1 Febbraio 2025
Sabato III Settimana T. O.
Eb 11,1-2.8-19; Salmo Responsoriale Lc 1,68-75; Mc 4,31-45
Colletta
Dio onnipotente ed eterno,
guida le nostre azioni secondo la tua volontà,
perché nel nome del tuo diletto Figlio
portiamo frutti generosi di opere buone.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Papa Francesco (Angelus, 23 giugno 2024): Oggi il Vangelo ci presenta Gesù sulla barca con i discepoli, nel lago di Tiberiade. Arriva all’improvviso una forte tempesta e la barca rischia di affondare. Gesù, che stava dormendo, si sveglia, minaccia il vento e tutto ritorna alla calma. […] Perché Gesù si comporta così?
Per rafforzare la fede dei discepoli e per renderli più coraggiosi. Essi infatti, escono da questa esperienza più consapevoli della potenza di Gesù e della sua presenza in mezzo a loro, e dunque più forti e più pronti ad affrontare gli ostacoli, le difficoltà, compresa la paura di avventurarsi ad annunciare il Vangelo. Superata con Lui questa prova, sapranno affrontarne tante altre, fino alla croce e al martirio, per portare il Vangelo a tutte le genti.
E anche con noi Gesù fa lo stesso, in particolare nell’Eucaristia: ci riunisce attorno a Sé, ci dona la sua Parola, ci nutre con il suo Corpo e il suo Sangue, e poi ci invita a prendere il largo, per trasmettere a tutti quello che abbiamo sentito e condividere con tutti quello che abbiamo ricevuto, nella vita di ogni giorno, anche quando è difficile. Gesù non ci risparmia le contrarietà ma, senza mai abbandonarci, ci aiuta ad affrontarle. Ci fa coraggiosi.
I Lettura: L’autore della Lettera agli Ebrei, ricordando la fede e l’esempio di Abramo e di Sara e di innumerevoli altri testimoni, spiega ai suoi lettori, scoraggiati dalle persecuzioni, «che la fede è completamente orientata verso l’avvenire e si attacca solo all’invisibile. Questo versetto è diventato una specie di definizione teologica della fede, possesso anticipato e conoscenza certa delle realtà celesti [cfr. Eb 6,5; Rom 5,2; Ef 1,13s]. Gli esempi presi dall’agiografia dell’Antico Testamento [cfr. Sir 44,50] dimostrano di quale pazienza e di quale forza essa è fonte» (Bibbia di Gerusalemme).
Vangelo
Chi è costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?
Gesù, comandando con autorità al vento e alla tempesta, rivela di essere Dio. Nella sua Persona si manifesta la potente sovranità di Dio sugli elementi cosmici. Il timore, che l’intervento miracoloso di Cristo suscita nei discepoli, è il timore riverenziale dell’uomo di fronte alla presenza di Dio: la paura in questo modo lascia il posto alla preghiera e alla fede.
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 4,35-41
In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».
Parola del Signore.
Maestro, non t’importa che moriamo? - Lo scenario della tempesta sedata è il lago di Genesaret, che gli Ebrei chiamavano anche mare, a motivo della sua grandezza. La divisione del racconto è assai semplice: a una introduzione segue il racconto del prodigio e a questo la conclusione.
La tempesta sedata, da Marco è posta al termine di una lunga e faticosa giornata nella quale Gesù si era manifestato alla folla e ai suoi discepoli come Maestro. Infatti, si era speso con alacrità e gioia nell’insegnare «molte cose in parabole» alla «folla enorme» che si era riunita attorno a lui (Mc 4,1-2).
Dunque, alla fine di questa giornata sfibrante, verso sera, Gesù palesa l’intenzione di passare dalla riva occidentale alla riva orientale. Salito sulla barca, a motivo della stanchezza, Gesù si abbandona al sonno.
Come succede spesso nei laghi, e sopra tutto nel lago di Genesaret, all’improvviso si solleva una grande tempesta di vento che mette a repentaglio l’incolumità dei marinai. L’evangelista Marco non lesina particolari nel descrivere l’insorgere della improvvisa tempesta (Cf. Mc 4,37). E così non è difficile scoprire tra le righe della descrizione minuziosa la testimonianza di Pietro, testimone oculare del prodigio.
Nella narrazione si possono cogliere le contrastanti reazioni dei personaggi che animano il racconto: mentre la tempesta infuria, Gesù dorme; i discepoli, svegli, hanno gli occhi sbarrati per la paura; e mentre quest’ultimi sono atterriti, Gesù si presenta calmissimo. Altri particolari, che non sono ornamentali, ma essenziali al racconto, suggeriscono come tutto è spinto all’estremo: una grande tempesta di vento, una grande bonaccia, un grande timore. In questa estrema situazione, ridotti a mal partito, i discepoli svegliano Gesù rimproverandolo di non interessarsi della sorte dei suoi amici.
