6 Aprile 2017

Il pensiero del giorno


Oggi Gesù ci dice: “Oggi non indurite il vostro cuore, ma ascoltate la voce del Signore” (Sal 94,8).


Gesù, Parola di Dio

Dei Verbum

Cap. I, 4. Dopo aver a più riprese e in più modi, parlato per mezzo dei profeti, Dio «alla fine, nei giorni nostri, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,1-2). Mandò infatti suo Figlio, cioè il Verbo eterno, che illumina tutti gli uomini, affinché dimorasse tra gli uomini e spiegasse loro i segreti di Dio (cfr. Gv 1,1-18). Gesù Cristo dunque, Verbo fatto carne, mandato come «uomo agli uomini», « parla le parole di Dio » (Gv 3,34) e porta a compimento l’opera di salvezza affidatagli dal Padre (cfr. Gv 5,36; 17,4). Perciò egli, vedendo il quale si vede anche il Padre (cfr. Gv 14,9), col fatto stesso della sua presenza e con la manifestazione che fa di sé con le parole e con le opere, con i segni e con i miracoli, e specialmente con la sua morte e la sua risurrezione di tra i morti, e infine con l’invio dello Spirito di verità, compie e completa la Rivelazione e la corrobora con la testimonianza divina, che cioè Dio è con noi per liberarci dalle tenebre del peccato e della morte e risuscitarci per la vita eterna. L’economia cristiana dunque, in quanto è l’Alleanza nuova e definitiva, non passerà mai, e non è da aspettarsi alcun’altra Rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo (cfr. 1Tm 6,14 e Tt 2,13).


Impegno: ascoltare Gesù

Benedetto XVI, Angelus / Gennaio 2007

C’è una stretta correlazione tra il Battesimo di Cristo ed il nostro Battesimo. Al Giordano si aprirono i cieli (cfr. Lc 3,21) ad indicare che il Salvatore ci ha dischiuso la via della salvezza e noi possiamo percorrerla grazie proprio alla nuova nascita “da acqua e da Spirito” (Gv 3,5) che si realizza nel Battesimo. In esso noi siamo inseriti nel Corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa, moriamo e risorgiamo con Lui, ci rivestiamo di Lui, come a più riprese sottolinea l’apostolo Paolo (cfr. 1Cor 12,13; Rm 6,3-5; Gal 3,27). L’impegno che scaturisce dal Battesimo è pertanto quello di “ascoltare” Gesù: credere cioè in Lui e seguirlo docilmente facendo la sua volontà, la volontà di Dio. È in questo modo che ciascuno può tendere alla santità, una meta che, come ha ricordato il Concilio Vaticano II, costituisce la vocazione di tutti i battezzati. Ci aiuti Maria, la Madre del Figlio prediletto di Dio, ad essere sempre fedeli al nostro Battesimo.


Ascoltare la Parola di Dio

Catechismo della Chiesa Cattolica

2656. Si entra nella preghiera come si entra nella Liturgia: per la porta stretta della fede. Attraverso i segni della sua Presenza, è il Volto del Signore che cerchiamo e desideriamo, è la sua Parola che vogliamo ascoltare e custodire.

2716. La preghiera contemplativa è ascolto della Parola di Dio. Lungi dall’essere passivo, questo ascolto s’identifica con l’obbedienza della fede, incondizionata accoglienza del servo e adesione piena d’amore del figlio. Partecipa al “sì” del Figlio fattosi Servo e al “fiat” della sua umile serva.

2724. L’orazione contemplativa è l’espressione semplice del mistero della preghiera. Uno sguardo di fede fissato su Gesù, un ascolto della Parola di Dio, un silenzioso amore. Realizza l’unione alla preghiera di Cristo nella misura in cui ci fa partecipare al suo Mistero.

Ascoltare Gesù che ci insegna a pregare

Catechismo della Chiesa Cattolica

2598 L’evento della preghiera ci viene pienamente rivelato nel Verbo che si è fatto carne e dimora in mezzo a noi. Cercare di comprendere la sua preghiera, attraverso ciò che i suoi testimoni ci dicono di essa nel Vangelo, è avvicinarci al Santo Signore Gesù come al roveto ardente: dapprima contemplarlo mentre prega, poi ascoltare come ci insegna a pregare, infine conoscere come egli esaudisce la nostra preghiera.


