che possiamo qualificare come battesimo di desiderio, sia pure inconsapevole. A maggior ragione si deve pensare a un battesimo di desiderio per i catecumeni che si preparano ai sacramenti dell’iniziazione cristiana. Se poi uno di loro dovesse morire martire per Cristo, riceverebbe un battesimo di sangue, che lo assimila al Signore crocifisso e risorto e lo introduce nella gloria. Riguardo ai bambini che muoiono prima di arrivare all’uso di ragione senza essere battezzati, la Chiesa, sicura com’è che Dio vuole la salvezza di tutti e che Cristo è morto per tutti, confida nella loro salvezza, ma non sa in che modo possano arrivare a beneficiarne. Per questo fin dai primi tempi ha avvertito il dovere di battezzare i bambini, specie in pericolo di morte.


Columba Marmion (Cristo vita dell’anima)

Il battesimo è fonte di gratitudine e di gioia

Dobbiamo ringraziare Dio dal più profondo del cuore dell’adozione divina avvenuta nel battesimo: è la grazia iniziale dalla quale ci derivano tutte le altre ... Questa riconoscenza deve manifestarsi attraverso una generosa e costante fedeltà alle promesse battesimali. Dobbiamo essere talmente penetrati del sentimento della nostra dignità soprannaturale di cristiani, da respingere ciò che può mortificarla e ricercare quello che la favorisce.
La gratitudine è il primo sentimento che la grazia battesimale deve far nascere in noi; la gioia il secondo.
Non dovremmo mai pensare al nostro battesimo senza un profondo sentimento di gioia interiore. Il giorno del battesimo siamo nati alla beatitudine eterna; ne abbiamo il pegno nella grazia santificante che ci è stata donata; entrati nella famiglia di Dio, abbiamo il diritto di partecipare all’eredità del Figlio unico. Quale motivo di gioia più grande per un’anima, che quello di pensare che nel giorno del battesimo lo sguardo del Padre si è posato con amore su di lei e che l’ha chiamata, dandole il nome di figlio, a partecipare alle benedizioni di cui il Cristo è ripieno?


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
** Il Battesimo è fonte di gratitudine e di gioia.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Dio onnipotente ed eterno, che ci dai il privilegio di chiamarti Padre, fa’ crescere in noi lo spirito di figli adottivi, perché possiamo entrare nell’eredità che ci hai promesso. Per il nostro Signore Gesù Cristo...


23 Aprile 2017

Il pensiero del giorno


Oggi Gesù ci dice: “Entrate nella gioia e nella gloria, e rendete grazie a Dio, che vi ha chiamato al regno dei cieli” (4 Esd 2,36-37 [Volg.]).


L’uomo tende alla felicità - Beato Giacomo Alberione (I Novissimi meditati)

L’uomo tende alla felicità. Questa felicità per soddisfare pienamente il suo desiderio deve essere somma, piena, eterna. Solo Dio può riempire il cuore. Non le ricchezze, che sono beni esterni e perciò non estinguono la sete del cuore; sarebbe come mettere dell’acqua nelle tasche di un assetato. Non i piaceri, poiché la sete nostra è spirituale, cioè propria dell’anima; volerla saziare di piacere sensuale è come lavarci gli occhi con acqua fresca mentre la nostra gola è riarsa. Non la stima, che rimane negli altri, mentre cerchiamo un bene nostro; sarebbe come dar da bere al vicine ed all’amico per estinguere la sete nostra. Non la virtù, né la scienza, poiché sono mezzi, non fine; dire che esse saziano definitivamente l’anima, sarebbe come affermare che il sacrificio è felicità e che distribuire sia acquistare. Nei Martiri la virtù è stato gran mezzo per arrivare alla gioia eterna. Dio solo è eterna nostra felicità, perché sommo bene, perché nostro bene, inammissibile, spirituale. Anche i santi avranno riposo solo in cielo. La terra è prova: l’eterno riposo è in Paradiso ove è gaudio eterno.

