14 Ottobre 2025
Martedì XXVIII Settimana T. O.
Rm 1,16-25; Salmo Responsoriale Dal Salmo 18 (19); Lc 11,37-41
Colletta
Ci preceda e ci accompagni sempre la tua grazia, o Signore,
perché, sorretti dal tuo paterno aiuto,
non ci stanchiamo mai di operare il bene.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Allora il Signore gli disse … - Giovanni Paolo II (Udienza Generale 19 Aprile 1989): Gesù Cristo è il Signore, perché possiede la pienezza del potere “nei cieli e sulla terra”. È il potere regale “al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione ... Tutto infatti ha sottomesso ai suoi piedi” (Ef 1, 20-22).
Nello stesso tempo è l’autorità sacerdotale di cui parla ampiamente la lettera agli Ebrei, facendo riferimento al Salmo 110 [109], 4: “Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek” (Eb 5, 6). Questo eterno sacerdozio di Cristo comporta il potere di santificazione sicché Cristo “diviene causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono” (Eb 5, 9). “Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, essendo egli sempre vivo per intercedere a loro favore” (Eb 7, 25). Anche nella lettera ai Romani leggiamo che Cristo “sta alla destra del Padre e intercede per noi” (8,34). E infine, san Giovanni ci rassicura: “Se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto” (1 Gv 2, 1).
Come Signore, Cristo è il capo della Chiesa, che è il suo corpo. È l’idea centrale di san Paolo nel grande affresco cosmico-storico-soteriologico, con cui descrive il contenuto dell’eterno disegno di Dio nei primi capitoli delle lettere agli Efesini e ai Colossesi: “Tutto ha sottomesso ai suoi piedi e lo ha costituito su tutte le cose a capo della Chiesa, la quale è il suo corpo, la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose” (Ef 1, 22). “Perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza” (Col 1, 19): in lui nel quale “abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Col 2, 9).
Gli Atti dicono che Cristo “si è acquistata” la Chiesa “con il suo sangue” (At 20, 28; cf.1 Cor 6, 20). Anche Gesù, quando, andando al Padre, diceva ai discepoli: “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20) in realtà annunciava il mistero di questo Corpo che da lui attinge continuamente le energie vivificanti della Redenzione. E la Redenzione continua a operare come effetto della glorificazione di Cristo.
Prima Lettura: I primi versetti della Lettera ai Romani mettono a fuoco il tema fondamentale di tutta l’epistola: la giustizia salvifica di Dio, che si manifesta nel Vangelo, potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo, prima, come del Greco. Condizione indispensabile per coloro che credono è quindi la fede: Il giusto per fede vivrà. La ragione, la sapienza umana, ha invece ottenebrato la mente e il cuore dell’uomo facendolo precipitare nelle limacciose acque putride delle più avvilenti degradazioni dell’intelligenza, con cui avrebbe potuto conoscere Dio, Essere supremo, onnipotente ed eterno. A motivo del suo peccato l’uomo si pone dinanzi a Dio come oggetto della sua ira, anzi la sua depravazione morale è da considerarsi come una conseguenza del castigo divino.
Vangelo
Date in elemosina, ed ecco, per voi tutto sarà puro.
Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo: Gesù contestando le esteriorità religiose, come le abluzioni prima dei pasti e la distinzione tra cibi puri e impuri, vuole insegnare ai suoi discepoli che niente è profano, se non le azioni cattive che provengono dal cuore malvagio: «Ciò che esce dall’uomo, questo sì contamina l’uomo» (Mc 7,20). Ma bisogna stare attenti che questa libertà non divenga occasione di caduta per i deboli. Badate però che questa vostra libertà non divenga occasione di caduta per i deboli. Se uno infatti vede te, che hai la conoscenza, stare a tavola in un tempio di idoli, la coscienza di quest’uomo debole non sarà forse spinta a mangiare le carni sacrificate agli idoli? Ed ecco, per la tua conoscenza, va in rovina il debole, un fratello per il quale Cristo è morto! Peccando così contro i fratelli e ferendo la loro coscienza debole, voi peccate contro Cristo. Per questo, se un cibo scandalizza il mio fratello, non mangerò mai più carne, per non dare scandalo al mio fratello. (1Cor 8,9-13).
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 11,37-41
In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo.
Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro».
Parola del Signore.
