1 Aprile 2023
Sabato V Settimana di Quaresima
Ez 37,21-28; Salmo Ger 31,10-12b.13; Gv 11,45-46
Colletta
O Dio, che hai fatto di tutti i rinati in Cristo
la stirpe eletta e il sacerdozio regale,
donaci il desiderio e la forza di compiere ciò che comandi,
perché il tuo popolo, chiamato alla vita eterna,
sia concorde nella fede e nelle opere.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Fede come atto umano non contrario alla libertà e all’intelligenza - Catechismo della Chiesa Cattolica 154 È impossibile credere senza la grazia e gli aiuti interiori dello Spirito Santo. Non è però meno vero che credere è un atto autenticamente umano. Non è contrario né alla libertà né all’intelligenza dell’uomo far credito a Dio e aderire alle verità da lui rivelate. Anche nelle relazioni umane non è contrario alla nostra dignità credere a ciò che altre persone ci dicono di sé e delle loro intenzioni, e far credito alle loro promesse (come, per esempio, quando un uomo e una donna si sposano), per entrare così in reciproca comunione. Conseguentemente, ancor meno è contrario alla nostra dignità «prestare, con la fede, la piena sottomissione della nostra intelligenza e della nostra volontà a Dio quando si rivela»171 ed entrare in tal modo in intima comunione con lui.
155 Nella fede, l’intelligenza e la volontà umane cooperano con la grazia divina: «Credere est actus intellectus assentientis veritati divinae ex imperio voluntatis a Deo motae per gratiam – Credere è un atto dell’intelletto che, sotto la spinta della volontà mossa da Dio per mezzo della grazia, dà il proprio consenso alla verità divina».
155 Nella fede, l’intelligenza e la volontà umane cooperano con la grazia divina: «Credere est actus intellectus assentientis veritati divinae ex imperio voluntatis a Deo motae per gratiam – Credere è un atto dell’intelletto che, sotto la spinta della volontà mossa da Dio per mezzo della grazia, dà il proprio consenso alla verità divina».
Fede come dono di Dio - Catechismo della Chiesa Cattolica 153 Quando san Pietro confessa che Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente, Gesù gli dice: «Né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli» (Mt 16,17).169 La fede è un dono di Dio, una virtù soprannaturale da lui infusa. «Perché si possa prestare questa fede, è necessaria la grazia di Dio che previene e soccorre, e gli aiuti interiori dello Spirito Santo, il quale muova il cuore e lo rivolga a Dio, apra gli occhi della mente, e dia ‘a tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla verità’».
I Lettura: Il perdono di Dio aprirà la via del ritorno e Israele riposerà per sempre entro le mura della città santa. A regnare sul popolo eletto sarà un solo re. Israele rigetterà gli idoli, e metterà in pratica le norme e le leggi di Dio. L’alleanza che Dio stipulerà con il suo popolo sarà eterna preconizzando in questo modo il sacrificio del Cristo nel cui sangue Dio sigillerà eternamente la sua alleanza con tutti gli uomini. L’incarnazione del Figlio di Dio compirà perfettamente l’ultima promessa: In mezzo a loro sarà la mia dimora: io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo.
Vangelo
Per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi.
Giuseppe Segalla (Giovanni): Al dono della vita si oppone la condanna a morte.
Il racconto delle conseguenze del miracolo servono da introduzione (11,45-46) al consiglio del sinedrio (11,47-50), la cui risoluzione finale è seguita da un lungo commento teologico dell’evangelista (11,51-52) e dalla messa in atto della stessa risoluzione (11,53). Il ritiro di Efraim (11,54) sembra una decisione presa in seguito alla condanna del sinedrio.
Il racconto centrale (11,47-50) può essere ritenuto un apoftegma, cioè un racconto che si conchiude con un detto teologicamente importante (11,50).
45-46: Come sempre (7,43; 9,16; 10,19) al miracolo segue una divisione di opinioni: chi crede e chi invece è praticamente d’accordo con le autorità ostili di Gerusalemme.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 11,45-46
In quel tempo, molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che Gesù aveva compiuto, [ossia la risurrezione di Làzzaro,] credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto.
Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinèdrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione».
Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.
Gesù dunque non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli.
Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?».
Parola del Signore.
Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): 45 Molti dei giudei... credettero in lui; la risurrezione di Lazzaro, morto già da quattro giorni, costituisce un miracolo-segno che rivela la potenza e la missione divina di Gesù. Molti dei giudei, per questo «segno», credettero a chi lo aveva compiuto. L’evangelista ritorna in ogni circostanza su questo fatto fondamentale per l’uomo: la fede; egli poi rileva l’importanza che ha per la fede il «segno» visto; anche qui l’autore segnala che quelli che «avevano visto» credettero in Gesù. Per la fede dei giudei, cf. 2, 23; 7, 31.
46 Ma alcuni di loro si recarono dai farisei; non è facile stabilire l’esatto senso di queste parole: chi sono questi «alcuni» che vanno a dire ai farisei quello che Gesù ha fatto? Sono forse alcuni di quei giudei che hanno appena creduto? Oppure sono alcuni giudei in genere, i quali, essendo venuti a conoscere la risurrezione di Lazzaro, si affrettano ad informare i farisei con intenti malevoli? Non si riesce a precisare il fatto, né si può attribuire una volontà malvagia a questi informatori (cf. Giov., 5, 15; 9, 13). All’evangelista interessa principalmente segnalare il fatto che il miracolo è divulgato e che esso giunge a conoscenza dei farisei, nemici irriducibili di Cristo.
