1 Agosto 2025
Sant’Alfonso Maria De Liguori, Vescovo e Dottore della Chiesa
Lv 25,8-17; Salmo responsoriale Dal Salmo 66 (67); Mt 14,1-12
Colletta
O Dio, che fai sorgere nella tua Chiesa
forme sempre nuove di santità,
fa’ che imitiamo l’ardore apostolico
del santo vescovo Alfonso Maria [de’ Liguori],
per ricevere la sua stessa ricompensa nei cieli.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Benedetto XVI (Udienza Generale 11 Marzo 2011): Insieme alle opere di teologia, sant’Alfonso compose moltissimi altri scritti, destinati alla formazione religiosa del popolo. Lo stile è semplice e piacevole. Lette e tradotte in numerose lingue, le opere di sant’Alfonso hanno contribuito a plasmare la spiritualità popolare degli ultimi due secoli. Alcune di esse sono testi da leggere con grande profitto ancor oggi, come Le Massime eterne, Le glorie di Maria, La pratica d’amare Gesù Cristo, opera – quest’ultima – che rappresenta la sintesi del suo pensiero e il suo capolavoro. Egli insiste molto sulla necessità della preghiera, che consente di aprirsi alla Grazia divina per compiere quotidianamente la volontà di Dio e conseguire la propria santificazione. Riguardo alla preghiera egli scrive: “Dio non nega ad alcuno la grazia della preghiera, con la quale si ottiene l’aiuto a vincere ogni concupiscenza e ogni tentazione. E dico, e replico e replicherò sempre, sino a che avrò vita, che tutta la nostra salvezza sta nel pregare”. Di qui il suo famoso assioma: “Chi prega si salva” (Del gran mezzo della preghiera e opuscoli affini. Opere ascetiche II, Roma 1962, p. 171). Mi torna in mente, a questo proposito, l’esortazione del mio predecessore, il Venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo II: “Le nostre comunità cristiane devono diventare «scuole di preghiera» ... Occorre allora che l’educazione alla preghiera diventi un punto qualificante di ogni programmazione pastorale” (Lett. ap. Novo Millennio ineunte, 33,34).
Tra le forme di preghiera consigliate fervidamente da sant’Alfonso spicca la visita al Santissimo Sacramento o, come diremmo oggi, l’adorazione, breve o prolungata, personale o comunitaria, dinanzi all’Eucaristia.
“Certamente – scrive Alfonso – fra tutte le devozioni questa di adorare Gesù sacramentato è la prima dopo i sacramenti, la più cara a Dio e la più utile a noi... Oh, che bella delizia starsene avanti ad un altare con fede... e presentargli i propri bisogni, come fa un amico a un altro amico con cui si abbia tutta la confidenza!” (Visite al SS. Sacramento ed a Maria SS. per ciascun giorno del mese. Introduzione). La spiritualità alfonsiana è infatti eminentemente cristologica, centrata su Cristo e il Suo Vangelo. La meditazione del mistero dell’Incarnazione e della Passione del Signore sono frequentemente oggetto della sua predicazione. In questi eventi, infatti, la Redenzione viene offerta a tutti gli uomini “copiosamente”. E proprio perché cristologica, la pietà alfonsiana è anche squisitamente mariana. Devotissimo di Maria, egli ne illustra il ruolo nella storia della salvezza: socia della Redenzione e Mediatrice di grazia, Madre, Avvocata e Regina. Inoltre, sant’Alfonso afferma che la devozione a Maria ci sarà di grande conforto nel momento della nostra morte. Egli era convinto che la meditazione sul nostro destino eterno, sulla nostra chiamata a partecipare per sempre alla beatitudine di Dio, come pure sulla tragica possibilità della dannazione, contribuisce a vivere con serenità ed impegno, e ad affrontare la realtà della morte conservando sempre piena fiducia nella bontà di Dio.
Sant’Alfonso Maria de’ Liguori è un esempio di pastore zelante, che ha conquistato le anime predicando il Vangelo e amministrando i Sacramenti, unito ad un modo di agire improntato a una soave e mite bontà, che nasceva dall’intenso rapporto con Dio, che è la Bontà infinita. Ha avuto una visione realisticamente ottimista delle risorse di bene che il Signore dona ad ogni uomo e ha dato importanza agli affetti e ai sentimenti del cuore, oltre che alla mente, per poter amare Dio e il prossimo.
