11 Aprile 2017

Il pensiero del giorno


Oggi Gesù ci dice: “Uno di voi mi tradirà… Non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte” (Gv 13,21.38 )


Satana entrò in Giuda - Giuda Iscariota esce dal cenacolo per recarsi dai capi dei sacerdoti per pattuire la ricompensa del suo tradimento (Cf. Mt 26,14-16). I Vangeli non dicono il vero motivo per il quale Giuda tradì il Maestro, anche se può essere dedotto da alcuni tratti molto inquietanti della sua personalità (Cf. Gv 12,1-6). Inoltre, l’evangelista Giovanni riferisce che era manovrato da Satana (Cf. Gv 13,2; 13,27).
Ma non si conoscerà mai «quel segreto rapporto che si è instaurato tra il discepolo di Gesù e Satana. In che modo il demonio è entrato in lui e lo ha dominato? Spesso è tenue il confine tra suggestione, vessazione e possessione demoniaca, specie quando crollano le difese interiori e si decide di stare dalla parte del male [...]. Qualunque sia stata la porta d’ingresso di Satana, sta di fatto che Giuda ne divenne lo strumento libero e responsabile commettendo la più esecrabile scelleratezza» (OSCAR BATTAGLIA, Gesù e il demonio).
Al di là di ogni investigazione, le notizie evangeliche su Giuda vogliono suggerire unicamente che la passione fu un dramma in cui si trovò impegnato, come attore principiale, anzitutto il mondo invisibile delle tenebre (Cf. Lc 22,53): un gioco perverso nel quale venne responsabilmente coinvolto l’Iscariota. Spesso dietro gli uomini agisce la potenza diabolica: «Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da Gesù fino al momento fissato» (Lc 4,13; Cf. Gv 6,70s; 8,44; 12,31; 13,27; 16,11; 1Cor 2,8;  Ap 12,4.17).
«L’uscita di Giuda, in balìa di Satana, segna l’inizio della passione di Cristo, quindi nella prospettiva del quarto evangelista con tale atto incomincia la glorificazione di Dio e del Figlio dell’uomo. Il traditore, istigato dal demonio, fa precipitare gli eventi e tra qualche ora farà arrestare il Maestro. Gesù è consapevole di essere giunto alla vigilia della sua morte, egli perciò si premura di spiegare agli amici il vero significato della sua dipartita da questo mondo. La sua imminente uccisione sulla croce non rappresenta una disfatta o un soccombere dinanzi alla forza dei suoi nemici, satelliti di Satana, ma costituisce il suo trionfo, la sua glorificazione, il suo ritorno in cielo» (Salvatore Alberto Panimolle).

Il peccato

Catechismo della Chiesa Cattolica

1851 È proprio nella Passione, in cui la misericordia di Cristo lo vincerà, che il peccato manifesta in sommo grado la sua violenza e la sua molteplicità: incredulità, odio omicida, rifiuto e scherno da parte dei capi e del popolo, vigliaccheria di Pilato e crudeltà dei soldati, tradimento di Giuda tanto pesante per Gesù, rinnegamento di Pietro, abbandono dei discepoli. Tuttavia, proprio nell’ora delle tenebre e del Principe di questo mondo [Gv 14,30], il sacrificio di Cristo diventa segretamente la sorgente dalla quale sgorgherà inesauribilmente il perdono dei nostri peccati.

Alla Cena Gesù ha anticipato l’offerta libera della sua vita

Catechismo della Chiesa Cattolica

610 La libera offerta che Gesù fa di se stesso ha la sua più alta espressione nella Cena consumata con i Dodici Apostoli [Mt 26,20] nella “notte in cui veniva tradito” (1Cor 11,23). La vigilia della sua passione, Gesù, quand’era ancora libero, ha fatto di quest’ultima Cena con i suoi Apostoli il memoriale della volontaria offerta di sé al Padre [1Cor 5,7] per la salvezza degli uomini: “Questo è il mio Corpo che è dato per voi” (Lc 22,19). “Questo è il mio Sangue dell’Alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati” (Mt 26,28).