Siamo arrivati al termine. E possiamo mettere a fuoco:
* Dio «alla fine, nei giorni nostri, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,1-2).
e ancora: ** L’impegno che scaturisce dal Battesimo è pertanto quello di “ascoltare” Gesù: credere cioè in Lui e seguirlo docilmente facendo la sua volontà, la volontà di Dio.  
Queste parole cosa ti suggeriscono?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Assisti e proteggi sempre, Padre buono, questa tua famiglia che ha posto in te ogni speranza, perché liberata dalla corruzione del peccato resti fedele all’impegno del Battesimo, e ottenga in premio l’eredità promessa. Per il nostro Signore Gesù Cristo...


5 Aprile 2017

Il pensiero del giorno


Oggi Gesù ci dice: “Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato” (8,42). 

 La vita dell’uomo - conoscere e amare Dio

Catechismo della Chiesa Cattolica

1 Dio, infinitamente perfetto e beato in se stesso, per un disegno di pura bontà, ha liberamente creato l’uomo per renderlo partecipe della sua vita beata. Per questo, in ogni tempo e in ogni luogo, egli è vicino all’uomo. Lo chiama e lo aiuta a cercarlo, a conoscerlo, e ad amarlo con tutte le forze. Convoca tutti gli uomini, che il peccato ha disperso, nell’unità della sua famiglia, la Chiesa. Per fare ciò, nella pienezza dei tempi ha mandato il Figlio suo come Redentore e Salvatore. In lui e mediante lui, Dio chiama gli uomini a diventare, nello Spirito Santo, suoi figli adottivi e perciò eredi della sua vita beata.

Il Padre

Catechismo degli Adulti

328 Gesù, pur nella continuità con l’Antico Testamento, ci dà un’immagine di Dio assolutamente nuova. Egli solo conosce il Padre nella sua identità più vera; egli solo lo può rivelare. Lo scopo supremo della sua missione è far conoscere agli uomini il suo nome, glorificarlo.

329  Attraverso di lui il Padre si manifesta come amore senza limiti. Ama non solo i giusti, i sofferenti e gli oppressi, ma anche i peccatori, gli oppressori e i bestemmiatori, perfino i crocifissori del suo Figlio. Li ama così come sono. Prende su di sé il peso dei loro peccati. Dà quanto ha di più caro, per salvarli: «Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5,8).

330  Gesù stesso riceve tutto dal Padre, anche ciò che gli appartiene più intimamente, le opere che compie, l’amore per i fratelli, la vita stessa: «Chi ha visto me ha visto il Padre... Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me» (Gv 14,9-11). Il Figlio viene dal Padre e va al Padre; e tutto in lui viene dal Padre come dono e torna incessantemente al Padre come lode, gratitudine o obbedienza. Chi accoglie Gesù partecipa alla sua vita filiale e riceve in sé lo Spirito che gli fa gridare: «Abbà, Padre!» (Rm 8,15). Allora conosce Dio in modo nuovo.

331 Il nome “Padre”, attribuito a Dio già nell’Antico Testamento, assume un significato ben più profondo, per il fatto che Dio si rivela nel Figlio unigenito e comunica agli uomini lo Spirito del suo Figlio. Con questo nuovo significato diventa il nome definitivo: «Il nome che conviene propriamente a Dio è quello di “Padre” piuttosto che di “Dio”... Dire “Dio” significa indicare il dominatore di tutte le cose; dire “Padre” significa invece raggiungere una proprietà intima... “Padre” è dunque in certo modo il nome più vero di Dio, il suo nome proprio per eccellenza».

332  Il termine “Padre” è analogico; indica il principio da cui il Figlio riceve tutto ciò che è e fa. In realtà Dio si colloca al di là delle differenze di sesso e riunisce in sé i valori della paternità e della maternità. È il Padre materno, autorità che responsabilizza e tenerezza accogliente. È comunque un soggetto personale, che pone davanti a sé altre persone e non un tutto indefinito, immergendosi nel quale ognuno perde la propria identità.