Chiamati al Regno

CCC 543: Tutti gli uomini sono chiamati ad entrare nel Regno. Annunziato dapprima ai figli di Israele, questo Regno messianico è destinato ad accogliere gli uomini di tutte le nazioni. Per accedervi, è necessario accogliere la Parola di Gesù: «La Parola del Signore è paragonata appunto al seme che viene seminato in un campo: quelli che l’ascoltano con fede e appartengono al piccolo gregge di Cristo hanno accolto il Regno stesso di Dio; poi il seme per virtù propria germoglia e cresce fino al tempo del raccolto»

CCC 544: Il Regno appartiene ai poveri e ai piccoli, cioè a coloro che l’hanno accolto con un cuore umile. Gesù è mandato per «annunziare ai poveri un lieto messaggio» (Lc 4,18). Li proclama beati, perché «di essi è il Regno dei cieli» (Mt 5,3); ai «piccoli» il Padre si è degnato di rivelare ciò che rimane nascosto ai sapienti e agli intelligenti. Gesù condivide la vita dei poveri, dalla mangiatoia alla croce; conosce la fame, la sete e l’indigenza. Anzi, arriva a identificarsi con ogni tipo di poveri e fa dell’amore operante verso di loro la condizione per entrare nel suo Regno.

545: Gesù invita i peccatori alla mensa del Regno: «Non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mc 2,17). Li invita alla conversione, senza la quale non si può entrare nel Regno, ma nelle parole e nelle azioni mostra loro l’infinita misericordia del Padre suo per loro e l’immensa «gioia» che si fa «in cielo per un peccatore convertito» (Lc 15,7). La prova suprema di tale amore sarà il sacrificio della propria vita «in remissione dei peccati» (Mt 26,28).

Il Cielo

CCC 1024: [...] Il cielo è il fine ultimo dell’uomo e la realizzazione delle sue aspirazioni più profonde, lo stato di felicità suprema e definitiva.

CCC 1025: Vivere in cielo è «essere con Cristo». Gli eletti vivono «in lui», ma conservando, anzi, trovando la loro vera identità, il loro proprio nome: «Vita est enim esse cum Christo; ideo ubi Christus, ibi vita, ibi regnum - La vita, infatti, è stare con Cristo, perché dove c’è Cristo, là c’è la vita, là c’è il Regno».

CCC 1026: Con la sua morte e la sua Risurrezione Gesù Cristo ci ha «aperto» il cielo. La vita dei beati consiste nel pieno possesso dei frutti della Redenzione compiuta da Cristo, il quale associa alla sua glorificazione celeste coloro che hanno creduto in lui e che sono rimasti fedeli alla sua volontà. Il cielo è la beata comunità di tutti coloro che sono perfettamente incorporati in lui.
1027 Questo mistero di comunione beata con Dio e con tutti coloro che sono in Cristo supera ogni possibilità di comprensione e di descrizione. La Scrittura ce ne parla con immagini: vita, luce, pace, banchetto di nozze, vino del Regno, casa del Padre, Gerusalemme celeste, paradiso: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano» (1Cor 2,9).