Basilio Caballero (La Parola per Ogni Giorno): La profezia messianica di Ezechiele, che leggiamo nella prima lettura, è imperniata sulla futura unità del popolo ebraico, esiliato in Babilonia. Dio lo riunirà in un solo regno e non avrà più due monarchie: Giuda e Israele, come dopo la morte di Salomone. «In mezzo a loro sarà la mia dimora: io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo», ripete il Signore più di una volta. Propone così la creazione di una comunità teocratica, diretta da un unico pastore, futuro Davide, rappresentante di Dio, che inoltre realizzerà con il suo popolo una nuova ed eterna alleanza di pace. Ideale messianico che si compì solo in Cristo, il buon pastore, che appare nel vangelo come bersaglio dell’odio mortale dei capi del popolo.
L’ultimo miracolo di Gesù, la risurrezione di Lazzaro, è l’elemento determinante per la sua condanna a morte da parte del sinedrio, che trova insostenibile la situazione religiosa che Gesù sta creando nel popolo, con la conseguente insicurezza politica. «Allora i sommi sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dicevano: “Che facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i romani e distruggeranno il nostro luogo santo e la nostra nazione” ... Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo», perché, secondo Caifa, quell’anno sommo sacerdote, conveniva che morisse un solo uomo per il popolo, piuttosto che perisse la nazione intera.
La morte di Gesù è decisa ufficialmente dall’autorità religiosa. Ma la sua morte redentrice sarà feconda, come profetizzò Caifa, senza rendersi conto della portata del suo opportunismo nazionalista. Gesù morirà non solo per la nazione giudaica, ma anche per riunire tutti i figli di Dio dispersi dal peccato.
La nuova famiglia ecclesiale di Dio non si baserà sull’appartenenza razziale, come nell’Antico Testamento, ma sulla fede in Cristo. Un unico gregge sotto un solo pastore, Gesù. La comunione con Cristo, riflesso di quella che egli ha con il Padre, è il nucleo di ogni comunità cristiana. Quanto più saranno uniti i credenti in Cristo, tanto più saranno fratelli gli uni per gli altri.
I miracoli di Cristo, la fede e la libertà - Salvatore Alberto Panimolle (Lettura Pastorale del Vangelo di Giovanni, Vol. III): Nel brano di Gv 11,45ss è rappresentata in forma drammatica l’opposta reazione dei giudei dinanzi al segno straordinario della risurrezione di Lazzaro: un folto gruppo crede in Gesù, mentre altri si chiudono sempre più nel loro ostinato rifiuto della luce.
In realtà Dio invita tutti alla fede e con i miracoli del suo Figlio vuole favorire l’adesione esistenziale alla sua dottrina e alla sua persona divina, però non costringe nessuno a credere, ma rispetta sovranamente la libertà dell’uomo.
La creatura razionale non perde affatto la sua dignità, quando fa il salto della fede, perché l’apertura del cuore e della mente al messaggio del Cristo è un atto responsabile ed emesso per decisione spontanea, anche se la fede rimane un dono di Dio. È vero che è il Figlio dell’uomo esaltato sulla croce ad attirare alla sua persona tutte le creature (Gv 12,32), è il Padre a orientare il cuore dell’uomo verso il Figlio suo (Gv 6,44); tuttavia nel processo della fede la libertà non è affatto soppressa o menomata.
Questa dottrina è così illustrata nel decreto del concilio Vaticano II sulla libertà religiosa: «Lo stesso Iddio chiama gli esseri umani al suo servizio in spirito e verità, per cui essi sono vincolati in coscienza a rispondere alla loro vocazione ma non coartati. Egli infatti ha riguardo alla dignità della persona umana da lui creata, che deve godere di libertà e agire con responsabilità. Ciò è apparso in grado sommo in Cristo Gesù, nel quale Iddio ha manifestato se stesso e le sue vie in modo perfetto. Infatti Cristo, che è Maestro e Signore nostro, mite e umile di cuore, ha invitato e attratto i discepoli pazientemente. Certo ha sostenuto e confermato la sua predicazione con i miracoli per suscitare e confortare la fede negli uditori, ma senza esercitare su di essi alcuna coercizione» (Dignitatis humanae, l1).
Origene (In Jo., XXVIII, 24): Gesù pertanto non andava più apertamente tra i giudei...: nei tempi antichi Egli andava apertamente tra i giudei, allorquando la Parola di Dio abitava tra loro per mezzo dei Profeti... Ora invece Gesù non può andarvi apertamente ed è partito di là per una regione (da intendersi come il mondo intero), vicina al deserto (cioè la Chiesa, quella che prima era deserta), in una città di nome Èfraim, che significa “quella che porta abbondanza di frutti”, ove si trattenne con i suoi discepoli. E questa permanenza di Gesù con i suoi discepoli in una località vicina al deserto, in una città di nome Èfraim, perdura tuttora, perché Egli è presente nell’abbondanza dei frutti spirituali.
Il Santo del giorno - 1 Aprile 2023 - Sant’Ugo di Grenoble: Venne alla luce nel 1053 a Châteauneuf-sur-Lers, nel Delfinato, e morì a Grenoble il 1° aprile 1132 dopo 52 anni di episcopato nella città francese. Nato da nobile famiglia, fu educato dalla madre a una vita di elemosina, preghiera e digiuno. A soli 27 anni era già vescovo di Grenoble. Da allora, per tutta la vita, conciliò con abnegazione l’attrazione fortissima verso la vita eremitica e il cenobio e la fedeltà al servizio episcopale, che svolse con grande ardore, secondo lo spirito di riforma della Chiesa che caratterizzò il pontificato di Gregorio VII. (Avvenire)
O Padre, che ci hai nutriti
con il Corpo e Sangue del tuo Figlio,
per questo sacramento di salvezza
fa’ che entriamo in comunione con la tua vita divina.
Per Cristo nostro Signore.