I Lettura - “Oltre al sabato e alle feste, ci sono altri due tempi importanti: l’anno sabbatico [l’espressione, oggi usata correntemente, ricorre nel v. 5] e il giubileo. Le due istituzioni sono in stretta relazione fra loro e si basano sul concetto della sovranità assoluta di Dio sulla terra” (Rita Torti Mazzi).
Vangelo
Erode mandò a decapitare Giovanni e i suoi discepoli andarono a informare Gesù.
Erode Antipa, figlio di Erode il Grande e della sua quarta moglie, la samaritana Maltace, governava la Galilea e la Perea come tetrarca, titolo di ciascuno dei re che, sotto il controllo di Roma, governavano una delle quattro sezioni in cui era divisa la provincia di Siria. Erode Antipa infrangendo la Legge ebraica (Lv 20,21) aveva sposato Erodìade, moglie di suo fratello Filippo. Per poterla sposare, Erode Antipa aveva ripudiato la moglie, figlia del re nabateo Areta IV. Giovanni il Battista non ebbe paura di condannare pubblicamente Erode Antipa accusandolo di incesto e di adulterio (Es 20,14). Il Vangelo suggerisce che il martirio di Giovanni il Battista scaturì da questa accusa pubblica, ma secondo lo storico Giuseppe Flavio, Erode Antipa temeva l’influenza di Giovanni il Battista sul popolo, che poteva portare a una ribellione. Per questo lo aveva fatto imprigionare nella fortezza di Macheronte, e qui, molto probabilmente, lo aveva fatto decapitare. Plausibilmente le due versioni si intrecciano mettendo in rilievo la crudeltà di Erode Antipa, al pari di quella di Erode il Grande, suo padre.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 14,1-12
In quel tempo al tetrarca Erode giunse notizia della fama di Gesù. Egli disse ai suoi cortigiani: «Costui è Giovanni il Battista. È risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi!».
Erode infatti aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo. Giovanni infatti gli diceva: «Non ti è lecito tenerla con te!». Erode, benché volesse farlo morire, ebbe paura della folla perché lo considerava un profeta.
Quando fu il compleanno di Erode, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode che egli le promise con giuramento di darle quello che avesse chiesto. Ella, istigata da sua madre, disse: «Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista».
Il re si rattristò, ma a motivo del giuramento e dei commensali ordinò che le venisse data e mandò a decapitare Giovanni nella prigione. La sua testa venne portata su un vassoio, fu data alla fanciulla e lei la portò a sua madre.
I suoi discepoli si presentarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informare Gesù.
Parola del Signore.
Morte di Giovanni Battista - Angelico Poppi (Sinossi e Commento): Anche Matteo narra questo avvenimento in forma retrospettiva, per indicare il pericolo che incombeva pure su Gesù da parte dell’impudico tetrarca. L’evangelista attribuisce a Erode Antipa l’intenzione di uccidere il Battista (v. 5). Invece Marco addossa la responsabilità dell’omicidio alla moglie Erodiade, che odiava mortalmente il Precursore. Si noti però come anche Matteo presenti il tetrarca “rattristato” (v. 9) per l’imbroglio in cui si era cacciato con la promessa di donare alla figlia di Erodiade quello che avesse richiesto (v. 7).
Matteo ha semplificato il racconto di Marco, molto più dettagliato, per sottolineare la valenza cristologica dell’ avvenimento.