611 L’Eucaristia che egli istituisce in questo momento sarà il “memoriale” [1Cor 11,25] del suo sacrificio. Gesù nella sua offerta include gli Apostoli e chiede loro di perpetuarla [Lc 22,19]. Con ciò, Gesù istituisce i suoi Apostoli sacerdoti della Nuova Alleanza: “Per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità” (Gv 17,19).
1386 Davanti alla grandezza di questo sacramento, il fedele non può che fare sua con umiltà e fede ardente la supplica del centurione [Mt 8,8]: “Domine, non sum dignus ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanabitur anima mea” - “O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato” [Messale Romano, Riti di comunione]. Nella “Divina Liturgia” di san Giovanni Crisostomo i fedeli pregano con lo stesso spirito: “O Figlio di Dio, fammi oggi partecipe del tuo mistico convito. Non svelerò il Mistero ai tuoi nemici, e neppure ti darò il bacio di Giuda. Ma, come il ladrone, io ti dico: Ricordati di me, Signore, quando sarai nel tuo regno” [Liturgia bizantina. Anafora di San Giovanni Crisostomo, Preghiera prima della comunione: PG 63, 920].

Gesù predice il rinnegamento di Pietro

Catechismo della Chiesa Cattolica

1427 Gesù chiama alla conversione. Questo appello è una componente essenziale dell’annuncio del Regno: “Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è ormai vicino; convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1,15). Nella predicazione della Chiesa questo invito si rivolge dapprima a quanti non conoscono ancora Cristo e il suo Vangelo. Il Battesimo è quindi il luogo principale della prima e fondamentale conversione. E’ mediante la fede nella Buona Novella e mediante il Battesimo [At 2,38] che si rinuncia al male e si acquista la salvezza, cioè la remissione di tutti i peccati e il dono della vita nuova.

1428 Ora, l’appello di Cristo alla conversione continua a risuonare nella vita dei cristiani. Questa seconda conversione è un impegno continuo per tutta la Chiesa che “comprende nel suo seno i peccatori” e che, “santa insieme e sempre bisognosa di purificazione, incessantemente si applica alla penitenza e al suo rinnovamento” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 8]. Questo sforzo di conversione non è soltanto un’opera umana. È il dinamismo del “cuore contrito” (Sal 51,19) attirato e mosso dalla grazia [Gv 6,44; 12,32] a rispondere all’amore misericordioso di Dio che ci ha amati per primo [1Gv 4,10].

1429 Lo testimonia la conversione di san Pietro dopo il triplice rinnegamento del suo Maestro. Lo sguardo d’infinita misericordia di Gesù provoca le lacrime del pentimento (Lc 22,61) e, dopo la Risurrezione del Signore, la triplice confessione del suo amore per lui [Gv 21,15-17]. La seconda conversione ha pure una dimensione comunitaria. Ciò appare nell’appello del Signore ad un’intera Chiesa: “Ravvediti!” (Ap 2,5; 2,16). A proposito delle due conversioni sant’Ambrogio dice che, nella Chiesa, “ci sono l’acqua e le lacrime: l’acqua del Battesimo e le lacrime della Penitenza” [Sant’Ambrogio, Epistula 41, 12: PL 16, 1116].

Siamo arrivati al termine. E possiamo mettere in evidenza:
* «Pietro, dopo la sua caduta, si è pentito ed ha trovato perdono e grazia. Anche Giuda si è pentito, ma il suo pentimento è degenerato in disperazione e così è divenuto autodistruzione. È per noi un invito a tener sempre presente quanto dice san Benedetto alla fine del fondamentale capitolo V della sua “Regola”: “Non disperare mai della misericordia divina”. In realtà Dio “è più grande del nostro cuore”, come dice san Giovanni [1Gv 3,20]» (Benedetto XVI, Udienza Generale, 18 Ottobre 2006).
e ancora: ** Gesù chiama alla conversione.
Queste parole cosa ti suggeriscono?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Concedi a questa tua famiglia, o Padre, di celebrare con fede i misteri della passione del tuo Figlio, per gustare la dolcezza del tuo perdono. Per il nostro Signore Gesù Cristo...


10 Aprile 2017

Il pensiero del giorno


Oggi Gesù ci dice: “I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me” (Gv 12,8)


Destinazione universale dei beni e opzione preferenziale per i poveri

Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa

182. Il principio della destinazione universale dei beni richiede che si guardi con particolare sollecitudine ai poveri, a coloro che si trovano in situazioni di marginalità e, in ogni caso, alle persone a cui le condizioni di vita impediscono una crescita adeguata. A tale proposito va ribadita, in tutta la sua forza, l’opzione preferenziale per i poveri: «È, questa, una opzione, o una forma speciale di primato nell’esercizio della carità cristiana, testimoniata da tutta la Tradizione della Chiesa. Essa si riferisce alla vita di ciascun cristiano, in quanto imitatore della vita di Cristo, ma si applica egualmente alle nostre responsabilità sociali e, perciò, al nostro vivere, alle decisioni da prendere coerentemente circa la proprietà e l’uso dei beni. Oggi poi, attesa la dimensione mondiale che la questione sociale ha assunto, questo amore preferenziale, con le decisioni che esso ci ispira, non può non abbracciare le immense moltitudini di affamati, di mendicanti, di senzatetto, senza assistenza medica e, soprattutto, senza speranza di un futuro migliore».

