1 Settembre 2025
Lunedì XXII Settimana T. O.
1Ts 4,13-18; Salmo Responsoriale Dal Salmo 95 (96); Lc 4,16-30
Colletta
Dio onnipotente,
unica fonte di ogni dono perfetto,
infondi nei nostri cuori l’amore per il tuo nome,
accresci la nostra dedizione a te,
fa’ maturare ogni germe di bene
e custodiscilo con vigile cura.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Papa Francesco (Angelus 23 Gennaio 2022): I compaesani di Gesù sono colpiti dalla sua parola. Anche se, annebbiati dai pregiudizi, non gli credono, si accorgono che il suo insegnamento è diverso da quello degli altri maestri (cfr v. 22): intuiscono che in Gesù c’è di più. Che cosa? C’è l’unzione dello Spirito Santo. A volte, capita che le nostre prediche e i nostri insegnamenti rimangono generici, astratti, non toccano l’anima e la vita della gente. E perché? Perché mancano della forza di questo oggi, quello che Gesù “riempie di senso” con la potenza dello Spirito è l’oggi. Oggi ti sta parlando. Sì, a volte si ascoltano conferenze impeccabili, discorsi ben costruiti, che però non smuovono il cuore e così tutto resta come prima. Anche tante omelie – lo dico con rispetto ma con dolore – sono astratte, e invece di svegliare l’anima l’addormentano. Quando i fedeli incominciano a guardare l’orologio – “quando finirà questo?” – addormentano l’anima. La predicazione corre questo rischio: senza l’unzione dello Spirito impoverisce la Parola di Dio, scade nel moralismo o in concetti astratti; presenta il Vangelo con distacco, come se fosse fuori dal tempo, lontano dalla realtà. E questa non è la strada. Ma una parola in cui non pulsa la forza dell’oggi non è degna di Gesù e non aiuta la vita della gente. Per questo chi predica, per favore, è il primo a dover sperimentare l’oggi di Gesù, così da poterlo comunicare nell’oggi degli altri. E se vuole fare lezioni, conferenze, che lo faccia, ma da un’altra parte, non al momento dell’omelia, dove deve dare la Parola così che scuota i cuori.
I Lettura: La parusia non è un finale discontinuo - José Maria Gonzalez-Ruiz (1-2 Tessalonicesi, Commento della Bibbia Liturgica): Paolo parla qui un linguaggio semplice e pieno d’immagini. La ragione è che, siccome il centro della sua predicazione era stato costituito dall’annunzio della parusia di Cristo, i tessalonicesi credettero che si trattasse d’una cosa imminente, d’un avvenimento nel quale non sarebbero più stati coinvolti i membri della comunità che erano morti dopo la partenza di Paolo. Egli stesso non avrebbe potuto assicurare se la parusia fosse un avvenimento prossimo o lontano: «riguardo ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti voi ben sapete che come un ladro di notte, così verrà il giorno del Signore» (1 Ts 5,1).
È vero che lo stesso Paolo si include nel numero di coloro che potrebbero essere presenti al momento della «parusia»; ma a quale generazione cristiana, attraverso i secoli, è stato proibito di credersi alle soglie della fine del mondo? Dopo duemila anni, per quanto vediamo che il giorno del Signore va ritardando, abbiamo ancora il diritto d’immaginare imminente l’avvenimento finale al quale tende tutta la storia, impregnata del regno di Dio per l’azione fecondatrice dell’evangelizzazione.
Perciò - continua Paolo - i fedeli, coscienti dell’insicurezza del momento, saranno sempre vigilanti. uniti a Cristo nella fede, nella speranza e nell’amore. In questo modo, riceveranno la salvezza che Gesù ha loro meritata con la sua morte aperta alla risurrezione (5,1-11).
Fra i consigli che dà a questo riguardo, Paolo insiste sul concetto della «continuità» dell’avvenimento parusiaco. Questo finale della storia che confluisce nella risurrezione non sarà indipendente e discontinuo da quel lavoro lento di gestazione che l’umanità va compiendo col suo sforzo di trasformazione progressiva della materia mediante il lavoro: «vi esortiamo vivamente, fratelli, a correggere gli indisciplinati José...» (5,14).
Salmo Responsoriale: «Il Signore “viene a giudicare la terra”; questo avverrà con la venuta di Cristo, re di giustizia e di pace il quale affermerà la giustizia (Cf. Ps 93). “Viene”, dice il salmista. Ora è venuto il Cristo, il Figlio di Dio incarnatosi nel grembo verginale di Maria. Egli viene continuamente con la sua grazia (Ap 1,8); poi, alla fine del mondo, verrà per il giudizio finale: “Giudicherà il mondo con giustizia e nella sua fedeltà i popoli”. “Nella sua fedeltà”, cioè per dare la risurrezione gloriosa a coloro che lo hanno accolto.
