9 Luglio 2019
Martedì XIV Settimana del T. O.
Gen 32,23-33; Sal 16 (17); Mt 9,32-38
Colletta: O Dio, che nell’umiliazione del tuo Figlio hai risollevato l’umanità dalla sua caduta, donaci una rinnovata gioia pasquale, perché, liberi dall’oppressione della colpa, partecipiamo alla felicità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Siamo al termine del nono capitolo, e la guarigione del muto indemoniato avviene subito dopo la guarigione di due ciechi (Mt 9,27-31). E forse lo stupore delle folle, «Non si è mai vista una cosa simile in Israele!», deve riferirsi anche a questo miracolo. Dare la vista ai ciechi era un dono particolarissimo che procedeva soltanto da Dio (cf. Gv 9,32), ma anche la cacciata dei demoni era un “prodigio” che meravigliava l’uomo comune. Ma ancora una volta in mezzo la folla c’è chi rema al contrario, i farisei, che per vizio o per hobby, senza mai stancarsi, tallonano Gesù da mane a sera. Credendo di poter mettere Gesù con le spalle al muro, alzano la voce e dall’alto della loro sapienza fanno sentire la loro versione: «Egli scaccia i demòni per opera del principe dei demòni». Matteo tronca qui l’incidente, ma vedi la risposta di Gesù alla malevola provocazione dei farisei in Mt 12,22-24, e in Lc 11,14.15.
Il capitolo nono si chiude mettendo in evidenza la compassione di Gesù per le folle, “perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore”, e da qui l’invito rivolto ai discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!». Come dire che tutto è dono, anche il sacerdozio: “Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio” (Eb 5,4).
Vangelo - Dal Vangelo secondo Matteo 9,32-38: In quel tempo, presentarono a Gesù un muto indemoniato. E dopo che il demonio fu scacciato, quel muto cominciò a parlare. E le folle, prese da stupore, dicevano: «Non si è mai vista una cosa simile in Israele!». Ma i farisei dicevano: «Egli scaccia i demòni per opera del principe dei demòni». Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».
In quel tempo, presentarono a Gesù un muto indemoniato - Rosalba Manes (I Vangeli - Ed. Ancora): [...] viene condotto a Gesù un uomo che presenta un gravissimo disagio: gli manca il dono della parola. Egli non può dialogare con Gesù, e nella sua vita sperimenta il continuo limite di non potersi relazionare. In passato si pensava che la malattia dipendesse dal potere demoniaco. Il testo non fornisce troppi particolari. Si concentra sulla potenza di liberazione di Gesù.
L’uomo viene liberato da Gesù e, nell’istante in cui ha luogo l’esorcismo, recupera l’uso della parola. Di fronte al prodigio della liberazione, la gente che assiste è presa dallo stupore e coglie l’unicità dell’evento: non si è mai vista una cosa simile!
È l’arrivo del nuovo, prefigurato nel detto del «vino nuovo». Molti riescono ad accogliere il vino nuovo in otri nuovi, altri invece, come i farisei, preferiscono custodire l’otre vecchie.
Essi infatti non vogliono cambiare le misure del loro giudizio, i criteri del loro discernimento e non vogliono accogliere la novità di Gesù. Si muovono con sospetto, non riconoscono l’eccezionalità della sua persona, e giudicano la sua attività terapeutica come un artificio diabolico.
Gesù, vincitore di Satana e dei demoni - Jean-Baptiste Brunon e Pierre Grelot (Dizionario di Teologia Biblica): La vita e l’azione di Gesù si collocano nella prospettiva di questo duello tra due mondi, la cui posta è in definitiva la salvezza dell’uomo. Gesù affronta personalmente Satana e riporta su di lui la vittoria (Mt 4, 11 par.; Gv 12, 31). Affronta pure gli spiriti maligni che hanno potere sull’umanità peccatrice, e li vince nel loro dominio.