Roberto Osculati (L’evangelo di Luca): Ancora una volta Gesù è invitato ad un banchetto in casa di un fariseo, ma non si lava le mani prima di cominciare il pasto e suscita la meraviglia del devoto. Il maestro approfitta per criticare un lindore esterno delle stoviglie, mentre il cibo contenutovi è frutto di rapine e malvagità, dal momento che l’apparente pietà è accompagnata da una ricchezza ingiusta ed egoista. Essa sarebbe liberata da questa ombra oscura se venisse usata per il soccorso dei poveri. Inoltre lo scrupolo per le forme esteriori fa sì che si paghi la decima dovuta ai sacerdoti anche sulle minuzie, ma che si dimentichi l’esercizio della giustizia verso i poveri e della fedeltà alla parola divina. Esibizioni devote ed omaggi pubblici sono caratteri di una religione che assomiglia piuttosto ad un luogo di putrefazione tenuto nascosto. A queste critiche sono accomunati gli esperti della legge, che impongono agli altri pesi enormi, ma essi stessi non vogliono neppure sfiorarli, edificano monumenti ai profeti uccisi e si dichiarano così eredi dei loro assassini, fingono di possedere la scienza del regno, ma non vi entrano e sono di ostacolo agli altri.
La religione dei presunti devoti è come un prodotto che corrompe la purezza della parola di Dio, distoglie dalla sua vera osservanza, crea una maschera di pietà. È imminente però il tempo in cui tutti i pensieri nascosti saranno portati alia luce, il vero volto di ognuno apparirà senza ambiguità ed inganni e bisognerà guardarsi con cura da una religione ipocrita. La conoscenza di se stessi, ottenuta attraverso un ascolto sincero della parola, il mutamento dei propri criteri di giudizio, l’azione sincera e coerente dovranno essere le caratteristiche del vero discepolo, liberato da ogni sotterfugio devoto.
San Beda considerava queste critiche attuali anche per le autorità cristiane del suo tempo e soggiungeva: “Guai a noi miserabili, ai quali sono passati i vizi dei farisei. Rivaleggiando con arroganza a motivo di una carica, non abbiamo avuto timore di gravare ulteriormente di colpe il breve ed incerto percorso della nostra vita, durante il quale avremmo dovuto piangere umilmente i peccati (Beda Esposizione sull’evangelo di Luca IV,XI).
Date in elemosina quel che c’è dentro - Riccardo Ripoli: Quanta falsità c’è fra le persone. Tutti disponibili a grandi sorrisi, a belle formalità, a saluti con l’inchino, ma poi siamo pieni di ipocrisia. Siamo pronti a sventolare la bandiera dell’amore fraterno, ma dentro pensiamo di ributtare in mare gli immigrati. Siamo pronti a urlare contro la pedofilia, ma non siamo disponibili ad accogliere un bambino vittima di abusi nella nostra casa. Siamo pronti a indignarci dinanzi alle liti familiari che terminano in tragedia, ma ci guardiamo bene dal porgere una spalla su cui piangere alla vicina di casa. Gesù ci chiede di dare in elemosina ciò che abbiamo dentro, ci chiede di donare noi stessi, di dare agli altri quello che siamo realmente, con i nostri pregi e i nostri difetti, senza maschere, senza veli. Abbiamo nel cuore il desiderio di aiutare il nostro prossimo? E allora facciamo, senza tanti se o tanti ma, direttamente o attraverso un’associazione, ma non troviamo alibi che non sappiamo come fare, dove andare, a chi chiedere. Avete nel cuore un tale egoismo da tenere il vostro prossimo lontano dalla porta di casa? Allora manifestatelo senza paura di essere giudicato, perché solo così aprirete il cuore anche alla correzione fraterna. Ma se terrete il bene dentro voi senza manifestarlo, sarà come avere tanto denaro e tenerlo chiuso in banca per tutta la vita per paura di spenderlo e sarà come essere poveri. Se invece terrete il male nel vostro animo, questo vi farà marcire dal di dentro.
Il pericolo permanente dell’ipocrisia - Roberto Tufariello (Ipocrisia in Schede Bibliche Pastorali Vol. IV): L’accusa di ipocrisia, nel NT, equivale alla denuncia di una frattura tra l’esterno e l’interno, di una disarmonia tra il cuore e le labbra; tale frattura o disarmonia non si riduce solo al vizio della simulazione, ma corrisponde a un conflitto che si svolge nell’intimo della persona e che si conclude con un rifiuto decisivo in materia di fede. In questo senso s. Paolo considera «ipocrisia» il fatto che Pietro e i giudeo-cristiani non abbiano voluto sedere a tavola con i cristiani venuti dal paganesimo. Questo contegno infatti, facendo sembrare che la legge sia ancora in vigore, è un allontanamento dalla verità del vangelo, la verità della salvezza mediante la fede (Gal 2,11-14). C’è in Pietro un conflitto tra l’interno e l’esterno, e ne scaturisce un comportamento che, secondo Paolo, è una finzione che si oppone alla verità, Il comportamento dei cristiani deve concordare con la loro coscienza illuminata ( Gal 2,16).