Papa Francesco (Tratto da: Udienza Generale 26 Novembre 2014): La Costituzione conciliare Gaudium et spes, di fronte a questi interrogativi che risuonano da sempre nel cuore dell’uomo, afferma: «Ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e l’umanità, e non sappiamo il modo in cui sarà trasformato l’universo. Passa certamente l’aspetto di questo mondo, deformato dal peccato. Sappiamo, però, dalla Rivelazione che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia, e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini» (n. 39). Ecco la meta a cui tende la Chiesa: è, come dice la Bibbia, la «Gerusalemme nuova», il «Paradiso». Più che di un luogo, si tratta di uno “stato” dell’anima in cui le nostre attese più profonde saranno compiute in modo sovrabbondante e il nostro essere, come creature e come figli di Dio, giungerà alla piena maturazione. Saremo finalmente rivestiti della gioia, della pace e dell’amore di Dio in modo completo, senza più alcun limite, e saremo faccia a faccia con Lui! (cfr. 1Cor 13,12). E’ bello pensare questo, pensare al Cielo. Tutti noi ci troveremo lassù, tutti. E’ bello, dà forza all’anima.
In questa prospettiva, è bello percepire come ci sia una continuità e una comunione di fondo tra la Chiesa che è nel Cielo e quella ancora in cammino sulla terra. Coloro che già vivono al cospetto di Dio possono infatti sostenerci e intercedere per noi, pregare per noi. D’altro canto, anche noi siamo sempre invitati ad offrire opere buone, preghiere e la stessa Eucaristia per alleviare la tribolazione delle anime che sono ancora in attesa della beatitudine senza fine. Sì, perché nella prospettiva cristiana la distinzione non è più tra chi è già morto e chi non lo è ancora, ma tra chi è in Cristo e chi non lo è! Questo è l’elemento determinante, veramente decisivo per la nostra salvezza e per la nostra felicità.
Nello stesso tempo, la Sacra Scrittura ci insegna che il compimento di questo disegno meraviglioso non può non interessare anche tutto ciò che ci circonda e che è uscito dal pensiero e dal cuore di Dio. L’apostolo Paolo lo afferma in modo esplicito, quando dice che «anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21). Altri testi utilizzano l’immagine del «cielo nuovo» e della «terra nuova» (cfr. 2 Pt 3,13; Ap 21,1), nel senso che tutto l’universo sarà rinnovato e verrà liberato una volta per sempre da ogni traccia di male e dalla stessa morte. Quella che si prospetta, come compimento di una trasformazione che in realtà è già in atto a partire dalla morte e risurrezione di Cristo, è quindi una nuova creazione; non dunque un annientamento del cosmo e di tutto ciò che ci circonda, ma un portare ogni cosa alla sua pienezza di essere, di verità, di bellezza. Questo è il disegno che Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, da sempre vuole realizzare e sta realizzando.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
** Ecco la meta a cui tende la Chiesa: è, come dice la Bibbia, la «Gerusalemme nuova», il «Paradiso».
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Signore Dio nostro, che nella tua grande misericordia ci hai rigenerati a una speranza viva mediante la risurrezione del tuo Figlio, accresci in noi, sulla testimonianza degli apostoli, la fede pasquale, perché aderendo a lui pur senza averlo visto riceviamo il frutto della vita nuova. Per il nostro Signore Gesù Cristo...



22 Aprile 2017

Il pensiero del giorno



Oggi Gesù ci dice: “Andate in tutto il mono e proclamate il Vangelo. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato” (Mc 16,15).


Il mandato di Gesù, «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato», fonda la Chiesa e la costituisce intrinsecamente missionaria. La fecondità del ministero apostolico sta nella continua presenza del Cristo risorto in mezzo ai suoi discepoli. 

Andate in tutto il mondo: Giovanni Paolo II (Messaggio per la XXII Giornata Mondiale per le Vocazioni): Giovani, Cristo vi manda! «Andate in tutto il mondo e annunziate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15). Queste parole pronunciate dal Signore Gesù prima di salire al Padre, oggi le rivolge a molti di voi. Alla soglia del terzo millennio dalla venuta di Gesù, una grande massa di uomini non ha ricevuto ancora la luce del Vangelo e versa in gravi condizioni di ingiustizia e di miseria. Lo stesso Signore rivela la sproporzione tra gli immensi bisogni di salvezza universale e il numero insufficiente dei suoi collaboratori. «La messe è molta ma gli operai sono pochi» (Mt 9,37), così esclamò vedendo le folle di ogni tempo stanche e sfinite come gregge senza pastore. Nei miei viaggi apostolici in ogni parte della terra, constato sempre di più l’attualità del lamento del Salvatore. Solo la grazia di Dio, sollecitata dalla preghiera, può colmare questa dolorosa sproporzione. Resterete indifferenti ascoltando il grido che sale dall’umanità? Vi esorto a pregare e anche a offrire le vostre persone, se il Padrone della messe vuole inviarvi come operai nella sua messe (cfr. Mt 9,38). Mettetevi in prima fila tra coloro che sono pronti a lasciare la propria terra per una missione senza frontiere. Attraverso le vostre persone Cristo vuole raggiungere l’umanità intera.