Lo redige come un resoconto di martirio, la sorte comune riservata ai profeti.
v. 5 È interessante questa notazione: Erode aveva timore di uccidere il Battista, perché le folle “lo consideravano come un profeta”. È evidente il richiamo al detto pronunciato da Gesù a Nazaret, con il quale si attribuiva il titolo di “profeta disprezzato” nella sua patria (l3,57c). Matteo stabilisce uno stretto parallelismo tra Gesù e il Battista, entrambi “profeti” perseguitati.
v. 12 I discepoli di Giovanni, dopo avergli data sepoltura, andarono a “riferirlo a Gesù”. Questa aggiunta in Matteo è significativa. Le vicende del Battista assumono il significato simbolico di profezie in azione, in riferimento alla persona e all’opera di Gesù. Tutta la vita del Precursore appare così intrecciata con quella del Cristo e orientata a prefigurare il significato della sua missione e della sua morte. Inoltre, tale annotazione indica il buon rapporto esistente tra i cristiani e i giovanniti, anche se costoro restavano ancora legati al passato, non aderendo pienamente al Vangelo (cf. At 18,24-19,7).
Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista - Benedetto XVI (Udienza Generale 29 Giugno 2012): Nel Calendario Romano, Giovanni il Battista è l’unico Santo del quale si celebra sia la nascita, il 24 giugno, sia la morte avvenuta attraverso il martirio. Quella odierna è una memoria che risale alla dedicazione di una cripta di Sebaste, in Samaria, dove, già a metà del secolo IV, si venerava il suo capo. Il culto si estese poi a Gerusalemme, nelle Chiese d’Oriente e a Roma, col titolo di Decollazione di san Giovanni Battista. Nel Martirologio Romano, si fa riferimento ad un secondo ritrovamento della preziosa reliquia, trasportata, per l’occasione, nella chiesa di S. Silvestro a Campo Marzio, in Roma.
Questi piccoli riferimenti storici ci aiutano a capire quanto antica e profonda sia la venerazione di san Giovanni Battista. Nei Vangeli risalta molto bene il suo ruolo in riferimento a Gesù. In particolare, san Luca ne racconta la nascita, la vita nel deserto, la predicazione, e san Marco ci parla della sua drammatica morte nel Vangelo di oggi. Giovanni Battista inizia la sua predicazione sotto l’imperatore Tiberio, nel 27-28 d.C., e il chiaro invito che rivolge alla gente accorsa per ascoltarlo, è quello a preparare la via per accogliere il Signore, a raddrizzare le strade storte della propria vita attraverso una radicale conversione del cuore (cfr Lc 3, 4). Però il Battista non si limita a predicare la penitenza, la conversione, ma, riconoscendo Gesù come «l’Agnello di Dio» venuto a togliere il peccato del mondo (Gv 1, 29), ha la profonda umiltà di mostrare in Gesù il vero Inviato di Dio, facendosi da parte perché Cristo possa crescere, essere ascoltato e seguito. Come ultimo atto, il Battista testimonia con il sangue la sua fedeltà ai comandamenti di Dio, senza cedere o indietreggiare, compiendo fino in fondo la sua missione. San Beda, monaco del IX secolo, nelle sue Omelie dice così: San Giovanni per [Cristo] diede la sua vita, anche se non gli fu ingiunto di rinnegare Gesù Cristo, gli fu ingiunto solo di tacere la verità. (cfr Om. 23: CCL 122, 354). E non taceva la verità e così morì per Cristo che è la Verità. Proprio per l’amore alla verità, non scese a compromessi e non ebbe timore di rivolgere parole forti a chi aveva smarrito la strada di Dio [...] Cari fratelli e sorelle, celebrare il martirio di san Giovanni Battista ricorda anche a noi, cristiani di questo nostro tempo, che non si può scendere a compromessi con l’amore a Cristo, alla sua Parola, alla Verità. La Verità è Verità, non ci sono compromessi. La vita cristiana esige, per così dire, il «martirio» della fedeltà quotidiana al Vangelo, il coraggio cioè di lasciare che Cristo cresca in noi e sia Cristo ad orientare il nostro pensiero e le nostre azioni. Ma questo può avvenire nella nostra vita solo se è solido il rapporto con Dio. La preghiera non è tempo perso, non è rubare spazio alle attività, anche a quelle apostoliche, ma è esattamente il contrario: solo se se siamo capaci di avere una vita di preghiera fedele, costante, fiduciosa, sarà Dio stesso a darci capacità e forza per vivere in modo felice e sereno, superare le difficoltà e testimoniarlo con coraggio. San Giovanni Battista interceda per noi, affinché sappiamo conservare sempre il primato di Dio nella nostra vita.