Questa lamentela provoca l’immediato intervento di Gesù che è autoritario: egli non prega il Padre, ma agisce di persona. La tempesta si seda e il Maestro rimprovera i discepoli: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
Qui si tratta di quella «elementare fiducia che predispone l’uomo ad accettare Gesù, fiducia che Egli richiede come condizione per il compimento dei suoi miracoli: sarà elogiata nell’emorroissa [Mc 5,36], richiesta al capo della sinagoga [Mc 5,36], d’altra parte, la mancanza di tale disposizione negli abitanti di Nazaret sarà il motivo per cui Gesù non vi compirà alcun prodigio [Mc 6,5]» (P. Rosario Scognamiglio o.p.).
Al cessare del vento, la reazione da parte dei discepoli è immediata e Marco, che vuole portare il lettore alla conoscenza sempre più profonda di Gesù, riporta l’interrogativo dei discepoli: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?». Questa domanda, che non esprime altro se non ammirazione, è strumentale in quanto obbliga il lettore a porsi alcune domande: nell’Antico Testamento chi è il creatore del mondo? Chi è il dominatore della creazione? Chi esercita sovrana autorità sugli elementi naturali?
La risposta è immediata e spontanea: è il Signore Dio. Egli è il creatore dei cieli, del sole, della luna, delle stelle, della luce, delle acque... è lui che dispone a suo piacimento dei venti e della pioggia, è lui che ha posto un limite al mare e alla sua potenza... è lui che chiama per nome le stelle ed esse rispondono (Cf. Bar 3,35).
Il lettore, dopo aver risposto a queste domande, è obbligato a porsi altre domande: se l’onnipotenza è prerogativa di Dio, perché i discepoli si rivolgono a Gesù e non a Dio? come mai Gesù non prega il Padre ma agisce con autorità di persona? come mai Gesù si comporta da dominatore assoluto degli elementi della natura? Domande importanti, perché l’identità di Gesù costituisce il nucleo della questione fondamentale di tutto il vangelo marciano. A questo punto, Marco interviene e per aiutare il suo lettore a dare una risposta gli indica l’itinerario che deve percorrere per arrivare alla perfetta conoscenza del Maestro: questo itinerario è la fede in Colui che è morto e risorto ed è presente nella sua Chiesa fino alla fine dei giorni (Cf. Mt 28,20).
Il mare: visione teologica della Bibbia - G. Boggio (Mare in Schede Bibliche Pastorali ): Com’è naturale gli scrittori biblici condividevano in pieno con i loro contemporanei le nozioni sulla struttura del mondo... La terra nella Bibbia è come un grande disco steso sulle acque (Sal. 136,6) e appoggiato su colonne (Giob. 9,6; 38,4-6). Emerge dalle acque che una volta la ricoprivano e che ora si sono ritirate tutto intorno (Sal. 104,5-9). Il firmamento è come una lastra solida che trattiene le acque superiori (Gen. 1,6-8a; Sal. 148,4). Queste possono scendere sulla terra quando si aprono le cateratte del cielo (Gen. 7,11; 8,2; Is. 24,18). Le acque salgono sulla terra attraverso le sorgenti che sgorgano dall’abisso inferiore (Gen. 7,11; 8,2). Sotto a questo si trova lo Sheol, o luogo dei morti (Giob. 26,5-11; 38,16-17).
Da questi rapidi cenni si può vedere come il mare fosse considerato una realtà minacciosa che avvolge completamente la terra. Imponenti fenomeni naturali (piogge torrenziali, inondazioni, maremoti) devono aver lasciato un’impressione profonda sulle popolazioni primitive che hanno visto nel mare più che altro una forza ostile.
Troviamo un segno evidente di questa concezione nei miti mesopotamici. Tiamat è la divinità marina simbolo del caos che, vinta da Marduk, è uccisa e divisa in due parti. La letteratura di Ugarit ci presenta il dio del mare Yam, in lotta per il predominio della terra. Alla fine però è vinto e sottomesso da Baal. Il primo racconto della creazione (codice sacerdotale) risente nella sua composizione l’influsso di questa concezione del mondo e presenta diverse somiglianze, almeno nella terminologia, con le cosmogonie mesopotamiche. Ma la prospettiva del racconto biblico è totalmente nuova. Le acque dell’abisso non sono più una divinità che combatte con un’altra, ma sono considerate come una semplice «cosa» che Iahvé domina con un atto di volontà e di cui dispone a piacimento. La ripetizione della frase «Dio disse... e così fu» sottolinea molto bene questa fede nell’onnipotenza assoluta di Dio che non è condizionata da nulla (Gen. 1,2-10). Non solo nel racconto della creazione ma in tutta la Bibbia troviamo espresse le stesse convinzioni. Presente ovunque, Dio domina anche l’abisso e ne dispone a piacimento (Sal. 33,7-9; 139,8; Am. 9,3). Anche nel vangelo, il dominio che Gesù esercita sul mare in burrasca spinge gli apostoli alla fede nella sua potenza sovrumana (Mt. 8,23-27) che manifesta con una semplice parola (Mc. 4, 39).
È Dio che traccia i limiti al mare (Gen. 1,9-10; Sal. 140,6-9; Giob. 38) e nulla avviene contro il suo volere. Se la Bibbia non parla espressamente della creazione dell’abisso primitivo (Gen. 1,2) ci dice però che il mare è fatto da Dio (Gen. 1,9; Sal. 95,5) e come tutte le creature deve lodare Iahvé (Sal. 69,35) insieme alle acque dell’oceano superiore (Sal. 148).
