1 Febbraio 2020

Sabato della III Settimana T. O.

2Sam 12,1-7a.10-17; Sal 50 (51); Mc 4,35-41

Colletta: O Dio onnipotente ed eterno, guida i nostri atti secondo la tua volontà, perché nel nome del tuo diletto Figlio portiamo frutti generosi di opere buone. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Nella narrazione si possono cogliere le contrastanti reazioni dei personaggi che animano il racconto: mentre la tempesta infuria, Gesù dorme; i discepoli, svegli, hanno gli occhi sbarrati per la paura; e mentre quest’ultimi sono atterriti, Gesù si presenta calmissimo. Altri particolari, che non sono ornamentali, ma essenziali al racconto, suggeriscono come tutto è spinto all’estremo: una grande tempesta di vento, una grande bonaccia, un grande timore. In questa estrema situazione, ridotti a mal partito, i discepoli svegliano Gesù rimproverandolo di non interessarsi della sorte dei suoi amici. Questa lamentela provoca l’immediato intervento di Gesù che è autoritario: egli non prega il Padre, ma agisce di persona. La tempesta si seda e il Maestro rimprovera i discepoli: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Gesù, comandando con autorità al vento e alla tempesta, rivela di essere Dio. Nella sua Persona si manifesta la potente sovranità di Dio sugli elementi cosmici. Il timore, che l’intervento miracoloso di Cristo suscita nei discepoli, è il timore riverenziale dell’uomo di fronte alla presenza di Dio: la paura in questo modo lascia il posto alla preghiera e alla fede.

Dal Vangelo secondo Marco 4,35-41: In quel medesimo giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

La fede - Nell’Antico Testamento - Helen Schüngel: In ebraico la radice amen significa “essere saldo”, “avere consistenza”, la forma causativa heemin “ritenere fermamente per attendibile”, “avere fiducia”. Mediante questa radice verbale Israele esprime il proprio rapporto con JHWH: “resta fedele” a Dio e alla sua promessa nella quale confida anche senza vederne il compimento. Basandosi su tale fiducia nella promessa di Dio, il popolo possiede la giusta disposizione d'animo nei confronti dell'alleanza. Il tipo esemplare di questa fede, che su comando di Dio abbandona ogni cosa, è Abramo (Gen 12); egli confida in Dio e crede quando gli promette qualcosa di umanamente impossibile (Gen 15,6). Ciò gli viene “computato a giustizia”, vale a dire, egli ha il giusto atteggiamento, conforme all'alleanza, nei confronti di JHWH. Anche in una prova disperata (Gen 22), questa fede dà prova di sé come fedeltà nei confronti dell'ordine di Dio. Tra i profeti classici è soprattutto Isaia a sottolineare la fede come atteggiamento di fondo dell'uomo di fronte a Dio. Isaia considera ineluttabile la catastrofe storica a causa della colpa del popolo (Is 2,6). Fede significa in questa situazione la rinuncia a farsi giustizia da sé e la ricerca di fermezza e stabilità soltanto presso il Dio dell'alleanza, contro ogni speranza e passando per il giudizio. Tipico di Isaia è il gioco di parole ebraiche: “se non credete (taaminu), non avrete stabilità (taamenu)” (Is 7,9).
In Osea e Geremia il rapporto con Dio espresso col sintagma “conoscenza di JHWH”. Anche qui non ci si riferisce a  una conoscenza intellettuale di Dio, bensì a determinazione e ubbidienza secondo la parola di Dio. La fede, dunque, nell'Antico Testamento non è un atto sempre uguale dell'intelletto o della volontà, ma la fiducia e la fedeltà, corrispondenti alle mutevoli situazioni nei confronti della promessa di Dio.