Padre!

Catechismo della Chiesa Cattolica

2779 Prima di fare nostro questo slancio iniziale della Preghiera del Signore, non è superfluo purificare umilmente il nostro cuore da certe false immagini di “questo mondo”. L’umiltà ci fa riconoscere che “nessuno conosce il Padre, se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare”, cioè “ai piccoli” (Mt 11,25-27). La purificazione del cuore concerne le immagini paterne e materne, quali si sono configurate nella nostra storia personale e culturale, e che influiscono sulla nostra relazione con Dio. Dio, nostro Padre, trascende le categorie del mondo creato. Trasporre su di lui, o contro di lui, le nostre idee in questo campo, equivarrebbe a fabbricare idoli da adorare o da abbattere. Pregare il Padre è entrare nel suo mistero, quale egli è, e quale il Figlio ce lo ha rivelato: "L’espressione Dio-Padre non era mai stata rivelata a nessuno. Quando lo stesso Mosè chiese a Dio chi fosse, si sentì rispondere un altro nome. A noi questo nome è stato rivelato nel Figlio: questo nome, infatti, implica il nuovo nome di Padre" [Tertulliano, De oratione, 3].

2780 Possiamo invocare Dio come “Padre” perché ci è rivelato dal Figlio suo fatto uomo e perché il suo Spirito ce lo fa conoscere. Ciò che l’uomo non può concepire, né le potenze angeliche intravvedere, cioè la relazione personale del Figlio nei confronti del Padre, [Cf Gv 1,1] ecco che lo Spirito del Figlio lo comunica a noi, a noi che crediamo che Gesù è il Cristo e che siamo nati da Dio [Cf 1Gv 5,1].

2781 Quando preghiamo il Padre, siamo in comunione con lui e con il Figlio suo Gesù Cristo [Cf 1Gv 1,3]. È allora che lo conosciamo e lo riconosciamo in uno stupore sempre nuovo. La prima parola della Preghiera del Signore è una benedizione di adorazione, prima di essere un’implorazione. Questa è infatti la Gloria di Dio: che noi lo riconosciamo come “Padre”, Dio vero. Gli rendiamo grazie per averci rivelato il suo Nome, di averci fatto il dono di credere in esso e di essere inabitati dalla sua Presenza.

2782 Possiamo adorare il Padre perché egli ci ha fatti rinascere alla sua vita adottandoci come suoi figli nel suo Figlio unigenito: per mezzo del Battesimo, ci incorpora al Corpo del suo Cristo, e, per mezzo dell’Unzione del suo Spirito che scende dal Capo nelle membra, fa di noi dei “cristi” (unti): In realtà, Dio che ci ha predestinati all’adozione di figli, ci ha resi conformi al Corpo glorioso di Cristo. Ormai divenuti partecipi di Cristo, siete naturalmente chiamati “cristi” [San Cirillo di Gerusalemme, Catecheses mistagogicae, 3,1: PG 33, 1088A]. L’uomo nuovo, che è rinato e restituito, mediante la grazia, al suo Dio, dice innanzitutto: “Padre”, perché è diventato figlio [San Cipriano di Cartagine, De oratione dominica, 9: PL 4, 525A].


Giovanni Damasceno (Esposizione delle fede ortodossa 1,14)

Esiste una reciproca coesistenza e compenetrazione fra le persone divine (esse, infatti, non possono essere separate né divise poiché si fondono l’una con l’altra, senza però confondersi; non come, cioè, se fossero mischiate e confuse, ma strettamente legate insieme). Il Figlio, infatti, è nel Padre e nello Spirito Santo; lo Spirito, analogamente, nel Padre e nel Figlio; il Padre, infine, nel Figlio e nello Spirito Santo: il tutto in modo che non si verifichi alcuna mescolanza o confusione.