Andate in tutto il mondo: CCC 1-2: Dio, infinitamente perfetto e beato in se stesso, per un disegno di pura bontà, ha liberamente creato l’uomo per renderlo partecipe della sua vita beata. Per questo, in ogni tempo e in ogni luogo, egli è vicino all’uomo. Lo chiama e lo aiuta a cercarlo, a conoscerlo, e ad amarlo con tutte le forze. Convoca tutti gli uomini, che il peccato ha disperso, nell’unità della sua famiglia, la Chiesa. Lo fa per mezzo del Figlio suo, che nella pienezza dei tempi ha mandato come Redentore e Salvatore. In lui e mediante lui, Dio chiama gli uomini a diventare, nello Spirito Santo, suoi figli adottivi e perciò eredi della sua vita beata. Affinché questo appello risuonasse per tutta la terra, Cristo ha inviato gli Apostoli che aveva scelto, dando loro il mandato di annunziare il Vangelo: «Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,19-20). Forti di questa missione, gli Apostoli «partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano» (Mc 16,20).

Tutti i battezzati sono missionari: CCC 2044-2045: La fedeltà dei battezzati è una condizione fondamentale per l’annunzio del Vangelo e per la missione della Chiesa nel mondo. Il messaggio della salvezza, per manifestare davanti agli uomini la sua forza di verità e di irradiamento, deve essere autenticato dalla testimonianza di vita dei cristiani. «La testimonianza della vita cristiana e le opere buone compiute con spirito soprannaturale hanno la forza di attirare gli uomini alla fede e a Dio». Poiché sono le membra del Corpo di cui Cristo è il Capo, i cristiani contribuiscono alla edificazione della Chiesa con la saldezza delle loro convinzioni e dei loro costumi. La Chiesa cresce, si sviluppa e si espande mediante la santità dei suoi fedeli, «finché arriviamo tutti... allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo» (Ef 4,13).

Alla sorgente della missione: Card. Jozef Tomko (Omelia, 7 ottobre 2000): La sorgente della missione è Dio uno-trino. Essa sgorga dall’amore fontale Padre il quale invia (“mittit” - manda in missione) il suo Figlio in virtù dello Spirito Santo. Il Figlio, a sua volta, manda in missione, con la potenza dello Spirito, la sua Chiesa per comunicare a tutti i popoli la salvezza e la comunione con la vita trinitaria: la missione della Chiesa è la continuazione della missione di Gesù Cristo. “Come, il Padre ha mandato (misit) me anch’io mando (“mitto”) voi” (Gv 20,21). La fase esterna della missione di Gesù è a sua volta preceduta e collegata con la vita intima di Dio. In Gesù Cristo è l’amore di Dio che si effonde ad extra riversandosi sugli uomini: “Iddio ha così amato il mondo che ha dato il suo unico Figlio, perché ogni uomo che crede in Lui non perisca ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). La missione di Gesù Cristo dal Padre ha quindi la sua continuazione nella Chiesa. È sempre la stessa missione che per l’opera del Figlio e dello Spirito passa come incarico alla Chiesa di Cristo per la salvezza dell’umanità.


Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato

CCC 161: Credere in Gesù Cristo e in colui che l’ha mandato per la nostra salvezza, è necessario per essere salvati. «Poiché “senza la fede è impossibile essere graditi a Dio” (Eb 11,6) e condividere le condizioni di suoi figli, nessuno può essere mai giustificato senza di essa e nessuno conseguirà la vita eterna se non “persevererà in essa sino alla fine” (Mt 10,22; 24,13)».

CCC 1257: Il Signore stesso afferma che il Battesimo è necessario per la salvezza. Per questo ha comandato ai suoi discepoli di annunziare il Vangelo e di battezzare tutte le nazioni. Il Battesimo è necessario alla salvezza per coloro ai quali è stato annunziato il Vangelo e che hanno avuto la possibilità di chiedere questo sacramento. La Chiesa non conosce altro mezzo all’infuori del Battesimo per assicurare l’ingresso nella beatitudine eterna; perciò si guarda dal trascurare la missione ricevuta dal Signore di far rinascere “dall’acqua e dallo Spirito” tutti coloro che possono essere battezzati. Dio ha legato la salvezza al sacramento del Battesimo, tuttavia egli non è legato ai suoi sacramenti. 