Tale è il senso di numerosi episodi in cui sono di scena degli indemoniati; quello della sinagoga di Cafarnao (Mc 1,23-27 par.) e quello di Gadara (Mc 5,1-20 par.), la figlia della sirofenicia (Mc 7, 25- 30 par.) ed il ragazzo epilettico (Mc 9, 14-29 par.), l’indemoniato muto (Mt 12,22 ss par.) e Maria di Magdala (Le 8,2). Per lo più, possessione diabolica e malattia sono mescolate (cfr. Mt 17, 15.18); quindi ora si dice che Gesù guarisce gli indemoniati (Lc 6,18; 7,21) ed ora che scaccia i demoni (Mc 1,34-39). Senza porre in dubbio i casi nettissimi di possessionc (Mc 1, 23 s: 5, 61. bisogna tener conto dell’opinione del tempo, che attribuiva direttamente al demonio fenomeni che oggi rientrano nella psichiatria (Mc 9,20 ss). Bisogna soprattutto ricordare che ogni malattia è un segno della potenza di Satana sugli uomini (cfr. Lc 13,11).
Affrontando la malattia, Gesù affronta Satana; dando la guarigione, trionfa di Satana. I demoni si credevano insediati quaggiù da padroni; Gesù è venuto a perderli (Mc 1,24). Dinanzi all’autorità che egli manifesta nei loro confronti, le folle sono stupefatte (Mt 12,23; Le 4,35 ss). I suoi nemici l’accusano: «Egli scaccia i demoni in virtù di Beelzebul, principe dei demoni» (Mc 3,22 par.); «non sarebbe per caso anch’egli posseduto dal demonio?» (Mc 3,30; Gv 7,20; 8,48 s. 52; 10,20 s). Ma Gesù dà la vera spiegazione: egli scaccia i demoni in virtù dello Spirito di Dio, e ciò prova che il regno di Dio è giunto fino agli uomini (Mt 12,25-28 par.). Satana si credeva forte, ma è scacciato da uno più forte (Mt 12,29 par.).
Ormai gli esorcismi si faranno quindi nel nome di Gesù (Mt 7,22; Mc 9,38 s). Mandando in missione i suoi discepoli, egli comunica loro il suo potere sui demoni (Mc 6,7.13 par.). Di fatto essi constatano che i demoni sono loro soggetti: prova evidente della caduta di Satana (Lc 10,17-20). Questo sarà, in tutti i secoli, uno dei segni che accompagneranno la predicazione del vangelo, unitamente ai miracoli (Mc 16, 17).
Vedendo le folle: Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): v. 36 L’esperienza fatta in Galilea da Gesù e dai suoi apostoli aveva loro rivelato la triste condizione spirituale delle popolazioni. Il maestro ne è profondamente commosso e rattristato; il popolo si trovava come un gregge stanco ed affamato senza le cure premurose di un pastore. Il versetto contiene un’amara allusione alle guide spirituali del tempo, le quali, chiuse in un orgoglio compiacente della propria religiosità, non curavano gli umili ed i semplici.
vv. 37-38 Si passa dall’immagine del gregge a quella della messe (Luca conserva il paragone della messe in un contesto più logico e cronologicamente più esatto; cf. Lc., 10,2). Nei due paragoni (gregge-messe) è soggiacente lo stesso pensiero. Sono egualmente necessari i pastori come pure i mietitori, altrimenti il gregge langue e la messe marcisce. Gesù invita tutti a pregare Dio, affinché si degni suscitare ed inviare degli operai nel campo della raccolta; il Signore provvede quando è pregato. Cristo, come uomo, è limitato; egli non può essere dovunque, né può far giungere a tutti la parola della salvezza, per questo fa chiedere al Padre dei collaboratori. Le parole del Maestro rivelano una sublime concezione dell’apostolato: l’apostolo è un inviato ed un collaboratore scelto da Dio.
Vedendo le folle, ne sentì compassione… La sua compassione è motivata dallo stato pietoso in cui versano le folle: «erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore» (Cf. Ez 34,2-6; Ger 23,4). Più che sfinitezza (uno stato di estrema stanchezza), il testo greco parla di vessazione (eskulmenoi, vessate; così anche la neovolgata latina: erant vexati): un popolo vessato perché obbligato dalle autorità politico-religose ad osservare leggi troppo fiscali e spesso inutili (Cf. Mt 23,4) e perché sottoposto a continui maltrattamenti dalla potenza militare che aveva invaso la Palestina; praticamente, un popolo tormentato in senso morale e materiale.