Siamo arrivati al termine. E possiamo mettere a fuoco:
*  Dio ha liberamente creato l’uomo per renderlo partecipe della sua vita beata;
e ancora: ** Questa è infatti la Gloria di Dio: che noi lo riconosciamo come “Padre”, Dio vero.
Queste parole cosa ti suggeriscono?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Risplenda la tua luce, Dio misericordioso, sui tuoi figli purificati dalla penitenza; tu che ci hai ispirato la volontà di servirti, porta a compimento l’opera da te iniziata. Per il nostro Signore Gesù Cristo... 

4 Aprile 2017

Il pensiero del giorno


Oggi Gesù ci dice: “Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono” (Gv 8,28).


Il Nome divino

Catechismo della Chiesa Cattolica

CCC 211: Il Nome divino «Io sono» o «Egli è» esprime la fedeltà di Dio il quale, malgrado l’infedeltà del peccato degli uomini e il castigo che merita, «conserva il suo favore per mille generazioni» (Es 34,7). Dio rivela di essere «ricco di misericordia» (Ef 2,4) arrivando a dare il suo Figlio. Gesù, donando la vita per liberarci dal peccato, rivelerà che anch’egli porta il Nome divino: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora saprete che “Io sono”» (Gv 8,28).

Vero Dio Vero uomo

CCC 464: L’evento unico e del tutto singolare dell’Incarnazione del Figlio di Dio non significa che Gesù Cristo sia in parte Dio e in parte uomo, né che sia il risultato di una confusa mescolanza di divino e di umano. Egli si è fatto veramente uomo rimanendo veramente Dio. Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo. La Chiesa nel corso dei primi secoli ha dovuto difendere e chiarire questa verità di fede contro eresie che la falsificavano.

CCC 469: La Chiesa così confessa che Gesù è inscindibilmente vero Dio e vero uomo. Egli è veramente il Figlio di Dio che si è fatto uomo, nostro fratello, senza con ciò cessare d’essere Dio, nostro Signore.

CCC 653: La verità della divinità di Gesù è confermata dalla sua Risurrezione. Egli aveva detto: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora saprete che Io Sono» (Gv 8,28). La Risurrezione del Crocifisso dimostrò che egli era veramente «Io Sono», il Figlio di Dio e Dio egli stesso. San Paolo ha potuto dichiarare ai Giudei: «La promessa fatta ai nostri padri si è compiuta, poiché Dio l’ha attuata per noi… risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel Salmo secondo: Mio Figlio sei tu, oggi ti ho generato» (At 13,32-33). La Risurrezione di Cristo è strettamente legata al Mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio. Ne è il compimento secondo il disegno eterno di Dio.

CCC 1693 Cristo Gesù ha sempre fatto ciò che era gradito al Padre. Egli ha sempre vissuto in perfetta comunione con lui. Allo stesso modo i suoi discepoli sono invitati a vivere sotto lo sguardo del Padre «che vede nel segreto» (Mt 6,6) per diventare «perfetti come è perfetto il Padre [...] celeste» (Mt 5,47).

CCC 2824: È in Cristo e mediante la sua volontà umana che la Volontà del Padre è stata compiuta perfettamente e una volta per tutte. Gesù, entrando in questo mondo, ha detto: «Ecco, Io vengo, […] per fare, o Dio, la tua Volontà» (Eb 10,7). Solo Gesù può affermare: “«Io faccio sempre le cose che Gli sono gradite» (Gv 8,29). Nella preghiera della sua agonia, egli acconsente totalmente alla Volontà del Padre: «Non sia fatta la mia, ma la tua volontà!» (Lc 22,42). Ecco perché Gesù «ha dato se stesso per i nostri peccati [...] secondo la Volontà di Dio» (Gal 1,4). «È appunto per quella Volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell’offerta del Corpo di Gesù Cristo» (Eb 10,10).


Chi è Dio?