La fede - Nel Nuovo Testamento - Odilo Kaiser: Nel suo annuncio Gesù avanza la pretesa di portare a compimento in maniera assoluta l'appello rivolto da JHWH a Israele per bocca dei profeti fino a Giovanni Battista. Egli comincia così ad attualizzare, in maniera finora inaudita, la fede dei suoi contemporanei. Egli vuole incoraggiare gli uditori del suo messaggio a credere che nella sua parola si fa evento escatologico nientemeno che la signoria di Dio e che in tal modo si farà strada nella storia e nel mondo (Mc 1,15). Per poter dire un sì incondizionato a questo annuncio di Gesù è necessaria la conoscenza di ciò che questo messaggio può significare per colui che di volta in volta viene interpellato. È necessaria la fiducia nella parola di Gesù e la disponibilità a prestar loro obbedienza. Con ciò sono menzionati gli elementi fondamentali dei quali si esprime la fede veterotestamentaria in JHWH - e orientati verso la parola e la persona di Gesù. Al tempo stesso risulta evidente quanto la fede anche secondo la tradizione sinottica, sia vista come una disposizione di fondo che penetra in tutti gli aspetti della vita. La fede si incentra sulla  parola di Gesù perché e quando la signoria di Dio deve “attuarsi” (Mc 4,26-32), come Gesù la annuncia richiamandosi alla volontà definitivamente obbligante di Dio. In Gesù traspare il futuro definitivo dell'uomo in rapporto al suo Dio. Davanti a questa fede che si attua con una certezza che determina la vita, cadono i miraggi, anche quelli ammontati religiosamente: speranze politiche coeve, attese nazionalistiche e speculazioni cosmologiche non possono più spacciarsi per aspettative del regno escatologico di Dio, non possono più pretendere di essere immagini, degne di fede, di promesse fatte. Al contrario, esse si rivelano come aperta o nascosta incredulità. In quale misura ogni attesa della fede debba orientarsi secondo l'agire di Dio in Gesù, e su di lui, lo dimostra un esempio: molto al di là di ogni possibile situazione unica nella storia, l'attesa di fede sperimenta la sua correzione ammonitrice nella risposta profetica di Gesù alla richiesta di Giovanni (Mt 11,2-6). Da questo punto di vista il rifiuto di una fede nel re crocifisso d'Israele da parte delle autorità giudaiche (Mt 27,42) appare infine soltanto come ultima conseguenza dell'incredulità di fronte alla parola e all'azione di Dio presente nell'annuncio e nella vita di Gesù.

Non avete ancora fede? - J. Duplacy: La fede della Chiesa - La perfezione della fede. - Quando Gesù, il servo, prende la via di Gerusalemme per obbedire fino alla morte (Fil 2,7s), «fa il viso duro» (Lc 9,51; cfr. Is 50,7). In presenza della morte egli «porta alla perfezione la fede» (Ebr 12,2) dei poveri (Lc 23,46 = Sal 31,6; Mt 27,46 par. = Sal 22), mostrando una fiducia assoluta in «colui che poteva», con la risurrezione, «salvarlo dalla morte» (Ebr 5,7). Malgrado la loro conoscenza dei misteri del regno (Mt 13,11 par.), i discepoli ebbero difficoltà a mettersi sulla via in cui, nella fede, dovevano seguire il figlio dell‘uomo (16,21-23 par.). La fiducia che esclude ogni preoccupazione ed ogni timore (Lc 12,22-32 par.) non era loro abituale (Mc 4,35-41; Mt 16,5-12 par.). Quindi, la prova della passione (Mt 26, 41) sarà per essi uno scandalo (26,33). Ciò che allora essi vedono richiede molta fede (cfr. Mc 15,31s). La fede dello stesso Pietro, senza sparire - perché Gesù aveva pregato per essa (Lc 22,32) - non ebbe il coraggio di affermarsi (22,54-62 par.). La fede dei discepoli doveva ancora fare un passo decisivo per diventare la fede della Chiesa.
1. La fede pasquale - Questo passo fu compiuto quando i discepoli, dopo molte esitazioni in occasione delle apparizioni di Gesù (Mt 28, 17; Mc 16,11-14; Lc 24,11), credettero alla sua risurrezione. Testimoni di tutto ciò che Gesù ha detto e fatto (Atti 10,39), essi lo proclamano «Signore e Cristo», nel quale sono compiute invisibilmente le promesse (2,33-36). Ora la loro fede è capace di giungere «fino al sangue» (cfr. Ebr 12,4). Essi chiamano i loro uditori a condividerla per beneficiare della promessa ottenendo la remissione dei loro peccati (Atti 2,38 s; 10,43). La fede della Chiesa è nata.
2. La fede nella parola. - Credere significa innanzitutto accogliere questa predicazione dei testimoni, il vangelo (Atti 15,7; 1 Cor 15,2), la parola (Atti 2,41; Rom 10,17; 1Piet 2,8), confessando Gesù come Signore (1Cor 12, 3; Rom 10,9; cfr. 1Gv 2,22). Questo messaggio iniziale, trasmesso come una tradizione (1Cor 15,1-3), potrà arricchirsi e precisarsi in un insegnamento (1 Tim 4,6; 2Tim 4,1-5): questa parola umana sarà sempre, per la fede, la parola stessa di Dio (1Tess 2,13). Riceverla, vuol dire per il pagano abbandonare gli idoli e rivolgersi al Dio vivo e vero (1Tess 1,8ss), significa per tutti riconoscere che il Signore Gesù porta a compimento il disegno di Dio (Atti 5,14; 13,27- 37; cfr. 1Gv 2,24). Significa, ricevendo il battesimo, confessare il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo (Mt 28,19).
Questa fede, come constaterà Paolo, apre all‘intelligenza «i tesori di sapienza e di scienza» che sono in Cristo (Col 2,3): la sapienza stessa di Dio rivelata dallo Spirito (1Cor 2), così diversa dalla sapienza umana (1Cor 1,17-31; cfr. Giac 2,1-5; 3,13-18; cfr. Is 29,14) e la conoscenza di Cristo e del suo amore (Fil 3, 8; Ef 3, 19; cfr. 1 Gv 3, 16).
3. La fede e la vita del battezzato. - Condotto dalla fede sino al battesimo e alla imposizione delle mani che lo fanno entrare pienamente nella Chiesa, colui che ha creduto nella parola partecipa all‘insegnamento, allo spirito, alla «liturgia» di questa Chiesa (Atti 2,41-46). In essa infatti Dio realizza il suo  disegno operando la salvezza di coloro che credono (2,47; 1Cor 1,18): la fede si manifesta nell‘obbedienza a questo disegno (Atti 6,7; 2Tess 1,8). Si dispiega nell‘attività (1Tess 1,3; Giac 1,21s) di una vita morale fedele alla  legge di Cristo (Gal 6,2; Rom 8, 2; Giac 1, 25; 2,12); agisce per mezzo dell‘amore fraterno (Gal 5,6; Giac 2,14-26). Si conserva in una fedeltà capace di affrontare la morte sull‘esempio di Gesù (Ebr 12; Atti 7,55-60), in una fiducia assoluta in Colui «nel quale ha creduto» (2Tm 1,12; 4,17s). Fede nella parola, obbedienza nella fiducia, questa è la fede della Chiesa, che separa coloro i quali si perdono - l‘eretico, per esempio (Tito 3, 10) - da coloro che sono salvati (2Tess 1,3-10; 1Piet 2,7s; Mc 16,16).