L’episodio inoltre dimostra che se i farisei sono stati l’esempio tipico dell’ipocrisia, questa però è un pericolo permanente anche per i cristiani. Già la tradizione sinottici la estendeva alla folla l’accusa di ipocrisia (Lc 12,56; 13,15), e Giovanni intendeva designare col termine di «giudei» gli increduli di tutti i tempi, ciechi e ipocriti come i capi religiosi di Israele. In particolare, il vangelo di Matteo, con i frequenti richiami all’ipocrisia, vuol mettere in guardia la comunità cristiana da questo comportamento che consiste nel cercare l’approvazione degli uomini e non quella di Dio.
Anche s. Pietro raccomanda ai fedeli di vivere nella semplicità, come neonati, sapendo che l’ipocrisia costituirà per essi una pericolosa tentazione (1Pt 2,1-3).
Per tutta la comunità dei credenti valgono le ammonizioni che l’apostolo Paolo rivolge ai suoi connazionali, i quali possiedono la conoscenza della volontà divina sono orgogliosi della legge e pretendono di esserne maestri press gli altri; ma, non praticando quanto conoscono, cadono nell’ipocrisia: «Ebbene, come mai tu, che insegni agli altri, non insegni a te stesso? Tu che predichi di non rubare, rubi? Tu che proibisci l’adulterio, sei adultero? Tu che detesti gli idoli, ne derubi i templi? Tu che ti glori della legge, offendi Dio trasgredendo la legge?» (Rm 2,21-23). Si tratta di una chiara dissociazione tra il dire e il fare, tra le proprie proclamazioni e la prassi.
Gesù insegna la vera purificazione: “Che cosa ha detto il Salvatore? Egli li ha rimproverati a ragione, dicendo: Ora voi farisei pulite la parte esterna del calice e del piatto, ma questo in è in voi pieno di saccheggio e di malvagità. Sarebbe stato facile per il Signore usare altre parole nella prospettiva di istruire l’ ottuso fariseo, ma ha trovato un’occasione. Collega il proprio insegnamento a quanto era stato prima davanti ai loro occhi. Visto che era il momento di mangiare e di sedere al tavolo, egli prende come semplice paragone il calice e il piatto. Mostra che coloro che servono Dio con sincerità devono essere puri e puliti, e non solo dalle impurità del corpo ma anche da ciò che è nascosto dentro la mente. Gli utensili che servono il tavolo devono essere puliti tanto dalle impurità esterne quanto da quelle interne. Egli dice che colui che ha fatto l’esterno ha fatto anche l’interno. Questo significa che colui che ha creato il corpo ha creato anche l’anima. Dal momento che questi sono entrambi opera del solo Dio, amante della virtù, la loro purificazione deve essere analoga” (Cirillo d’Alessandria, Commento a Luca, omelia 83).
Il Santo del Giorno - 14 Ottobre 2025 -Fabio Arduino: Santa Angadrisma Badessa: Santa Angadrisma visse nel VII secolo nella diocesi di Thérouanne, nella Francia settentrionale. La sua educazione subì il positivo influsso del vescovo Sant’Omero e del cugino San Lamberto di Lione, in quel periodo monaco a Fontanelle. Da essi sostenuta nella vocazione alla vita religiosa, dovette però contrastare l’opposizione di suo padre, che l’aveva promessa in sposa ad un giovane signore, il futuro vescovo di Rouen Sant’Ansberto.
Onde evitare le indesiderate nozze, Angadrisma pregò di poter divenire fisicamente meno attraente, ma la sua preghiera ebbe efetti persino esagerati e si ammalò di lebbra. Ciò le permise almeno di essere libera di ricevere l’abito religioso per mano di Sant’Audoeno. Ma da quel giorno la malattia scomparve miracolosamente di colpo.
La sua vita monacale fu a dir poco esemplare ed in seguito divenne badessa di un convento nei pressi di Beauvais. Parecchi miracoli furono attribuiti alla sua intercessione quando era ancora in vita, tra i quali l’estinzione di un incendio che minacciava il monastero contrastandolo cn l’esposizione delle reliquie del fondatore, Sant’Ebrulfo.
Angadrisma morì più che ottantenne nel 695 circa. Invocata subito come santa, fu annoverata tra i patroni di Beauvais ed invocata contro gli incendi, la siccità e le pubbliche calamità. Ripetutamente traslate a causa della distruzione del convento e poi della Rivoluzione Francese, le sue reliquie riposano oggi nella cattedrale.
Ti supplichiamo, o Padre d’infinita grandezza:
come ci nutri del Corpo e Sangue del tuo Figlio,
così rendici partecipi della natura divina.
Per Cristo nostro Signore.