Martirio / Martiri: Alfonso Colzani (Enciclopedia del Cristianesimo): Nella storia cristiana, soprattutto dei primi secoli, i due termini designano la testimonianza e i testimoni della fede. II termine martirio deriva dal greco martyrion: testimonianza resa sotto giuramento con valore di prova.
Con questo significato di documento probatorio (dell’Alleanza o della Torà ) il termine ricorre frequentemente nella versione greca dall'Antico Testamento e in alcuni luoghi del Nuovo Testamento, caratterizzato dal riferimento a Cristo.
L’evangelista Luca introduce un nuovo significato: negli Atti degli apostoli martirio significa rendere testimonianza. inteso come predicare Cristo, compito caratteristico degli apostoli che “con grande forza rendevano testimonianza” (At 4,33). Martiri a partire da Luca 24,48, sono designati i testimoni del Risorto, i quali sono incaricati di essere testimoni fra le genti. Questo compito è chiaramente marcato dalla sofferenza e dal rischio della morte (Stefano, il primo martire cristiano è chiamato in Atti degli Apostoli 22,20 “il testimone fedele”), ma non è caratterizzato dalla concezione più tardiva di martirio come testimonianza del sangue, quanto dall’inalterata c completa proclamazione del messaggio di Cristo.
Per l’evangelista Giovanni martyrion è per definizione testimonianza di Cristo, anticipata da Giovanni Battista, testimonianza che lo stesso Cristo rende a se stesso c che i discepoli proclamano c confermano. Giovanni usa il vocabolario dell’esperienza (della fede) c della testimonianza, che ha il senso di conferma della verità di Dio: i discepoli che hanno visto rendono testimonianza e annunciano la vita eterna resasi visibile (1Gv 1,2). Tale processo si realizza con l’aiuto dello Spirito Paraclito, che è colui che rendo testimonianza a Gesù (Gv 15,26), ma non sostituisce la testimonianza dei discepoli: “e anche voi mi renderete testimonianza” (v. 27)-
Origene (In Matth., X , 22): Il re ... a causa del giuramento ... mandò a decapitare Giovanni nel carcere: rifiutando di credere in Gesù, i giudei rifiutano di credere anche ai profeti che lo avevano preannunciato, e cosi decapitano, dopo averla chiusa in una prigione, “la Parola profetica”, non conservando più che una parola-cadavere, mutilata, che non ha più alcuna parte sana, perché essi non la comprendono più . Noi, al contrario, possediamo Gesù intatto, poiché si è realizzata la profezia che diceva di Lui: Non gli sarà spezzato neppure un osso (Gv. 19,36; Ez. 12.46; Sal. 33,21).
Il Santo del Giorno - 1 Agosto 2025 - Sant’Alfonso Maria De’ Liguori. Alla ricerca di Dio nel cuore degli ultimi: Dio s’incontra nello sguardo dei semplici e nelle profondità del cuore dell’uomo ed è lì che lo cercò sant’Alfonso Maria de’ Liguori, vescovo e dottore della Chiesa. Fulcro della sua missione fu la cura degli ultimi e degli emarginati, che si prese a cuore dopo l’incontro con i pastori delle montagne sopra Amalfi. Era nato a Napoli il 27 settembre 1696 da una famiglia nobile e, dopo gli studi di filosofia e diritto, decise di diventare sacerdote.
Ordinato nel 1726, quattro anni dopo incontrò i pastori durante un momento di forzato riposo; si convinse così della necessità di farsi apostolo in mezzo a loro e a tutti i poveri. Per questo scopo, guidato dal vescovo di Castellammare di Stabia, fondò la Congregazione del Santissimo Redentore (i Redentoristi). Nel 1760 divenne vescovo di Sant’Agata dei Goti. Morì nel 1787. (Avvenire)
O Dio, che hai fatto del santo vescovo Alfonso Maria [de’ Liguori]
un fedele ministro e apostolo dell’Eucaristia,
concedi ai tuoi fedeli di parteciparvi assiduamente
per cantare in eterno la tua lode.
Per Cristo nostro Signore.