Giob. 38,8-11: Chi chiuse con porte il mare, quando erompeva fuori dal seno materno, quando lo circondavo di nubi, sua veste, e di oscurità, sue fasce? Io gli fissai un limite, gli posi catenacci e porte. Gli dissi: «Fin qui giungerai, non oltre; qui si fermerà l’impeto delle tue onde!».
Sal. 148,4-7: Lodate (Iahvé), cieli dei cieli e voi, acque, che state sopra i cieli. Lodate il nome di Iahvé, perché comandò e furono creati; li ha stabiliti per sempre, in eterno; ha dato loro uno statuto che non trasgrediranno. Lodate Iahvé dalla terra, mostri marini e abissi tutti.
Nomi di mostri marini, molto vicini se non identici a quelli di divinità fenicie e mesopotamiche, appaiono qua e là nella Bibbia. Ma, o vengono identificati con animali (Giob. 40,25-41,26; Sal. 104) o diventano puri simboli per indicare la potenza di Dio (Sal. 89; Giob. 26,12-13)... A volte non sembrano altro che la personificazione di popoli o re nemici (Sal. 74,13-14; 87,4; Is. 30; 51,10; Ez. 29,3; 32,2). La presenza di questi riferimenti unicamente in testi poetici dal tono a volte epico, induce ad intenderli come un artificio letterario voluto per dare solennità al racconto.
Sal. 104,25-26: Ecco il mare, grande e immenso; ivi guizzano esseri senza numero, animali piccoli insieme con i grandi. Ivi solcano le navi; ivi è Leviatan che plasmasti per il trastullo.
Sal. 89,10-11: Tu domi l’orgoglio del mare, tu calmi i suoi flutti quando infuriano. Hai trafitto Rahab come si ferisce un uomo; col tuo braccio potente hai fatto a pezzi i tuoi nemici.
Is. 30,7: Vano e nullo è l’aiuto dell’Egitto; per questo lo chiamo Rahab l’oziosa.
Con evidente iperbole viene chiamato «mare di bronzo» il grande recipiente con l’acqua per le abluzioni situato nel tempio salomonico (1Re 7,23). Anche nei templi mesopotamici troviamo vasche di questo tipo chiamate con lo stesso nome di «mare». Il simbolo dell’oceano primitivo attribuito alle conche della Mesopotamia, sembra assente da quella del tempio di Gerusalemme.
Simbologia della Chiesa - Ippolito di Roma, De Christ. et antichr., 59: Il mare è il mondo, in cui la Chiesa, come una nave nelle onde del mare, è sbattuta dai flutti, ma non fa naufragio; perché ha con sé Cristo, il suo accorto timoniere. Ha anche nel centro il trofeo eretto contro la morte, la croce del Signore. La sua prora è Oriente, la poppa Occidente, la carena Mezzogiorno, i chiodi i due Testamenti, le corde son la Carità di Cristo che tiene stretta la Chiesa, il lino rappresenta il lavacro di rigenerazione che rinnova i fedeli. Il vento è lo Spirito che vien dal cielo, per il quale i fedeli son condotti a Dio. Con lo Spirito ha anche ancore di ferro nei precetti di Cristo. Né le mancano marinai a destra e a sinistra, poiché i santi angeli la circondano e difendono. La scala, che sale sull’antenna, è immagine della salutare passione di Cristo, che porta i fedeli fino al cielo. Le segnalazioni in cima all’antenna son le luci dei Profeti, dei Martiri, degli Apostoli, che riposano nel regno di Cristo.
Il Santo del Giorno - 1 Febbraio 2025 - Sant’Orso di Aosta Sacerdote: Sembra fosse un presbitero di Aosta, che aveva il compito di custodire e celebrare, nella chiesa cimiteriale di san Pietro. Sant’Orso, uomo semplice, pacifico e altruista, viveva da eremita trascorrendo il tempo nella preghiera continua, sia di giorno che di notte, dedito al lavoro manuale per procurarsi il cibo per vivere, accogliendo e consolando e aiutando tutti quelli che a lui accorrevano. Il tutto costellato da miracoli e prodigi, testimonianza della sua santità. Se incerto è il periodo in cui visse (fra il V e l’VIII secolo), più sicuro è il giorno della morte, che poi è diventato il giorno della sua festa: 1 febbraio. Il suo culto, oltre che ad Aosta dove l’antica chiesa di san Pietro è diventata la Collegiata di san Pietro e sant’Orso, si estese anche nella diocesi di Vercelli, Ivrea e altre zone dell’Italia Nord- Occidentale. È invocato contro le inondazioni, le malattie del bestiame. A lui è dedicata la fiera che si tiene nel giorno della vigilia della sua festa ad Aosta. (Avvenire)
O Dio, che in questi santi misteri
ci hai nutriti con il Corpo e il Sangue del tuo Figlio,
fa’ che ci rallegriamo sempre del tuo dono,
sorgente inesauribile di vita nuova.
Per Cristo nostro Signore.