Giovanni Paolo II (Omelia, 9 Maggio 1993)

Chi è Dio? La risposta a questo interrogativo è senz’altro prioritaria e fondamentale per la vita dell’uomo. Le risposte alle domande: “Esiste Dio?” e “Chi è Dio?” si possono trovare in sovrabbondanza nella Buona Novella enunciata da Cristo. “Il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Gv 1, 18). Egli ci ha rivelato Dio nella sua gloria infinita. Pur rimanendo per noi esseri umani sempre un mistero, questo Dio – Padre, Figlio e Spirito Santo – ci permette di chiamarlo per nome. Già nell’Antica Alleanza fu rivelato il suo Nome agli uomini: Jahvè, “Colui che è”. Nella rivelazione evangelica questo Nome di Dio, senza perdere l’identità primordiale, è stato in certo senso ulteriormente aperto all’intelligenza dell’uomo: “Colui che è”, è Padre, Figlio e Spirito Santo. Ai credenti è stato dato così di conoscere mediante la fede l’unità imperscrutabile della Trinità.
Al tempo stesso, questo Dio infinito e misterioso nel suo Unigenito Figlio si è avvicinato all’uomo in modo ineffabile: in Lui, Verbo fatto carne, Dio è diventato uomo. Per questo ora l’uomo può vedere Dio: “Chi ha visto me ha visto il Padre” (Gv 14, 9). Ma Dio ha fatto ancora di più: Cristo, il Figlio di Dio, è venuto in mezzo agli uomini come Via al Padre. Egli stesso, che proviene dal Padre e ritorna al Padre mediante la sua croce e la sua risurrezione, diventa per tutti noi la Via. Attraverso di Lui, anche noi “andiamo” al Padre: per Cristo nello Spirito Santo. Mediante Lui possiamo partecipare alla pienezza della Verità e della Vita propria di Dio: Jahvè, cioè “Colui che è” è appunto questa assoluta Pienezza divina, che in Cristo ci viene partecipata. “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv 14, 6), dice Gesù. In Lui la vita umana ritrova il suo fine ultimo in Dio, che si manifesta quale “dimora” eterna per l’uomo, la cui esistenza sulla terra è come un pellegrinaggio in cerca dell’Assoluto. “Nella casa del Padre mio vi sono molti posti” (Gv 14, 2): dunque sono molti coloro che vi abiteranno. Agli interrogativi e alle difficoltà dell’umana intelligenza, che davanti a questa affermazione si domanda come ciò sarà possibile, Gesù risponde: “Se no, ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto...” (Gv 14, 2). Siamo così condotti al vertice della nostra fede e della nostra speranza: l’attività messianica di Cristo, che annuncia il Vangelo del Regno e realizza il mistero pasquale, costituisce un’unica preparazione alla definitiva comunione con Dio. Mediante tale missione salvifica, il Figlio ci prepara un posto nella casa del Padre. Siamo dunque tutti dei “chiamati”, siamo cioè invitati ad abitare nelle dimore eterne, a partecipare e godere di quella pienezza della Verità e della Vita che è Dio stesso.


Siamo arrivati al termine. E possiamo mettere a fuoco:
* La verità della divinità di Gesù è confermata dalla sua Risurrezione;
e ancora: ** Chi è Dio? La risposta a questo interrogativo è senz’altro prioritaria e fondamentale per la vita dell’uomo.  
Queste parole cosa ti suggeriscono?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Il tuo aiuto, Dio onnipotente, ci renda perseveranti nel tuo servizio, perché anche nel nostro tempo la tua Chiesa si accresca di nuovi membri e si rinnovi sempre nello spirito. Per il nostro Signore Gesù Cristo...


3 Aprile 2017

Il pensiero del giorno



Oggi Gesù ci dice: “Io non godo della morte del malvagio, dice il Signore, ma che si converta dalla sua malvagità e viva” (Ez 33,11).

Israele, popolo dalla dura cervice, demoralizzato a motivo delle sue innumerevoli trasgressioni, si dichiara oppresso dal peso dei suoi peccati e incapace di sottrarvisi. Israele non vede una via d’uscita dalla sua penosa condizione. Il profeta Ezechiele afferma invece la possibilità di una conversione e la gioia di ritornare tra le braccia del Padre, e così gustare il suo perdono e la sua misericordia.