183. La miseria umana è il segno evidente della condizione di debolezza dell’uomo e del suo bisogno di salvezza. Di essa ha avuto compassione Cristo Salvatore, che si è identificato con i Suoi «fratelli più piccoli» (Mt 25,40.45): «Gesù Cristo riconoscerà i suoi eletti proprio da quanto avranno fatto per i poveri. Allorché “ai poveri è predicata la buona novella” (Mt 11,5), è segno che Cristo è presente».
Gesù dice: «I poveri infatti li avete sempre con voi, me, invece, non sempre mi avete» (Mt 26,11; cfr. Mc 14,7; Gv 12,8) non per contrapporre al servizio dei poveri l’attenzione a Lui rivolta. Il realismo cristiano, mentre da una parte apprezza i lodevoli sforzi che si fanno per sconfiggere la povertà, dall’altra mette in guardia da posizioni ideologiche e da messianismi che alimentano l’illusione che si possa sopprimere da questo mondo in maniera totale il problema della povertà. Ciò avverrà soltanto al Suo ritorno, quando Lui sarà di nuovo con noi per sempre. Nel frattempo, i poveri restano a noi affidati e su questa responsabilità saremo giudicati alla fine (cfr. Mt 25,31-46): «Nostro Signore ci avverte che saremo separati da lui se non soccorriamo nei loro gravi bisogni i poveri e i piccoli che sono suoi fratelli».

184. L’amore della Chiesa per i poveri si ispira al Vangelo delle beatitudini, alla povertà di Gesù e alla Sua attenzione per i poveri. Tale amore riguarda la povertà materiale e anche le numerose forme di povertà culturale e religiosa. La Chiesa, «fin dalle origini, malgrado l’infedeltà di molti dei suoi membri, non ha cessato di impegnarsi a sollevarli, a difenderli e a liberarli. Ciò ha fatto con innumerevoli opere di beneficenza, che rimangono sempre e dappertutto indispensabili». Ispirata al precetto evangelico: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8), la Chiesa insegna a soccorrere il prossimo nelle sue varie necessità e profonde nella comunità umana innumerevoli opere di misericordia corporali e spirituali: «Tra queste opere, fare l’elemosina ai poveri è una delle principali testimonianze della carità fraterna: è pure una pratica di giustizia che piace a Dio», anche se la pratica della carità non si riduce all’elemosina, ma implica l’attenzione alla dimensione sociale e politica del problema della povertà. Sul rapporto tra carità e giustizia ritorna costantemente l’insegnamento della Chiesa: «Quando doniamo ai poveri le cose indispensabili, non facciamo loro delle elargizioni personali, ma rendiamo loro ciò che è loro. Più che compiere un atto di carità, adempiamo un dovere di giustizia». I Padri Conciliari raccomandano fortemente che si compia tale dovere «perché non si offra come dono di carità ciò che è già dovuto a titolo di giustizia». L’amore per i poveri è certamente «inconciliabile con lo smodato amore per le ricchezze o con il loro uso egoistico» (cfr. Gc 5,1-6).

I Poveri

Catechismo della Chiesa Cattolica

CCC 2449 Fin dall’Antico Testamento tutte le varie disposizioni giuridiche (anno di remissione, divieto di prestare denaro a interesse e di trattenere un pegno, obbligo di dare la decima, di pagare ogni giorno il salario ai lavoratori giornalieri, diritto di racimolare e spigolare) sono in consonanza con l’esortazione del Deuteronomio: «I bisognosi non mancheranno mai nel paese; perciò io ti do questo comando e ti dico: Apri generosamente la mano al tuo fratello povero e bisognoso nel tuo paese» (Dt 15,11). Gesù fa sua questa parola: «I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me» (Gv 12,8). Non vanifica con ciò la parola veemente degli antichi profeti: comprano «con denaro gli indigenti e il povero per un paio di sandali…» (Am 8,6), ma ci invita a riconoscere la sua presenza nei poveri che sono suoi fratelli (cfr. Mt 25,40): “Il giorno in cui sua madre la rimproverò di accogliere in casa poveri e infermi, santa Rosa da Lima senza esitare le disse: «Quando serviamo i poveri e i malati, serviamo Gesù. Non dobbiamo lasciar mancare l’aiuto al nostro prossimo, perché nei nostri fratelli serviamo Gesù».