La mietitura, un’immagine molto amata dai Profeti e anche da Giovanni il Battista, sta ad indicare il giudizio finale (Cf. Ger 51,33; Mt 3,12; 13,30.39; Mc 4,29; Gv 4,35). Nel brano evangelico sta a designare il ministero apostolico dei Dodici che con quello di Gesù inaugura i tempi ultimi, i tempi della fine. E poiché «la messe è abbondante» e «il tempo ormai si è fatto breve» (1Cor 7,29), è urgente pregare il «signore della messe perché mandi operai nella sua messe»: ora, «nella pienezza del tempo» (Gal 4,4), «è giunta l’ora di mietere, perché la messe della terra è matura» (Ap 14,15).
Anche se può sembrare ovvio, va messo in evidenza che Gesù non comanda ai discepoli di essere operai di Dio, ma di pregare. Un particolare che spesso è ignorato da tanti cristiani afflitti da un nervoso attivismo.
Gesù è molto sollecito nell’invitare i suoi discepoli alla preghiera, ma solo in quattro casi questo invito indica uno scopo preciso: 1, la preghiera per i nemici (Cf. Mt 5,44); 2, la preghiera per non entrare in tentazione (Cf. Mt 26,41); 3, la preghiera perché non venga meno la fede di Pietro (Cf. Lc 22,32); 4, la preghiera al padrone della messe perché mandi operai alla sua messe (Cf. anche Lc 10,2). Da qui si evince quanto sia importante la raccomandazione fatta da Gesù ai Dodici.
L’urgenza e la necessità di commuovere con la preghiera «il signore della messe» vuole sollecitare la realizzazione di un’antica profezia: dice il Signore vi «darò pastori secondo il mio cuore, i quali vi guideranno con scienza e intelligenza» (Ger 3,15).
Ortensio Da Spinetoli (Matteo): Gesù trova i suoi connazionali in una situazione spirituale commiserevole. Israele, fin dalla liberazione egiziana e peregrinazione sinaitica, è il gregge di Jahve. Egli è il pastore per antonomasia del suo popolo, ma si serve anche di inviati, fiduciari, pastori subalterni. Questi hanno trascurato il loro compito, facendo spesso sbandare il gregge (cfr. Ez. 34,1-31; Zac. 10,2). Nell’imminenza dell’era messianica Gesù vede ripetersi il medesimo smarrimento lamentato da Dio nel passato e al posto dei profeti invia i suoi apostoli. Essi non richiamano i pastori al loro dovere ma assumono la loro funzione di guide della nazione. Nel discorso precedente (9, 35-36) Gesù ha parlato di pecore stanche e abbattute, prostrate; ora afferma che sono «perdute». Si tratta evidentemente di un giudizio globale che riguarda non i singoli ma la nazione giudaica, la quale al momento in cui l’evangelista scrive ha già rigettato la salvezza. «Perdute» non ha il senso di «dannate» ma disperse, uscite fuori dall’ovile, quindi in pericolo di smarrirsi, addirittura di finire in qualche precipizio. Il cap. XXIII illustra a quale grado di smarrimento era giunto il popolo israelitico guidato dai suoi falsi pastori. Parallelamente a 9,33-36 il testo ritrae lo stato d’animo, l’ansia di Gesù per i suoi connazionali. L’abbandono spirituale in cui essi si trovano tocca fin nelle profondità il suo animo.
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Dio onnipotente ed eterno,
che ci hai nutriti con i doni della tua carità senza limiti,
fa’ che godiamo i benefici della salvezza
e viviamo sempre in rendimento di grazie.
Per Cristo nostro Signore.
che ci hai nutriti con i doni della tua carità senza limiti,
fa’ che godiamo i benefici della salvezza
e viviamo sempre in rendimento di grazie.
Per Cristo nostro Signore.