Catechismo della Chiesa Cattolica

Non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori

545: Gesù invita i peccatori alla mensa del Regno: “Non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mc 2,17) [Cf 1Tm 1,15]. Li invita alla conversione, senza la quale non si può entrare nel Regno, ma nelle parole e nelle azioni mostra loro l’infinita misericordia del Padre suo per loro [Cf Lc 15,11-32] e l’immensa “gioia” che si fa “in cielo per un peccatore convertito” (Lc 15,7). La prova suprema di tale amore sarà il sacrificio della propria vita “in remissione dei peccati” (Mt 26,28).

1443: Durante la sua vita pubblica, Gesù non ha soltanto perdonato i peccati; ha pure manifestato l’effetto di questo perdono: egli ha reintegrato i peccatori perdonati nella comunità del Popolo di Dio, dalla quale il peccato li aveva allontanati o persino esclusi. Un segno chiaro di ciò è il fatto che Gesù ammette i peccatori alla sua tavola; più ancora, egli stesso siede alla loro mensa, gesto che esprime in modo sconvolgente il perdono di Dio [Cf Lc 15] e, nello stesso tempo, il ritorno in seno al Popolo di Dio [Cf  Lc 19,9].

1846: Il Vangelo è la rivelazione, in Gesù Cristo, della misericordia di Dio verso i peccatori [Cf Lc 15]. L’angelo lo annunzia a Giuseppe: “Tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1,21). La stessa cosa si può dire dell’Eucaristia, sacramento della Redenzione: “Questo è il mio sangue dell’Alleanza, versato per molti in remissione dei peccati” (Mt 26,28).


Un cuore puro: Benedetto XVI (Da una Omelia, 25 Marzo 2012): “Crea in me, Signore, un cuore puro” (Sal 50,12) ... Questa esclamazione mostra la profondità con la quale dobbiamo prepararci per celebrare, la prossima settimana, il grande mistero della passione, morte e risurrezione del Signore. Questo ci aiuta anche a guardare nel profondo del cuore umano, specialmente nei momenti che uniscono dolore e speranza ... L’anelito di un cuore puro, sincero, umile, gradito a Dio, era già molto sentito da Israele, man mano che prendeva coscienza della persistenza del male e del peccato nel suo seno, come un potere praticamente implacabile ed impossibile da superare. Non restava che confidare nella misericordia di Dio onnipotente e nella speranza che Egli cambiasse dal di dentro, dal cuore, una situazione insopportabile, oscura e senza futuro. Così si aprì la strada al ricorso alla misericordia infinita del Signore, che non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva (cfr. Ez 33,11). Un cuore puro, un cuore nuovo, è quello che si riconosce impotente da sé stesso e si mette nelle mani di Dio per continuare a sperare nelle sue promesse. In questo modo, il salmista può dire convinto al Signore: “torneranno a te i peccatori” (Sal 50,15). E, verso la fine del salmo, darà una spiegazione che è contemporaneamente una ferma confessione di fede: “Un cuore affranto e umiliato, tu non lo disprezzi” (v. 19).


Catechismo Tridentino

239. Si deve sovente inculcare la dottrina intorno alla Penitenza

Essendo notissime la debolezza e fragilità della natura umana, come ciascuno può facilmente sperimentare in se stesso, nessuno può disconoscere la grande necessità del sacramento della Penitenza. Che se lo zelo dei Pastori si deve misurare dall’importanza della materia da loro trattata, bisogna concludere che essi non saranno mai abbastanza zelanti nello spiegare questo argomento. Anzi, con tanto maggior diligenza si dovrà trattare di questo in confronto col Battesimo, in quanto il Battesimo si somministra una sola volta, né si può reiterare; mentre la Penitenza si può ricevere ed è necessario riceverla ogni volta che ci avvenga di ricadere nel peccato dopo il Battesimo. Perciò il concilio di Trento ha detto che il sacramento della Penitenza è cosi necessario per la salvezza di coloro che sono caduti in peccato dopo il Battesimo, come questo è necessario a quelli che non sono ancora rigenerati alla fede (Sess. 14, cap. 2). San Girolamo ha scritto quella notissima sentenza, approvata pienamente da quelli che hanno scritto di questo argomento sacro dopo di lui, che la Penitenza è la seconda tavola di salvezza (In Is 3,8). Come, infranta la nave, rimane una sola via di scampo, quella cioè di aggrapparsi a una tavola scampata al naufragio, cosi un volta perduta l’innocenza battesimale, se non si ricorre alla tavola della Penitenza, non v’è speranza di salvezza.
Queste considerazioni si rivolgono non solo ai Pastori ma a tutti i fedeli, affinché in materia cosi necessaria non pecchino di negligenza. Convinti dell’umana fragilità, il loro primo e più ardente desiderio sia di camminare nella via di Dio, col soccorso della sua grazia, senza inciampi né cadute. Ma se inciampassero, considerando subito la somma benignità di Dio, che da buon Pastore cura le ferite delle sue pecorelle e le risana (Ez 34,16), ricorreranno senza indugio a questa saluberrima medicina della Penitenza.