Gregorio di Nissa (tratto da Omelia prima sull’amore dei poveri, PG 46)

Il tempo presente ci propone una grande abbondanza di nudi e di senza casa. Un esercito di prigionieri di guerra sta alle porte di ciascuno. Non mancano stranieri ed esiliati. Dappertutto si possono vedere mani protese che cercano. Come casa hanno il cielo aperto, come rifugio i portici, i vicoli, gli anfratti deserti delle piazze; come i gufi e le civette, si nascondono nelle crepe dei muri. Per vestiti hanno stracci logori; per mèsse, l’intuizione dei misericordiosi; per cibo, ciò che implorano da chi intravedono per caso; per bevanda, le fontane come gli animali; per coppa, il cavo della mano; per dispensa, il seno, a meno che non sparisca, ma tenga dentro ciò che vi si mette; per desco, le ginocchia ravvicinate; per letto, il suolo; per bagno, il fiume o lo stagno che Dio ha dato a tutti, in comune e senza arte. La vita errante e selvaggia non era stata loro assegnata da principio, ma deriva dalla tribolazione e dalla miseria. Tu che digiuni, provvedi a loro. Sii generoso nei confronti dei fratelli infelici. Ciò che togli al ventre dallo ai poveri. Il giusto timor di Dio renda uguali: cura con la tua sobrietà due mali tra loro contrari: la tua sazietà e la fame del fratello. Così fanno anche i medici: mettono gli uni a dieta e sottopongono a superalimentazione gli altri, perché con l’aggiunta e con il portare via venga regolata la salute di ciascuno. Lasciatevi persuadere da questa esortazione salutare, la ragione faccia aprire le porte dei ricchi. Il consiglio possa condurre i poveri dai ricchi. Il mio discorso non deve arricchire i poveri. Il verbo eterno di Dio conceda loro una casa, un letto, un desco. Si allevi con un discorso familiare la miseria con le tue sostanze. Ci sono ancora dei malati e sventurati. Ognuno si occupi dei vicini; non permettere che un altro si interessi del prossimo.


Siamo arrivati al termine. E possiamo mettere in evidenza:
*Quando doniamo ai poveri le cose indispensabili, non facciamo loro delle elargizioni personali, ma rendiamo loro ciò che è loro. Più che compiere un atto di carità, adempiamo un dovere di giustizia.
e ancora: ** Quando serviamo i poveri e i malati, serviamo Gesù. 
Queste parole cosa ti suggeriscono?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.



Preghiamo con la Chiesa: Guarda, Dio onnipotente, l’umanità sfinita per la sua debolezza mortale, e fa’ che riprenda vita per la passione del tuo unico Figlio. Egli è Dio e vive e regna con te... 
9 Aprile 2017

Il pensiero del giorno



Oggi Gesù ci dice: Lodate il Signore, voi suoi fedeli, gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe, lo tema tutta la discendenza d’Israele” (Sal 21 [22],24).


Domenica delle Palme: “Gesù entra in Gerusalemme. La folla dei discepoli lo accompagna in festa, i mantelli sono stesi davanti a Lui, si parla di prodigi che ha compiuto, un grido di lode si leva: «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli» (Lc 19,38).
Folla, festa, lode, benedizione, pace: è un clima di gioia quello che si respira. Gesù ha risvegliato nel cuore tante speranze soprattutto tra la gente umile, semplice, povera, dimenticata, quella che non conta agli occhi del mondo. Lui ha saputo comprendere le miserie umane, ha mostrato il volto di misericordia di Dio e si è chinato per guarire il corpo e l’anima.
Questo è Gesù. Questo è il suo cuore che guarda tutti noi, che guarda le nostre malattie, i nostri peccati. È grande l’amore di Gesù. E così entra in Gerusalemme con questo amore, e guarda tutti noi. È una scena bella: piena di luce - la luce dell’amore di Gesù, quello del suo cuore - di gioia, di festa” (Papa Francesco, Omelia, 24 Marzo 2013)


La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada...

Severo di Antiochia, Omelia XX (Sulla festa delle Palme)

Il nostro Salvatore, montando l’asinello, procede verso Gerusalemme quando, guidando l’anima dell’uomo che ormai inizia a credere in Lui, quasi fosse la sua cavalcatura, la conduce alla visione della pace interiore.