Il Battesimo e la fede: «Il Battesimo non è necessario a coloro ai quali basta la fede: Abramo, infatti, piacque a Dio per la sua fede, pur non avendo ricevuto il Battesimo. Ma sempre ciò che vien dopo porta a compimento e ha il sopravvento su quanto precede. Prima della passione e della risurrezione del Signore c’era salvezza grazie alla pura fede: ma dal momento che la fede per i credenti è stata rafforzata con la nascita, la passione e la risurrezione di Cristo, su di essa, resa più forte, è stato apposto il suggello del Battesimo, quasi abito della fede, che prima era nuda, ma non poteva più restare senza una sua legge. La legge del Battesimo è stata data e dettata in questi termini: “Andate e ammaestrate tutte le nazioni battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” [Mt 28,19]. Inoltre sta scritto: “Se uno non nasce da acqua e da Spirito non può entrare nel regno dei cieli” [Gv 3,5]; e ciò vuol dire che la fede deve essere necessariamente suggellata dal Battesimo. Perciò tutti i credenti vengono battezzati» (Tertulliano, De baptismo 13 1-3).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
* Senza la fede è impossibile essere graditi a Dio
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Padre, che nella tua immensa bontà estendi a tutti i popoli il dono della fede, guarda i tuoi figli di elezione, perché coloro che sono rinati nel Battesimo ricevano la veste candida della vita immortale. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

21 Aprile 2017

Il pensiero del giorno


Oggi Gesù ci dice: “Venite, mangiate” (Gv 21,12).


Simon Pietro aveva deciso di andare a pescare, una decisione condivisa da Tommaso, da Natanaele, dai figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, e da altri due discepoli anonimi. Una decisione che forse mette a nudo in Pietro e nei discepoli un sentimento di delusione (Cf. Lc 24,2: «noi speravamo...»).
L’iniziativa si conclude con un sonoro fallimento, «in quella notte non presero nulla»; una scena che racchiude senz’altro un richiamo simbolico: senza Gesù, «luce del mondo» (Gv 8,12), gli uomini precipitano nelle tenebre e senza di Lui gli uomini non possono realizzare le opere di Dio (Gv 9,4; 15,5).
Quando era già l’alba, Gesù si presenta sulla riva, ma i discepoli non lo riconoscono, elemento tipico delle apparizioni (Cf. Lc 24,16; Gv 20,14). Fanno però quanto viene loro comandato e traggono a terra la rete piena di una «grande quantità di pesci». Questa sovrabbondanza richiama il miracolo di Cana (Cf. Gv 2,6), la moltiplicazione dei pani (Cf. Gv 6,11s), l’acqua viva (Cf. Gv 4,14; 7,37s), la vita data dal buon pastore (Cf. Gv 10,10), la pienezza dello Spirito data da Gesù (Cf. Gv 3,34).
A fronte di questo prodigio, il discepolo «che Gesù amava» riconosce nello sconosciuto il Risorto e lo riferisce a Pietro. La reazione di Pietro è repentina, propria del suo carattere impetuoso, si getta in acqua e raggiunge a nuoto la spiaggia; mentre gli altri trascinando la rete piena di pesci raggiungono la terra: «Ecco, dunque, la scena ormai completa di significato simbolico: gli Apostoli, con a capo Pietro, corrono verso Cristo, Cristo Risorto, trascinando la barca ricolma della pesca miracolosa!» (Massimo Biocco).
Pietro, ad un invito del Risorto, trae a terra la rete piena di «centocinquantatré grossi pesci». Un numero certamente  simbolico (Cf. Ez 47,10), ma la sottolineatura benché fossero tanti, la rete non si squarciò, sta a simboleggiare il fatto che la Chiesa, autenticamente fondata sulla parola di Gesù e sulla fede di Pietro (Cf. Mt 16,16), non si spezzerà nonostante la pavidità di molti cristiani e le persecuzioni degli uomini: «doppio miracolo quindi: la pesca abbondante e le reti che non si rompono. Anche nell’unica barca [nel racconto di Luca sono due] e nella rete che non si rompe molti vedono il simbolo dell’unità della Chiesa» (G. Segalla).
L’apparizione si conclude con un banchetto dove Gesù offre ai suoi discepoli pane e pesce arrostito (Cf. Mt 14,17-19).


Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberiade

Catechismo della Chiesa Cattolica

434 La Risurrezione di Gesù glorifica il nome di Dio «Salvatore» perché ormai è il nome di Gesù che manifesta in pienezza la suprema potenza del «Nome che è al di sopra di ogni altro nome» (Fil 2,9-10). Gli spiriti malvagi temono il suo nome ed è nel suo nome che i discepoli di Gesù compiono miracoli infatti tutto ciò che essi chiedono al Padre nel suo nome, il Padre lo concede.

547 Gesù accompagna le sue parole con numerosi «miracoli, prodigi e segni» (At 2,22), i quali manifestano che in lui il Regno è presente. Attestano che Gesù è il Messia annunziato.

548 I segni compiuti da Gesù testimoniano che il Padre lo ha mandato. Essi sollecitano a credere in lui. A coloro che gli si rivolgono con fede, egli concede ciò che domandano. Allora i miracoli rendono più salda la fede in colui che compie le opere del Padre suo: testimoniano che egli è il Figlio di Dio. Ma possono essere anche motivo di scandalo. Non mirano a soddisfare la curiosità e i desideri di qualcosa di magico. Nonostante i suoi miracoli tanto evidenti, Gesù è rifiutato da alcuni, lo si accusa perfino di agire per mezzo dei demoni.

208 Di fronte alla presenza affascinante e misteriosa di Dio, l’uomo scopre la propria piccolezza. Davanti al roveto ardente, Mosè si toglie i sandali e si vela il viso al cospetto della santità divina. Davanti alla Gloria del Dio tre volte santo, Isaia esclama: «Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono» (Is 6,5). Davanti ai segni divini che Gesù compie, Pietro esclama: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore» (Lc 5,8). Ma poiché Dio è santo, può perdonare all’uomo che davanti a lui si riconosce peccatore: «Non darò sfogo all’ardore della mia ira… perché sono Dio e non uomo, sono il Santo in mezzo a te» (Os 11,9). Anche l’apostolo Giovanni dirà: «Davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa» (1Gv 3,19-20).


Incontri pasquali

Catechismo degli Adulti

265  L’apostolo Paolo, verso l’anno 55, riassume l’annuncio pasquale della prima comunità cristiana con quattro verbi, che indicano avvenimenti reali, anche se non tutti controllabili allo stesso modo: «Cristo morì... fu sepolto... è risuscitato... apparve»; poi subito fa seguire un elenco di testimoni autorevoli, ai quali bisogna fare riferimento: «apparve a Cefa (Pietro) e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me» (1Cor 15,3-8).
Si potrebbe obiettare: se Gesù davvero è risorto, perché non si è manifestato anche al sinedrio, a Ponzio Pilato, a tutto il popolo? Per incontrare Dio, bisogna prima cercarlo umilmente; non ha senso un miracolo per costringere a credere. Del resto Dio è sovranamente libero nelle sue decisioni: «Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti» (At 10,40-41).

266  Gli incontri del Risorto con i suoi avvennero a Gerusalemme e in Galilea. Ma è impossibile per noi stabilirne la successione e le modalità. I racconti pasquali, riportati nei quattro Vangeli, presentano divergenze in numerosi dettagli. Questi dettagli a volte, più che ricordi, sembrano essere mezzi letterari per esprimere la concretezza o il significato dell’incontro. La struttura dei racconti è però costante: iniziativa del Risorto, che si fa vedere, viene, si avvicina, sta in mezzo, si manifesta; riconoscimento da parte dei discepoli, senza possibilità di equivocare con qualche spirito o fantasma; missione affidata agli apostoli, che fa della loro testimonianza il fondamento della Chiesa. L’insistenza sull’oggettività dell’esperienza è tale, che le apparizioni sono in realtà da considerare veri e propri incontri interpersonali concreti.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
** Davanti a Dio rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa.
Queste parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Dio onnipotente ed eterno, che nella Pasqua del tuo Figlio hai offerto agli uomini il patto della riconciliazione e della pace, donaci di testimoniare nella vita il mistero che celebriamo nella fede. Per il nostro Signore Gesù Cristo...