Siamo arrivati al termine. E possiamo mettere a fuoco:
* Non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori;
e ancora: ** Crea in me, Signore, un cuore puro.
Queste parole cosa ti suggeriscono?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, Padre buono e grande nel perdono, accogli nell’abbraccio del tuo amore, tutti i figli che tornano a te con animo pentito; ricoprili delle splendide vesti di salvezza, perché possano gustare la tua gioia nella cena pasquale dell’Agnello. Egli è Dio...


2 Aprile 2017

Il pensiero del giorno


Oggi Gesù ci dice: “Io sono la resurrezione e la vita, chi crede in me non morirà in eterno” (Cf Gv 11,25a.26).

Queste parole di Gesù le troviamo nel Vangelo secondo Giovanni, nel racconto della risurrezione di Lazzaro. Il brano della risurrezione di Lazzaro esplicita uno degli aspetti fondamentali della cristologia giovannea. Il miracolo manifesterà ai Giudei la gloria di Dio, ma, allo stesso tempo, spianerà la strada ai nemici del Cristo: proprio a motivo della risurrezione di Lazzaro decideranno di uccidere Gesù.


Compendio Catechismo della Chiesa Cattolica

131. La Risurrezione è il culmine dell’Incarnazione. Essa conferma la divinità di Cristo, come pure tutto ciò che Egli ha fatto e insegnato, e realizza tutte le promesse divine in nostro favore. Inoltre, il Risorto, vincitore del peccato e della morte, è il principio della nostra giustificazione e della nostra Risurrezione: fin d’ora ci procura la grazia dell’adozione filiale, che è reale partecipazione alla sua vita di Figlio unigenito; poi, alla fine dei tempi, egli risusciterà il nostro corpo.

Catechismo degli Adulti

Dalla risurrezione di Gesù alla nostra

1211. La vittoria di Dio si compie per mezzo del Signore Gesù; il giorno di Dio è il «giorno del Signore nostro Gesù Cristo» (1Cor 1,8). La risurrezione dei giusti è un prolungamento della sua, perché «tutti riceveranno la vita in Cristo» (1Cor 15,22). «Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. E se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto a causa del peccato, ma lo Spirito è vita a causa della giustificazione. E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi» (Rm 8,9-11). Gli stessi reprobi, nella misura in cui ne sono capaci, ricevono da Cristo l’energia per vivere e operare, ma in loro tutto è stravolto a causa del peccato: la loro “risurrezione” merita piuttosto il nome di «seconda morte» (Ap 20,14).

1212. Il legame tra la risurrezione di Gesù e la nostra è così stretto, che i primi cristiani ne arguirono, a torto, che avvenuta l’una fosse ormai imminente anche l’altra. Presto si accorsero che il “giorno del Signore” tardava a venire. Ma non si scandalizzarono: «davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo» (2Pt 3,8). Rimase il desiderio che il disegno di Dio si compisse e l’urgenza interiore di cooperare con lui.

Quale corpo?