Domenica di Passione delle Palme

Fonte: La Bibbia e i Padri della Chiesa

Nella domenica di Passione o delle Palme comincia la Settimana, che l’Occidente chiamava Santa e l’Oriente Grande. Gli inizi della processione con le palme bisogna cercarli a Gerusalemme. La domenica pomeriggio, i fedeli si radunavano sul Monte degli Ulivi dove cantavano inni, antifone e si leggeva la Sacra Scrittura. Dopo la lettura del Vangelo sull’ingresso di Cristo a Gerusalemme, la processione si metteva in cammino per raggiungere la città. I bambini, anche i più piccoli tenevano nelle mani i ramoscelli d’olivo o di palma. In Occidente, la processione con le palme venne prima accolta in Spagna e in Gallia (VII-VIII sec.) e in seguito a Roma (la più antica descrizione è del X secolo). Nel Medioevo, si cercava di riprodurre nella liturgia le circostanze dell’ingresso di Gesù. Nella processione, si portava un simbolo di Cristo: il libro del Vangelo oppure il crocifisso (Italia), il Santissimo Sacramento (Inghilterra), la figura di Gesù su un asinello (Baviera, Austria, Cracovia). Durante la Messa, secondo una vecchia usanza romana, si leggeva il racconto della passione di Cristo secondo san Matteo. Nel Medioevo, venne accolto comunemente il costume di interrompere la lettura dopo la parola «spirò» e di rimanere per un po’ di tempo nel silenzio.
Cristo si dirige verso Gerusalemme perché giunse «la Sua ora». È passato il tempo della predicazione e arriva il tempo del sacrificio. Cristo umiliò se stesso assumendo una condizione di servo, adesso viene il tempo dell’umiliazione fino alla morte e alla morte di croce.
Gesù salirà sull’altare della croce pieno di fiducia nel Padre e di amore per gli uomini. Si dirige verso Gerusalemme circondato dalla folla acclamante: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore. La folla sta vicino a Gesù nel momento del suo visibile trionfo, ma lo abbandonerà quando verrà «la Sua ora». I pensieri di Dio e i modi di agire di Dio superano l’intelligenza umana.
La Chiesa celebra nella liturgia il ricordo dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme. I fedeli con le palme nelle mani partecipano alla solenne processione, ascoltano il racconto della Passione del Signore e poi prendono parte all’Eucaristia. Confessano così che sono pronti di partecipare a tutti i misteri di Cristo. Desiderano entrare insieme con Cristo a Gerusalemme, partecipare a tutto ciò che qui avverrà, non fermandosi nemmeno di fronte alla Croce. La processione odierna è anche un’immagine della vita cristiana: con fede e fiducia seguiamo il nostro Redentore diretto verso la Gerusalemme terrestre con la speranza di arrivare alla Gerusalemme celeste dove Gesù è già arrivato.


L’ingresso messianico di Gesù a Gerusalemme

Catechismo della Chiesa Cattolica

559 Come Gerusalemme accoglierà il suo Messia? Dopo essersi sempre sottratto ai tentativi del popolo di farlo re, [Cf Gv 6,15] Gesù sceglie il tempo e prepara nei dettagli il suo ingresso messianico nella città di “Davide, suo padre” (Lc 1,32; Cf Mt 21,1-11). È acclamato come il figlio di Davide, colui che porta la salvezza (“Hosanna” significa: “Oh, sì, salvaci!”, “donaci la salvezza!”). Ora, “Re della gloria” (Sal 24,7-10) entra nella sua città cavalcando un asino [Cf Zc 9,9]: egli non conquista la Figlia di Sion, figura della sua Chiesa, né con l'astuzia né con la violenza, ma con l'umiltà che rende testimonianza alla Verità [Cf Gv 18,37]. Per questo i soggetti del suo Regno, in quel giorno, sono i fanciulli [Cf Mt 21,15-16; Sal 8,3] e i “poveri di Dio”, i quali lo acclamano come gli angeli lo avevano annunziato ai pastori [Cf Lc 19,38; Lc 2,14]. La loro acclamazione, “Benedetto colui che viene nel Nome del Signore” (Sal 118,26), è ripresa dalla Chiesa nel “Sanctus” della Liturgia eucaristica come introduzione al memoriale della Pasqua del Signore.

560 L'ingresso di Gesù a Gerusalemme manifesta lavvento del Regno che il Re-Messia si accinge a realizzare con la Pasqua della sua morte e Risurrezione. Con la celebrazione dellentrata di Gesù in Gerusalemme, la domenica delle Palme, la Liturgia della Chiesa dà inizio alla Settimana Santa.