Difficile poter dire la data di composizione del salmo; probabilmente Difficile poter dire la data di composizione del salmo; probabilmente è stato scritto in un tempo di grande compattezza di Israele, poco dopo la costruzione del tempio di Salomone, prima che avvenisse lo scisma delle tribù del nord (1Re 11,26s)» (Padre Paolo Berti).
Vangelo
Mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio... Nessun profeta è bene accetto nella sua patria.
Gesù è Nazaret dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entra nella sinagoga e si alzò a leggere. Ma la sua “sapineza” non suscita accoglienza ma scandalo. I Nazareni lo conoscono da sempre, e così conoscono i suoi parenti, e di conseguenza si sarebbero aspettati meno “cultura”, meno “sapienza”: gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?», i soliti pregiudizi che sbarrano la via della salvezza. Ai Nazareni scettici Gesù risponde che di solito i profeti sono disprezzati dai loro compatrioti mentre riscuotono onori dagli estranei ai quali spesso il Signore li invia, come nel caso della vedova di Serepta e di Naaman il Siro. Questo dire suscita ira, rabbia e soltanto perché impediti dai meno focosi, o forse anche perché soggiogati dalla impossibilitò straordinaria di Gesù, i Nazareni non giungono a macchiarsi dell’uccisione del loro conterraneo che non metterà più piede nella sua patria incredula. Scenderà a Cafarnao e vi prenderà dimora, nella casa di Simone il pescatore.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 4,16-30
In quel tempo, Gesù venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
Parola del Signore.
Questa Scrittura oggi si è adempiuta - Subito dopo aver superato le tentazioni nel deserto (Cf. Lc 4,1-13), Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo. Gesù inizia il suo ministero in Galilea pieno di Spirito Santo, che è il protagonista della intera opera lucana. Non a caso il Libro degli Atti degli Apostoli è stato chiamato il Vangelo dello Spirito Santo.
Nazaret, il villaggio dove Gesù «era cresciuto» (Lc 4,16), non è menzionata né dallo storico Giuseppe Flavio, né nel Talmud. San Girolamo nel V secolo affermava che fosse un viculus ovvero un piccolo villaggio, abitato da un centinaio di persone. A Nazaret l’angelo del Signore aveva annunciato alla vergine Maria la nascita del Figlio dell’Altissimo, il Salvatore del mondo (Cf. Lc 1,32.35).
Gesù, come tutti gli Ebrei, amava frequentare la sinagoga che è l’edificio in cui gli Israeliti si radunavano per pregare, per leggere e per studiare la Legge. Il decano degli anziani, il quale era incaricato della celebrazione, a volte invitava qualcuno dei presenti a predicare. Fu così che Gesù venne invitato a leggere il profeta Isaia.
Il brano che Gesù legge è tratto dal libro di Isaia (61,1ss) dove il profeta, da parte di Dio, annunzia un messaggio di consolazione al popolo d’Israele. Ma in verità il testo isaiano non era scritto sul rotolo perche è frutto del lavoro redazionale di Luca che ha fuso insieme Is 61,1-2 e 58,6.
Lo Spirito del Signore ... mi ha mandato... a proclamare l’anno di grazia del Signore. Il giubileo, prescritto ogni cinquanta anni (Cf. Lv 25,10), era stato istituito per donare la libertà agli schiavi e la restituzione dei beni patrimoniali.
L’anno di grazia, «con cui termina questa profezia, non è altro che il tempo di perdono che Dio accorda a quanti gli si accostano con sentimenti di umiltà e di povertà, il tempo della pace, nel senso più vasto del termine: la pace di Dio, intesa come suo dono amoroso; la pace di Dio, intesa come bene atteso dall’alto; la pace con Dio, intesa come riconciliazione col suo amore» (Carlo Ghidelli).
Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato. In Gesù questa Scrittura si compie perfettamente, ma in una dimensione molto più ampia in quanto raggiunge l’uomo nella sua totalità. I destinatari di questa Buona Novella sono i poveri, cioè gli umili, i deboli, i piccoli e i contriti di cuore che da sempre, per la loro obbedienza alla volontà di Dio, hanno attirato sulla terra lo sguardo benevolo del Padre fino a costringerlo amorevolmente a mandare il Verbo, la cui «incarnazione costituisce l’attestato più eloquente della sua premura nei confronti degli uomini» (Teodereto di Ciro).
In Gesù di Nazaret il Padre compie il suo progetto di salvezza e il suo compimento non è una resa di conti, ma è gioia, festa: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza» (Ne 8,10). Il Vangelo, che sostanzialmente è una buona notizia, quando è veramente compreso, rallegra il cuore di chi lo accoglie, e porta a condividere questa gioia: chi è contento desidera che anche gli altri lo siano.