1213. Sempre il cuore dei credenti rimane proteso verso l’ultima perfezione. Non arriva però a raffigurarla nei suoi lineamenti. Il Nuovo Testamento, pur mettendo la risurrezione al centro della fede, non la descrive mai nelle sue modalità concrete. Alla richiesta esplicita: «Come risuscitano i morti? Con quale corpo?» (1Cor 15,35), l’apostolo Paolo risponde che risuscitano con un corpo identico a quello attuale e nello stesso tempo diverso. Muore il chicco di grano e rinasce come pianticella. Il corpo umano, che ora è debole, corruttibile e gravato di limiti, risorgerà incorruttibile, trasfigurato dalla forza dello Spirito Santo a immagine del Cristo glorioso. La trasformazione sarà profonda, perché «ciò che è corruttibile non può ereditare l’incorruttibilità» (1Cor 15,50); tuttavia sarà proprio questo nostro corpo a rivestire l’immortalità. A motivo dell’identico soggetto personale, esso rimarrà quello di prima, nonostante il profondo cambiamento, come durante la vita terrena rimaneva se stesso nel variare della statura e nella continua sostituzione delle singole cellule.

1214. Sebbene non si possa immaginare la condizione del corpo glorificato, tuttavia dobbiamo ritenere che essa comporti ancora un legame con il mondo materiale, anzi la perfezione definitiva del rapporto con il mondo. L’uomo e il mondo si appartengono reciprocamente; perciò la creazione sarà «liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21).

1216 .A ben riflettere, risurrezione di vita e risurrezione di condanna sembrano coincidere con il giudizio universale, in quanto significano la salvezza e la perdizione dell’uomo nella sua totalità, comprese le dimensioni comunitaria e cosmica. Si tratta di un solo avvenimento, conclusivo della storia umana, l’ora della messe. Il corpo è capacità di presenza agli altri e al mondo; risurrezione dei morti nel proprio corpo significa dunque suprema attuazione di questa capacità di presenza, per i giusti a loro maggiore perfezione e felicità, per i reprobi a loro maggiore umiliazione. Questi si sentiranno lacerati e oppressi in tutta la loro personalità; quelli, nella comunione con Dio e tra loro, dispiegheranno una mirabile creatività, senza più ansia, fatica e lotta. La vittoria di Dio sarà la completa attuazione del suo disegno di amore.

Catechismo Tridentino

Esempi che si ricavano dalla resurrezione di Cristo (Parte Prima, La fede e il suo simbolo)
  
79. Due pertanto sono gli esempi da imitare nella resurrezione di Cristo. L’uno è che, lavate le macchie del peccato, iniziamo un nuovo genere di vita, in cui rifulgano l’integrità dei costumi, l’innocenza, la santità, la modestia, la giustizia, la beneficenza, l’umiltà. L’altro si è il perseverare in questo nuovo genere di vita in modo tale da non uscir mai più, con l’aiuto di Dio, fuori della via di giustizia, nella quale siamo entrati. Giacché le parole dell’Apostolo non significano soltanto che la risurrezione di Cristo è un esempio della nostra; ma dichiarano pure che essa ci offre anche la capacità di risorgere e ci largisce la forza e lo spirito per coltivare la santità, la giustizia, e per osservare i precetti di Dio. Come infatti dalla sua morte prendiamo non solo l’esempio del morire al peccato, ma la virtù per morirvi di fatto, cosi la sua resurrezione ci somministra le forze per conseguire la giustizia, onde poi camminare in devota e santa pietà verso Dio, secondo la novità di quella vita, alla quale siamo risorti. Questo sopratutto ha voluto ottenere il Signore con la sua risurrezione: che noi, già morti con lui al peccato e al mondo, con lui risorgessimo a un genere e a una norma tutta nuova di vita.


Siamo arrivati al termine. E possiamo mettere a fuoco:
* Alla fine dei tempi, Cristo risusciterà il nostro corpo;
e ancora: ** Lavate le macchie del peccato, iniziamo un nuovo genere di vita.
Queste parole cosa ti suggeriscono?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Eterno Padre, la tua gloria è l’uomo vivente; tu che hai manifestato la tua compassione nel pianto di Gesù per l’amico Lazzaro, guarda oggi l’afflizione della Chiesa che piange e prega per i suoi figli morti a causa del peccato, e con la forza del tuo Spirito richiamali alla vita nuova. Per il nostro Signore Gesù Cristo...