Siamo arrivati al termine. E possiamo mettere in evidenza:
* Gesù “ha saputo comprendere le miserie umane, ha mostrato il volto di misericordia di Dio e si è chinato per guarire il corpo e l’anima”.
e ancora: ** La processione odierna è anche un’immagine della vita cristiana: con fede e fiducia seguiamo il nostro Redentore diretto verso la Gerusalemme terrestre con la speranza di arrivare alla Gerusalemme celeste dove Gesù è già arrivato
Queste parole cosa ti suggeriscono?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Dio onnipotente ed eterno, che hai dato come modello agli uomini il Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce, fa’ che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione, per partecipare alla gloria della risurrezione. Egli è Dio e vive e regna con te...



8 Aprile 2017

Il pensiero del giorno



Oggi Gesù ci dice: Liberatevi da tutte le iniquità commesse, dice il Signore, e formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo” (Ez 18,31).

Formatevi un cuore nuovo: il cuore “è l’interno dell’uomo, distinto da ciò che si vede e specialmente dalla «carne». È la sede delle facoltà e della personalità, da cui nascono pensieri e sentimenti, parole, decisioni, azioni. Dio lo conosce a fondo, qualunque sia l’apparenza (1Sam 16,7; Sal 17,3; 44,22; Ger 11,20). Il cuore è il centro della coscienza religiosa e della vita morale (Sal 51,12.19; Ger 4,4; 31,31-33; Ez 36,26). Con il suo cuore l’uomo cerca Dio (Dt 4,29; Sal 105,3; 119,2.10), lo ascolta, (1Re 3,9; Sir 3,29; Os 2,16; cfr. Dt 30,14), lo serve (1Sam 12,20.24), lo loda (Sal 111,1), lo ama (Dt 6,5). Il cuore semplice, retto, puro, è quello che non è diviso da nessuna riserva o secondi fini o finzioni ipocrite, riguardo a Dio o agli uomini (cfr. Ef 1,18)” (Bibbia di Gerusalemme, nota a Gen 8,21).


Interiorità morale

Catechismo degli Adulti

907  La coscienza è una realtà complessa. L’Antico Testamento non usa quasi mai questa parola per indicare il centro intimo dell’uomo; si serve di un termine equivalente: cuore. Il cuore è la sede di pensieri, ricordi, sentimenti, desideri, progetti e decisioni, che poi emergono e traboccano all’esterno. Esso ha grande rilevanza morale. Con il cuore si distingue il bene dal male; si ama il Signore Dio e lo si tradisce; si ascolta la sua parola e la si respinge. Il cuore può essere indurito, traviato, sordo, cieco; oppure al contrario, per la grazia di Dio, può essere contrito, convertito, puro, nuovo.
L’insegnamento di Gesù, in conformità con l’Antico Testamento, pone il cuore al centro della vita morale. Dal cuore vengono i pensieri, le parole e le azioni, buone e cattive. Nel cuore nascono la fede e l’incredulità. La nuova giustizia evangelica trascende l’osservanza esteriore; esige un cuore retto, purificato dall’orgoglio, dalla cupidigia, dalla lussuria, da ogni disordine: «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt 5,8). La luce interiore deve rischiarare l’intera condotta, come l’occhio limpido rischiara tutto il corpo e la lampada accesa sul candelabro rischiara la casa.
Nell’etica biblica il cuore si identifica in definitiva con l’uomo in quanto soggetto morale. Anche gli scritti apostolici del Nuovo Testamento si pongono su questa linea. Inoltre con lo stesso significato usano frequentemente la parola “coscienza”. La coscienza può essere buona o cattiva, macchiata o purificata, sincera o falsa, debole o forte. Nella coscienza tutti gli uomini, anche i pagani, portano scritta la legge morale: «Quanto la legge esige è scritto nei loro cuori come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano ora li difendono» (Rm 2,15). La coscienza cristiana è l’uomo nuovo in Cristo, divenuto consapevole di sé nella fede. Egli vive «la carità, che sgorga da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera» (1Tm 1,5). Attua le esigenze di essa, seguendo i suggerimenti dello Spirito Santo, cercando di «discernere la volontà di Dio» (Rm 12,2) nelle situazioni concrete, vigilando su tutta la sua condotta. Nella coscienza si fa sentire la chiamata di Dio, che propone sia i valori e le norme, che orientano il cammino, sia gli appelli personali, che indicano i singoli passi da compiere