La profezia si è compiuta in Gesù e la sua stessa presenza rappresenta «l’oggi della salvezza, il compimento della Scrittura appena letta. Gesù con la sua parola non annunziava soltanto, ma attuava la salvezza divina, contenuta nelle promesse profetiche ... La parola di Gesù diventa evento salvifico, vivo, attuale» (Angelico Poppi). Quella di Gesù è un’affermazione che dovrebbe far sognare ad occhi aperti tutti gli uomini: un sogno che diventerà realtà quando finalmente l’umanità, varcata la soglia della vita terrena, per essa si spalancheranno per sempre le porte della casa del Padre.
Gesù di Nazaret - Basilio Caballero (La Parola per Ogni Giorno): Gli abitanti di Nazaret conoscevano fin troppo bene Gesù, che era cresciuto tra di loro, per credere che il figlio di Maria e di Giuseppe il falegname fosse stato unto dallo Spirito di Dio come il messia atteso per secoli. Il suo nome di sempre, quello che ripeteranno gli apostoli nei loro discorsi dopo la pentecoste, fu, è e sarà «Gesù di Nazaret»: un figlio del popolo, situato in un tempo e in uno spazio concreti.
Gesù di Nazaret: Dio fatto uomo. Questo è il Cristo della nostra fede. Non crediamo in un mito, tanto meno in un’idea o un’ideologia, ma in Gesù Cristo, Figlio di Dio e suo Messia, che visse in un contesto storico e sociologico, radicato in una famiglia di Nazaret, che rappresenta tutta l’umanità.
Se, come gli abitanti di Nazaret e i giudei contemporanei di Cristo, non siamo capaci di superare lo «scandalo» dell’incarnazione di Dio nella natura umana, riassunto in queste tre parole «Gesù di Nazaret», vuol dire che non abbiamo capito niente del mistero personale di Cristo. Egli è meta e culmine della rivelazione biblica di Dio e del suo piano di salvezza per l’uomo.
«Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi». Eterno «oggi» di Dio che è la sua ultima parola, invito alla fede e pietra d’inciampo per chi non l’accetta. «Oggi » di salvezza, invece, per chi con gli apostoli esclama per bocca di Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6,68).
Gesù proclama un vangelo di liberazione per il presente. Per questo il cristianesimo è fede ancorata alla realtà, che è l’oggi di Dio. Non siamo nostalgici del passato, né la Chiesa è una comunità rivolta verso il passato, neanche nella celebrazione del culto. Perché questo non è memoria morta, ma attualizzazione nella fede dei fatti della salvezza operata da Dio attraverso Gesù Cristo. Dobbiamo vivere con gioia ogni giorno come l’«oggi» eterno di Dio, riscoprendo con la fede la Parola che ci fa nascere ogni giorno per Dio nello Spirito di Cristo risorto.
Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato - Origene , In Luc., 32, 2-6: Anche ora, se lo volete, in questa sinagoga, in questa nostra assemblea gli occhi vostri possono fissare il Salvatore. Quando voi riuscite a rivolgere lo sguardo più profondo del vostro cuore verso la contemplazione della Sapienza, della Verità e del Figlio unico di Dio, allora i vostri occhi vedranno Gesù. Felice assemblea quella di cui la Scrittura testimonia che «gli occhi di tutti erano fissi in lui». Come desidererei che questa nostra assemblea potesse ricevere una simile testimonianza, cioè che tutti voi, catecumeni e fedeli donne, uomini e fanciulli aveste gli occhi, non gli occhi del corpo ma quelli dell’anima, rivolti a guardare Gesù! Quando voi vi volgerete verso di lui, dalla sua luce e dal suo volto i vostri volti saranno fatti più chiari, e potrete dire: “Impressa su di noi è la luce del tuo volto, o Signore" (Sal 4,7), “cui appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen” (1Pt 4,11).
Il santo del giorno - 1 Settembre 2025 - San Giosuè, Patriarca: Il giovane Giosuè fa il suo tirocinio al servizio di Mosè. Accumula esperienza e conoscenza, diventa un uomo pieno dello spirito di saggezza. Per questa sua sapienza e docilità merita di diventare il successore di Mosè, che guiderà il popolo nell’ingresso nella terra promessa. Il passaggio del Giordano più che un’azione bellica è una processione liturgica da lui guidata.
Al centro dell’evento vi è l’Arca trasportata dai sacerdoti. Non appena essi toccano l’acqua, questa si divide per lasciar passare il popolo all’asciutto. Anche la conquista di Gerico viene presentata come un’azione liturgica di cui sono protagonisti i sacerdoti. Per sei giorni essi aprono il corteo intorno alle mura della città. Il settimo giorno compiono il giro per ben 7 volte, e al termine dell’ultimo, al suono delle trombe, le mura crollano. I due episodi sono accomunati da una premessa teologica: la conquista della terra è un dono di Dio, Giosuè ne è lo strumento. (Avvenire)
O Signore, che ci hai saziati con il pane del cielo,
fa’ che questo nutrimento del tuo amore
rafforzi i nostri cuori
e ci spinga a servirti nei nostri fratelli.
Per Cristo nostro Signore.