La fede - Catechismo degli Adulti n. 87: Affidamento - La fede è atteggiamento esistenziale: ci dà la convinzione di essere amati, ci libera dalla solitudine e dall’angoscia del nulla, ci dispone ad accettare noi stessi e ad amare gli altri, ci dà il coraggio di sfidare l’ignoto. Ecco come si presenta in alcune figure emblematiche.
Abramo, il padre dei credenti, «ebbe fede sperando contro ogni speranza» (Rm 4,18); si fidò di Dio e delle sue promesse; lasciò la propria patria e la propria parentela; affrontò, lui vecchio e senza figli, un lungo viaggio «senza sapere dove andava» (Eb 11,8), per poter ricevere dal Signore una nuova terra e una numerosa discendenza. La sua figura esprime e sintetizza la fede del popolo di Dio: «Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia» (Gen 15,6).
La Vergine Maria, colei che è beata perché ha creduto nel modo più puro e totalenota, all’annuncio dell’angelo uscì dal suo piccolo mondo di promessa sposa, aprendosi al progetto di Dio: «Eccomi, sono la serva del Signore» (Lc 1,38). Divenuta madre del Messia, avanzò nell’oscurità della fede fino al dramma angoscioso del Calvario.
I due discepoli di Giovanni Battista, che videro passare Gesù, gli andarono dietro, fecero amicizia con lui, corsero ad annunciarlo ad altri, iniziarono una nuova esistenzanota.
n. 88  Credere è aprirsi, uscire da se stessi, fidarsi, obbedire, rischiare, mettersi in cammino verso le cose «che non si vedono» (Eb 11,1), andare dietro a Gesù «autore e perfezionatore della fede» (Eb 12,2). È assumere un atteggiamento di accoglienza operosa, che consente a Dio di fare storia insieme a noi, al di là delle umane possibilità.
Assenso n. 89 - Allo stesso tempo la fede è assenso a un contenuto dottrinale. È conforme alla nostra dignità dar credito alle dichiarazioni e alle promesse di persone oneste; a maggior ragione si deve dar credito a quelle di Dio, che è la veracità stessa. Affidarsi a Dio significa aderire fermamente al suo messaggio, alla dottrina da lui rivelata e proposta autorevolmente in suo nome dalla Chiesa. La fede non è vago sentimento, né solo un impegno pratico; ha un contenuto di verità, che il credente deve conoscere sempre meglio

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti. E anche nel tuo campo di grano vediamo più zizzania che grano. La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano... Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza!” (Meditazione, Via Crucis al Colosseo, 2004).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Dio che in questi santi misteri
ci hai nutriti con il corpo e il sangue del tuo Figlio,
fà che ci rallegriamo sempre del tuo dono,
sorgente inesauribile di vita nuova.
Per Cristo nostro Signore.