Siamo chiamati a convertirci

Paolo VI, Udienza Generale 16 Marzo 1977

Siamo chiamati a convertirci, a far penitenza. In questo Leit-motiv la Chiesa, fin dalla sua remota antichità, ha sviluppato tutta una pienezza di motivi teologici, spirituali e morali, che si è espressa nei riti liturgici, come nella predicazione dei grandi Padri, con l’intento appunto di preparare i cuori alla conversione: ed è ben noto come il tempo quaresimale preludesse al conferimento del Battesimo e alla riconciliazione dei peccatori nella Penitenza.
Ciò facendo, la Chiesa non ha fatto che continuare il grande messaggio della Rivelazione, mediante la quale Dio ha chiamato gli uomini a entrare in comunione con Lui e ad infrangere quei ceppi che ne impedivano il cammino. Perché proprio di cammino si tratta: la conversione è un cammino, diciamo così, a ritroso, come indica il verbo ebraico šûb (cambiar strada, invertire la direzione, tornare indietro). È idea profonda e stupenda che permea le pagine dell’Antico Testamento, particolarmente dei Profeti (cfr. Is. 1,11-17; Ier. 3,21-25; 4,l-4; 31,18; 36,3; Ez. 11,19ss.; 18,31ss.; 36,26-31; Am. 5,14 ss.; Os. 14,2-9), i quali alzano la voce per invitare il popolo ribelle a ritornare a Dio, come fa Isaia con parole roventi: «Lavatevi, purificatevi, togliete dalla mia vista il male delle vostre azioni. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, ricercate la giustizia» (Is. 1,16 ss.); o come promette Geremia, il profeta per eccellenza della conversione: «Darò loro un cuore capace di conoscermi, perché io sono il Signore; essi saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio» (Ier. 24,7). Questa voce si fa preghiera nei Salmi (ricordate il «Miserere»?: «Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo» (Ps. 50,12). Questo grido vien fatto rimbalzare al tempo di Cristo, in tutta la sua forza, dal Precursore (Matth. 3,2.8; Luc. 3,10-14); e Gesù ne farà il segno squillante dell’avvento del Regno di Dio, anzi la condizione prima per entrare nel nuovo ordine della salvezza, ch’Egli viene a instaurare nel mondo: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo» (Marc. 1,15; cfr. Matth. 4,17). Gesù è venuto a chiamare i peccatori alla conversione (cfr. Luc. 5,32): i pubblicani, la peccatrice, il buon ladrone sono il segno vivo di questa possibilità, di questa realtà di ricupero, che il Figlio di Dio offre all’umanità decaduta per il peccato. Occorre rinascere (Cfr. Io. 3,3), occorre diventare come i bambini (cfr. Matth. 18,3 loci et paralleli.). Si pensi alla forza di santificazione che quest’ultima parola ha avuto per una grandissima anima dei tempi moderni, Teresa di Lisieux!

Siamo arrivati al termine. E possiamo mettere in evidenza:
* Formare un cuore nuovo ... conversione ... “Anzitutto, modificare la maniera di pensare, la mentalità, gli intimi moventi delle azioni: e si pensi di quale mutamento difficile si tratta, se coinvolge la personalità più segreta e profonda di ciascuno di noi; e, in secondo significato, si tratta anche di mutare la condotta pratica, il comportamento, l’agire, affinché le azioni esteriori corrispondano senza ormai più stridenti contrasti con la interiore rivoluzione, avvenuta nello spirito. In una parola, si tratta di stabilire una piena, sempre più piena conformità di pensiero e di vita con la volontà di Dio, che Gesù ci fa chiedere nella preghiera programmatica del cristiano: fiat voluntas tua, sia fatta la tua volontà (Matth. 6, 10), senza ostacoli, senza remore, senza resistenza; come in Cielo così in, terra” (Paolo VI).
Queste parole cosa ti suggeriscono?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Perdona, Signore, i nostri peccati, e nella tua misericordia spezza le catene che ci tengono prigionieri a causa delle nostre colpe, e guidaci alla libertà che Cristo ci ha conquistata. Per il nostro Signore Gesù Cristo...



7 Aprile 2017

Il pensiero del giorno


Oggi Gesù ci dice: “Cantate inni al Signore, lodate il Signore, perché ha liberato la vita del povero dalle mani dei malfattori” (Ger 20,13).


Che cos’è la preghiera di lode?

Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica

556 La lode è la forma di preghiera che più immediatamente riconosce che Dio è Dio. È completamente disinteressata: canta Dio per se stesso e gli rende gloria perché EGLI È.


La preghiera di lode

Da un’Omelia di Papa Francesco (28 Gennaio 2014)

«La preghiera di lode è una preghiera cristiana per tutti noi. Nella messa, tutti i giorni, quando cantiamo ripetendo “Santo, Santo...”, questa è una preghiera di lode, lodiamo Dio per la sua grandezza perché è grande. E gli diciamo cose belle, perché a noi piace che sia così … Non chiediamo, non ringraziamo. Lodiamo: tu sei grande. “Gloria al Padre, al Figlio allo Spirito santo...”. Con tutto il cuore diciamo questo. È un atto anche di giustizia, perché lui è grande, è il nostro Dio. Pensiamo a una bella domanda che noi possiamo farci oggi: “Come va la mia preghiera di lode? Io so lodare il Signore? O quando prego il Gloria o il Sanctus lo faccio soltanto con la bocca e non con tutto il cuore? Cosa mi dice Davide danzando? e Sara che balla di gioia? Quando Davide entra in città, incomincia un’altra cosa: una festa. La gioia della lode ci porta alla gioia della festa».  

La preghiera di lode

2639 La lode è la forma di preghiera che più immediatamente riconosce che Dio è Dio! Lo canta per se stesso, gli rende gloria perché EGLI È, a prescindere da ciò che fa. È una partecipazione alla beatitudine dei cuori puri, che amano Dio nella fede prima di vederlo nella gloria. Per suo mezzo, lo Spirito si unisce al nostro spirito per testimoniare che siamo figli di Dio, rende testimonianza al Figlio unigenito nel quale siamo adottati e per mezzo del quale glorifichiamo il Padre. La lode integra le altre forme di preghiera e le porta verso colui che ne è la sorgente e il termine: «un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui» (1Cor 8,6).

2640 San Luca annota spesso nel suo Vangelo l’ammirazione e la lode davanti alle meraviglie operate da Cristo; le sottolinea anche per le azioni dello Spirito Santo che sono negli Atti degli Apostoli: la vita della comunità di Gerusalemme, la guarigione dello storpio operata da Pietro e Giovanni, l’esultanza della folla che glorifica Dio per l’accaduto, la gioia dei pagani di Pisidia che «si rallegravano e glorificavano la parola di Dio» (At 13,48).

2641 «Siate ricolmi dello Spirito intrattenendovi a vicenda con salmi, inni, cantici spirituali, cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore» (Ef 5,19). Come gli scrittori ispirati del Nuovo Testamento, le prime comunità cristiane rileggono il libro dei Salmi cantando in essi il mistero di Cristo. Nella novità dello Spirito, esse compongono anche inni e cantici ispirandosi all’evento inaudito che Dio ha realizzato nel Figlio suo: la sua incarnazione, la sua morte vincitrice della morte, la sua risurrezione, la sua ascensione alla propria destra. È da questa « meraviglia » di tutta l’Economia della salvezza che sale la dossologia, la lode di Dio.

2642 La rivelazione delle «cose che devono presto accadere», l’Apocalisse, poggia sui cantici della liturgia celeste, ma anche sull’intercessione dei «testimoni» (martiri). I profeti e i santi, tutti coloro che furono uccisi sulla terra per la testimonianza da loro data a Gesù, l’immensa folla di coloro che, venuti dalla grande tribolazione, ci hanno preceduto nel Regno, cantano la lode di gloria di colui che siede sul trono e dell’Agnello. In comunione con loro, anche la Chiesa terrestre canta questi cantici, nella fede e nella prova. La fede, nella domanda e nell’intercessione, spera contro ogni speranza e rende grazie al Padre della luce, dal quale discende ogni dono perfetto. La fede è così una pura lode.

2643 L’Eucaristia contiene ed esprime tutte le forme di preghiera: è «l’oblazione pura» di tutto il corpo di Cristo a gloria del suo nome. Secondo le tradizioni d’Oriente e d’Occidente, essa è « il sacrificio di lode ».


San Francesco d’Assisi: Temete e onorate, lodate e benedite, 
ringraziate il Signore, 
Dio onnipotente nella Trinità e nell’Unità, 
Padre e Figlio e Spirito Santo,
creatore di tutte le cose.


Siamo arrivati al termine. E possiamo mettere a fuoco:
* La gioia della lode ci porta alla gioia della festa.
e ancora: ** Siate ricolmi dello Spirito intrattenendovi a vicenda con salmi, inni, cantici spirituali, cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore.
Queste parole cosa ti suggeriscono?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Perdona, Signore, i nostri peccati, e nella tua misericordia spezza le catene che ci tengono prigionieri a causa delle nostre colpe, e guidaci alla libertà che Cristo ci ha conquistata. Per il nostro Signore Gesù Cristo...